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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Basta la prima scena che indugia tra le lamiere di un'auto con insinuanti primi piani a creare il ponte immediato col CRASH di Cronenberg, opera alla quale più di ogni altra Julia Ducournau guarda insistendo nel parallelo mentre mostra la protagonista simulare un amplesso sul cofano fino ad accoppiarsi virtualmente col mezzo mentre è legata al sedile posteriore. Ma il film sembra voler andare oltre Cronenberg, lambendo l'orrore e flirtando con troppa leggerezza col soprannaturale, mirando a colpire chi ancora non è avvezzo a un certo tipo di cinema e farcendo di ellissi una storia elementare quanto poco significante, in cui...Leggi tutto le palesi metafore sull'identità e il gender ammiccano ai tempi moderni per conquistare qualche apprezzamento in più (inaspettatamente arrivato, se consideriamo che il film ha vinto la Palma d'oro a Cannes 2021).

Alexia (Rousselle) è ribelle fin da bambina, quando con il suo ossessivo dimenarsi in auto sul sedile posteriore costringe il padre a volgersi indietro e distrarsi dalla guida finendo in testacoda. Risultato? Alla piccola, per salvarla, piazzano una placca in titanio appena sopra l'orecchio destro che, se non ha apparente influenza diretta su di lei, ne condizionerà subdolamente il futuro attraverso una relazione tra uomo e metallo tutta da stabilire. Cresciuta, Alexia si esibisce in pose provocanti alle mostre d'auto e nel tempo libero si dedica a uccidere il prossimo, in special modo chi appena la avvicina tentando timide avance. Estrae lo spillone dai capelli e te lo ficca in faccia senza lasciarti speranza.

Accortasi che la polizia ha diramato un suo identikit, la giovane nota la propria curiosa somiglianza con un bimbo scomparso dieci anni prima e decide di presentarsi in polizia e al padre di questi fingendosi lui. Si fascia il seno e la pancia gravida (per quanto assurdo possa sembrare, galeotto fu l'amplesso con l'auto in garage), si taglia i capelli quasi a zero, si spacca il setto nasale per non far notare le differenze et voilà: papà Vincent (Lindon), pompiere capo con problemi non indifferenti, riconosce Alexia come suo figlio e se la porta a casa. Comincia per la giovane, che se in tutto il film spiaccica due frasi è tanto, una vita di sofferenze, con la regista che ne sottolinea le difficoltà fisiche, la prostrazione, il perdurante nascondere la propria identità non solo al padre ma anche ai vigili del fuoco con cui lavora. Sempre tra interminabili silenzi che fortunatamente si fanno più leggeri per l'ottima messa in scena e la fotografia di alta qualità.

La Rousselle e Lindon sono una coppia affiatata, entrambi perfetti nel ruolo assegnato, ma si trovano a gestire un copione vacuo, che scopiazza a destra e a manca senza proporre mai nulla di veramente coinvolgente: i primi delitti a dire il vero stupiscono per ferocia, per quanto la mdp insista nel filmarli senza staccare prolungando l'agonia, ma poi le disavventure nel fuoco, i rapporti con chi entra in contatto con lei, le siringate nel sedere di Lindon e altre amenità che sembrano inserite giusto per scioccare, diventano pretesti privi dello spessore necessario a renderli organici alla vicenda, sfilata di cattiverie e disgustosi intermezzi destinati a condurci verso un finale simil-cyber (di nuovo Cronenberg a chiudere il cerchio) che ti lascia con un pugno di mosche in mano. Erano davvero così modesti gl altri titoli in concorso a Cannes nel 2021?

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 1/09/21 DAL BENEMERITO DEEPRED89 POI DAVINOTTATO IL GIORNO 26/04/23
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Leandrino 16/11/21 09:09 - 506 commenti

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Body horror cronenberghiano ispirato a una visione violenta e disperata dell'amore intra-specie; Titane è un'opera estrema nelle sue declinazioni sia estetiche che tematiche. Un ermetismo di fondo limita il posizionamento della parabola trasformativa della protagonista, disperdendo quel che sembravano un tema e un'aspirazione iniziale. Ma focalizzarsi (solo) su questo lederebbe le potenzialità di un testo che reprime il racconto per aprirlo a sensazioni sfuggenti, figlie di un transumanesimo alle soglie del possibile.

Rebis 2/10/21 15:25 - 2331 commenti

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Lei cerca un padre e lui un figlio. Li troveranno, l'una nell'altro, in uno schianto di metallo e fuoco. Il cuore di Titane è un melodramma familiare transumano, che anela una nuova umanità fuori dalla logica binaria e dal determinismo sociale. Ducournau fonde i generi nel gender attraverso un flusso sensoriale che si dibatte tra estasi e orrore. La sua forza politica non sta nel fazioso cyberqueer femminista a latere, ma nella sfida alla ragione incredula, nella grammatica di corpi frantumati, mutanti, potenziati e sublimati come un teorema nell'agnizione finale.
MEMORABILE: Il naso fratturato; L'olio nero che fuoriesce dalla vagina; Le iniezioni di Lindon; Il ventre in fiamme.

