Sommariamente il modello a cui Sordi e Rodolfo Sonego si sono rifatti nel disegno del giudice Annibale Salvemini è l'ex Ministro socialista Gianni De Michelis (stessa vanità per la fluente capigliatura riccioluta, buona stazza, occhiali, un amore molto pubblicizzato per il ballo e le discoteche); in realtà il film anticipa in qualche modo l'inchiesta milanese di Mani Pulite che troverà in Antonio Di Pietro il suo uomo simbolo. Salvemini è inflessibile, ultra zelante, approfitta dell'amicizia di un suo vecchio amico (un ottimo Joe Pesci) per cercare di far luce su una ragnatela di corruzione che lo porterà ad arrestare decine e decine di faccendieri,...Leggi tutto politici, uomini di spettacolo in nome di una legge che si vorrebbe uguale per tutti. La chiave di volta della super inchiesta parrebbe essere un'affascinante showgirl (Dalila Di Lazzaro), che con le sue rivelazioni mette in moto una serie di verifiche e controverifiche destinate a sollevare molta polvere. La sceneggiatura, come sempre ben congegnata dalla coppia Sordi/Sonego e diretta con la consueta “legnosità” da un Sordi che non potrà mai raggiungere dietro la macchina da presa le stesse vette che abitualmente raggiunge (anche qui) come attore, non si cura troppo della precisione nelle indagini per soffermarsi invece sui caratteri (principali e secondari), facendo emergere l'ovvio malcostume italiano. Con un paio di tappe esotiche impreviste Sordi tenta di distogliere l'attenzione dalla staticità del suo stile; la cosa gli riesce relativamente (soprattutto nella simpatica trasferta in Costa Azzurra), ma in ogni caso - pur nella sua complessiva modestia - TUTTI DENTRO si lascia vedere e, per molti versi, pure apprezzare.
Il nostro Albertone Nazionale interpreta (è il caso di dire magistralmente) un giudice modesto, liberale ma allo stesso tempo impassibile e spietato che, errando nell'adoperare troppo zelo nei suoi compiti, finisce nell'esser vittima di nemici più astuti e furbi di quanto avesse immaginato. La pellicola è particolare, non diverte eccessivamente, ma si lascia guardare e apprezzare; al contrario di quanto Morandini sostiene smuove alla riflessione, anticipando, d'altra parte, le faccende di Mani pulite. Validissimi comprimari tra cui Joe Pesci.
MEMORABILE: La riflessione finale: "Poiché non lo riesce ad essere la giustizia, speriamo almeno che l'ingiustizia sia uguale per tutti".
Anni prima dell'avvento di Mani pulite e delle polemiche relative alla presunta invadenza della magistratura nella vita civile, Alberto Sordi dirige ed interpreta un film che ha per protagonista uno zelante magistrato romano.Pur godibile grazie all'istrionismo del protagonista (qui in una particolare versione "capellona") il film non colpisce più di tanto, a causa della scarsa propensione dell'autore per la satira. Da questo punto di vista la sceneggiatura avrebbe avuto bisogno di un rinforzo e maggiore incisività.
Commedia profetica, anticipa di più di un lustro le inchieste di Tangentopoli e i problemi sull’invadenza della magistratura, ma la necessaria vis comica e gli stimoli alla riflessione che dovrebbero conseguire da ogni satira politico-sociale sono compressi da una regia trasandata e da una sceneggiatura intorpidita da tautologiche lungaggini. Sordi non smentisce invece le sue qualità davanti alla macchina da presa, aggiungendo il ricciuto e irreprensibile giudice Salvemini alla sua ampia collezione di maschere italiane. Ultimo lavoro sul grande schermo per la sempre leggiadra Giorgia Moll.
Dopo tanto tempo ho rivisto questo film, trovandolo, sorprendentemente, più che buono. Questo giudice solerte, arrivista, in carriera, riprende nelle fattezze e nei gusti "discotecari" il De Michelis di allora, ma, inconsapevolmente, anticipa il Di Pietro arrembante di tangentopoli. Da questa storia così profetica escono spunti non banali sui giochi di potere e affari tra magistratura, economia, politica. Gli acuti Sordi e Sonego non riuscirono però a prevedere l'imponderabile, cioè che potenti p. m. un giorno si sarebbero dati alla politica...
MEMORABILE: I boccoli di Sordi! Joe Pesci prestato a un film italiano! Il canestrino o giardinetto...
