il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

DIEGO 100%
tutti gli episodi
ENTRA
364290 commenti | 69109 titoli | 27181 Location | 14366 Volti

Streaming: pagine dedicate

Location Zone

  • Film: Ricchi a tutti i costi (2024)
  • Luogo del film: La spiaggia dove, nella scena finale, Anna (Finocchiaro) rivela al marito e ai figli che la nonna no
  • Luogo reale: Son Bou: Platja de Son Bou, Spagna, Estero
VEDI
  • Film: Race for glory - Audi vs. Lancia (2024)
  • Luogo del film: L'hotel dove Fiorio (Scamarcio) incontra Walter Rohrl (Bruch) e lo convince a provare la 037
  • Luogo reale: Albergo storico Cascata del Toce, SS 659, Formazza, Verbano-Cusio-Ossola
VEDI
  CINEPROSPETTIVE

ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Antonino Sabatino

    Antonino Sabatino

  • Bruno Tabarroni

    Bruno Tabarroni

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Gabigol
Troupe per film hard resta bloccata a La Sangre De Dios (Messico), ove aleggia la leggenda del luchadores killer El Mascherado. Il budget ristretto e i riferimenti lapalissiani a Hooper costringono lo spettatore a tenere a freno le aspettative. Splatter e nudità restano marginali; il ritmo poco sostenuto e il doppiaggio non aiutano. Discreta, invece, la variante del killer e complessivamente accettabile l'atmosfera semi-farsesca ("keep it simple"). Cast volenteroso: Mysterio Snr fa il suo; la Milani è splendida (aiutata dalle inquadrature ginecologiche dell'ultima parte).
Commento di: Daniela
Industriale tessile da anni paga un malvivente perché tenga i sindacati lontani dalla sua azienda. Scoperto che questo significa avallare soprusi e violenze, il figlio non ci sta... Dopo aver diretto le prime sequenze, per ragioni di salute Aldrich dovette cedere il posto al meno grintoso Sherman ma il film, al netto di qualche passaggio affrettato o qualche caratterizzazione poco convincente, resta interessante e prezioso per essere uno dei pochi del periodo a presentare i sindacati come paladini dei diritti dei lavoratori e non come organizzazioni para-criminali ricattatorie.
Commento di: Jandileida
Discreta operazione modaiola del generalmente più soporifero Soderbergh, che piazza i due sex symbols maschili dell'epoca nella friccicosa Las Vegas. Remake non pedissequo di un classico con Sinatra, ha dalla sua un certo ritmo e la vocazione a voler intrattenere attraverso il lavoro degli attori, i quali fanno effettivamente tutti una bella figura, dalle vecchie rocce ai giovani virgulti capitanati, appunto, dai giuggiolonissimi Clooney e Pitt. La trama a tratti si ingarbuglia nell'ansia di voler mostrare troppa intelligenza criminale, ma rimane una visione piacevole.
Commento di: Anthonyvm
All'alba della Golden Age of porn, sull'onda di dissacrazione dei tabù sessuali che animava il periodo, spunta la sexy-parodia del celebre Flash Gordon; carnevalesca nel look e nell'esecuzione, ma tecnicamente molto più curata di quanto ci si aspetti da uno spoof erotico, se non altro sotto il profilo effettistico. Stupefacente lo scarto qualitativo che separa le sciatte sequenze live action dalle sezioni ospitanti le creazioni di futuri maestri del calibro di Rick Baker e Dave Allen, tra elaborate sculture scenografiche e notevole stop motion. Film datato e bruttarello, ma sincero.
Commento di: Trivex
Della serie: si fa quel che si può, con quel che si ha! Comunque, Mario Bianchi se la cava ancora discretamente, con tanto di un paio di nudi molto gratuiti, mettendo un po’ di gore dove serve e concludendo tra vermi e cagnotti. Prodotto dall’atmosfera “rassegnata”, assolutamente conforme ai canoni del cinema “chip” del periodo e adatto quindi quasi esclusivamente agli spettatori dediti al genere. Vicenda non spregevole, interpretata non in modo eccelso ma nemmeno poi così male, dopotutto. Il finalone è mediocre, forse un po’ come tutto il film.
Commento di: Erfonsing.
Film da vedere. Cregger costruisce una storia interessante (non nuova, ma sviluppata in maniera personale) che incuriosisce, inquieta, diverte. Ottimi la costruzione della cittadina, degli abitanti, le personalità dei protagonisti, gli ambienti (la gestione degli interni Cregger l'aveva imparata già in precedenza), ma soprattutto notevole la costruzione delle immagini (lei che dorme in auto, qualcuno esce di casa...). La storia a capitoli ricorda altro, ma, decisamente, il film è riuscito: non un vero horror, ma senza dubbio spaventa.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Tra i tanti triangoli sentimentali proposti al cinema, uno dei più insoliti. Eppure per nulla improbabile, perché da sempre l'amore prende direzioni autonome, non direzionabili a proprio piacimento. Qui Marc (Fourastier) vive con Suzanne (Bonnaire), una coinquilina deliziosa, charmant, dal sorriso radioso, ma non è interessato a lei: è omosessuale, e quando in piscina un altro ragazzo, Lucien (Blaine), salva Suzanne che si è sentita male mentre nuotava, se ne innamora; nello stesso momento in cui lui invece si innamora di Suzanne, che per chiudere il cerchio...Leggi tutto ha sempre guardato con interesse Marc. E' tutto sbagliato, insomma, un corto circuito non sanabile che si trascina generando imbarazzi, equivoci, lunghi silenzi da gestirsi non si sa come e che il regista Michael Béna (cameo hitchcockiano fuori dalla cabina telefonica da cui chiama Suzanne) drammatizza escludendo le musiche dal film, alla Rohmer.

