"Poliziesco" è un epiteto arbitrario quanto qualsiasi altro per definire uno dei Godard più pirotecnici e pop (ancora una volta la fotografia di Coutard lascia a bocca aperta). Iper-citazionista e rutilante, sperimentale e frammentario, questo collage di sketch surrealisti che è anche una resa dei conti sentimentale consegna alla memoria cinefila una Anna Karina meravigliosa e crudele, e l'indimenticabile immagine di Bebel con la faccia dipinta di blu e la testa avvolta dalla dinamite... In una scena appare Samuel Fuller, che declama sentenze sul cinema seduto in una stanza!
Straordinario film del maestro francese che, libero da schemi narrativi precisi, può esprimere al meglio la sua poetica, costruendo così una pellicola anomala ed indimenticabile dal primo all'ultimo fotogramma. Frammentario, caotico, magmatico, affascinante, mitico. Non ci sono aggettivi per definire un'opera assolutamente indefinibile. Chi si aspetta un film convenzionale lasci perdere. Gli altri potrebbero restarne estasiati. Destrutturato.
MEMORABILE: Il grande regista Fuller che snocciola sentenze memorabili sul cinema. Il finale con Belmondo con la faccia dipinta ed imbottita di dinamite.
Compendio delle tematiche e delle soluzioni del primo Godard: trama noir essenziale e frammentaria, montaggio innovativo, ampie (eccessive talvolta) divagazioni filosofiche, citazionismo sfrenato, ironia, violenza, non-sense. A ciò si aggiunge una fotografia, con predominanza di colori accesi, che è una gioia per gli occhi, una splendida alternanza di interni pop-art ed esterni esotico-insulari e due protagonisti memorabili e azzeccatissimi. Non privo di imperfezioni, ma senza dubbio memorabile e tra i vertici di tutto il cinema godardiano.
Il cinema è un campo di battaglia: amore, odio, azione, violenza, morte. In una parola: emozione”. In Pierrot, Godard mette in pellicola la lezione di Fuller ma, ovviamente, contraddicendola. L'emozione, almeno quella epidermica, non interessa al Maestro elvetico, stregato invece dalla voglia di concupire neuroni e sensi di chi guarda. Eccoci così bersagliati da un profluvio immaginifico di citazioni cine-letterar-filosofico-pittoriche, avvolte nella fantasmagorica fotografia di Coutard. Le regole pur infrante ancor ci sono. Karina magnetica, Belmondo esplosivo!
MEMORABILE: La cena in casa di Madame Espresso; belmondo che imita Michel Simon; Anna Karina che canta "Ma ligne de chance" di Duhamel.
Belmondo e soprattutto Anna Karina, due interpreti straordinari calati in una simbiosi totale dal sapore godardiano; fotografia deliziosa, musica ossessiva e un sacco di trovate succulente (su tutte l'incontro con Fuller). Diversamente da altri film del regista qui i limiti non esistono, perciò non tutto è facilmente assimilabile o digeribile, ancor più perché improntato costantemente a una ricerca intellettuale molte volte poco fluida e molte trovate (infiniti dialoghi "a coppia") quasi stancano. Bellissimo, ma a volte straziante.
Sospesa tra noir, romanticismo e denuncia dei miti societari, la frammentaria trama scompare nel gorgo della ribollente, eversiva regia di Godard, collage di densi dialoghi intellettuali e filosofici, intervalli cantati e ludici, cornici pop, ritagli pubblicitari, numeri da teatro dell'assurdo, travestimenti da cabaret, squarci improvvisi di azione violenta... A dispetto della splendente Costa Azzurra e di Belmondo e Karina che divorano allegri la scena, l'opera è intrisa dei veleni della decadenza, dell'alienazione e del consumismo, oggi più che mai di preoccupante attualità. Puro Godard.
MEMORABILE: «Ci fu la civiltà ateniese, il Rinascimento, ed ora stiamo entrando nella civiltà del culo.»; L'incontro con Sam Fuller; I benzinai; Il suicidio.
