Gran parte delle qualità e dei difetti di NIRVANA sono sintetizzati nella prima dicitura (dopo la dedica) che compare alla fine del film: quel “scritto e diretto da Gabriele Salvatores” racchiude in due parole gli indubitabili pregi ma anche i limiti del nuovo Salvatores. Il nostro regista è, attualmente, tra i migliori in Italia per ciò che riguarda la padronanza della macchina da presa: carrellate fantasiose, immagini divine... Sono talmente visibili le doti registiche di Salvatores che non c'è sequenza in cui la sua mano non sia riconoscibile. Dotato anche di un non comune senso dell'umorismo, aveva finora avuto gioco facile chiamando a girare per lui...Leggi tutto i migliori talenti naturali della nuova comicità italiana. E qui, prima ancora di Paolo Rossi, Bisio, Gigio Alberti eccetera, è doveroso citare Diego Abatantuono, ex terrunciello che ha saputo riciclarsi nella commedia d'autore facendo capo alla sua notevole intensità recitativa (ingiustamente sottovalutata ai gloriosi tempi di VIUUULENTEMENTE MIA). Abatantuono per Salvatore era (ed è) più importante di Mastroianni per Fellini: un alter ego insostituibile a cui affidare le redini del sicuro successo. E ancora in NIRVANA è quasi solo grazie a Diego se si ride (ogni tanto) di gusto. E’ di nuovo merito suo se il film non crolla al cospetto di una sceneggiatura imbarazzante. E ci si chiede il motivo per cui Salvatores non abbia affidato il soggetto a un vero cultore della fantascienza. Soddisfando forse il proprio narcisismo e la presunzione di poter creare un cult a tavolino, il regista pesca a man bassa da tutti i più celebri film recenti (e non) dedicati all'argomento e li ricicla senza pudore. Volendo anche sorvolare sulla neve costante, suggestiva variante della pioggia di BLADE RUNNER, non possiamo non criticare il ricorso alle atmosfere alla STRANGE DAYS (o ATTO DI FORZA, se preferite), al viaggio virtuale nella memoria del computer rubato a RIVELAZIONI di Crichton, al solito uomo-gioco che si ribella al proprio destino di esistenza immaginaria (praticamente l’attualizzazione di Frankenstein) e a tutta una serie di stereotipi che per anni hanno imperversato sulle pagine dei meno originali pulp dedicati alla fantascienza. Insomma, pare illusorio pensare che bastino una bella canzone (l'indimenticabile “John Barleycorn” dei Traffic, fine Sessanta) e qualche situazione dal forte impatto visivo quando poi il tutto dev'essere adattato a una storia tanto banale. Se poi ci aggiungete la catastrofica presenza di Christopher Lambert, inespressivo come non mai, e di un Sergio Rubini tristemente sopra le righe, si potrebbe quasi arrivare a concludere che le sceneggiature di Salvatores sono state finora salvate sopratttutto da interpreti eccezionali, autentici “mostri” da sempre caratterizzati da una recitazione “personale”: Paolo Rossi, Abatantuono, Silvio Orlando. Fuori loro...
Un film di fantascienza italiano? Probabilmente è il genere meno presente nella storia della nostra cinematografia. Qui abbiamo un abile regista che tesse una storia alquanto improbabile ed anche un po' confusa. Tanti bravi caratteristi (o per meglio dire cabarettisti) italiani prendono parte alla pellicola. Bravo come sempre Abatantuono che è l'asso nella manica del regista. Una curiosità: nella locandina la donna ritratta è Luisa Corna.
Abbastanza apprezzato al momento della visione in sala, quando non s'erano ancora visti diversi film minori (specie Johnny Mnemonic) letteralmente saccheggiati da Salvatores oltre ai prevedibili noti. Sicchè, revisionato il giudizio sulla freschezza dell'operazione, scontato il (preventivato) disastro del cast (a parte Rubini), resta comunque l'apprezzamento - oltre che per le ben note qualità tecniche - per un'ipotesi di cinema medio italiano di cui Nirvana fa ancora intravedere la sopravvivenza. Ma, appunto, il nirvana illude.
Sviluppare un soggetto in maniera furbesca ed infilarci dentro qualche attore (parola grossa per il reparto italiano) avvalendosi di un nome come quello di Salvatores (bravissimo regista, per carità!) garantisce di certo una buona accoglienza critica: e questo è quanto. Chissenefrega se poi il pubblico si devasta i testicoli? Qualche effetto (poco) speciale, una buona (questa sì) fotografia e il capolavoro è pronto e servito. Popolarmente molto più invitante la porno-parodia "Nirvanal" (almeno per i nostri occhi). Scervellato...
