Continua la lotta per il possesso di Arrakis, il pianeta altrimenti detto Dune, in una seconda parte lunga e verbosa quanto la prima ma che, differentemente, non può purtroppo contare sull'effetto novità. La grandiosità della messa in scena di Villeneuve, che nei primi venti minuti conserva ancora intatta una visionarietà straordinaria capace di sfruttare al meglio lo scenario desertico alieno, si depotenzia progressivamente per stemperarsi in una reiterazione estenuante sul tema dell'eletto, che nel cinema fantasy/fantascientifico di questi anni sembra dettar legge replicandosi in ogni variante possibile col risultato...Leggi tutto di apparire una fotocopia di volta in volta sempre più stinta.
Su Arrakis, dopo la strage degli Atreides velocemente riassunta nell'incipit, sono rimasti il giovane Paul (Chalamet) e sua madre, la Bene Gesserit Jessica (Ferguson), che stringono alleanza coi Fremen (il popolo locale, guidato dallo Stilgar di Javier Bardem). La profezia del posto parla dell'eletto e proprio Stilgar è certo di averlo trovato nel giovane Atreides, che difatti riuscirà nell'impresa di "cavalcare" al primo tentativo uno dei vermoni di Arrakis come nemmeno il migliore dei Fremen: è il segno, e della cosa si convincono presto in tanti, per quanto ci sia ancora chi considera l'Atreides e sua madre semplici spie. Il più dubbioso sul suo ruolo da uomo del destino è però proprio Paul, e avrà modo di farlo notare in più occasioni anche nei suoi amorosi incontri con la coetanea Chani (Zendaya).
Nel frattempo l'imperatore (Walken) se ne sta chiuso nel suo eremo senza rilasciare dichiarazioni riguardo a quanto sta accadendo e il Barone Vladimir Harkonnen (Skarsgard) spedisce a governare Dune suo nipote Rabban (Bautista), che ha modo di far notare scarsa predisposizione al comando infilando una serie di fallimenti. Comincia così una lunga guerra di posizione tra i Fremen, guidati da Paul - che ritroverà in un secondo momento un suo vecchio amico da reclutare nel gruppo (Brolin) - e gli Harkonnen, con lo spietato, gelido e bianchissimo Feyd-Rautha (Butler) che prenderà il posto del fratello incapace Rabban.
Come nel primo capitolo l'azione vera e le battaglie sono contenute (pure l'ultima, la più importante, si esaurisce nello spazio di pochi minuti), con lo spazio maggiore che viene lasciato alla complessa descrizione di personaggi e vicende ottenendo soprattutto di stipare di parole, primi piani, sguardi e pause un film che, privo dell'effetto sorpresa del numero uno, diventa un semplice ponte per arrivare alla parte 3 (che Villeneuve annuncia già ora, poco modestamente, come il più grande film di fantascienza di sempre). E si sa, i capitoli centrali si rivelano per molti motivi spesso i peggiori e più inutili.
In questa PARTE DUE la spettacolarità è limitata, i vermoni si vedono uscire allo scoperto solo nel finale perché prima mostrano giusto il dorso in una tempesta di sabbia e il meglio viene di nuovo dal grande gusto cinematografico di Villeneuve, autore vero dotato di una vocazione indiscutibile per la fantascienza come mezzo espressivo impareggiabile che più di ogni altro libera, nelle mani giuste, estro e fantasia. Due ore e quaranta restano in ogni caso davvero troppe per un film così e bisogna essere dei veri appassionati di epica fantasy (più che di fantascienza) per sottoporsi a certi interminabili intervalli in lingua locale sottotitolata pregni di tanta scontata retorica. Inoltre la totale, perdurante assenza di qualsiasi scampolo di ironia (quella che ad esempio, attraverso un Harrison Ford impagabile, impreziosiva la saga di STAR WARS) rende ancora più tronfia e pesante l'operazione, che si prende dannatamente sul serio coprendoci di messaggi messianici che bastava e avanzava il misticismo connesso alle immagini di Villeneuve a rendere memorabili.
La seconda parte dell'opera di Villeneuve bissa, in gran parte, i risultati della prima. La sceneggiatura è semplice e sfronda anche qui le complessità dell'opera cartacea: punta molto, troppo, sull'idea del messia liberatore e butta alle ortiche qualche interessante idea. Il sonoro è nuovamente possente e da un punto di vista squisitamente visivo il regista canadese conferma il suo grande talento. Qualche lungaggine qua e là e dialoghi non all'altezza. Ma ciò che lascia più perplessi è l'assenza di carisma di Chalamet. Zendaya è imbronciata dall'inizio alla fine. Epilogo aperto.
