Interessante thriller/horror d'animazione. Una riuscita analisi sul mondo del cinema con vari riferimenti a Hitchcock e a De Palma. Se la prima parte si lascia seguire senza però riuscire a distinguersi, la seconda riesce a creare un gioco di realtà e finzione incredibilmente suggestivo, raggiungendo livelli inaspettatamente elevati. Alla fine alcuni conti potrebbero non tornare, ma l'insieme (colpo di scena finale compreso) lascia sicuramente soddisfatti. Ottimi gli effetti sonori e bellissima la scena della morte del fotografo. Consigliato.
Inconsueto thriller d'animazione, nel quale una scelta di vita e il dietro le quinte di uno sceneggiato omaggiano il cinema di De Palma (Le due sorelle) e il gioco d'identità caro ad Hitchcock. In più, poiché siamo in Giappone, non manca una descrizione interessante della società, con fenomeni di celebrità che se da un lato possono sembrarci vicini, dall'altro appaiono a noi inconsueti per la ricerca di assoluta perfezione in qualsiasi lavoro svolto.
MEMORABILE: L'"altra" casa della protagonista; le profonde scuse per ogni sbaglio ai ciak.
Straordinario film d'animazione afferente al genere thriller (con ampie spruzzate di gore ed irrobustito da qualche incursione nell'erotismo) che se nella prima parte è abbastanza usuale, raggiunge invece nella seconda una complessità davvero notevole che lo innalza ben al di sopra di un semplice film di genere. Attraverso la riflessione sul doppio il regista cita ed omaggia Hitchcock e De Palma e ci regala un pellicola molto riuscita con una strepitosa ed indimenticabile ultima mezz'ora. Da non perdere.
Bel prodotto di animazione che riesce a dotarsi di una trama propria di un film mantenendo il giusto filo di tensione e permettendosi anche risvolti parapsicologici, horror ed erotici. Il tutto si innesta sul motivo centrale del racconto, il cambio di immagine della protagonista da idolo per teenager ad attrice molto "esposta", con riflessioni sullo show-business e sul rapporto tra star e fan. Favorito anche da un buon doppiaggio, cosa che non è scontata in questo genere.
Una buona prima opera di Satoshi Kon, che si presenta al pubblico con un thriller su una Idol apparentemente un po' fuori di testa, labirintino e piacevole, riuscendo a unire della buona tecnica d'animazione a scene inquietanti e decisamente memorabili. Forse nella seconda parte ci si perde un po' in una trama non proprio facile da seguire, ma sono difetti che si rimedieranno nei successivi lavori del regista.
MEMORABILE: La violenza sessuale di gruppo (vera? finta?).
Pur non essendo sorretto da un gradevole disegno, ci si trova davanti a una piccola gemma dell'animazione nipponica. Siamo lontanissimi dallo studio Ghibli, da Miyazaki e simili, qui si viene calati in una narrazione intricata e tesissima. Lynciano in diversi passaggi, inquieta (tanto) e sorprende con un mix di violenza sanguinolenta e dramma psicologico. Il contorno ci mostra l'essenza, ammalata, della società giapponese, pregna di preconcetti e di sublimazione della brutalità tessuto connettivo della realtà sociale. Ottima la colonna sonora.
MEMORABILE: L'impressionante e disturbante realismo della sequenza dello "stupro simulato".
L'animazione dallo stile tradizionale fa pensare a un'opera come tante sul mondo dello spettacolo, ma presto la trama si addentra nei meandri più oscuri di quel mondo: ossessioni, perdita dell'identità, lascivia, nessuna distanza di sicurezza tra la vita reale e lo schermo. Nonostante le inaspettate scene di violenza (decisamente brutali per il genere), il film riesce a raccontare una storia morbosa senza diventare morboso a sua volta. Le svariate citazioni a Hitchcock, Lynch e De Palma sono gestite con notevole abilità.
MEMORABILE: Lo stupro simulato (fino a che punto?); L'omicidio in ascensore.
Trama degna di Hitchcock, o meglio ancora di De Palma (per temi come il doppio, il cinema nel cinema e la critica allo showbiz), con esplosioni di violenza alla Dario Argento (citato già dal titolo Perfect Blue, Profondo rosso...). La confusione tra realtà e ficton, specie nella parte centrale, confonde e può perfino irritare, ma rende bene la schizofrenia in cui sembra precipitare la protagonista. E inoltre Kon sa trovare il giusto ritmo e i suoi personaggi disegnati sono più convincenti di qualsiasi attore in carne e ossa.
Fulminante esordio per Satoshi Kon che, attraverso una contorta implosione a scatole cinesi, ci inchioda al cospetto di uno scenario a dir poco baudrillardiano: Perfect Blue è, sinotticamente parlando, un gioco di simulacri e simulazioni, di immagini che rimandano a immagini, di corpi che diventano a loro volta immagini e viceversa in una scissione indotta che si leva urlante contro le tentazioni della stordente società del virtuale e, al contempo, assurge a un'irrevocabile funzione apotropaica. Plauso all'argentiano impianto audiovisivo.
MEMORABILE: L'incrocio diegetico col serial "Double Bind"; I primi due omicidi; Lo stupro.
Come iniziazione assoluta all'animazione lunga nipponica può forse essere una scelta un po' audace, ma il gioco vale ampiamente la candela. A riprova del fatto che il medium espressivo di per sé non presignifica nulla, Kon infila un thriller erotico notevolissimo, la cui non consequenziale temporalità interna permette di rinfrescare - con risultati assai originali - la classica dialettica verità/finzione in rapporto a chi agisce e a chi osserva. Autentico capolavoro!