Deepred89 1/09/21 23:37 - 3701 commenti

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Fanta-horror leccatissimo nella forma ma indigesto, uno stucchevole cocktail di violenza gratuita, revival musicali alla Tarantino, scopiazzature a metà filmografia di Cronenberg, cripto-videoclip per teenager degni del peggior Xavier Dolan, il tutto ricoperto da una patina LGBT che, in tale oceano di ammiccamenti e compiaciute farneticazioni, sortisce l'effetto di una colata di maionese rancida. Qualche miglioramento con l'entrata scena di Lindon, volto carismatico che ridà speranza dopo una sconfortante prima mezz'ora a tu per tu col volto anticinematografico della protagonista.

Vice 30/09/21 10:46 - 33 commenti

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Un film che essenzialmente non vuole dire nulla e lo fa alla stragrande. Inutilissimi gli elementi (pansessualismo, gender fluid, gravidanza vissuta come una colpa) buttati a casaccio per dare una patina di modernità e che non risultano mai incisivi. Inspiegabili le derive che il film prende senza alcuna costruzione e analisi, donandoci personaggi privi di spessore e lasciati a metà nella caratterizzazione. Assolutamente incomprensibile la Palma d'oro ricevuta a Cannes.

Stringer 6/10/21 11:25 - 1 commenti

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Una delusione. Un film che si attorciglia su se stesso attraverso una narrazione lenta, ingiustificata (e ingiustificabile) e piuttosto triviale. Il conflitto su cui si basa tutto l'assunto, la mancanze del padre/figlio, è debole e farraginoso, la regia è volutamente pretenziosa e alla ricerca della facile provocazione senza essere mai pungente. Rousselle totalmente respingente, salva qualcosa Lindon ma ormai la frittata era fatta soprattutto per il modo, abbastanza indecente, in cui entra in gioco.

Blade75 9/10/21 16:41 - 10 commenti

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La rappresentazione di un'epoca fluida, in cui si può passare da un genere a un altro ma anche da un dominio all'altro, da animale a minerale, da donna/uomo a macchina. Certo, reminescenze dalla storia del cinema (Cronenberg su tutti, e Tsukamoto, e Thelma & Louise), ma riattualizzate con potenza. Di transazioni e trasformazioni Ducournau non mostra la teoria ma il corpo.
MEMORABILE: Il corpo spessissimo nudo e compresso di Agathe Rousselle.

T. hermill 10/10/21 12:03 - 17 commenti

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Alexia è stata una bambina vittima di un grave incidente a cui è stata innestata una placca di titanio nel cranio. Ora, da adulta, è una sexy ballerina dalle tendenze omo e pansessuali ma è soprattutto una lucida serial killer. È tanta la carne al fuoco in questa ultima Palma d'Oro a Cannes, ma la Durcounau la cuoce bene e la sua storia mantiene viva l'attenzione dello spettatore fino alla fine: l'ordine viene ristabilito e il postumano prende definitivamente il sopravvento. "Scandaloso", ma non più di altri del suo genere.
MEMORABILE: Il finale dai toni quasi messianici.

Bubobubo 12/10/21 22:53 - 1847 commenti

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Carne e metallo, maschile e femminile, figlia degenere e figlio perduto: Alexia (Rousselle) è mutevole volto e corpo sinuoso della fluidità postmoderna, capace di racchiudere in sé l'istinto omicida e la carnalità primitiva. Il secondo lungometraggio della Ducournau, piuttosto ambizioso nella sua visione olistica, in più punti rischia tuttavia di fare la figura dello spompo mash-up, tanto meno eversivo quanto solidamente ancorato ad una narrazione controculturale oramai dominante: fuori luogo certi eccessi grafici (massacro in villa), insapore tutta la seconda metà, piatto il finale.
MEMORABILE: Un fermacapelli tuttofare; Metodi artigianali per confondere la fisionomia.

Cotola 19/10/21 23:53 - 8998 commenti

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Non ci fossero già stati Cronenberg e Tsukamoto su tutti, si sarebbe potuto capire un grido meravigliato o scandalizzato. E invece si ha l'impressione di trovarsi dinanzi a un film in cui tutto è estremamente calcolato e poco sincero, con in più l'aggravante di una certa spocchia da parte della regista. Che i numeri li ha - sia ben chiaro - ma che farebbe bene a metterli al servizio di storie migliori, magari con uno stile meno leccato, e tutto sommato meno banali. Non mancano esagerazioni e cadute nel trash. Brava la protagonista; spiace invece vedervi Lindon coinvolto.

Herrkinski 24/10/21 15:19 - 8052 commenti

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Dopo l'interessante Raw, la regista francese prosegue nel suo tentativo di diventare una Cronenberg al femminile, con questo lavoro che deve molto alla filmografia del suo mentore canadese, Crash su tutti; ma il film è comunque carico di influenze dal cinema estremo degli ultimi 30 anni e si predilige lo shock-value (con molti nudi e una violenza grafica elevata) allo storytelling, seguendo un plot a tratti delirante e poco chiaro, surreale e che va preso col beneficio del dubbio. I messaggi sociali passano in secondo piano a fronte dell'atmosfera lurida; gran prova della Rousselle.

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Paulaster 5/11/21 10:14 - 4373 commenti

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Serial killer resta incinta di una Cadillac. Inizio con la protagonista imbronciata che senza grande motivo (i genitori? Pare pochino) fa piazza pulita di chi s'avvicina. Poi arriva il folle Lindon che casca nell'inversione Teena Brandon/Brandon Teena e accetta pure il patto del silenzio. Quando arriva il momento sembra nasca il figlio di Tetsuo e invece si resta delusi. In ordine sparso ci sono ralenti con musiche glam che richiamano Refn, ammiccamenti di sesso fluido che fan tanto moderno e lesioni viste in Lanthimos. La sostanza? Non pervenuta, e si poteva azzardare di più.
MEMORABILE: La macarena; Il balletto sul camion dei pompieri; Il capezzolo quasi strappato a morsi.

