Scelti come ambientazione spiaggia e luna park della Coney Island Anni 50, Allen ne sfrutta magicamente i colori e le luci attraverso la fotografia di uno Storaro superbo, che lascia filtrare riverberi rossastri dalle finestre della casa dei protagonisti, posta proprio di fronte alla ruota panoramica (la "Wonder Wheel") del titolo: ci vivono Humpty (Belushi) e Ginny (Winslet) assieme al figlioletto piromane della seconda, coppia scoppiata che tira avanti tra problemi di alcol e di denaro. Una grigia quotidianità sconvolta dall'arrivo della figlia (Temple) di lui, sposatasi anni prima con un gangster italiano, fuggita e inseguita dagli sgherri di quest'ultimo per aver parlato troppo con la polizia....Leggi tutto Il padre, che l'aveva ripudiata, finisce per darle ospitalità, ma lei ricambia flirtando con l'amante (Timberlake) della matrigna senza sapere della tresca. Brava la Winslet a dissimulare l'enfasi melodrammatica con una performance volitiva e convincente, lontana da eccessi teatrali e lodevolmente vicina al crudo realismo che Allen sa contrapporre ai colori da favola d'altri tempi in cui immerge il film. Ricostruzione impeccabile, costumi e scenografie davvero in grado di restituire quella nostalgica aria fifties che diventa importante chiave di lettura. Ma WONDER WHEEL è anche uno dei film più tecnicamente alti di Allen, attento come non mai alla scelta delle inquadrature, ai movimenti della mdp tra i divisori e gli infissi dell'appartamento al centro della scena, ai tramonti, ai campi lunghi... La raffinatezza stilistica nella messa in scena si fa di anno in anno più consapevole, figlia di una maturazione registica ormai lontanissima dalle estrose improvvisazioni degli esordi. La storia non è mai banale nella sua costruzione (si pensi alle difficoltà di Humpty nel trattare una moglie che ci si aspetterebbe insultasse o prendesse a schiaffi) e, anche se la sceneggiatura offre meno virtuosismi del consueto senza lasciare estasiati come altre volte in passato e non sembra più interessata a fissare nella memoria frasi destinate a colpire per genialità o acutezza, la cura nei dialoghi garantisce standard elevati. Viene lasciato più spazio all'interpretazione, alla semplicità dei sentimenti che si fanno combattuti nell'animo di ognuno mentre barlumi di humour alleniano si ravvisano solo nella non troppo centrata figura del piccolo piromane: estranea al contesto, ripete azioni che si riflettono meno del previsto sull'animo della madre. Non un film destinato a lasciare grandi tracce nell'opera del suo autore ma la conferma del raggiungimento di una "normalità" superiore alla media anche quando l'ispirazione non è ai massimi livelli. Ci si può abbandonare nell'ammirazione di quanto evocativo sappia essere il cinema, nella contemplazione di spazi e architetture o lasciarsi catturare dalla curiosità di sapere come andrà a finire la vicenda. Timberlake, narratore nel ruolo del seducente bagnino attratto prima dalla madre poi dalla figlia, regge bene la parte ma è evidente come tutto il peso drammaturgico pesi sulle spalle di una Winslet che sbaglia forse solo nell'ultimo confronto, eccessivamente verboso e prolungato. Temple dolcemente ingenua, Belushi impeccabile.
Un luna park con tanto di ruota panoramica fa da sfondo a una storia di delusioni e illusioni sentimentali nella Coney Island degli anni ’50. Ginny, insoddisfatta del suo secondo matrimonio, è facile preda di uno scafato e avvenente bagnino non proprio affidabile. Una trama scontatissima e asfittica, massacrata da una sceneggiatura che si stenta credere opera di un maestro del cinema. Perfino la magnifica fotografia di Storaro, la performance di Winslet e la ricostruzione scenica, non riescono a sollevare la pochezza dell'insieme. Una grande delusione.
MEMORABILE: L'inutile piccolo piromane; I più che prevedibili "colpi di scena"; La parentesi di Carolina.
Il grandissimo Maestro girando alla spaventosa media di un film all'anno da circa quarant'anni ogni tanto un film lo toppa. Questo è uno dei rari casi. Da salvare poco o nulla. Storia sentimentale banale e scontata. Bella fotografia, bella ambientazione, solita carrellata di attori famosi che cercano nella partecipazione a un film del mitico Woody la consacrazione come attori intellettuali e impegnati. Provaci ancora mr. Königsberg!