Buon film di fantascienza italiano di Salvatores. Piacevole l'insolita interpretazione di alcuni attori del cast come Diego Abatantuono e Claudio Bisio, ed interessante e intrigante la storia su cui si basa il film. Questo film è sicuramente debitore ad altri del genere da cui comunque non ha nulla da invidiare. Lo ritengo un film ambizioso ma capace dopotutto di coinvolgere lo spettatore. Da vedere almeno una volta.
Incursione di Salvatores nel genere fantascienza: operazione coraggiosa per un regista italiano, furbescamente condotta assemblando un gruppo di attori di richiamo commerciale ma slegati. Atmosfere alla Blade Runner, alcune caratterizzazioni riuscite; ma lo sfondo è sfilacciato e tra gli attori gli unici da ricordare sono Abatantuono e Rubini.
Storia di videogiochi, potenze industriali, hacker e inventori innamorati, in un futuro prossimo. Salvatores tenta la strada italiana alla fantascienza, combinando atmosfere e trame cyberpunk (copiando qua e là) con una sensibilità nostrana (anzi, tutta sua) per i rapporti umani e l’amicizia. Il risultato è discreto. Attori buoni (soprattutto Rubini e Rocca), sufficienti (Abatantuono), imbarazzanti e inadeguati (Orlando e il ‘giro’ dei soliti di Salvatores) o pessimi senza scampo (Lambert). Un esperimento che avrebbe meritato un seguito.
Incursione di Gabriele Salvatores nel mondo della fantascienza con un film in cui il regista crea un universo piuttosto originale ed efficacemente realizzato grazie ad un valido contributo di scenografi e direttore della fotografia. Il film è godibile, con un cast valido nel quale spiccano Abatantuono e Rubini, con Lambert un po' in ombra. Sceneggiatura non particolarmente originale con evidenti richiami ad opere precedenti.
Il Salvatores che non ti aspetti confeziona un film di fantascienza niente male. Va premiato lo sforzo nello sperimentare un genere che il cinema italiano trascura da sempre. Il risultato è buono, nonostante la trama un po' esile e male assemblata. Un Rubini in stato di grazia trascina il monolitico Lambert, meglio Abatantuono. Tinte noir, chicche fantascentifiche ed una fotografia apprezzabile completano il tutto in un film che sembra essere l'embrione di Matrix. Dal rewind finale sorge una domanda; la realtà che viviamo è anche essa vrtuale?
Tra le ambientazioni futuristiche sbuca il solito manierismo nostrano, contaminato dalle più ampie sfumature televisive e da un continuo mettersi in competizione con le grandi imprese estere. Se Salvatores cerca di stampare in mente l'idea di un'Italia prossima alquanto decadente, ben presto il pubblico scorda l'esistenza di un "agglomerato milanese", portando gli attori, con i loro accenti marcati, a ritrovarsi spaesati in un'opera piuttosto arrogante, chiedendo risate dove la suspense si intensifica, confondendo nuovamente il pubblico.
Buona prova di Salvatores sul tema della realtà virtuale. Interessante la commistione linguistica tra l'italiano e le varie incursioni nel dialetto, così come gli spunti ironici che non mancano nel film, grazie anche alla presenza del buon Diego Abatantuono. Ottime la fotografia e l'ambientazione in stile cyberpunk che richiama in alcuni punti il precedente Johnny Mnemonic. Non proprio da ricordare la recitazione di uno statico Lambert; meglio Stefania Rocca, Rubini e il già citato Abatantuono. Atipico.
Zoppicante incursione fantascientifica di Salvatores, con un cast piuttosto altalenante e idee riciclate. In ogni caso non è male, tra i deliri semipugliesi di Rubini e le continue morti videoludiche di un Abatantuono irritato, ci si diverte. Certo, il resto della trama non è particolarmente memorabile e Lambert è di uno stitico allucinante, ma insomma rimane un esperimento almeno parzialmente riuscito. La visione futuristica del regista poi non è male, pur se tremendamente derivativa e si pregia di buoni effetti.
Lo strappo fantascientifico di Salvatores non incide più di tanto nonostante la discreta atmosfera e un ricco cast non sempre all'altezza della situazione (vedi il monolitico Lambert). Tuttavia alcune vicende si apprezzano e il ritmo è sufficientamente godibile.
Lo reputo (in controdendenza rispetto a quanto leggo) un capolavoro assoluto del genere cyber-punk (da non confondere con la fantascienza pura) e uno dei miei film preferiti. Salvatores con mezzi economici e ambientali limitati ha saputo dipingere un futuro plausibile e cogliere un aspetto dell'amore con romantico cinismo. Pochi film di questo tipo si sono spinti ad una analisi così profonda del rapporto che l'uomo dovrà affrontare con se stesso e con gli altri nell'era digitale. Superba la colonna sonora con l'inedito "Tema di Lisa" che spicca.
