il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

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364370 commenti | 69121 titoli | 27182 Location | 14374 Volti

Streaming: pagine dedicate

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  • Film: Ricchi a tutti i costi (2024)
  • Luogo del film: L’autonoleggio dove la famiglia Delle Fave affitta un'auto subito dopo esser arrivata a Minorca
  • Luogo reale: Via Portuense 2413, Fiumicino, Roma
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  • Film: I racconti della domenica (2022)
  • Luogo del film: La casa in cui abita il sindaco Francesco Giuffrida (Vassallo)
  • Luogo reale: Via Edoardo Pantano, Castiglione di Sicilia, Catania
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Livia Antonelli

    Livia Antonelli

  • Edoardo Bennato

    Edoardo Bennato

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Xamini
Nel seguito di Poveri ma ricchi a tirare la carretta sono sempre l'immarcescibile De Sica (qui in versione Trump), la Ocone (che passa dalle sfumature di grigio pigliando a mazzate il "povero" Ciavarro a una Maleficent de noialtri) e Brignano (da presidente del consiglio a elfo di Babbo Natale è un attimo). Anche qui si ridacchia in una location suggestiva ma un po' meno ariosa del centro di Milano. Non mancano plot twist e momento musical finale, anche se stavolta senza il buon Al Bano (sarà rimasto chiuso nello stanzino della suite milanese?).
Commento di: Pinhead80
Justin Lin dirige l'ennesimo film della saga di Fast and furious tenendo conto dell'insuccesso del capitolo precedente e finisce per andare a ripescare i vecchi protagonisti. Si parte in sesta col tentativo pirotecnico di rubare del carburante per scivolare poi nella classica storia di vendetta condita dai soliti inseguimenti su auto truccate e potentissime. Tralasciando la banalità della storia, il film regala qualche buon momento d'azione soprattutto quando le automobili sfrecciano a tutta velocità in alcuni cunicoli scavati nella roccia. Divertimento senza troppe pretese.
Commento di: Xamini
De Sica e Ocone in particolare portano a casa il risultato, seppur su una scrittura derivativa che avrebbe meritato un'attenzione maggiore. I personaggi e le situazioni non mancano, il mestiere neppure e gli interpreti sono tranquillamente in grado di gestire i registri richiesti (a Brignano è affidato il ruolo romantico, accanto alla Comello). Resta una commedia leggera e, con tutti i limiti dovuti alla mancanza di novità, un buon diversivo per una serata in allegria. Peccato anche per la Mazzamauro relegata a qualche battutaccia.
Commento di: Medusa
E' ovvio che a distanza di quarant'anni un film ritenuto estremamente trasgressivo faccia sorridere eppure... a parte la fotografia, esteticamente speciale, la bellissima musica che spesso - per fortuna - sostituisce i dialoghi, Rourke in gran forma anche se con il sorrisino irritante incorporato, la Basinger splendida che trasuda erotismo, la trama suggerisce un'idea abbastanza originale. Cioè che un altissimo tasso di erotismo, in cui tutto è lecito, è possibile finché si ride e ci si diverte: quando subentra la prevaricazione il gioco termina bruscamente. Non del tutto scontato.
Commento di: Pigro
A fronte del potente soggetto di questo documentario e cioè il lancio di un milione e mezzo di palloncini a Cleveland nel 1986 e il suo disastroso impatto, il regista si limita a ricucire qualche spezzone d’archivio di tg locali, senza contesto, senza analisi, senza raccontare bene l’accaduto e le conseguenze. Sono pochi minuti che fanno risentire il sapore di un’epoca, senza permetterci di gustarla davvero, capirla e scoprirne ogni aspetto o perlomeno i più importanti. Un cortometraggio inutile che butta via un’occasione.
Commento di: Teddy
Piccolo horror di vecchi traumi e nuove ossessioni che sfrutta al massimo il coinvolgimento generato dall’alienazione suburbana dei personaggi, con notevoli impennate di violenza e qualche - evitabile-buco di sceneggiatura. Bravissima la McLeavy, che sotto l’estetica da tipica girly girl anni 2000 nasconde una malinconica, rabbiosa e soave lolita sotto acido.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Insopportabile, tediosa e presuntuosa commedia noir finto sofisticata che per tutto il tempo non fa che vivere di moine, scambi d'occhiate, look ricercati e di un Tim Roth attaccato alla bottiglia dalla prima all'ultima scena. Non è facile trovare un film in cui ogni tentativo di risultare simpatico s'infrange contro una barriera di leziosa artificiosità che rende ogni sequenza un concentrato di inutilità e di smancerie fini a se stesse.

