il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

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358544 commenti | 68064 titoli | 26820 Location | 14105 Volti

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  • Film: Il grande fuoco (serie tv) (1995)
  • Multilocation: Piazza Adriana 11
  • Luogo reale: Piazza Adriana 11, Roma, Roma
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  • Film: L'amore e altre seghe mentali (2024)
  • Luogo del film: Il bancomat dove Guido (Morelli) fa un prelievo per pagare l'affitto a Giulia (Giannetta)
  • Luogo reale: Largo degli Osci, Roma, Roma
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Fabrizio Mazzeo

    Fabrizio Mazzeo

  • Ronald K. Pennington

    Ronald K. Pennington

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Galbo
Dalla “mente” del talentuoso regista iberico Rodrigo Sorogoyen una bella serie incentrata su dieci capodanni della vita di una coppia che attraversa alterne vicende di vita personale. Basata su situazioni quotidiane realistiche e su dialoghi che rappresentano in modo ottimale le dinamiche di una coppia e sono frutto di un ottimo lavoro di scrittura, "Dieci Capodanni" si caratterizza per l`ottima interpretazione dei suoi due protagonisti, talentuosi attori spagnoli.
Commento di: Panza
La penna raffinata di Enrico Medioli cerca di inserire sprazzi di originalità nel triangolo moglie-marito anziano-amante giovane, vagamente ispirato ad Anna Karenina, per allontanare l'atmosfera da "minestrone" sentimentale, ma l'impresa non gli riesce completamente. Si avverte lo sforzo di rendere meno stereotipati i contrasti tra i personaggi, ma la smisurata lunghezza e le interpretazioni non proprio imperdibili (in primis la Alt, da salvare invece Fuchsberger), lo derubricano all'ennesima variazione sul tema "anche i ricchi piangono". Inutile la trama di contorno con De Caro.
Commento di: Galbo
Christopher Nolan ci ricorda come si realizza un “classico” del cinema, realizzando una biografia non convenzionale su uno dei padri dell’ordigno atomico. Un film che nonostante la durata non mostra il minimo cedimento, anzi cattura costantemente lo spettatore con cambi continui di registro e una magistrale Interpretazione del cast, con grandi prove di Cillian Murphy e Robert Downey Jr. Comparto tecnico di altissimo livello. Da vedere. Forse il miglior film del regista.
Commento di: Hoss
Sta venendo un astronave sulla Terra! M'ama o non m'ama? La caparbia America nata pronta per tutto, perfino per l'invasione aliena, viene rappresentata con una regia da cartone animato, le scene sci-fi sono caratterizzate da una mera grafica da videogame innestata in larghe riprese senza nessuna vergogna, i marziani sono degli extraterrestri mai visti prima e matti come nessun altra forma di vita dell'universo (sci-fi e non) è mai stata prima. Un cocktail anni 90 preparato con azione e commedia con l'aggiunta del bizzarro. Opera fondamentale per il genere, adatta a tutte le età.
Commento di: Fauno
Come trama ce ne saranno un'altra dozzina: fotomodella è pedinata da un maniaco che dapprima vorrebbe esserle amico e proteggerla per poi in seguito tentare di sacrificarla onde purificarla. Ma qui, oltre alla bravura degli attori, ci sono da analizzare il trascorso di questa donna, la particolarità con cui si pone di fronte agli uomini, la sua consapevolezza di saper coinvolgere e i suoi limiti quasi obbligati nel lanciarsi definitivamente; la Marcovicci è stata per questo ottima scelta. Curiosi la Foster bimba vagabonda e Zalman, già proiettato più che mai nelle foto e nel delirio.
Commento di: Il ferrini
Colombia, ultimi anni del XIX secolo; la psichiatria muove i primi passi e una dottoressa viene incaricata di studiare il caso di un ragazzino emarginato e additato da tutti come l'incarnazione del diavolo. L'equilibrio del film è ammirevole, nel contrapporre la logica e la scienza alle superstizioni e al bigottismo del piccolo villaggio. La messa in scena è semplice ma efficace, epico Noriega che salva la Heard mentre viene frustata come strega, di grande impatto l'incendio in notturna, trovata perfetta l'eterocromia iridea del bambino. Un piccolo film che però smuove una montagna.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Miniserie in due puntate coprodotta tra Italia e Australia (dove è interamente ambientata), racconta le vicende di tre ragazzi di diverse età che si conoscono e crescono insieme in un orfanotrofio: Danny (Hardi) è il più grande, un adolescente, e Frances (Elliot) ha pochi anni di meno. Chi fa loro quasi da mascotte è il piccolo e dolcissimo Paulie (Gilmore), che completa il gruppo. Quando i tre vengono adottati da tre diverse famiglie, per loro comincia una nuova vita, fatta più di giorni tristi che di soddisfazioni, ma non solo per colpa dei genitori.
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Paulie sembra il più incolpevole: è chiamato a sostituire nei cuori di papà e mamma un figlio morto e fin da subito il padre, sognando possa ripetere i successi nel calcio del vero figlio, lo costringe ad allenarsi senza sosta col pallone, benché sia evidente quanto non sia quella la sua strada. Frances, invece, vive un rapporto conflittuale soprattutto con il padre (Blackwell), ma anche la moglie (Toppano) di questi fatica a entrare nelle grazie della ragazza. Particolarmente introversa, Frances trova amicizia in un'anziana libraia specializzata in occultismo (Leith), con cui condivide uno speciale potere (la telecinesi, anche a distanza!). Danny infine, ossessionato dalla ricerca della propria madre biologica (vuol sapere perché l'ha abbandonato), viene adottato da una ricchissima famiglia il cui padre (Olsen) esige da lui innanzitutto impeccabile educazione. Martha (Lyons), la nuova madre, è invece forse la persona che più riesce a comprenderlo stabilendo con lui un bel rapporto d'affetto. Il padre di lei peraltro, il vecchio Bops (Spencer), è un ex pugile che vive con loro e che subito prova simpatia per Danny, mettendosi in testa di allenarlo per farlo sfogare con i guantoni.