I dialoghi si fanno quindi ancora più gravi, vicini alla realtà in quelle frasi spezzate che si perdono in uno spazio sospeso, lo stesso che divide i protagonisti e che trovano in Marc la figura che meglio di tutti incarna quel non saper come rapportarsi a un mondo che non capisce e non lo capisce, che lo porta a piangere sotto la doccia confondendo le sue lacrime nell'acqua, che cerca conforto in Suzanne senza però stabilire troppo un legame che possa definirsi importante nemmeno con lei. Lucien pare meno contorto nei suoi ragionamenti, ma non riesce a far breccia in Suzanne, che pure non lo respinge mai se non quando le avance si fanno troppo insistenti arrivando troppo oltre.

C'è poi la voglia di cambiare posto, città, la fuga in direzione di qualcosa che possa cancellare radici fragili, infelici. C'è una complessità psicologica che non può non rispecchiare quella del suo autore, regista di qualità alla sua unica prova dietro la macchina da presa (morirà di Aids di lì a poco), già inevitabilmente alle prese con un dolore e una consapevolezza dati dalla propria condizione. Ne è uscito un film rarefatto, impalpabile, delicato, che però, da una situazione di stallo che non trova sbocchi, non riesce a progredire per raggiungere una concretezza che gli darebbe una forma decisa.

La presenza di personaggi esterni non ben inquadrati nel quadro generale (a cominciare da Clothilde, l'amica di Suzanne) lasciano aperte tutte le porte senza arrivare a chiuderne nessuna nel consueto finale aperto alla francese, che ti arriva lì d'improvviso, come un passaggio a livello che passato il treno non s'alza più, senza una ragione. Lasciandoti a ripensare a quei tre, alla forza di scene indubbiamente azzeccate lasciate a bagno in un liquido che muove tutto con scarsa decisione, magari proprio come l'acqua di quella piscina che diventa l'unica valvola di sfogo per tutti e tre, momento di riunione che per qualche minuto scaccia una solitudine opprimente, mista a una tristezza ineludibile. Però poi, quando manca una storia e tutto verte all'indefinito, non è facile proseguire fino alla fine, nemmeno se la durata si contiene sotto l'ora e mezza (titoli di testa e coda compresi)...