Mai amato il cinema di Allen, ma questa sua ultima fatica ha qualcosa di ipnotico. L'inizio non promette bene, tra snervanti e stucchevoli canzonette anni '50 e una fastidiosa patina finto nostalgica in stile Radio days. Poi i toni cambiano, tra gelosie e un morboso senso del possesso femmineo (patetica figura da Viale del tramonto da bancarella la Winslet, con grottesca maschera da tragedia greca) e colpi bassi (la telefonata troncata). Di grande suggestione la fotografia storariana alla Un sogno lungo un giorno e di sottile cinismo il piccolo piromane.
MEMORABILE: I 500 dollari spesi per regalare l'orologio (poi gettato); La Winslet con il coltello in mano; La poco allegra festa di compleanno; Il giardino cinese.
La ruota delle meraviglie è Kate Winslet, una donna che rifiuta di uscire dal mondo delle fiabe, drammatica fino all'assurdo, grottesca e logorata, talmente bella e commovente da diventare quasi surreale. La ruota delle meraviglie è anche Woody Allen, che ama il suo cinema, che ama i suoi attori e che ama raccontare le sue storie. Un regista che, grazie anche alla lussureggiante fotografia di Vittorio Storaro, riesce a descrivere i rapporti umani, il profumo dell'aria e la sensazione della pioggia attraverso la sensibilità del colore. Immenso.
Meno avvincente di quello che locandina, trailer, colori lascerebbero supporre, questo Wonder wheel è un drammone di impianto teatrale privo di quel guizzo comico che l'avrebbe reso più leggero (o dei dialoghi del miglior Allen, se preferite). Nondimeno viene arricchito da una prova superba della Winslet a braccetto con un uso del colore cui manca solo la parola: delizioso il modo in cui vira anche più volte all'interno della stessa scena, a sottolineare l'umore cangiante della protagonista.
Cambia l’ambientazione ma non il tema di fondo delle ultime prove di Woody, che si ripropongono con cadenza regolare ogni anno senza lasciare troppo il segno. Stavolta siamo a Coney Island negli anni ‘50, dove l’infelicemente sposata Ginny (Winslet) ha una relazione con un avvenente bagnino colto e romantico (Timberlake), che però poi si invaghisce della figliastra di lei. I soliti tormenti amorosi, condizionati dal caso e dalla fragilità umana, in un quadro gradevole ma poco incisivo. Straordinario l’uso delle luci.
Si potrebbe dire: il solito Woody Allen. La rinunzia alla brillante vena autobiografica degli inizi e ai successivi temi dell'esistenzialismo e della colpa lascia il posto a una maniera crepuscolare (nella messa in scena e nelle ambizioni artistiche). Lampi del genio che fu abbagliano ancora e ciò predispone a una pacata indulgenza verso le pecche (la prevedibilissima coppia dei Soprano). Gli attori assecondano con mestiere perfetto la fragile sceneggiatura; la Winslet lo fa, però, con bravura debordante, sino a ritagliarsi un film a parte.
Allen minore, come tutta la sua recente produzione, ma che almeno azzecca i caratteri. A fronte di una storia banalissima e poco entusiasmante abbiamo almeno due personaggi (Winslet e Belushi, bravissimi) che creano da subito empatia con il pubblico, con le loro ombre e le loro negatività. I due giovani sono insignificanti al loro cospetto, mentre l'ambientazione retrò risulta leggermente impalbabile, per quanto ben costruita scenograficamente. Ritmo lento, ma i dialoghi buoni qua e là ci sono e si arriva alla fine.
Piuttosto avversato dalla critica, in nome di un giustificazionismo delle vicende private (al cuor non si comanda e si pensa alla moglie del regista), in verità porta a vituosistica rarefazione l'analisi delle relazioni e le "sorprese" dei sentimenti con una forma magistrale. Winslet eccellente come tutto il cast. Fotografia iperrealistica di Storaro che enfatizza per contrasto il caramello di Coney. Comunque sia Allen è sarto sopraffino in stoffa Tennessee Williams.
MEMORABILE: "Anche un giardino cinese qui è un assurdo ma è bellissimo".
Il newyorchese luna park di Coney Island fa da "diabolico" teatro per una storia d'amore travagliato e di corna per un'ansiosa neo quarantenne (l'ottima Winslet). Ambientato negli stilosi Anni '50, l'ultima opera di Allen ha tutta l'aria di non essere incisiva e tagliente; dà più spazio ai sentimenti che a quella sagacia che da sempre contraddistingue il suo cinema. Ottima prova del cast, ma unica location ed eccessiva verbosità creano alla lunga qualche problema in fatto di claustrofobica e logorroica pesantezza dell'insieme.