Tre situazioni diverse studiate senza ricorrere a banalità eccessive, piuttosto ben rese pur all'interno di un prodotto nel complesso modesto, soprattutto a causa degli inevitabili limiti di recitazione dei ragazzini: solo il piccolo Gilmore, che suscita tenerezza e mostra lodevole spontaneità, sa reggere con furbizia il suo personaggio, gli altri due si rifugiano in bronci, intristimenti, sfoghi improvvisi che non depongono certo a favore della sceneggiatura. Bud Spencer, barba lunga e occhi strizzati, non si vede quasi mai nella prima puntata ma si guadagna un suo spazio nella seconda, affiancando nell'avventura in campagna la Leith e dando un senso alla sua partecipazione.

Se però nella fase di sistemazione in famiglia la miniserie (la durata totale è di tre ore) funziona, aiutata dalla recitazione matura dei genitori, quando i rancori dei tre ragazzini nei confronti delle loro nuove famiglie si concretizzano in una fuga, il tutto comincia a perdere colpi. L'avventura nuoce a un'opera che si muoveva al meglio nello studio delle relazioni tra genitori adottivi e figli, mentre già quando i tre si ritrovavano incontrandosi tra loro si capiva che non troppo aveva da dire. I “tre per sempre”, insomma, non sembrano così affiatati come la situazione necessiterebbe e il film ne risente, per quanto venga mantenuta un'apprezzabile misura e, almeno inizialmente, non si ricada nel rischio di nuotare in un mare di melassa. Lascia più di un dubbio la scelta di assegnare lo strano “potere” a Frances, poco pertinente in una produzione che punta a raccontare drammi adolescenziali attraverso sentimenti reali. Finale commovente quanto ovviamente telefonato, e il goffissimo incontro di boxe in chiusura ce lo potevano risparmiare...