Seconda parte della saga tratta dai libri di Frank Herbert in cui il regista canadese si perde nel deserto, fra giovani messia, vermi giganti sotterranei domati come se si facesse sci nautico, madri ambigue, caste storie d'amore, tirannici imperatori che nel governare vengono rimpiazzati dalle figlie, perché invecchiati troppo e cattivissimi calvi di ogni stazza. Sontuosamente bello, ma troppo lungo e con battute quasi sempre sussurrate, il film presenta due giovani protagonisti (Chalamet e Zendaya) seriosi ed eccessivamente corrucciati. Buono il cast di contorno.
Nel primo capitolo Villeneuve poneva gli assi cartesiani del suo adattamento. Ora mette il quadro in prospettiva entrando nel vivo dell'azione, indagando l'ambiguità dei caratteri, esplorando l'esoterismo: configura un modello di riferimento per la fantascienza adulta. Se l'approccio austero riflette l’ambientazione ostile di Arrakis, l'estetica ieratica rischia a tratti di farsi mera oleografia. Ma a fronte di un narrato prevedibile, la tensione rimane ininterrotta per oltre 160 minuti. Chiuso l'arco narrativo del primo volume, si lancia un ponte verso l'epica dei libri successivi.
La seconda parte di Dune conferma pregi e difetti della prima. La storia, attraverso il personaggio di Paul Atreides, guadagna i crismi dell'avvento messianico e persegue - in un esoterismo oramai conclamato - il classico messaggio anticolonialista. Villeneuve riesce a ipnotizzare grazie a un apparato tecnico difficilmente eguagliabile a Hollywood, ma alcuni salti della sceneggiatura tradiscono il faticoso - e non sempre riuscito - tentativo di sfrondare la complessità del romanzo. Da segnalare una meravigliosa fotografia camaleontica e lo score di Zimmer.
MEMORABILE: Parlare con il feto; L'apprendimento del passo sulla sabbia; Il verme domato; Le visioni della profezia; Lo scontro nell'arena; L'ultimo duello.
La parti due che seguono un notevole inizio non hanno vita facile: manca la dirompenza dell'effetto novità e, in questo caso, manca la fase di esplorazione sul pianeta Arrakis che tanto aveva impressionato. Però Villenueve e Zimmer sanno il fatto loro, la tensione tiene bene considerando la durata del film e il rischio fotocopia viene contenuto entro limiti accettabili, aggiungendo temi messianici e di gestione delle masse. Chalamet fa quello che ci si aspetta e per un Bardem e un Bautista che perdono in dignità ci sono una Ferguson che acquista spessore e un Butler sadico misurato.
Villeneuve sa senza dubbio come stimolare il gusto estetico degli spettatori, dai più giovani ai più scafati: come nel predecente anche qui ci sono almeno due o tre scene che non lasciano indifferenti. Peccato che poi, però, ci si debba dolere per una linea narrativa tutta impostata su di uno ieratico messianesimo in fondo abbastanza insulso, soprattutto perché la parusia dovrebbe essere innescata da uno Chalamet in versione testimonial di profumi. Ne esce fuori un film che sembra un gigante ingessato ma che, proprio per la sua eccezionalità, finisce per farsi comunque guardare.
Questa seconda parte non si discosta molto dalla bellezza e dalla maestosità della prima, grazie alla bravura di Villenevue nel mettere in scena situazioni mirabolanti e gigantesche con una grazia e una tecnica che in pochi hanno. Inoltre, da un punto di vista dei suoni e del montaggio sonoro, il film ha pochi eguali e si fa valere anche per l'ottimo cast che fa la sua importante figura. Tutto è studiato alla perfezione, nei minimi dettagli e coinvolge emotivamente per via di una storia di crescita e potere molto intensa. Fossero tutti così i blockbuster... Alto livello!
Film decisamente dotato di una cifra artistica notevole, soprattutto legata alla classe visionaria del regista, coadiuvato da buone interpretazioni e ambientazioni, quasi sempre sabbiose ma incredibilmente non (troppo) monotone. La storia è verbosa ma abbastanza appassionante: andava snellita. Evitabili le parti in lingua, difficili da comprendere e tutto sommato voluttuarie. Sarebbe stato molto meglio tradurre il tutto. La vicenda è molto complessa, ma trattandosi di un adattamento letterario ci sta. Cast funzionale, senza picchi. Effettistica e fotografia di gran classe.