MEMORABILE: Il plot twist nel plot twist della scena dello stupro: se ne ricorderà, probabilmente, il Lynch di Inland empire.
Ottimo anime diretto da Satoshi Kon, valorizzato da una soundtrack di livello veramente alto. La trama è intrigante, nonostante il continuo mescolarsi di realtà di diversa entità faccia perdere al film un'organicità di base che, invece, avrebbe giovato decisamente. Il risultato, però, è assolutamente di valore, perché i disegni sono molto belli e il tema trattato, compreso il suo sviluppo, è interessante.
Film d'animazione thriller/horror che si riaggancia alle tradizioni americane e italiane pur conservando caratteri marcatamente giapponesi; tra questi una morbosità piuttosto spinta e gratuita che il regista decide di tirarsi dietro durante tutta l'esigua durata dell'opera. La trama non è nulla di sconvolgente, più che altro perché, forte della recente tradizione postmoderna, il film gioca a confondere lo spettatore senza che la cosa sia veramente giustificata né facendo tornare tutti i conti. Si salvano alcune scene notevoli e un mestiere cinematografico indiscutibile.
MEMORABILE: L'omicidio in ascensore e il suo "annuncio" musicale, che ricorda alcuni omicidi cinematografici nostrani...
Satoshi Kon racconta la disgregazione dell’Io e l’avanzamento della regressione sensoriale come fosse una vicenda profana, con una forza descrittiva così affilata da funzionare come potente segno unificante fra lo psicodramma femmineo e il thriller d'antan. "Perfect blue" è anche il ritratto di un divismo malato e degenerato, un incubo visionario che lascia i suoi personaggi attoniti, impazziti di terrore, in una disperazione senza limiti e senza alcuna via d’uscita. Potentissimi gli innesti splatter, agghiacciante il sound design. Obbligatorio.
Dotato di affondi psicoanalitici sbalorditivi, è un anime in grado di trovare deliranti equivalenze figurative agli altrettanto deliranti stati d’animo dei personaggi. Il microcosmo raccontato da Satoshi Kon è vischioso e pericolante, con sottotrame torbide e morbose veicolate da sequenze splatter di inusitata violenza. Splendido l’accompagnamento sonoro di Masahiro Ikumi, un mix onirico di angoscia, smarrimento, di forme mistiche e frenetiche. Femmineo.
Kon scuote dalle fondamenta la società giapponese toccando svariati nervi scoperti (stalkeraggio, repressione sessuale, compromessi lavorativi, solitudine nella società, identità fittizie sul web). E lo fa con una regia abile nello sfumare realtà e finzione, esponendo lo spettatore a un disturbo dissociativo che è figlio del crollo d'ogni certezza. Da segnalare il montaggio febbrile, protagonista delle scene madri e di molte transizioni narrative che sanciscono la maturità dell'animazione giapponese di fronte a certi temi. Affascinante e caratteristico il tratto grafico.
MEMORABILE: La stanza dello stalker; La Mima "dissociata"; La scena dello stupro; L'omicidio del fotografo; La verità rivelatrice.
Mima lascia il terzetto di idol per fare l'attrice; nel cambio di carriera perde la purezza, in particolare dopo aver girato una efferata scena di stupro. Da quando è vittima di stalking su internet e alcune persone del set sono vittime di omicidi truculenti, perde pure la lucidità vivendo in uno stato allucinato, in cui la sua vita si confonde con le scene della serie in cui recita. Una perla dell'animazione per adulti, con un climax da thriller psicologico che riecheggia Argento e uno stato ansiogeno che ricorda Lynch, per come rappresenta il tema del doppio.
All'inizio c'erano le majokko: L'incantevole Creamy, Magica Emi, Evelyn. Parabole del coming of age in cui due identità, adulta e bambina, rischiavano di collassare e infrangere l'illusione, tra realtà e show business. Satoshi Kon le revisiona nel mondo delle Idol, in chiave schizofrenica, attraverso gli stilemi del thriller depalmiano, inabissando lo spettatore in uno smarrimento vertiginoso tra realtà e sogno, metacinema e psicoanalisi. Regia e montaggio, pregevoli, si aprono a scorci gore davvero impressionanti. La colonna sonora è un tappeto acustico perturbante. Formidabile.
Eccezionale opera d'animazione nipponica che spicca come una perla nel vasto panorama di epiche produzioni ben oltre l'intrattenimento. Storia di una giovane idol, che lascia la musica per dedicarsi alla recitazione e si ritrova in una spirale assurda e perversa di allucinazioni. Kon illustra il racconto di un complesso fenomeno sociale con gran maestria, richiamando freddo e preciso elementi chiave di celeberrimi registi horror e thriller. Importante per comprendere che molto nel mondo dello spettacolo è sì illusione, ma che forse i "mostri" più feroci non sono sempre fuori di noi.
L’inconscio cariato. L‘identità multidirezionalmente divaricata dal confondersi di ciò che sembra vero da ciò che sembra finto, di autocoscienza e aspettativa altrui. Il fantasma del passato sgravida il fan stalker del presente. Un’audacia concettuale che viaggia in tandem con Lynch ma anche lo precede, che indulge più del necessario quasi a volersi assicurare che l’antifona è abbacinante anche laddove forse non c’è antifona. Siamo insomma al potenziale più che alla sua piena realizzazione. Merita uno sguardo (magari con terzo occhio) ma non necessariamente acclamazioni sull‘attenti.
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DiscussioneRaremirko • 27/07/13 23:03 Call center Davinotti - 3863 interventi
Sapevo che esiste anche una versione con attori in carne ed ossa...