Schramm 11/11/21 17:07 - 3490 commenti

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Rawhide. Là il cannibalismo come adito identitario, qua l'identità omnidirezionale che tutto/i cannibalizza, cinema critica spettatore inclusi. Vende Carax la pelle, Juliessa: firma tanto di assegni in bianco all'estetica, rende fissile il fossile del significato, non differenzia tra commuovere e sconvolgere, divertire e disturbare. Sa che la più indeperibile bellezza vive dell'incrociata contaminazione di tutto quanto (af)fonda l'esistenza, la sprigiona nel nome della lega più solida alla corrosione. Cine-abduzione più titanica che al titanio. Lindon e Rousselle incommensurabili.
MEMORABILE: Nessuno mi può giudicare; Macarena; Light house

Capannelle 2/01/22 22:19 - 4394 commenti

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Oltre a qualche forzatura di troppo c'è una zavorra nel film e cioè la mancanza di una spiegazione per quanto combina la protagonista nella prima parte. Questo influisce sul voto, anche se viene in parte compensato da quella dose di compattezza, di stile e di fiabesco che la Ducounau riesce comunque a mantenere; grazie a una Rouesselle che compie i salti mortali e a un notevole Lindon nel suo percorso che lo porta messianicamente ad accettare un fato/feto imprevedibile. Si può dire che in "Titane" si è osato tanto, preso qualche merito ma non quanto si poteva.

Jdelarge 28/01/22 13:54 - 1000 commenti

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Julia Ducournau ha fatto del corpo umano e della sua trasformazione una cifra stilistica che, anche in questo lavoro, rappresenta il fulcro attorno al quale tutto ruota. Se, da un lato, il tema del rapporto tra essere umano e macchina appare decisamente datato, dall'altro, quello della malleabilità dell'identità, è affrontato in maniera originale e va oltre le dinamiche corporali. Al tempo stesso, anche il film riesce a raggiungere la propria identità solo con il passare dei minuti, lasciandosi alle spalle una prima metà decisamente pretestuosa.

Daniela 8/02/22 00:14 - 12606 commenti

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Ballerina psicopatica assassina si fa ingravidare da una cadillac, commette una strage, si fa passare per uomo nonostante il pancione, diventa pompiere... Se Raw era stata una piacevole sorpresa, questo è un tardo cronenberghiano tra il lurido e il patinato, pieno di sequenze che vorrebbero essere scioccanti ma risultano solo sgradevoli quando non involontariamente ridicole. L'ingrugnita Rousselle e il dolente Lindon ci mettono un impegno degno di miglior causa ma i loro personaggi sono insensati come lo stesso film, una delle Palme d'oro più inspiegabili degli ultimi anni.
MEMORABILE: In negativo: "Nessuno mi può giudicare" con strage; Pancia a cocomero nuda, sfilatino vestita; La disco dance pompieristica.

Orson 11/05/22 16:29 - 118 commenti

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Al secondo lavoro la Ducournau sfiora il capolavoro, regalandoci un'opera post-moderna che si libera dai codici convenzionali della narrazione per librarsi nell'onirico in un pastiche linchyano-cronenberghiano di stupefacente resa visiva e autoriale. Il film è un bad trip della protagonista, ragazza androgina e forse omosessuale (odia gli uomini), che rimane incinta e sente il suo corpo mutare. Le paure della gravidanza prendono la forma di deliranti coiti donna-macchina e odissee nella sessualità e nella ricerca di una figura paterna mai conosciuta. Imperdibile e sconvolgente.

Teddy 9/06/22 03:27 - 808 commenti

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La forza realistica del dramma esistenziale e gli eccessi weird del body-horror si fondono dando vita a un racconto dolente e dinamico, ambiguo e sfuggente sul piano narrativo ma ben piantato su quello visivo. È il nuovo film di Julia Ducournau, che esprime ancora una volta la sua poetica sulla (de)generazione dell’identità attraverso il sacro mezzo cinematografico. Lirico.

Jandileida 29/06/22 10:13 - 1558 commenti

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Non è solo la protagonista a perdere olio motore, è proprio l'intero film ad essere davvero lento. Si parte con una prima mezz'ora raffazzonata condita da un paio di omicidi rituali, poi si imbocca una parte centrale in cui sembra ingranare (merito soprattutto di Lindon, che almeno ha carisma) per poi finire miseramente fuori giri con un finale scopiazzato (Cronenberg alla fine una Palma l'ha vinta, in absentia). Il tutto ammantato da un'aura arty-farty abbastanza urticante. Pur nella sua artificiosità è comunque girato in maniera ottima.