La cosa più facile da dire è che Pierrot le fou è Godard stesso. Le follie cinematografiche del regista della Nouvelle vague raggiungono qui vette impensabili. Via dai lussi borghesi in un "on the road mediterraneo" copiato all'infinito ma mai raggiunto, imbottito di colorate trovate dove sembra che tutto sia preso in giro, smitizzato, forse proprio a partire dall'arte stessa, seppur rispettata. I due protagonisti sono un inno alla giovinezza, alla bellezza: splendida la Karina, crudele al punto di far innamorare il più convinto dei misogini.
Un film vario, svagato e multiforme che i più saggi apprezzano in quanto esempio di libertà. Io, che sono più rozzo, vi scorgo, invece, un freddo esercizio intellettualistico, politicamente invecchiato e addirittura irritante nella sua studiata anarchia. Non mancano bagliori di grandezza e gli attori (soprattutto Belmondo, con quell'aria da pugile bastonato) son convincenti: rimane sospesa quell'impressione d'artificiosità, di provocazione a tavolino.
Due amanti si rincontrano dopo qualche anno: lui ha sposato una donna ricca e si annoia nell'ambiente borghese, lei si è impelagata con criminali. Fuggono, mettono a segno qualche colpo, si amano in riva al mare... Uno dei titoli più celebrati di G., regista che non mi ha mai convinto, segnato dal suo riconoscibilissimo tocco autoriale, nei pregi soprattutto formali e nella libertà creativa, ma anche nella pesantezza sentenziosa di quei brevi cenni sull'universo con cui zavorra buona parte delle sue opere. Se qui non l'affossano del tutto si deve alla bellezza della coppia protagonista.
MEMORABILE: Belmondo tinto di blu, con la doppia "mascheratura" gialla e rossa
Godard riprende le situazioni in b/n del suo potente esordio cinematografico e le traspone a colori. Il mio giudizio è sostanzialmente invariato, anche se la perdita della novità un po' gioca a sfavore del film: pesante è pesante, la noia si mette in conto e soprattutto le divagazioni artistiche sono gratuite fino a peccare d'intellettualismo (qualsiasi cosa voglia dire); eppure allo stesso tempo la pellicola sprizza un fascino libertario, un'anarchia cinematografica che a tratti si vela di poesia. ***, considerato che è molto invecchiato.
MEMORABILE: Per quanto possa apparire assurdo e stucchevole, ho trovato meravigliose le scene in cui Anna Karina canta a Belmondo.
Entrati nella dinamica e nella testa dell'autore si può capire un'opera che stordisce a più riprese lo spettatore. E' però più che altro un esercizio di stile di difficile assimilazione. Pur riconoscendo l'importanza dell'opera da un punto di vista artistico, non è facile sopportarne il ritmo e i continui cambi di registro. Titolo italiano assolutamente fuorviante.
Il titolo italiano è incomprensibile ma anche quello originale rischierebbe di deludere, se non si comprende il carattere ironico e fumettistico con cui si cita il soprannome del leggendario gangster de la Traction Avant. Godard dunque torna, come sempre, a utilizzare il poliziesco come pretesto: quasi uno pseudo-sequel di Fino all'ultimo respiro in chiave pop, con il Cinema che di nuovo riflette su sé stesso entrando direttamente in campo (stavolta con Samuel Fuller al posto di Jean-Pierre Melville) e un programmatico "anarchismo morale e narrativo" stroncato dalla censura francese.
MEMORABILE: Le coloratissime scene in automobile (omaggiate in Pulp fiction). Belmondo con la faccia blu.
Parigi 1965: un uomo dell'alta borghesia rincontra una ragazza con cui aveva avuto una relazione anni prima e fugge con lei che ora fa parte di una banda di gangster. Nel film non conta tanto la trama quanto piuttosto le vorticose idee cinematografiche di Godard, tra una leggerezza tutta francese e battute poetiche con un occhio al noir americano e al tardo Billy Wilder, alla critica marxista alla borghesia del Boom economico che è alla base del film. Grande prova di Jean Paul Belmondo e Anna Karina. Un film che ha 60 anni e non li dimostra.