Tangentopoli secondo Albertone, otto anni prima che scoppiasse il vero putiferio politico, con la partecipazione di Joe Pesci e la sempre bella Dalila di Lazzaro. Film di denuncia molto divertente e riuscito, con un Alberto Sordi in grande forma. Decisamente riuscita la parte degli arresti illustri, ma anche le scene del giudice con "l'amico"/nemico Joe Pesci sono ben girate. Alberto Sordi sappiamo che, più o meno, se la cava sempre, ma anche il Joe Pesci "italiano" non è male. L'unico mio rammarico è di non essermi goduto questo film in sala.
MEMORABILE: Alberto Sordi ad una nervosa Dalila di Lazzaro: "Si rilassi, si distenda!"
Men che mediocre, sia come satira che come semplice divertimento. Sordi regista, si sa, è troppo qualunquista e le “critiche” non raggiungono mai i bersagli poiché di grana troppo grossa. Bisogna però ammettere che il film ha precorso i tempi ed alcune parti sono quasi “profetiche”. Inoltre qualche risata qua e là la strappa. Patetici gli inserti cartolineschi dei paesaggi esteri. Chissà perché Joe Pesci è stato coinvolto nel film.
Un Sordi in forma smagliante interpreta il giudice incorruttibile Salvemini, anticipando quella che sarà "Mani Pulite". La satira di questo film coinvolge, colpendo nel segno, anche se risate vere e proprie non ce ne sono. Poi i difetti del Sordi regista li ritroviamo tutti, ma ciò non toglie che sia una pellicola con una buona sceneggiatura e che si lascia guardare. Joe Pesci poi, è una spalla d'eccezione. Gradevole.
Non male questa insolita commedia di ambito giudiziario che anticipa tangentopoli. Buon cast, in primis Sordi con un curioso taglio (che gli stava malissimo), bella la Di lazzaro, passabile Pesci. Tutto sommato sufficiente, ma Sordi ha fatto di molto meglio.
Anticipando il triste fenomeno di Mani pulite, Sordi dirige e interpreta questa pellicola graffiante ma lievemente edulcorata in cui si denuncia il grande clima correttivo e mazzettaro che vige in Italia. Buona l'idea di partenza, ma la narrazione propende per una certa forma di qualunquismo. Comunque dignitoso e apprezzabile.
Nihil sub sole novi: potrebbe essere questo il motto del film diretto e interpretato da un Alberto Sordi che nel 1984, quindi circa otto anni prima, pare raccontare la storia di una vicenda giudiziaria senza precedenti, quella di mani pulite. Il personaggio del giudice Annibale Salvemini è talmente realistico da apparire ancora più vero del vero, attribuendo alla pellicola ancora oggi doti di grande attualità. Come sempre bollino blu per una sceneggiatura targata Sordi-Sonego.
Superficiale, facilone, qualunquista? Passi, eppure è uno dei due soli film (insieme, si parva licet, al capolavoro di Risi) su "tangentopoli". E il fatto che tutti e due siano di molto anteriori la dice lunga su parecchie cose... Fra una caricatura e l'altra Sordi e Sonego prefigurano gli arresti inutilmente spettacolari, la carcerazione preventiva come tortura per estorcere confessioni, insomma buona parte del rito ambrosiano. Poi, certo, non tutto funziona. D'altronde il grottesco ha dei limiti che la realtà italiana non conosce.
Sordi si diletta in un ruolo che si aliena dalle solite macchiette di costume per rivestire quello di un "magistrato dalla lunga criniera". Tal Salvemini si adopera per ripulire il sistema da certi intrallazzi di alto bordo che coinvolgono un po' tutti gli strati dell'alta società. Tra cenette a bordo piscina, assegni e telefonate, si dipana un plot più affine ai film di denuncia che a quelli di timbro commediale. Il protagonista recita da par suo e, come lo spettatore, si lascia sedurre dai giochi di una splendida Di Lazzaro. Gradevole.
MEMORABILE: I misunderstanding tra Sordi e la Di Lazzaro nell'incontro marocchino.
Al di là di un che di profetico (compreso l'innamoramento di un giudice per una bella indagata...), il film mostra i consueti difetti del Sordi regista: lentezza, prolissità, mediocre direzione degli attori (Pesci sprecato, Di Lazzaro mediocrissima), il migliore dei quali è il grande Tino Bianchi, ma per classe sua. Curioso il recupero della dolcissima Giorgia Moll ad alcuni lustri dalla sua ultima prova. Da notare - ironia della sorte in ottica PSI-Tangentopoli - il comportamento alla De Michelis (capelli e danza) del giudice Salvemini... Alla fin dei conti strappa un **...