Giùan 12/11/22 08:31 - 4528 commenti

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Disordinato e pretenzioso nella sua ricerca di nichilistico sensazionalismo, quello della Ducournau è un film alfine teneramente conciliato. La sua grondante ricerca di senso al contempo filmico e universale partorisce non a caso, nella co(s)micamente astrusa Odissea di carne e metallo, il fatale topolino dal Titano. La visione ricorda molto la Madre di Aronofosky e, come quella, si tratta di un'opera che nel suo affannarsi esala aneliti di bellezza e verità quasi nonostante e contro le proprie pertinaci teorizzazioni. Lindon e Rousselle ci mettono, ça va sans dire, anima e corpo.
MEMORABILE: Lo straordinariamente ironico eccidio cui Alexia è "costretta" nella villa.

Pumpkh75 20/12/22 14:53 - 1735 commenti

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Un mozzicone di sigaretta a terra, spenta al primo tiro: in nome del gender fluid scambiato per una marca di olio per motore, la Decorneau si taglia con un zac gli attributi, sprinta canticchiando Polisex da casello a Caselli con una ruota sempre a terra, ammolla uppercut a raffica finendo sfinita dai colpi che per metà fendono solo l’aria. Il talento è manifesto (con Lindon a sorreggerlo) ma che sollievo immaginare Cronenberg, dopo averlo visto, sibilare “Spostati, meglio che ci riprovo io”. Più che una Palma, avrebbe meritato uno scudiscio... d’oro, neanche a parlarne.

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Buiomega71 22/10/22 01:51 - 2899 commenti

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Un'opera che muta di continuo (inizio tamarro simil MISex con auto, poi follie omicide femminee, fughe, violenti cambi di connotati per chiudere in inaspettata tenerezza e profondità). La Doucornau passa da Christine (la Cadillac "vivente" a fari accesi), a Generazione Proteus (ingravidata dalla macchina), per finire in Fuoco assassino (pompieri e caserma annessa). Di mezzo un massacro sulle note di "Nessuno mi può giudicare" che manco Tarantino e una chiusa mariana alla Bruno Dumont. Qualche deriva stonata (i balli omoerotici pompieristici stile Kenneth Anger) e bagliori fiammanti.
MEMORABILE: Spaccandosi il naso sul lavandino; I capelli incastrati nel piercing al capezzolo; Il fan troppo insistente; Il pancione che si spacca; Fermacapelli.

Nando 25/10/22 15:38 - 3806 commenti

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Controversa pellicola realizzata con uno stile personale che narra le vicende di una sexy ballerina serial killer che assume l'identità di un ragazzo scomparso anni addietro. Detto così sembra abbastanza semplice, ma lo sviluppo narrativo è imprevedibile con notevoli scene forti e una confezione indubbiamente azzeccata. Ottima la Rousselle, ma anche Lindon non è da meno con quella sua accettazione finale che somiglia a una liberazione.

Enzus79 12/12/22 22:38 - 2863 commenti

I gusti di Enzus79

Una ragazza con problemi mentali assume un'altra identità dopo aver commesso più di un omicidio. Crudo. Di difficile catalogazione per quanto concerne il genere. Di impronta chiaramente cronenberghiana, il film si ricorda più per le scene al limite dello scioccante che per la storia in sé, che risulta piuttosto banale e un po' sfilacciato. Merita una visione.

Didda23 2/01/23 18:37 - 2424 commenti

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Un'opera curata egregiamente nella forma e nella fotografia (elemento che salva la pellicola dal monopollino), ma a livello di sceneggiatura una delle cose peggiori viste negli ultimi anni. Un film inutilmente violento, repellente e respingente quasi in ogni scena, senza capo né coda, con un finale di rara bruttezza e inefficacia. Protagonista femminile da lodare per impegno (ma solo per quello) mentre dispiace vedere un ottimo attore come Lindon invischiato in tale bruttura. Un misto dei migliori geni (da Cronenberg a tutta la produzione pulp) senza stile. Irritante.
MEMORABILE: L'omicidio del fan; Lindon che si siringa; Lo spogliarello.
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  • Discussione Schramm • 25/10/21 17:00
    Scrivano - 7693 interventi
    Herrkinski ebbe a dire:
    Comunque mi saprai dire quando riuscirai a vederlo.
    probabilmente, o almeno spero, domani ;)
  • Discussione Bubobubo • 26/10/21 12:08
    Archivista in seconda - 271 interventi
    Caro schrammy, per colpa di limitazioni varie ed eventuali sono costretto a risponderti succintamente. Parto da una premessa: ho sempre pensato che Raw fosse un esordio gagliardo e meritevole d'attenzione ma a tratti ancora piuttosto acerbo e, soprattutto, in debito di una logica 'circostanziale' di cui naturalmente negli horror ci si può strafregare, ma che, se non ricostruibile dal contesto più ampio né dichiarato o inferito altrimenti dall'inizio, lascia pur sempre una certa quale impressione di stonatura (vd. il finale). Mi sono quindi avvicinato a Titane con la curiosità, invero neutra, di chi ama alla follia Cronenberg e Tsukamoto (un po' meno Carax, per niente l'ultimo Refn).