MEMORABILE: La battuta di Anna Karina "La cosa triste è che la vita non assomiglia ai romanzi".
Professore insoddisfatto scappa con una ragazza e diviene un criminale. Godard gira una specie di thriller togliendo i classici punti di riferimento. La storia è volutamente non lineare: ci sono digressioni filosofiche, accenni di comicità e una regia piena di spunti (soprattutto a livello cromatico). Anche i momenti degli omicidi vengono proposti come già avvenuti, annullando la suspense. Viene evitato l’effetto irriverente per via di una certa ironia e della finzione cinematografica.
MEMORABILE: I fari di notte in macchina; Lo spettacolo teatrale americano/vietnamita; Il waterboarding; I candelotti.
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Ok, non l'ha tagliato lui ma comunque mancano 10 minuti di film.
Non potevano allora fare un'edizione a due dischi con la versione originale (anche solo sottotitolata) e quella italiana come era già successo per il dvd di Il Disprezzo?
Noir il problema è che qui siamo in Italia. Non
abbiamo rispetto per le opere di un autore. La nostra "educazione" cinematografica è molto più
bassa degli altri paesi europei. Purtroppo è così. Certe cose succedono solo da noi.
P.S.
Credo che mi terrò la versione in originale con
sub in ita.
Cotola ebbe a dire: Noir il problema è che qui siamo in Italia. Non
abbiamo rispetto per le opere di un autore. La nostra "educazione" cinematografica è molto più
bassa degli altri paesi europei. Purtroppo è così. Certe cose succedono solo da noi.
P.S.
Credo che mi terrò la versione in originale con
sub in ita.
Sottoscrivo tutto quello che hai detto, la penso esattamente come te.
Però l'incazzatura resta.
Visionato oggi su grande schermo, da dvd italiano, completamente ignaro dei tagli (anche se mi aveva effettivamente stupito il fatto che il film fosse integralmente doppiato). Darò un'occhiata al divx integrale per capire un po' cosa mi sono perso...
Guarda non parliamone, una vergogna. Le solite
cose all'italiana. E dire che ci sono anche parti in originale in cui parla con la moglie nel nostro idioma. E poi quattordici minuti
di tagli. La cosa si commenta da sola.
Ho guardato velocemente la versione integrale. Faccio un confronto andando a memoria. Nella versione italiana le scene "forti" c'erano tutte (tranne, mi pare, il seno della ragazza in una delle scene del party, se non sbaglio quella girata con filtro giallo): semplicemente si è deciso di accorciare arbitrariamente le scene ritenute "inutili" e eccessivamente lunghe. Peccato, perchè il doppiaggio era ottimo (con Belmondo ottimamente doppiato dal grande Pino Locchi).
Nel mondo civile ci sono edizioni sontuose anche in blu-ray, quello Criterion è favoloso, suppongo che lo Studio Canal regga egregiamente il confronto
CuriositàApoffaldin • 19/12/24 13:37 Pulizia ai piani - 262 interventi
La copertina della rivista incorniciata in casa di Marianne (Anna Karina) al minuto 15 del film è quella del numero 293 dal 6 al 13 novembre 1954 di Paris Match (datazione e numero verificabili qui). La copertina è a suo modo storica per il discutibile accostamento tra la foto della Lollobrigida e il titolo sulla rivolta in Algeria.
Il volume rilegato che Marianne e Ferdinand (Jean-Paul Belmondo) si portano dietro e si vede spesso nel film (distintamente, a esempio, al minuto 34) è una raccolta dei fumetti pubblicati dal giornale francese L'Epatant (Lo Stupefacente) tra il 1908 il 1912. Erano quelli disegnati da Louis Forton e appartenevano alla celebre serie de Les Pieds Nickelés. Il termine gergale francese, traducibile con "piedi di nickel", è riservato agli scansafatiche che vivono di espedienti.