La storia vorrebbe raccontare di due gangster in fuga da Londra, Harriet (Thurman) e Peter (Roth), che si rifugiano a Los...Leggi tutto Angeles nel tentativo di non farsi trovare, pur sapendo che presto o tardi la perfida Irina (Maggie Q) scoprirà dove sono. Intanto si ricongiungono a un loro vecchio sodale, Sydney (Fry), felicissimo di ritrovarli, il quale subito propone loro un affare intrallazzando nel contempo con Irina che, guarda un po', è segretamente innamorata di Harriet. Nel frattempo Peter ritrova a Los Angeles la sua vecchia fidanzata, Jackie (Eve), che ora sta insieme a Gabriel (Glover), regista di successo con cui vive in una lussuosissima villa. Invita lì Peter, il quale scopre che Jackie è in possesso di un preziosissimo anello che potrebbe proprio far caso a lui e Harriet, decisamente in bolletta.

Gabriel tuttavia non se la spassa solo con Jackie ma anche con la moglie Gina (Posey) e l'esuberante Vivien (Vergara), la quale non fa che ripetere di volerselo portare a letto... Un ménage a trois che dovrebbe movimentare l'azione ma genera invece ulteriore confusione in una trama pasticciatissima in cui le truffe non trovano spazio se non sullo sfondo di un caos indescrivibile. I minuti passano tra futilissimi dialoghi, un Gabriel che deve passare da una donna all'altra e una Harriet che è sempre in tiro, elegante e seducente, scambiata però da Jackie per una "sussurratrice di cani" (avrebbe cioè il compito di capire cosa vuol esprimere il cagnolino della giovane). Harriet - che pretende di farsi chiamare "comunicatrice di animali" - capisce che può divertirsi e finge di parlare a lungo con la bestiola, ma anche questo fa parte di un quadro generale desolante, che cerca di infilare battute senza disporre della competenza necessaria e si accontenta di descrivere un ambiente chic e pretenzioso nel tentativo di agganciare un genere che nemmeno si capisce quale voglia essere, a metà tra il pulp meno sguaiato e una sorta di parodia del noir del tutto velleitaria.

Osservare un cast di così grandi nomi finire alla deriva minuto dopo minuto non è gradevole, e lo è ancor meno sorbirsi in sequenza scene che non dicono assolutamente nulla, nelle quali Roth compare (pure spesso) giusto per farfugliare qualche parola e riattaccarsi alla bottiglia. Dura 95 minuti ma sembrano il doppio, con un lungo elenco di forzature e interpretazioni sopra le righe che contribuiscono a donare un'aria terribilmente fasulla all'insieme, sublimata nel momento in cui l'anello lanciato da molto lontano cade dall'alto giusto nel bicchiere della Thurman.

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Tra i tanti triangoli sentimentali proposti al cinema, uno dei più insoliti. Eppure per nulla improbabile, perché da sempre l'amore prende direzioni autonome, non direzionabili a proprio piacimento. Qui Marc (Fourastier) vive con Suzanne (Bonnaire), una coinquilina deliziosa, charmant, dal sorriso radioso, ma non è interessato a lei: è omosessuale, e quando in piscina un altro ragazzo, Lucien (Blaine), salva Suzanne che si è sentita male mentre nuotava, se ne innamora; nello stesso momento in cui lui invece si innamora di Suzanne, che per chiudere il cerchio...Leggi tutto ha sempre guardato con interesse Marc. E' tutto sbagliato, insomma, un corto circuito non sanabile che si trascina generando imbarazzi, equivoci, lunghi silenzi da gestirsi non si sa come e che il regista Michael Béna (cameo hitchcockiano fuori dalla cabina telefonica da cui chiama Suzanne) drammatizza escludendo le musiche dal film, alla Rohmer.

I dialoghi si fanno quindi ancora più gravi, vicini alla realtà in quelle frasi spezzate che si perdono in uno spazio sospeso, lo stesso che divide i protagonisti e che trovano in Marc la figura che meglio di tutti incarna quel non saper come rapportarsi a un mondo che non capisce e non lo capisce, che lo porta a piangere sotto la doccia confondendo le sue lacrime nell'acqua, che cerca conforto in Suzanne senza però stabilire troppo un legame che possa definirsi importante nemmeno con lei. Lucien pare meno contorto nei suoi ragionamenti, ma non riesce a far breccia in Suzanne, che pure non lo respinge mai se non quando le avance si fanno troppo insistenti arrivando troppo oltre.

C'è poi la voglia di cambiare posto, città, la fuga in direzione di qualcosa che possa cancellare radici fragili, infelici. C'è una complessità psicologica che non può non rispecchiare quella del suo autore, regista di qualità alla sua unica prova dietro la macchina da presa (morirà di Aids di lì a poco), già inevitabilmente alle prese con un dolore e una consapevolezza dati dalla propria condizione. Ne è uscito un film rarefatto, impalpabile, delicato, che però, da una situazione di stallo che non trova sbocchi, non riesce a progredire per raggiungere una concretezza che gli darebbe una forma decisa.