    La prima impressione che ho avuto, terminata la visione, è che la Ducournau abbia puntato tutto sulla scrittura di un soggetto anche mediaticamente 'forte' (per quanto affatto 'nuovo'), ma che a conti fatti non abbia saputo come gestirlo (sono quindi un sostenitore della tesi 'le sono sfuggite le redini'). Dal mio punto di vista il film ha tre grandi difetti: 1) un disordinato e a tratti incoerente accumulo di influenze grafiche e tematiche che, a dispetto del fluidity manifesto di cui la protagonista si fa sponsor vivente, sembrano spesso ammonticchiarsi per compartimenti stagni; penso qui all'impressione di slegatura olistica che ho avuto di certe esplosioni di violenza casalinghe della prima parte (no spoiler); 2) una seconda parte narrativamente debole a dispetto dei tanti temi messi sul piatto (memoria e sua reinterpretazione; responsabilità e colpa della gravidanza; attrazione erotica filio-genitoriale; attrazione erotica cameratesca etc.); 3) un finale anticlimatico e, almeno per me, davvero loffio (con l'aggravante che, data la piega intrapresa dalle vicende, era forse anche l'unico possibile).

    Poi, certo, se uno va in cerca della logica, in bocca al lupo e grazie per tutto il pesce. Però qui le carte vengono svelate entro i primi cinque minuti, e la sottile carica ludica e (auto)ironica di cui sono permeate certe scene, per quanto manifestamente camp (il rapporto su una cadillac con sospensioni idrauliche à la Eddie Guerrero...), è un elemento certamente importante.
    Ritengo che a non funzionare sia la storia nel suo insieme. Ma sono curioso di leggere, a tempo debito, cosa ne pensi tu.

    P.S. Ma perché mai i cinema di madre ecclesia non dovrebbero dare il beneplacito? Alla fin fine è pure un grande spot prolife! :D
  • Discussione Schramm • 27/10/21 12:32
    Scrivano - 7693 interventi
    come volevasi dimostrare, strano forte. a caldissimo entusiasma visceralmente e son cuori fluttuanti e straripanti. ripensato un po' più a freddo si rischia di stroncarlo maleducatamente. ma per il sottoscritto resta una ducournau che non tradisce se stessa, perfettamente in linea con il proprio esordio, del quale titane sembra essere una versione 5G. mi ritiro per deliberare e rispondervi con più calma più tardi.
  • Discussione Rebis • 29/10/21 00:47
    Compilatore d’emergenza - 4419 interventi
    Se non avessi visto prima Raw penso avrei giudicato il film in modo più severo, ma il fatto di sapere che la regista è stata così rigorosa nel dirigere una storia tutto sommato lineare e persino troppo chiara sul piano del significato mi ha permesso di apprezzare questo deragliamento nell'anarchia sensuale e visiva... ha un ché di liberatorio e visivamente potrà non piacere ma è calibrato al millimetro. È uno di quei film per cui si può cambiare radicalmente opinione nel tempo, ad una seconda visione. In entrambi i sensi.
    Ultima modifica: 30/10/21 11:29 da Rebis
  • Curiosità Capannelle • 29/10/21 12:47
    Scrivano - 3471 interventi
    Il film ha vinto la Palma d'oro al 74º Festival di Cannes.
  • Discussione Schramm • 5/11/21 21:42
    Scrivano - 7693 interventi
    tardivamente (perdonatemi tutti), vi rispondo in solido dopo una lunga digestione critica alla quale avrei voluto far seguire una seconda visione per ricalibrare il tiro, purtroppo mancata per la tirannide del tempo: premettendo che il film fa sìsìsì con la testina a tutto quanto avevo presagito in fase hype e ci avevo visto giusto quando ai tempi dell'esordio chiosavo che in futuro avrebbe dato grosse soddisfazioni; a caldo e di pancia ho apprezzato molto (e non solo con gli occhi: ha molti passaggi che sono emozione delle più pure, maiuscole e ribollenti; quindi il buon herr non mi trova concorde quando parla di estetismi vacui alla stregua di certo epaterismo orientale), facendogli il torto di lasciarlo sedimentare tra i gangli della ratio ne posso per sommi e semplicistici capi concludere che è una sorta di raw così all'ennesima che la regista stessa sembra (ma sembra soltanto: la sa lunghissima, la nostra - anche troppo) faticare a tenere il calcolo, come se avesse preso raw, l'avesse messo in mezzo a due specchi deformanti per lasciarci a decrittarne i punti più lontani della messa in abisso. Là l'identità labile e indecidibile in zona coming of age che trovava approdo riscatto balzo evolutivo sensualità e ragione esistenziale in un cannibalismo indiscriminato tanto figurato quanto letterale. Qua curvando di un (bel) po' il compasso, è la stessa hybris identitaria a cannibalizzare e metabolizzare - mano a mano che il divenire si fa molteplice, non assestandosi davvero mai – tutto, tutti, lo stesso film, noi con esso e qualsiasi cosa se ne possa dire o provare a ipotizzare. Son pronto alla sassaiola, ma personalmente trovo che le pietre di paragone tsukamotiane e ballardian-cronenberghiane siano pomice e stringi stringi nulla più che grossi equivoci dati da somiglianze sì evidenti, ma epiteliali - e volutamente tutte abbandonate all'en passant. rispetto a crony, forse più in generale la docournau ha abbracciato una poetica della neo-nuova carne, ma se delle parentele vanno cercate, è nel Carax di holy motors che andrebbe forse riconosciuta l'adottiva paternità (yes, pun intended) dell'opera. Non tanto per i temi, che pore sono affini, quanto per il lasciarci cadere nel baratro senza mai tenderci la mano (tutt'al più un rametto secco e friabile), fare di ogni chiave di lettura una porta blindata a prova di ossidrica, snobbare la propedutica e perculare la semiotica, abbandonandosi a una quasi autistica incodificabilità; e nella scena (se autoparodistica o meno juliessa non si scomoda granché a farcelo capire, ma mi piace pensare di sì) dell'amplesso con l'auto, non credo sia fuori luogo trovare almeno un mezzo cromosoma comune con carpenter - ma dopotutto, solo in quella. Che tutto sia (in) tutto, che tutti siano tutti, che il film sia quel che gli pare - noi tutti in primis.
    Il che però non lo rende così inaccessibile, incomprensibile o farneticante come vorrebbe essere o sembrare. Dice bene il buon rebis: la storia, che pure se ne sbatte di bruttissimo di essere verosimile tenendo il piede in una scarpiera intera (ed è giusto che sia così: lo spettatore ha da essere a sua volta artista, non un federato di Popper) è tutto sommato lineare come lo era a suo laterale modo raw, per certi versi anche di più. Juliessa fa persino il favore di farti credere abbia un adamantino significato fisso anziché fissile che funga da prisma concettuale, nel frattempo si prende tutte le libertà del cosmo, compresa anche quella di far diventare il corpo narrativo e visivo  “incoerente, narrativamente debole, slegato e anticlimatico”, certa come è che possano essere più forze che limiti - e il cosmo, si sa, è organizzato da un caos mai a caso. Stessa cosa il film, che da eretico che non teme alcuna inquisizione sovverte ardimentoso ogni regola creandone delle proprie, anche estetiche (anche in tal senso trovo sviste le parentele tracciate con tsuka e david), è sì anarchico (anche rispetto a se stesso) ma mai gratuito. Se ne fotte del concetto di tabù, di doverlo rispettare come anche infrangere, mai intende scandalizzare, se mai stupire e commuovere. E se è vero che all'estetica firma tanto di assegni in bianco, siamo vivaddio lontani galassie da quell'estetismo senza cauzione e senza ritorno di cui refn è innamoratissimo in un neon demon, che fin troppo bene ci rende noto cosa stiamo guardando, anziché fomentare interrogativi in tal senso.

