Rent-a-pal - Film (2020)

Devastante excursus nella solitudine e nel fallimento sociale; ambientato nel 1990 e nell'allora fiorente mondo delle VHS che offrivano servizi di incontri e di conforto (ora disponibili sui social e su internet), è abile nel descrivere la discesa nell'alienazione di un 40enne video-dipendente e con madre disabile in modo realistico, distruggendo ogni parvenza di speranza e redenzione e trascinando lo spettatore in una spirale di follia dolorosamente prevedibile. Nessuna concessione a twist o eventi paranormali; solo puro disagio, in un quadro di desolante miseria umana che ferisce.

Un soggetto nerd adulto di tale disperata solitudine come il David protagonista si era visto forse solo in Christmas evil. Basti pensare che il suo migliore amico è un "videotape". Su questa solitudine è incentrato il film, con momenti toccanti (l'assistenza alla madre), altri inquietanti (i colloqui con Andy) fino allo straordinario finale. Riflessione anche sull'impossibilità di redenzione di chi è chiuso nel proprio labirinto. Landis Folkins ha una faccia perfetta per il ruolo, bene anche il redivivo Wheaton. Bella la soundtrack e il feticismo delle VHS tipicamente ottantiano.

Schermo scherno delle mie brame chi è il più disadattato del reame? David, che affitta un virus al cromo che riscrive il codice sorgente della solitudine e dell’instabilità psicoemotiva con vibes parabasiche alla De Heer, catodico incarnato del bisogno d’affetto impacchettato in sorrisi 4: 3 e sguardi di un tamagotchi gaslighter che seguono e trapassano anche a TV spenta. Come un Herdcore girato nella testa di uno Schramm caregiver, piccolo per budget ma enorme per impatto, povero di f/x ma ricco di disturbing-value. Glitch esclusivamente psichico? Chiediamo per un amico immaginario.