L'unico merito di questo film è quello di aver anticipato (non si sa quanto volontariamente),il fenomeno di Mani Pulite, ma al di là di questo si tratta, a mio avviso, di un film ripugnante; l'attore romano tra l'altro sembra spento e poco adatto a una parte del genere e, a dirla tutta, la sua capigliatura è orrenda. Inspiegabile la partecipazione di Joe Pesci, mentre la Di Lazzaro si lascia vedere (ma non per le sue qualità di attrice).
Alberto Sordi tenta nuovamente la carta di regista/attore con un risultato piuttosto monotono. La storia (seppur attuale) non avvince e non convince lo spettatore, dando così il via a una serie di sbadigli. Si sorride poco. Bravo Joe Pesci, ma non basta a salvare le sorti del film.
In un primo momento il personaggio principale sembra una qualsiasi macchietta (in questo caso politicizzata) non riuscita del'attore romano, poi si evince che lo scopo del film non è tanto divertire (il numero di gag e battute è limitatissimo) quanto offrire un semplicistico ma coerente affresco fantapolitico che, come molti noteranno, si rivelerà sorprendentemente anticipatore. Grazie a tale meccanismo il film galoppa spedito fino al non sorprendente finale, nonostante interpretazioni non memorabili (Pesci compreso) e musiche dance fuori luogo.
Sordi regista, sceneggiatore (insieme al fidato Sonego) e interprete di questa commedia che anticipa di otto anni la bufera di Tangentopoli e le polemiche sullo strapotere della magistratura. Il suo giudice Salvemini non guarda in faccia nessuno e avvia un'inchiesta contro personaggi dello spettacolo, della finanza, della politica e si allude persino ad appartenenti di spicco dei Servizi Segreti, delle logge massoniche. Almeno fino all'amaro finale. Bravo anche Joe Pesci e bellissima Dalila Di Lazzaro. Profetico.
Pellicola, che può risultare piuttosto simpatica, almeno finchè il protagonista, un Sordi al limite della caricatura, sbatte tutti in galera, "amici" compresi. Poi però, non potendo reggere fino alla fine con lo stesso copione, il tutto viene poco per volta ribaltato, finendo però per suscitare un certo disinteresse in una vicenda, che già saltava un po' troppo dalla commediabal quasi serio risultando, alla fine, un ibrido cinematografico. Vedibile e nulla più.
Le chiavi di lettura sono molteplici e sempre attente alle vicende del periodo storico di appartenenza. Impossibile, infatti, non riconoscere il collegamento con le vicende della P2 e il caso Tortora. Purtroppo il film si rivelerà anche profetico sotto altri punti di vista, aumentando a distanza di tempo lo spessore contenutistico dell’opera. Sordi interpreta bene il magistrato zelante, mentre non convince il contorno. La Di Lazzaro non brilla e forse non era necessario scomodare Pesci per sfruttarlo in quel modo. Si lascia vedere, almeno una volta.
Alberto Sordi profetizza in un certo qual modo quello che avverrà una decina di anni dopo in Italia: Tangentopoli. Ovviamente lo fa a modo suo, ma questa volta l'impresa riesce a metà. L'evolversi della storia appare un po' troppo macchinoso (per colpa anche della durata) e si notano alcune incoerenze. Attori di contorno mediocri; spicca (in senso negativo) Joe Pesci.
Film straordinariamente premonitore (o solo lungimirante?) che pone Sordi in una situazione a lui non nuova (Il vigile, Il commissario) ma il cinismo e la strafottenza dei tempi d'oro sono ormai un vago ricordo. La sceneggiatura, rimanendo sul vago, preme sul pedale della commedia togliendo grinta anche ad un impeccabile Pesci, che lavora molto sul corpo e sul ritmo. Alcuni elementi del buon cast ricordano politici dell'epoca ma gli strali piuttosto spuntati si perdono quasi sempre nel vuoto. Un film guardabile, che non ha abbastanza coraggio per essere devastante.
MEMORABILE: La mimica facciale di Joe Pesci nei suoi duetti con Sordi.