MEMORABILE: Il monologo di Lisa nella vasca da bagno Joystick e Naima.
La fantascienza è un genere a cui gli italiani sono poco avvezzi e questo film ne è la dimostrazione. Colpa di una sceneggiatura che innesta troppo elementi comici al suo interno, pagando un dazio abbastanza alto. Di spunti davvero attinenti al genere ce ne sono invece troppo pochi. Il risultato è che la pellicola non riesce ad interessare ed avvincere. E poi sarebbe ora di finirla di contornarsi sempre degli stessi attori per ogni tipo e genere di film, inserendoli fuori contesto e condannandoli ad andare fuori parte.
Fantascienza italiana, una rarità! Salvatores vede lontano quando immagina una città multirazziale e si butta a capofitto nel cyberpunk come un novello William Gibson. La trama non è originalissima, ma Lambert e Seigner a parte, gli attori ci mettono tutto l'impegno possibile. Strepitoso Rubini in un ruolo che sembra il gemello di "Er Monnezza" in salsa pugliese; esilaranti Paolo Rossi e la sua lista di droghe e Bisio taxista. Anche Abantuono dimostra una volta di più di non essere solo attore da commediole. Un cult, per gli amanti del genere.
Pretenzioso, non riuscito. Rubini, a molti piaciuto, m'è parso terribile. Lambert passivo, brutta copia di Harrison Ford in una città che è la brutta copia di quella di Blade runner (ancor peggio la greve citazione da Il cacciatore). Delle donne gira meglio la Sandrelli, grazie anche al ruolo monodimensionale, più facile di quello della Rocca, che non convince (colpa sua? del personaggio? per entrambi i motivi?). La cosa migliore è Abatantuono, che miscela bene dramma e commedia, voglia di sapere e cupio dissolvi. Salvatores ha fatto di meglio.
Esperimento poco riuscito, anche se a tratti, soprattutto nella parte iniziale, il film sembrerebbe decollare. Poi quelle scenografie che tentano vagamente di riprendere le atmosfere cupe e fumose di Blade Runner, la sceneggiatura che lenta ed inesorabile porta lo spettatore ad un certo distacco, ed infine un Lambert che non sa né di carne né di pesce. Meglio Abatantuono e la Sandrelli; Rubini ci può stare, ma la colpa della mediocrità dell'insieme è di una scrittura debole che non fa emergere nessun personaggio. Lo stile di Salvatores c'è, ma mi aspettavo qualcosa in più.
Storia di un programmatore che crea un videogioco il cui protagonista diventa presto cosciente del suo essere solo una copia digitale della realtà. Molto è giocato sul mescolare la realtà con il videogioco e con la realtà virtuale: è poi così diverso il nostro mondo, con la sua ripetitività, il senso di prigionia, da quello dei bit? Riesce a calarci nell’ambientazione e a farci pensare per un attimo nonostante una trama poco originale e un cast farcito di attori comici, cosa strana per un film di fantascienza.
Grande sci-fi all'italiana, diretto da un Salvatores particolarmente attento alle atmosfere, al ritmo e alla psicologia dei personaggi. Lambert è l'interprete naturale per un'operazione del genere e funziona molto bene in rapporto ai suoi comprimari italiani: Abatantuono è ottimo, Rubini se la cava bene e anche Stefania Rocca riesce a essere più di una semplice presenza gradevole per gli occhi. Tanti camei un po' inutili, ma ottimo intrattenimento.
Divertissement che vorrebbe compendiare, con citazioni e riferimenti multipli, alcuni film di culto (Blade Runner in primo luogo) inserendovi, con alterno effetto, i consueti interpreti cari a Salvatores, dall'alter ego Abatantuono (come al solito molto divertente, una spanna sopra gli altri) a Paolo Rossi e via dicendo. Però l'operazione lascia francamente perplessi e non aiuta la durata (forse un taglio di una ventina di minuti avrebbe aiutato: ci fosse il final cut del solito produttore ottuso...). Stancante.
È stato paragonato a Matrix (di cui anticipa effettivamente alcune delle tematiche), ma è soprattutto un film che guarda agli anni 80 e ai classici del genere (Blade runner su tutti, ma anche altri). A mio avviso il film funziona soprattutto nel contrasto stridente fra Abatantuono e la sua fittizia "normalità" e la reale tragedia esistenziale di Lambert. Ho anche trovato perfette attrici che raramente ho apprezzato quali la Sandrelli e la Rocca. Gli effetti speciali sentono un po' il peso degli anni, ma nel complesso resta un buon film.