Fotografia magniloquente, cast molto valido, scenografia notevole. Eppure è una sonora bocciatura. Kate Winslet è davvero brava e con Belushi mette in ombra i giovani colleghi, malgrado i rispettivi personaggi siano diluiti nel turbinio di una vicenda sviluppata senza nessun sussulto reale. La voce narrante alla lunga, infatti, smorza ogni possibile cambio di passo e il film non offre nessun momento di reale tensione, complice una sceneggiatura sinceramente piatta. Trama davvero esile e scontata. Viste le premesse ci si aspettava ben altro...
La fotografia di Storaro, che sparge una patina dorata sugli esterni diurni e dipinge di blu ed arancio i volti in penombra, è come una carta da regalo che, per quanto scintillante, non riesce a mascherare la qualità del contenuto del pacco: una vicenda di mogli infelici e tradimenti matrimoniali che aspira a modelli alti (tragici greci, Shakespeare e O'Neill) ma è condannata dalla propria banalità a volare basso, nonostante l'impegno di attori navigati come Kinslet (ruolo ingrato) e Belushi, il cui personaggio ruvido è l'unico in grado di suscitare simpatia. La confezione non basta.
Un Allen in buona forma orchestra con la consueta apparente semplicità (ma avvalendosi di un'estetica più barocca del consueto, con forti e vividi cromatismi) un ménage a quatre che ha il coraggio di non arretrare di fronte al sentimentalismo esasperato, bilanciato da un'ironia sempre puntuale e da tocchi noir che colpiscono soprattutto quando sussurrati. Bella ambientazione tra sfarzo e squallore, al contempo livida e solare, kitsch e realista. Cast efficace, coi meno giovani che sovrastano nettamente i pur accettabili giovani.
Caro Woody, sai bene quanto ho amato i tuoi film. Però questo accanimento terapeutico di un film all'anno non produce più nulla di buono, fidati. Sono ormai lustri che fai dei film prevalentemente banalissimi, che non perdoneremmo a un esordiente, in cui fai della filosofia spicciola sul caso e l'animo umano. "La ruota” è davvero inutile e bruttarello, senza spessore. Come dici? Kate Winslet è brava? Fotografia bella? Cose che sapevamo, dai. Ma forse è il caso che tu, dati gli anni, ti riposi. Con affetto.
Cifra caratteristica di questo film sono le musiche d'annata, a cominciare dalla onnipresente "Coney Island Washboard". Arrivano al limite della stucchevolezza ma sono loro a rimarcare un interessante contrasto tra le tragedia greca (anche farsesca) che avvolge mano a mano gli interpreti della storia e uno stile di ripresa comunque elegante e in grado di fare presa. Difatti Allen sa ritrarsi in tempo dal rischio melodramma e gestisce ansie e fragilità dei personaggi in modo da mantenere vivo il ritmo della pellicola.
Un buon Allen, senza dubbio. Ciò che perde in compatezza narrativa (e nei dialoghi non sempre all'altezza della fama del newyorchese) guadagna nella forma sorretta dalla strepitosa fotografia di Storaro in grado di cambiare le colorazioni in base ai sentimenti dei protagonisti. I personaggi sono, come spesso accade, dipinti meravigliosamente, con una Wislet gelosa e isterica da applausi a scena aperta. Sorprendente Belushi, sottotono Timberlake e Temple. Omogeneo e interessante, nonostante l'assenza di scene madri indimenticabili.
MEMORABILE: Il figlioletto piromane con la passione del cinema; Il giardino cinese; L'ambientazione a Coney Island.
Di certo è di una bellezza estetica folgorante, sia nella composizione dell'immagine che nei movimenti di macchina, per non parlare poi delle luci, che paiono pennellate di Caravaggio. La recitazione è di livello, si apprezza perfino Timberlake, ma a svettare è chiaramente la Winslet, che dipinge un ritratto femminile notevolissimo. Musiche e scenografie maniacalmente curate. La vicenda in sé probabilmente non aggiunge nulla al mondo alleniano, ma lo racconta assai bene. Ancora una volta.
Nella cornice di Coney Island e le sue attrazioni una donna sposata si innamora di un bagnino. Sceneggiatura che racconta la gelosia e le sue derive lasciando in disparte la componente gangster, non calca la mano nel bieco finale e non ha battute degne di nota. La Winslet è al solito brava e mette in ombra Timberlake; Belushi ha poche variazioni; si poteva sfruttare di più il ragazzino piromane. Fotografia di livello che però distoglie l’attenzione con eccessivi cromatismi.