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Thriller in alta quota per Mel Gibson, il quale, dopo i progetti ambiziosi che ne hanno spesso caratterizzato la carriera da regista, scende di livello per tuffarsi in un B-movie facile facile che punta tutte le sue carte sulla tensione. Non solo quella data da un volo di difficilissima gestione, ma anche quella garantita dall'avere a bordo uno spietato killer armato di cattivissime intenzioni. Non ci mette molto il film a entrare nel vivo dell'azione: dopo un breve incipit nella camera di un motel dove Winston (Grace), il supertestimone prossimo a dare il suo fondamentale contributo per...Leggi tutto incastrare un boss, viene fermato dalla Polizia e ammanettato perché non possa fare scherzi, ci si sposta già sulla pista di un aeroporto.

La US Marshal Madolyn Harris (Dockery) sale sull'aereo privato che dovrà portarla, insieme a Winston, ad Anchorage (siamo in Alaska), da dove poi partire per Seattle. Il pilota che li accoglie (Wahlberg) si mostra scherzoso, ha voglia di parlare con qualcuno e, fin da quando decolla, non smette per un attimo di farlo. Madolyn non ne può più, mentre Winston, seduto e incatenato al suo posto poco più indietro dei sedili di guida, mostra un simpatico spirito ironico a sua volta poco apprezzato dalla donna. Qualche scossone, un uccello che si schianta sul vetro spaventando Madolyn, le ciance del pilota che, nelle cuffie che fa indossare anche alla donna per parlarle, mette in loop "Blue Monday" dei New Order: una situazione che resta comunque piuttosto nella norma fino a quando una frase del pilota mette in allarme Madolyn: sa qualcosa che non dovrebbe sapere. Come mai? Semplice: quello non è l'uomo che dovrebbe essere ma qualcuno mandato dal boss contro il quale Winston dovrà testimoniare e il suo obiettivo è uno: uccidere quest'ultimo.

La tensione esplode d'improvviso a bordo e inizia l'avventura ad altissimo rischio che non ha in sé nulla di nuovo ma si propone il difficile compito di riuscire a intrattenere per la tradizionale ora e mezza senza mai uscire dall'abitacolo dell'aereo. E' un sottogenere ben preciso, quello a location unica, e per funzionare richiede una sceneggiatura di ferro o in alternativa una regia di alta qualità in grado di mantenere alta la suspense, facendoci dimenticare le limitazioni date dall'unità di luogo. In questo caso la sceneggiatura non è certo virtuosistica, ma Mel Gibson dietro la macchina da presa ci sa fare e sfrutta bene gli spazi spostando l'attenzione da un personaggio all'altro e aggiungendovi le pericolose evoluzioni del velivolo.

La credibilità va perlopiù a farsi benedire, Wahlberg (per l'occasione mezzo pelato in testa e... senza l'utilizzo di effetti speciali, come ha tenuto a precisare: semplice rasatura), in un raro - per lui - ruolo negativo, non è sempre sopportabile per quel suo salire esageratamente sopra le righe che conduce alla macchietta. La Dockery non è troppo empatica ma fa quel che deve, Winston contribuisce alla vena ironica con qualche intervento azzeccato. Ma in questo senso chi ha buon gioco è la voce che da terra dovrà aiutare il velivolo a non schiantarsi. Le spiritose avance via radio a Madolyn sdrammatizzano e donano spesso relativa brillantezza all'azione. L'unica variante importante è data dalla scoperta che qualcuno, in Polizia, fa il doppio gioco, e Madolyn è coinvinta di sapere chi sia. Una sorpresa che a fatica regala un po' di interesse a una vicenda un po' stantia che tuttavia si segue con un buon grado di coinvolgimento. Niente di eccezionale o di originale, è evidente, ma come thriller ad alta quota si lascia guardare volentieri.

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Non solo gli americani: a visitare Roma in cerca d'amore, avventura, magari con la speranza di fare un giro in Vespa fino alla Bocca della Verità (citando apertamente VACANZE ROMANE, of course) ci sono anche i russi, che in questa coproduzione con l'Italia portano nella Capitale la loro diva Olga Stanislova Pogodina, attrice in patria di decine e decine di film e serie. Qui è Olga, dirigente moscovita della maison di moda di Vladimiro (Frassica), brand per il quale la donna si reca a Roma per lanciare una nuova campagna...Leggi tutto pubblicitaria. Si fa accompagnare da Massimo (Conticini), uno dei pochi nell'ambiente che non sia gay e che la sistema in uno splendido hotel.