    >>> Raw fosse un esordio gagliardo e meritevole d'attenzione ma (...) in debito di una logica 'circostanziale' di cui naturalmente negli horror ci si può strafregare
    lo si dovrebbe fare di più se i risultati sono questi. Di quanto horror si può davvero dire che sia colto, raffinato e che vada in contromano rispetto al genere e ai propri topoi al punto da non essere quasi più nemmeno horror ma sempre qualcos'altro?

    E poi sapete cosa?, nella scelta e nell'uso che fa della musica la ragazza procura orgasmi multipli. Se ne avevano pochi dubbi nell'esordio (penso anche solo all'inno alla troiaggine delle Orties durante l'agnizione allo specchio di chi vuole crescere in fretta incenerendo prematuramente ogni tappa), ma qui si è superata. Come risignifica, rendendole organiche e giocose e grandangolari Nessuno mi può giudicare e la Macarena senza scadere nella gratuita e paracula gag postmoderna che fa tanto strapulp, beh ci vuole ciò che differenzia il talento dal genio.
    E poi alla festa danzante in ralenty con light house dei future island vi giuro che non ce l'ho potuta fare, ho lasciato andare le lacrime, per una commozione inconoscibile, che poi è tra le più enormi che si possano sperimentare, e che al cinema accadono di rado. Anche solo per il magico amplesso tra quella ipermalinconica scena piena di gioia contratta che non scoppia veramente mai (dove è nascosto probabilmente il positivo senso ultimo di tutto il film) e la musica, mi sento di tenere il film in palmo di mano guantata di raso.

    E non ho ancora proferito sillaba per i due protagonisti, per i quali la parola immensi è poca cosa.

    >>>È uno di quei film per cui si può cambiare radicalmente opinione nel tempo, ad una seconda visione. In entrambi i sensi. se dovesse capitarmi, ciò non farebbe che confermare la potenza dell'opera, e partirebbe un grazie dei più grati.

    Sbrodolato ciò, se titane m'è piaciuto quel mezzo punto in meno rispetto all'esordio, è per la troppo evidente autoindulgenza e la programmatica freddezza con cui juliessa ha cambiato specifico solo per renderlo uguale al precedente, che mi fa temere una coazione a ripetersi anche per quella che sarà la terza prova.
    Ora le chiedo di cambiare totalmente traiettoria derapando rispetto a un assalto al calor bianco all'identità quale che sia (e al suo essere concettualizzata) e non far battere un sentiero che ripercorso una terza volta sarebbe un po' troppo rassicurante per lei come per noi. In sostanza, se farà un raw III che mi fa sentire troppo garantito, mi gireranno forte.
    Ma mi sembra autrice troppo scaltra, lungimirante e generosa perché ciò avvenga.