MEMORABILE: La Winslet che non sa difendersi dalle accuse.
Allen è assolutamente imbattibile nel descrivere le nevrosi e le psicopatie, individuando nelle relazioni interpersonali la causa dell’infelicità che rendono imperfetta la natura stessa dell’animo umano. La summa di ciò è una Winslet meravigliosamente antipatica e umanamente disprezzabile nei panni di un’instabile nevropatica. C’è anche il bambino piromane in secondo piano, parafrasi della tragedia genitoriale e dell’incompiutezza affettiva che si estende a ogni età. Chi apprezza Allen non resterà deluso. Epilogo nerissimo.
MEMORABILE: “Hai un bel viso alla luce della pioggia”.
Uno dei film stilisticamente più raffinati di Woody Allen, segnato da un comparto tecnico (ambientazione, fotografia) di primissimo ordine. Un plauso a Kate Winselt che eccelle in un ruolo a forte rischio di banalità e ad un ritrovato Jim Belushi nel suo migliore ruolo da molti anni a questa parte. Peccato che la vicenda sia assai banale e totalmente inappropriati i riferimenti colti che l'autore dissemina nel tentativo di rendere meno scontata una storia di comunissimi tradimenti e ripicche familiari.
Coloratissimo film romantico di Woody Allen in cui il regista sicuramente si è molto divertito con la fotografia regalandoci cartoline a ripetizione, che narrano una storia di romanticismo e infedeltà graziosa anche se non particolarmente ispirata. Si respira la nostalgia per un certo periodo come in altre pellicole quali Radio days, ma la scrittura in fin dei conti appare più piatta che in altri lavori. Comunque molto gradevole.
Allen dimostra di saper invecchiare bene e di poter quindi raccontare ancora storie che ci tengano incollati allo schermo. In questa occasione più di un aiuto gli viene fornito dalla splendida fotografia a colori del maestro Storaro e dall'interpretazione, davvero intensissima, di Kate Winslet, affiancata da un comunque efficace Jim Belushi. La trama non è che sia particolarmente ricca di novità, ma indubbiamente il regista newyorkese riesce a modellare la materia con sapienza e a farcela gustare con leggiadria. Bravo Woody.
Ci vuole tutto il mestiere di Woody Allen e un'ottima tecnica di contorno per rendere gradevole una commedia abbastanza banale, con intrecci familiari già visti, anche se qui si tingono di giallo. È anche questa spruzzata di thriller a dare qualcosa in più al film, che si fregia anche di una bravissima Kate Winslet e di un Jim Belushi quasi come ai vecchi tempi. Insomma, poco di nuovo all'orizzonte ma un film molto godibile. Woody Allen c'è ancora.
Nella serialità alleniana, viepiù necessaria (all'autore) e velleitaria (per lo spettatore), un raro e positivo scarto laterale. Se il cascame tematico ricorrente (colpa, destino) rischia il tedio e in alcuni momenti la stantia "scrittura" dei personaggi è sollevata solo dalle interpretazioni (Timberlake tollerabile, Belushi/Winslet di tragica consistenza, Juno perfetta Dea dell'amore), il film costruisce la sua ossimorica tensione sul contrasto tra la "futile" ambientazione di Coney Island (decisivo l'apporto di Loquasto e Storaro) e la malsana deriva claustrofobica dell'intreccio.
MEMORABILE: La telefonata "interrotta" della Winslet; Il bambino piromane; La ruota; Juno si "perde" allontanandosi di spalle seguita in auto dai due mafiosi.
Allen ci dà questa ennesima testimonianza del suo amore per il cinema. E noi amiamo il cinema con lui, perché ci lasciamo andare sulle ali della finzione, ci abbandoniamo al gusto sontuoso delle scenografie, dei costumi, delle inquadrature, ci immergiamo nel sapiente crogiolo dell’amore, della gelosia, del tradimento, della frustrazione. Il cinema è la vera ruota delle meraviglie, in cui è possibile perfino bruciare tutto quello che non piace: ci sbalza da qualche parte per riportarci su questo mondo e in questa vita con qualcosa in più. Un'altra perla della magnifica Kate Winslet.
Riuscito questo ritratto di Coney Island, ben architettato da Allen e magistralmente fotografato da uno Storaro in stato di grazia, che ci mostra un lato dell'America molto importante per quegli anni. Ottime e molto teatrali le interpretazioni degli attori protagonisti, tra i quali giganteggia una meravigliosa Winslet, che con passione e dedizione ci regala un personaggio unico ed emozionante. Sceneggiatura come al solito perfetta, personaggi sempre particolari e interessanti e quel pizzico di ironia che in questo caso non è molto marcata. Location da favola.