Il Gregory Peck della situazione è invece Giorgio (Preti), bamboccione che il padre (Giannini) è stanco di dover mantenere. Dopo aver orgogliosamente deciso di cercarsi una strada lontano dal genitore, capisce che trovare un lavoro non è affatto facile e, dopo una serie di colloqui a vuoto, finisce a parlare con l'addetto alle risorse umane (Molteni) proprio della Vladimiro, che sulle prime, dal momento che il giovane non ha referenze, lo invita ad uscire. Quando però Giorgio, capito che chi gli sta davanti è decisamente gay, mostra il fisico e ammicca, l'uomo cambia idea e lo assume come cameriere per l'imminente party organizzato da Vladimiro. E' da qui che il protagonista capisce come quello sia per lui l'unico modo per farsi strada nell'ambiente; decide così di fingersi gay prendendo il "nome d'arte” di... Georgie.

Avvenente, alla Vladimiro Georgie attrae l'interesse di molti, e tutti fanno a gara per farselo amico e vezzeggiarlo. Tra i tanti conosce anche Olga, alla quale dice di essere un dirigente omosessuale stabilendo con lei un rapporto di complicità e facendole un po' da cicerone alla scoperta di Roma (l'immancabile giro in Vespa sarà tuttavia uno solo e molto breve). Giorgio deve intanto fare ben attenzione a non farsi scoprire dagli amici, ai quali ha taciuto la sua frequentazione di un certo mondo. L'arrivo in città della madre (Udovicenko) di Olga, alla quale quest'ultima aveva detto, per farla felice, di avere appena trovato lì un nuovo fidanzato, lo costringerà (su richiesta di lei) a spacciarsi proprio per l'amore italiano della bella dirigente russa, tacendo alla donna la sua (finta) natura omosessuale.

Una trama non certo nuova e sufficientemente intricata da creare un po' di movimento, al quale partecipano personaggi eccentrici ed effeminati (gustoso Frassica in questo senso, pur se privato delle sue battute travolgenti) e pure il cagnolino di Vladimiro, Vogue, utilizzato come classico espediente "slapstick" facendolo balzellare allegramente per il set inseguito di volta in volta da qualcuno. Si capisce chiaramente, dal tipo di impostazione, come il pubblico di riferimento sia prima di tutto quello russo (c'è pure un gruppo che canta la "Gelato al coccolato" di Pupo, artista notoriamente molto apprezzato da quelle parti). Manca ogni tipo di punta amara o caustica, tutto è volto in direzione di una forzata brillantezza e di un tipo di umorismo grossolano ed elementare che il pubblico italiano difficilmente può apprezzare.

La recitazione dei personaggi secondari è buona (ci sono anche Tosca d'Aquino, Alessandro Borghi, Flora Canto), ma quella dei protagonisti lascia abbastanza a desiderare, dando l'impressione di un film impostato per raccontare la solita banalissima storia d'amore con la straniera sedotta dall'italiano bugiardo ma affascinante e di buon cuore, mostrando nel contempo una Roma sfavillante, ideale culla romantica. Si vede qualcosa anche di Mosca (soprattutto la Piazza Rossa e la Chiesa del Cristo Salvatore, i due simboli della città), con una prevalenza di esterni che conferma la natura cartolinesca dell'operazione.

Per il resto si ironizza senza fantasia sulla predisposizione omosessuale nel mondo della moda, generando multiple macchiette stantie. La Pogodina non possiede la stessa spontaneità di una Audrey Hepburn e il film si presenta come un concentrato piuttosto rozzo e goffo di luoghi comuni sull'Italia, da sempre immaginata e idealizzata in questo modo da chi ne vive lontano. Max Nardari, restando in tema gay, farà meglio in futuro con AMICI PER CASO, allontanandosi per fortuna dai lustrini e dalla confezione patinata tipici di certe coproduzioni nate per soddisfare con tutta evidenza palati esteri.

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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