    >>>P.S. Ma perché mai i cinema di madre ecclesia non dovrebbero dare il beneplacito? Alla fin fine è pure un grande spot prolife! :D forse proprio perciò. Del pari su cosa poggia l'immaginario cattolico, se non su senso di colpa morte sacrificio e una fratellanza universale ma che per l'amor del clero tenga conto delle distinzioni di genere?! Tutte cose che in quest'opera sono sia spernacchiate che rivendicate in quanto beatitudine senza peccato.
    Di certo, premi o non premi, e al di là degli ipotizzabili perché e percome, le opere meno allineate alla logica del gastronomico (penso per esempio a suspiria, climax, la casa di jack) qua non ci arrivano manco per sbaglio. Moretti, siine certo, capirebbe.
    Ultima modifica: 5/11/21 22:25 da Schramm
  • Discussione Herrkinski • 5/11/21 22:53
    Consigliere avanzato - 2629 interventi
    Schramm, abbiamo un problema che avevamo anche prima: a me piace Neon Demon, a te piace Climax :-D
    E a questo punto su questo genere di film non so più nemmeno se c'è un giusto o uno sbagliato: o ti lasciano qualcosa oppure "fin lì", oppure per niente.
    In questo caso specifico in realtà non siamo totalmente in disaccordo perchè il film non mi è dispiaciuto del tutto, però sono lungi dal considerarlo un grande esempio di cinema, potevo arrivare a tre palle a esser generoso, per i motivi già elencati. I gusti poi son gusti; l'unico appunto che ti farei è sull'utilizzo delle musiche, che non ho nemmeno citato in sede di recensione (per quanto le abbia notate; da italiano era difficile non notare quantomeno la scena di Nessuno mi può giudicare) perchè ormai quel genere di contrasto "musica melodica/scena ultraviolenta" è tutto tranne che innovativo, anzi ho anche sbuffato leggermente quando l'ho visto, del tipo "seh vabbè dai". E' proprio un escamotage para-autoriale che inizia a stancare (tutta colpa di Tarantino eh).
    Per il resto, visivamente per me molto efficace, ma non mi ha lasciato molto a livello emotivo; credo dipenda anche dal modo in cui si percepisce la vita in fondo, e questo è un tipo di film che affronta tematiche che non mi tangono minimamente.
    E a proposito, non ho ben capito cosa ne pensi di tutto il tema gender fluid e di come viene inserito nel film/quanto sia importante, ecc. ... Perchè tolto quello, non c'è altro significato all'interno del film al di fuori dell'impatto visivo e dell'elogio al weird.

  • Discussione Schramm • 6/11/21 01:07
    Scrivano - 7693 interventi
    Herrkinski ebbe a dire:
    l'unico appunto che ti farei è sull'utilizzo delle musiche, che non ho nemmeno citato in sede di recensione (per quanto le abbia notate; da italiano era difficile non notare quantomeno la scena di Nessuno mi può giudicare) perchè ormai quel genere di contrasto "musica melodica/scena ultraviolenta" è tutto tranne che innovativo, anzi ho anche sbuffato leggermente quando l'ho visto, del tipo "seh vabbè dai". E' proprio un escamotage para-autoriale che inizia a stancare (tutta colpa di Tarantino eh).
    il punto non è se è innovativo o quanto, perché giocare d'antifrasi rivoluzionario e originale non lo è almeno a partire da singin in the rain in arancia meccanica o prima ancora da mondo cane (se proprio vogliamo incolpare qualcuno).

    il problema è appunto se lo si fa così tanto per fare il ruffianaccio cool senza magari nemmeno porsi troppo il problema se sia una sparata gratuita o meno o se nel farlo siamo davvero in presenza di un vettore segnico che traccia un solco emotivo mnemonico e di significato e di una prospettiva centrata nella scelta dei brani a fini rappresentativi.
    e al di là degli anni che questo modus contrastandi porta sul gobbo, e che indisponga o meno vederlo usato nel 2021 solo perché due tardivi epigoni di tarantino ne han fatto un birignao vuoto, che la docournau abbia oculatissima contezza di che musica usare (si veda anche l'incipit, nella scena dell'incidente) e soprattutto come usarla in rapporto al tessuto visivo (basti pensare a ma che freddo fa nel finale di raw o, di nuovo e più ancora, a come è capace di commuovere profondamente facendo convolare a nozze pagane i future island e una scena che probabilmente, al di là del falso problema gender no gender, è la chiave di tutto il film nel dire che non importa chi cosa come sei o di chi o cosa sei incinta, l'importante è vedersi riflesso negli occhi di chi darà la vita per proteggerti e sentir rintoccare "casa!") è proprio l'ultima cosa che le si può contestare o biasimare.

    avresti ogni ragione se il film fosse unicamente contrassegnato da giochini usurati e contrasti rodati come quello che ti ha fatto sbuffare (e del quale l'antitesi in sé è proprio l'ultima cosa che interessava alla d., secondo me molto più attenta alla forza ipertestuale delle lyrics del brano), riducendo la violenza a mera gag cabarettara. ma qui l'uso della musica è molto diverso e peculiare da scena a scena, pensato per essere una sceneggiatura parallela e non solo un ornamento appiccicato con la coccoina.
    e questo è un tipo di film che affronta tematiche che non mi tangono minimamente.
    il punto come dicevo anche nell'intervento precedente non sono tanto le tematiche in sé, per quanto in finale trovo sacrosanto il messaggio se si vuole anche molto spicciolo di fondo ("siamo anzitutto persone, creature, entità che hanno tutto il diritto di essere ibride e solo in seconda istanza maschi o femmine"), il problema è il coraggio e l'ardimento con cui vi fa fronte, estetico o contenutistico che sia, sparigliandole e contaminandole, senza preoccuparsi di dover piacere o dispiacere ma più di secernere un cinema anche imperfetto ma libero e che colpisca sempre sopra od oltre quel che ti aspetteresti.