La tecnica registica di Villeneuve non si discute, così come la sua fotografia, ormai un marchio. Detto ciò, pur visto in sala a 70mm nelle migliori condizioni, si avverte un problema di epica: la sensazione è che l'autore abbia provato a inseguire la densità del testo di riferimento evitando di prendere tempo e fiato per lasciar correre le scene, tagliando o smorzando la tensione prima che crescesse. Un modo di narrare moderno facilmente riscontrabile in diversi ambiti, serie comprese. A completare un quadro non completamente digesto un Bardem spesso relegato a tempi quasi comici.
Le immagini sono ancora superbe ma si sono già viste è la novità, di conseguenza, un po' scema; del resto questo è il rischio che si affronta nel realizzare un film in due parti. La storia, ai più conosciuta, scorre freneticamente e piacevolmente perdendosi a volte nelle vicende dell'ordine delle Bene Gesserit. Attori convincenti e finale aperto a nuovi racconti.
Prosecuzione perfetta del precedente che già rasentava la perfezione. Se la Parte I era più contemplativa, mistica, estatica, con una forte componente onirica, qui le visioni si materializzano e per quanto il film perda un filo di poesia a causa di ciò, ne guadagna in potenza espressiva e incedere avvincente della storia. Sembra idealmente lo stesso film proseguito, un continuum ben eseguito rispetto a quello del 2022. Ogni scena mantiene la sua aura suggestiva e ormai quasi mistica, così come ogni parola della sceneggiatura ha il suo peso specifico. Grande regista Villeneuve.
Seconda parte tratta dalla famosa saga creata da Frank Herbert. L'azione è predominante. Si è dato poco spazio alla parte filosofica ed esistenziale della storia rendendo ciò meno complesso (soprattutto per chi non ha letto il romanzo). Regia di Denis Villeneuve più che efficace, così come gli effetti speciali e il sonoro. La durata di due ore e più non pesa.
Dopo Cameron perso su Pandora, si siamo giocati anche Villeneuve tra le sabbie di Dune? In attesa del terzo capitolo, vien da chiederselo vedendo questo secondo, ancora più pomposo del primo che almeno poteva beneficiare dal confronto con l'imbarazzante trasposizione diretta da Lynch. Ammaliante dal punto visivo e scenografico, il film risulta molto carente sotto l'aspetto narrativo: non intriga e non coinvolge per colpa dell'abbondanza di stereotipi, la pesantezza dei dialoghi, l'assenza della minima traccia di ironia, la mancanza di carisma dell'eroe. Il risultato? Noia.
È un film affascinante ed estremo, che fa l'autopsia a un genere esausto. Villeneuve azzera l'empatia, usa dialoghi eterei, non racconta la storia perché tutto il pubblico la sa già (Arkonnen, Fremen, Jedi, Sauron...), costruisce sequenze-mostro di venti minuti che passano in lampi di pura visione e puro suono e le accosta così, senza transizioni. Gli attori (per primi Walken, Skarsgard, Rampling) hanno il ruolo di non morti, di ectoplasmi. "Dune 2" è potente come una sfilata di moda. I personaggi sfilano effimeri con abiti di haute couture ispirati a Balenciaga. Bello e glaciale.
Opera colossale e visivamente appagante, al pari del primo capitolo, dimostra che Villeneuve era forse il regista ideale per adattare l'opera letteraria da cui il film è tratto. Nella prima parte si mostrava un equilibrio abbastanza compiuto tra la dimensione spirituale e quella puramente d'azione dell'opera, equilibrio che qui è in parte perduto, rendendo il film meno facilmente fruibile per lo spettatore medio. Sempre di alto livello effetti speciali e interpretazione del cast. Meritevole di visione ma meno incisivo del precedente.
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E' un film che rischia per la lunghezza e per la scelta di ripercorrere sentieri già visti nel primo episodio. Ma lo fa con assoluto mestiere e ardore narrativo, per quello (e per le figlie) gli ho dato 3 pallini. Ci sarebbe da aggiungere al cast Ania Taylor-Joy: compare in soli 5 secondi ma sono anticipatori del terzo episodio.
L'avevo capito, ma mi chiedevo come avessero influito sul voto
Quando non so decidere tra due voti accade che chieda il loro parere e su Dune non avevano dubbi tra 2,5 e 3. Ma adesso mi sono convinto delle tre palle, trovo meritati gli oscar vinti da Dune part 1 per sonoro e musiche e anche la parte 2 non fa eccezioni. Comunque accade raramente che guardiamo lo stesso film, anche perchè non frequentano interi generi filmici, i miei (labili) doveri di padre e l'occhio vigile della mamma precludono loro tante gemme filmiche.
Le rughe di una delle Madri del sud mi ricordavano qualcosa: è proprio lei, Giusi Merli la suora che saliva le scale sulle ginocchia ne La grande bellezza.