Chiudi
Seconda avventura a Cinecittà World per i paesani di Pellizzano in trasferta. Che poi, vista la quantità di romani presenti nel cast, bisognerebbe forse chiamare trasferte quelle in val di Sole, non queste... Di nuovo le attrazioni del parco di Cinecittà vengono abbondantemente pubblicizzate (i titoli di testa assomigliano a un vero e proprio spot), così come si sprecano le panoramiche del parco dall'alto. L'ambientazione meno originale e suggestiva rispetto alle verdi vallate del Trentino, tuttavia, non inficia sul risultato finale, che invece rende più...Leggi tutto “confidenti” gli attori, più a loro agio in un contesto familiare come quello romano.

Rispetto al capitolo precedente si perde però Massimo Ceccherini, che dei nuovi acquisti era quello che più aveva reso vivace e brillante l'operazione; a “sostituirlo” troviamo Alessandro Di Carlo nel ruolo di sceicco fasullo, la rediviva Gegia in quello di Jasmine (la di lui moglie) e l'attraente, davvero splendida Samira Lui come accompagnatrice dei due. E' allo "sceicco" che Madame Leroy (Cléry), la proprietaria al 51% del parco, ha venduto le proprie quote, lasciando a Don Donato (Salvi) e soci il 49%. Non proprio una bella notizia per i nostri, che stavano già organizzando di rimettere in sesto la chiesetta del posto (ci pensa Don Gabriele/Garbotti) e a organizzare una bella festa di Capodanno con Johnny Depp versione Jack Sparrow (Rodi)...

Il rapporto con lo sceicco e i suoi uomini, che cominciano a vendere tappeti in loco facendo irritare il gruppo di Pellizzano, diventa uno dei leitmotiv del film, per il resto adagiato sui soliti rapporti spinosi tra coppie. La Gina (Stafida) infatti, tutta presa dal figlio che le sta per nascere, trascura il povero Edoardino (Milano); Luna (Murgia) sogna di farsi mettere incinta da Luigi (Dianetti) e per questo lo ha trasformato in una sorta di sex toy; Olivia (Marchione) si ritrova tra i piedi la figlia adolescente (Guarino) e per lei ignora Ragusa (Di Renzo); Angelo (Mattioli) - gemello del vescovo, qui presente solo in un paio di telefonate da Pellizzano – non fa che urlare dietro alla sua giovane compagna Zara (Massera), che risponde da par suo in un romanesco esasperato. Piccole sottotrame che movimentano una storia minimale in grado di offrire poco ma che conferma il rinnovato affiatamento tra i protagonisti, aiutati di nuovo dalla regia spigliata di Raffaele Mertes.

Le gag affiorano piuttosto a fatica e in minor numero rispetto al precedente episodio (al quale questo è ovviamente strettamente collegato), Mattioli - che di fatto qui non si sdoppia - si prende spesso la scena strabordando e facendoci rimpiangere quando si conteneva di più nella parte del vescovo (meglio inserita la Massera, un vero torrente in piena). Salvi, al contrario, sembra aver trovato la misura perfetta per il suo ruolo e convince più di tutti, con le tre attrici solide in personaggi che ormai conoscono a menadito. E alla fine, senza che si possa gioire granché per il risultato (soprattutto pensando al deprimente finale “horror” con truffe annesse), con una Cléry solo di passaggio e una Gegia eccessivamente invadente, la trasferta romana sembra concludersi qui. Se non altro, comunque, si respira più vita rispetto agli ultimi stanchi capitoli in Val di Sole...