    E a proposito, non ho ben capito cosa ne pensi di tutto il tema gender fluid e di come viene inserito nel film/quanto sia importante, ecc. ... Perchè tolto quello, non c'è altro significato all'interno del film al di fuori dell'impatto visivo e dell'elogio al weird.
    no non sono d'accordo che il film sia liquidabile al solo tema gender fluid e il serraglio di tematiche che incamera e accatasta le ha magnificamente enumerate bubolone nel suo intervento. e non sono neanche d'accordo che tolto quello questo sia un film che appaga solo gli occhi. anche ipotizzando che il film vive di solo gender fluid, il tema mi trova poco sensibile e mi è passato in secondo piano rispetto ad altre valenze (e tuttavia il film mi ha emozionato ugualmente tantissimo commuovendomi su altri piani, basterebbe quello interpretativo a elevarlo al quadripalla), o meglio l'ho vis(su)to come punto di partenza per applicare quella fluidità a tutto: ai rapporti con l'arte, col mondo, con la vita, con la morte, con la famiglia con il cinema stesso.

    ti svelerò infine un segreto: io non l'ho nemmeno trovato così weird. l'ho trovato capace di sorprendermi a ogni minuto, questo sì. e non potevo chiedere di più o di meglio. dammi un film come questo al mese e troverò un po' più sopportabile la vita. 

    Ultima modifica: 6/11/21 01:18 da Schramm
  • Homevideo Buiomega71 • 23/03/22 16:37
    Consigliere - 25892 interventi
    In blu ray ( e dvd) per Midnight Factory, disponibile dal 19/05/2022
  • Discussione Buiomega71 • 22/10/22 10:16
    Consigliere - 25892 interventi
    Credevo di vedermi un certo tipo di cinema e, inaspettatamente, me ne trovo davanti un'altro, dopo tutti gli aggettivi che si sono sprecati per l'opera seconda della talentuosa regista francese (estremo? Provocatorio? Cronenberghiano? Tsukamotiano? Sgradevole? Eccessivo?), dove gli eccessi grafici sono ridotti a lumicino, ne più nè meno di tanti altri film.

    Quello che stupisce e che la pellicola muta di continuo, come una specie di matrioska, a tal punto che a metà ti domandi dove la Ducournau voglia andare a parare e se si stia prendendo gioco dello spettatore.

    Bellissimo incipit con incidente stradale e la ragazzina imbragata barkerianamente, poi una tamarrata che stà tra il MISex e la fiera dell'automobile, esplosione di follia femminea sanguinaria ( fan troppo insistente, fermacapelli piantato nell'orecchio e vomitata copiosa, ma almeno il massacro sulle note di "Nessuno mi può giudicare" è gran pezzo di cinema che Tarantino resta a guardare), per poi virare nella fuga e nel violento cambio di connotati (i pugni autoinflitti, il naso sbattuto violentemente sul lavandino, in un attimo di autolesionismo di grande effetto), per poi, alla fine, adagiarsi sullo scambio di identità, sul transgenderismo Boys don't cry e la ricerca di affetto e amore, in una chiusa straziante, intensa, tenera e profonda).

    La Juliette, più che a zio David, guarda alla Christine carpenteriano/kinghiana (la Cadillac "vivente" che bussa alla porta a fari accessi e sobbalza come Herbie), a Generazione Proteus (ingravidata dalla macchina, il concepimento del nascituro perfetto con spina dorsale meccanica, incrocio di carne e intelligenza artificiale) e Fuoco assassino (i pompieri con caserma annessa, gli interventi, le esercitazioni, il fuoco vivo che tutto inghiotte), con una chiusa mariana che sembra uscita da un film di Bruno Dumont.

    Il glamour refniano pare ormai modaiolo, ma quello che si apprezza è il continuo cambio di registro narrativo, che passa dal femminismo, alla patina queer, al corpo mutevole (le garze per   comprimere seni, il pancione che si spacca, la perdita delle acque oleose e nerissime) in un evolversi tra revenge movie gineceo, body horror, fantascienza, dramma esistenziale tipicamente francese e slanci ai piaceri di saffo o della paternità (maternità).

    Che la bravissima Rousselle (impressionante il suo tour de force recitativo e fisico) abbia i tratti somatici della sua regista è tutto dire e che la narrazione rimbalzi di quà e di là sfuggendo ad un genere preciso si libera da ogni tipo di convenzionalità (posso capire l'odio riservato al film da parte di alcuni e la sperticazione in lodi da parte di altri. Io sto nel mezzo) ma che non fila via liscio, per alcune sbandate assai stonate.

    La prima l'assurdo e risibile massaggio cardiaco al ritmo della Macarena, la seconda i balletti macheschi criptogay pompieristici che sembrano usciti da un mediometraggio di Kenneth Anger con , ciliegina sulla torta, dello sculettamento provocatorio di Adrien/Alexia sul tetto del camion dei vigili del fuoco, masculin/feminin di dubbio gusto.

    Nella sua imperfezione non lascia comunque indifferenti, spiazzante lo è (più che per la scelta di virare bruscamente genere in continuazione, che nemmeno per la violenza o il sesso, questi ultimi nella media), esteticamente seducente e sufficientemente coinvolgente, con una colonna sonora potentissima.

    Ma più che per la criticata Palma d'Oro, sono rimasto basito per l'irragionevole, ingiustificato e assurdo divieto ai minori di 18 anni.


    Ultima modifica: 22/10/22 20:28 da Buiomega71