Film di fantascienza all'italiana, firmato da Gabriele Salvatores con l'ex-Highlander Christopher Lambert, già a quel tempo in fase calante (e non solo a Hollywood). Fra videogiochi virtuali - dove l'eroe è un simpatico Diego Abatantuono e c'è Emmanuelle Seigner, la bella consorte di Roman Polanski, che accompagna il protagonista con Stefania Rocca e Sergio Rubini - un film di fantascienza filosofica discreto, con alcuni camei riusciti come quello di Bebo Storti nella parte dell'uomo che medita (e spara). Si guarda anche se non è Strange days.
Trovare un fantascientifico di produzione italiana è un fatto più unico che raro, al punto che mi è impossibile dire se le mani di Salvatores siano le più adatte, ma il risultato è per me chiaro: la promozione è raggiunta ampiamente. Molto onirico, altrettanto solido, riesce nel piccolo miracolo di non far annoiare mai lo spettatore. Migliori in campo Abatantuono e Rubini, davvero bravi. Lambert è il solito protagonista sfuggente che ci mette la faccia ma lascia le grosse fatiche agli altri. Pollice su.
Buon tentativo di Salvatores di realizzare un fanta-thriller all'italiana, per certi versi anticipatore della saga di Matrix. Nuoce leggermente la scelta del cast, composto come al solito dagli attori feticcio di Salvatores, da Abatantuono (che è quello che nel film si muove meglio) a Bisio, Catania, fino a Rubini un po' sopra le righeNel complesso un film interessante.
Film che rientra a fatica nella categoria del fantascientifico essendo molto concettuale, con ambientazioni un po' troppo alla Blade runner ma con il pregio di porre interrogativi a volte anche profondi, Nirvana sa essere anche caotico, dispersivo, con personaggi distanti tra loro per utilità e recitazione: un grandioso Abatantuono, un Rubini troppo caricato, un Lambert inadeguato e tanti attori cari al regista ridotti al ruolo di generici o, se preferiamo, di citazioni viventi. Fotografia e scenografia interessanti.
Ammirevole il tentativo di Gabriele Salvatores di creare un film italiano di genere fantascientifico. Ci riesce in parte, perché l'idea di base è ottima, le scenografie e la fotografia sono una meraviglia e gli effetti speciali, per l'epoca si intende, non sono niente male. Quello che mi è parso stonato sono le incursioni di una miriade di attori italiani, spesso televisivi, che interpretano personaggi di contorno o camei, che parlano con marcatissimo accento di provenienza. Il peggiore, a livello di scelta, è proprio Abatantuono.
Cyber punk made in Italy che tratta di videogiochi e realtà virtuale ambientato in un futuro molto simile a quello di Blade runner. Salvatores si ispira anche ad altri film di fantascienza come il Johnny Mnemonic con Keanu Reeves. Film molto pretenzioso e non del tutto riuscito che a cose buone ne alterna di pessime. Scadente l'interpretazione di Lambert che pare un pesce fuori dall'acqua, mentre sono ottime quelle di Abatantuono e della Sandrelli. Un po' deludente, ma nel complesso non male.
Accolto in modo controverso dalla critica rappresenta una coraggiosa e apprezzabile iniziativa, una sfida da parte del regista il quale voleva dimostrare che anche in Italia fosse possibile fare del cinema di fantascienza pensato in grande, effetti speciali compresi, così come già stava avvenendo negli Stati Uniti. A livello di recitazione spiccano, per bravura e capacità di suscitare empatia, Diego Abatantuono, Sergio Rubini e una semi esordiente Stefania Rocca.
MEMORABILE: Solo: "Aspetta, aspetta, aspetta un attimo. Ma... quando mi cancelli cosa... cosa divento?" Jimi: Un fiocco di neve che non cade in nessun posto".
Bravo Salvatores a prendersi il rischio del genere (pure fantascientifico) dopo il successo a tratti esagerato del buon ma "ragionato" Mediterraneo. Film sfortunato perché poco capito questo, è il tentativo di fare genere utilizzando al meglio mezzi e cast italiano, a parte il divo Lambert. Fu un flop, invece è affascinante, unico nel suo genere nel panorama nostrano degli anni '90, anni nei quali ancora si poteva tentare.
Più coraggioso che riuscito, questo film rappresenta un'incursione rara - se non unica - del cinema nostrano nel genere cyberpunk. Il debito più evidente è quello con Blade Runner, ma c'è anche un po' di Johnny Mnemonic e di Strange days, il tutto però con una fortissima e quasi ostentata italianità. Ad emergere è in particolare il personaggio di Rubini (Joystick), mentre Lambert pare limitarsi a timbrare il cartellino. La CGI magari non è invecchiata benissimo ma il film, nonostante il quarto di secolo, è ancora meritevole.
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