Chiudi
“Gli inizi” ci vengono a dire il vero raccontati con qualche flashback a mo' di documentario nella primissima parte del film: una missione spaziale con a bordo i quattro (non ancora) eroi è finita male e il loro DNA ne è uscito modificato con le conseguenze che tutti sappiamo: Johnny (Quinn) si accende a piacere come una torcia, Ben (Moss-Bachrach) è un'enorme massa pietrosa antropomorfa, Reed (Pascal) si allunga a piacimento e Sue (Kirby) può farsi invisibile e spostare giganteschi volumi di materia attraverso una forza che viene visualizzata da...Leggi tutto uno spettro cromatico appena percettibile. Insieme si sono presi l'incarico di proteggere il mondo e – lo vediamo in un veloce riassunto - hanno sconfitto svariati nemici che avevano l'ambizione di dominarlo.

Ora Sue è incinta di Reed e proprio quando si avvicina l'ora del parto una nuova minaccia si avvicina alla Terra: annunciato dal “metallico” Silver Surfer (Garner), qui in versione femminile tanto per variare un po', sta per giungere a noi il temibilissimo Galactus, il divoratore di mondi la cui statura colossale è forse l'effetto meglio reso del film. Per arrivare a parlarci, i nostri devono compiere un viaggio spaziale attraverso una sarabanda di coloratissimi effetti speciali entro cui sfreccia Silver Surfer. Una volta al suo cospetto, Galactus pone le sue condizioni: la Terra sarà salva (e lui quindi eviterà cortesemente di papparsela) se gli verrà consegnato il magico figlioletto nato da Sue e Reed, destinato a suo dire a un futuro incredibile. Non sia mai! Consegnare il loro pupo in cambio di qualche miliardo di anime è improponibile, per i Fab Four: va escogitato un sistema diverso, per salvare il mondo! Tornati con le pive nel sacco e presi a male parole da interi popoli che pretenderebbero di sacrificare non senza una certa ragione il nascituro, i Quattro cominceranno a studiare un sistema di teletrasporto che potrebbe salvare capra e cavoli.

Non molto da segnalare in un film che azzera quasi del tutto le esibizioni della neo coppia di genitori (Reed ha un paio di buoni momenti nella lotta finale e poco altro, Sue anche meno), lasciando a Ben Grimm la maggior parte delle scipite gag e consegnando alla Torcia Umana il compito di far risplendere gli effetti speciali. Che quando c'è lui funzionano, a dire il vero, ma ancora meglio colpiscono quando a fare sfracelli tra i palazzi di New York arriva Galactus il quale, secondo modalità  “godzillesche”, sfascia grattacieli e auto lungo il cammino. Davvero un essere gigantesco, del quale la regia riesce a restituire le inusitate dimensioni trasformandolo nel vero polo d'attrazione del film.

Quando invece c'è da passare alle scene di semplice quotidianità o quando i protagonisti devono elaborare una strategia difensiva casca il palco: Reed con la sua espressione perennemente corrucciata da grande studioso si contrappone all'ingenuità di Johnny e alle sdrammatizzazioni di Ben, mentre Sue pensa al bambino e mostra gli splendidi occhioni azzurri senza che mai si rinvenga tra le pieghe della storia qualche spunto interessante. Il protezionismo nei confronti del piccolo Franklyn, insidiato dal tremendo Galactus, diventa centrale, con dialoghi "familiari" stucchevoli e i Quattro tratteggiati spesso come bamboccioni privi di qualsiasi spessore drammatico, ai confini del cartoon.

La qualità dell'umorismo è modesta quanto i dialoghi e i lunghi passaggi in astronave tra fiumi di colori e torrenti di fuoco sono un riempitivo uguale a troppo di ciò che si può trovare in qualsiasi film con futuristiche esplorazioni planetarie. Insomma, dare smalto al quartetto su grande schermo si conferma operazione non facile, nonostante le potenzialità per farlo esistano. Si è comunque ristabilita, rispetto al primo film, una medietà che permette di godersi lo spettacolo senza troppi rimpianti, aiutati dal solito ritmo vivace che in produzioni simili diventa asset fondamentale.

Chiudi

Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

SFOGLIA PER GENERE