Pellicola senza infamia e senza lode in cui Sordi interpreta un magistrato incorruttibile che si trova ad indagare su eventi molto simili al futuro scandalo delle tangenti nei primi anni '90. Il film si lascia apprezzare per l'interpretazione dell'attore romano, ma in diversi momenti la sceneggiatura latita e in fin dei conti ci si annoia. Si risolleva un po' nell'amaro finale, tra l'altro piuttosto prevedibile. Tra gli altri, Joe Pesci ha senza dubbio vissuto tempi migliori.
Giudice porta avanti un'inchiesta per corruzione che coinvolge nomi di spicco nel mondo degli affari, della politica e dello spettacolo, finendo nei guai per il troppo zelo... Satira profetica rispetto a Mani pulite ma poco riuscita perché troppo grossolana nella forma, oltre che aggressivamente qualunquista nella sostanza. A differenza di quanto avviene nel Commissario di Comencini, il personaggio interpretato da Sordi, che somiglia a De Michelis nella folta chioma ma sembra anticipare i metodi di Di Pietro, non suscita alcuna empatia e questo smorza il sapore amaro dell'epilogo.
Splendida colonna sonora dell'immenso Piero Piccioni che, oltre a tenere la pellicola ancora negli anni sfavillanti dell'Albertone nazionale, commenta con passaggi straordinari precursori del movimento acid jazz la retata e i momenti salienti. Inoltre, vedere un Joe Pesci così misurato nelle reazioni nonostante il tradimento del Salvemini fa una certa impressione (immaginatevi Tommy...). Insomma, un Sordi sulla via del tramonto, ma che grazie a musiche e ambientazioni riesce ancora a lasciare il segno.
Magistrato zelante firma centinaia di mandati di arresto. Se la capigliatura riccioluta richiama una leggerezza di fondo, il taglio del film vira al serioso. Sordi anticipa la fine carceraria di una parte di finanzieri e faccendieri protagonisti dell’edonismo anni 80. Le ambientazioni a corredo sono poche ma eclatanti e stavolta Sordi sembra credere di più nella sceneggiatura come spaccato dell'elitaria società. Conclusione con discreta analisi giudiziaria. Pesci, nomen omen, è un pesce fuor d’acqua e sarebbe stato meglio un italiano; la Di Lazzaro ha un’invidiabile presenza.
MEMORABILE: I carabinieri fuori dal jet privato; L’assegno come tentativo di corruzione; La convocazione davanti gli altri magistrati.
Interessante film che ha anticipato Mani Pulite, che avrà luogo una decina d'anni dopo. Sordi è eccelso nella resa del suo personaggio, coadiuvato da un ottimo Joe Pesci e una Di Lazzaro affascinante, meno nella recitazione. La storia si dipana in modo interessante, ma perde mordente verso la fine: i caratteri sono ripetitivi e l'indagine non è un granché. La regia di servizio si arena in un prevedibile finale, ma la verve del grande Alberto riesce a mantenere l'attenzione viva fino alla fine. Peccato, con una sceneggiatura più articolata ne sarebbe uscito un film molto migliore.
Sordi profetizza Mani Pulite e lo fa realizzando un film misurato e intelligente. La scelta di Pesci è particolarmente felice, i dialoghi fra i due sono infatti i momenti migliori, meno azzeccata la Di Lazzaro. La regia patisce qualche lungaggine paesaggistica ma alcuni luoghi (la villa in Costa Azzurra, l'albergo in Marocco) sono veri e propri protagonisti del racconto. L'epilogo, amaro, è viziato da qualche semplificazione ma non inficia il buon risultato.
Alberto Sordi si veste e si pettina come il ministro De Michelis (allora potentissimo) e propone un film per certi versi profetico per quanto riguarda la corruzione, il ruolo dei giudici e quello dei mass media. Un po' troppo prolisso come tutte le sue regie, però sorprendente perché di fatto anticipa il fenomeno di Mani Pulite. Giorgia Moll, sua vecchia conoscenza, è sempre affascinante.
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Ecco il finale lapidario della recensione di
Morandini al film. Non sono solito postare le
critiche altrui, ma questa mi ha colpito e perciò ho ritenuto di inserirla.
Qualcosa di peggio di un brutto film: una cattiva azione.
DiscussioneZender • 3/04/11 10:31 Capo scrivano - 48957 interventi
D'accordo, però andrebbe specificato che vuol dire. Perché una cattiva azione?