La presenza di personaggi esterni non ben inquadrati nel quadro generale (a cominciare da Clothilde, l'amica di Suzanne) lasciano aperte tutte le porte senza arrivare a chiuderne nessuna nel consueto finale aperto alla francese, che ti arriva lì d'improvviso, come un passaggio a livello che passato il treno non s'alza più, senza una ragione. Lasciandoti a ripensare a quei tre, alla forza di scene indubbiamente azzeccate lasciate a bagno in un liquido che muove tutto con scarsa decisione, magari proprio come l'acqua di quella piscina che diventa l'unica valvola di sfogo per tutti e tre, momento di riunione che per qualche minuto scaccia una solitudine opprimente, mista a una tristezza ineludibile. Però poi, quando manca una storia e tutto verte all'indefinito, non è facile proseguire fino alla fine, nemmeno se la durata si contiene sotto l'ora e mezza (titoli di testa e coda compresi)...

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Seconda avventura a Cinecittà World per i paesani di Pellizzano in trasferta. Che poi, vista la quantità di romani presenti nel cast, bisognerebbe forse chiamare trasferte quelle in val di Sole, non queste... Di nuovo le attrazioni del parco di Cinecittà vengono abbondantemente pubblicizzate (i titoli di testa assomigliano a un vero e proprio spot), così come si sprecano le panoramiche del parco dall'alto. L'ambientazione meno originale e suggestiva rispetto alle verdi vallate del Trentino, tuttavia, non inficia sul risultato finale, che invece rende più...Leggi tutto “confidenti” gli attori, più a loro agio in un contesto familiare come quello romano.

Rispetto al capitolo precedente si perde però Massimo Ceccherini, che dei nuovi acquisti era quello che più aveva reso vivace e brillante l'operazione; a “sostituirlo” troviamo Alessandro Di Carlo nel ruolo di sceicco fasullo, la rediviva Gegia in quello di Jasmine (la di lui moglie) e l'attraente, davvero splendida Samira Lui come accompagnatrice dei due. E' allo "sceicco" che Madame Leroy (Cléry), la proprietaria al 51% del parco, ha venduto le proprie quote, lasciando a Don Donato (Salvi) e soci il 49%. Non proprio una bella notizia per i nostri, che stavano già organizzando di rimettere in sesto la chiesetta del posto (ci pensa Don Gabriele/Garbotti) e a organizzare una bella festa di Capodanno con Johnny Depp versione Jack Sparrow (Rodi)...

Il rapporto con lo sceicco e i suoi uomini, che cominciano a vendere tappeti in loco facendo irritare il gruppo di Pellizzano, diventa uno dei leitmotiv del film, per il resto adagiato sui soliti rapporti spinosi tra coppie. La Gina (Stafida) infatti, tutta presa dal figlio che le sta per nascere, trascura il povero Edoardino (Milano); Luna (Murgia) sogna di farsi mettere incinta da Luigi (Dianetti) e per questo lo ha trasformato in una sorta di sex toy; Olivia (Marchione) si ritrova tra i piedi la figlia adolescente (Guarino) e per lei ignora Ragusa (Di Renzo); Angelo (Mattioli) - gemello del vescovo, qui presente solo in un paio di telefonate da Pellizzano – non fa che urlare dietro alla sua giovane compagna Zara (Massera), che risponde da par suo in un romanesco esasperato. Piccole sottotrame che movimentano una storia minimale in grado di offrire poco ma che conferma il rinnovato affiatamento tra i protagonisti, aiutati di nuovo dalla regia spigliata di Raffaele Mertes.

Le gag affiorano piuttosto a fatica e in minor numero rispetto al precedente episodio (al quale questo è ovviamente strettamente collegato), Mattioli - che di fatto qui non si sdoppia - si prende spesso la scena strabordando e facendoci rimpiangere quando si conteneva di più nella parte del vescovo (meglio inserita la Massera, un vero torrente in piena). Salvi, al contrario, sembra aver trovato la misura perfetta per il suo ruolo e convince più di tutti, con le tre attrici solide in personaggi che ormai conoscono a menadito. E alla fine, senza che si possa gioire granché per il risultato (soprattutto pensando al deprimente finale “horror” con truffe annesse), con una Cléry solo di passaggio e una Gegia eccessivamente invadente, la trasferta romana sembra concludersi qui. Se non altro, comunque, si respira più vita rispetto agli ultimi stanchi capitoli in Val di Sole...

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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