Sullo sfondo degli anni Cinquanta si svolge questa commedia amara di amore e tradimento. Uno dei migliori film diretti da Allen nell'ultimo decennio. La storia in sé ha poco di originale, ma riesce a coinvolgere grazie alle eccellenti interpretazioni di Belushi e soprattutto della Winslet, che si conferma attrice di grande rilievo. Fotografia di Storaro che a dire ottima è poco.
Cupo, disincantato, triviale ma sempre accarezzato da un’ironia cinica e pungente. È il nuovo sguardo di Woody Allen, che dopo aver sondato tutti i territori del realismo psicologico gioca spudoratamente col Grand Guignol liberando eruzioni interpretative da sogno. Un film insolito e affascinante, inglobato dentro un soffocante climax fifty ma diluito su magnifici landscape da cartolina. Kate Winslet, dimessa e clamorosa, si impone.
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DiscussioneMatalo! • 30/12/17 01:01 Call center Davinotti - 613 interventi
Avete tutti ragione e csto sul before after. Scusate se ho latitato ma ho avuto da farei
DiscussioneMatalo! • 30/12/17 01:03 Call center Davinotti - 613 interventi
Daniela ebbe a dire: Succede a tutti penso, soprattutto se si fanno i commenti a caldo o caldissimo.
A me capita di scriverne anche in piena notte, con i titoli di coda ancora impressi nella retina, figurati la lucidità e poi, la mattina a mente fresca mi pare di essere stata troppo buona o troppo micragnosa con i pallini.
Diciamo che la vedo alla Groucho Marx e i club...
Però caro Matalo! mi permetto di suggerirti di non scrivere "Mi devo dissociare dalla mia recensione": ti fa passare per un ministro o un VIP ;oP
PS: Suggerimento di cui non tener conto se sei effettivamente un ministro o un VIP
DiscussioneNeapolis • 18/03/18 16:02 Call center Davinotti - 3284 interventi
Non capisco l'esclusione di questo film dalle candidature agli Oscar e in particolare quella di Kate Winslet. Certo che non c'erano a mio avviso film decisamente migliori di questo e se penso al lucertolone....
DiscussioneZender • 18/03/18 17:49 Capo scrivano - 48957 interventi
Beh, è stato abbastanza distrutto dalla critica, non stupisce molto in realtà. Concordo anch'io, per quanto possa valere, sull'eccellente interpretazione della Winslet (anche se quello alla MacDormand non mi pare certo un Oscar immeritato).
DiscussioneNeapolis • 18/03/18 19:33 Call center Davinotti - 3284 interventi
Zender parlavo di candidature e forse la critica è stata condizionata dalle voci di una presunta molestia sessuale alla figlia adottiva che ogni tanto viene a galla.
DiscussioneZender • 19/03/18 07:55 Capo scrivano - 48957 interventi
Non lo so, credo semplicemente sia stato valutato il film nel suo insieme non "degno" di proporre candidature (anche se poi la Winslet ha vinto l'Hollywood Film Awards).
Domanda legittima, poi scorrendo le altre candidate
non saprei chi escludere, forse la Streep:
Frances McDormand - Tre manifesti a Ebbing, Missouri
Sally Hawkins - La forma dell'acqua
Meryl Streep - The Post
Margot Robbie - I, Tonya
Saoirse Ronan - Lady Bird
E la Winslet ha avuto 7 candidature in 21 anni, forse hanno applicato un principio di rotazione (però anche la Streep..)
Sarà, ma la Hawkins non mi sembra che abbia offerto una prestazione cosi memorabile
DiscussioneNeapolis • 19/03/18 15:10 Call center Davinotti - 3284 interventi
Capannelle: forse il dubbio è solo con la McDormand, vincitrice tra l'altro, ma a mio avviso l'interpretazione della Winslet è difficilmente superabile in questo film.
DiscussioneThedude94 • 2/10/20 19:43 Call center Davinotti - 19 interventi
Credo che la mancata candidatura sia dovuta al fatto che proprio in quegli anni sia scoppiato il movimento Mee Too e ingiustamente è stato tirato in mezzo per l'ennesima volta Allen (mai condannato e mai processato, lo ricordo). Si può discutere sulle altre attrici che sono state forse al livello dell Winslet, ma sulla fotografia di Storaro non credo ci fossero rivali (almeno per la candidatura). Ma si sa qual è il rapporto tra l'Academy e il politicamente corrette, quindi...