Prendendo spunto dal classico romanzo di Matheson "Io sono leggenda" nonché dallo Zombi romeriano (e il suo remake) Rocher realizza l'ennesima variante sull'apocalisse zombi, mettendo in scena un ragazzo rimasto isolato in uno stabile. Bandendo quasi del tutto le scene splatter, il regista si concentra sul protagonista e le sue reazioni alla solitudine; ne risulta un film quasi autoriale, con pochissimi dialoghi e alcuni accenni sia ironici che malinconici, fondamentalmente riuscito ma che sconta una certa lentezza e un finale aperto deludente.
Nel panorama del genere zombi, anche se qui sono nevrotici e isterici, un bel salto di qualità, o come minimo un film atipico che rifugge dalle facili, ovvie strategia di difesa. Tutto è intimo, cameristico, un lavoro di stratagemmi per sopravvivere fino all'incontro con Sara che spinge il protagonista a trovare una via alternativa. Ben calibrato, con poche lungaggini, che per la sua particolarità riesce a interessare là dove altri avrebbero trionfato nell'ovvio. Finale in linea con lo spirito del film.
MEMORABILE: Il gatto; Il dottore liberato in ascensore.
Kammer-spiel zombesco che finalmente rinnova, almeno parzialmente, il genere dei morti viventi e lo fa non tanto con una storia e degli sviluppi narrativi particolarmente nuovi, ma con un sapiente ed originale uso degli spazi. Ci si muove al chiuso e nello stretto, piuttosto che all'aria aperta e nel largo. E se è vero che alcuni elementi sono già stati visti più volte, è anche vero che non ci si annoia mai e che regia e sceneggiatura sanno tenere il coinvolgimento su buoni livelli. Chiaramente alcune dinamiche narrative sono, per forza di cose, prevedibili, ma viste le situazioni ci stanno.
Dopo un party in casa altrui, un tipo solitario si sveglia al mattino ancora più solitario: tutti gli altri sono diventati zombi (tipo frenetico-muto) oppure sono in procinto di diventarlo. Per sua fortuna, ha un intero condominio in cui barricarsi... Mathesiano nell'aspetto survival, incurante di qualsiasi tentativo di spiegazione a favore di un approccio filosofico, un horror con ambizioni autoriali, testimoniate anche dalla particolare colonna sonora, ma che non dice nulla di nuovo su un tema già sfruttatissimo. Protagonista che suscita poca empatia, meno dei suggestivi tetti parigini.
MEMORABILE: Radio, tv o smartphone in nessun appartamento?; L'inquadratura dall'alto del condominio; Lo zombi domestico in ascensore; Il gatto traditore
E' un film sulla solitudine forzata, che porta a estraniarsi, a crearsi un proprio mondo dove la compagnia di un gatto diventa quasi vitale, o parlare con uno zombi, normale, anche più di fare ragionamenti a voce alta, o semplicemente sfogare la propria frustrazione con musica improvvisata e "tambureggiamenti", con tanto di "pubblico" voglioso, ma di ben altro. Il risultato è una pellicola più di attesa che di azione, con un protagonista poco incisivo. Eppure il risultato non è male, più però per quel palpabile senso di angoscia da situazione disperata, che per la situazione stessa.
MEMORABILE: Il buco da fucilata sul pavimento; Lo sparo nel buio, attraverso la porta, che avrà "psiconseguenze".
Incredibile esempio di come con poco si possa rinnovare, o almeno in parte creare qualcosa di decente, in ambito zombesco. Film che deve molto al capolavoro con Price, punta principalmente sull'effetto della solitudine del povero protagonista che si ritrova nel bel mezzo dell'Apocalisse. Anche il circoscrivere il raggio d'azione all'interno di un palazzo viene sfruttato nella giusta maniera e stupisce vedere finalmente qualcuno che agisce per organizzare la propria sopravvivenza. Peccato per il finale (una toppa clamorosa).
Uno zombie movie atipico e senza sentirsi obbligati a dover inondare le strade di sangue e frattaglie. Protagonista è l'attore norvegese Danielsen Lie, che con la sua faccia da sfigato contribuisce al taglio intimista di un racconto che da una parte permette al film di conquistare qualche punto nel genere ma dall'altra ne limita le potenzialità. Attraversa momenti di stanca ma qualche idea c'è, come anche una discreta cura nella parte fotografica e nel makeup e training atletico dei morti viventi.
Al posto di 28 giorni ci vuole solo una notte perché l'enesima riproposizione sugli zombi prenda forma. Ma qui l'orda è silenziosa, disordinata, fa da contorno al vero argomento del film che è la solitudine, l'isolamento. Tutto trama contro una parvenza di socialità per il protagonista, un gatto traditore, uno zombi afono chiuso nell'ascensore, un incidente in cui uccide l'unica presenza umana. Script non facile, svolgimento sufficiente, finale deludente con sospensione da serializzazione.
Matheson è vivo e lotta insieme a noi: il suo "leggendario" romanzo continua ancora con successo a seminar ultimi uomini sulla Terra nel voracissimo cinema horror. Come una necrosi fulminante e immedicabile, l'Antropocalisse romeriana s'abbatte idiopaticamente dalla notte all'alba sull'intera metropoli parigina. Omo(cogno)nimo del Benjamin di The horde, Rocher investe tutto sul mattone e assegna al suo Robinson superstite il manualistico arroccamento su isola(to) condominiale, azzeccando quella giusta fluttuazione di solitaria quarantena emozionale e combattiva febbrilità di salvezza.
MEMORABILE: L'infartuante fucilata sfonda-parquet; Il bungee-jumping "inter-palazziniero".
Sopravvissuto a un'apocalisse zombie in quel di Parigi, il nostro protagonista resta bloccato, in assoluta solitudine, all'interno di un enorme condominio. Zombie-movie atipico che lascia in secondo piano gli zombi, l'infezione e l'orrore, concentrandosi principalmente sul lato psicologico del protagonista, immerso in un'asfissiante solitudine che lo porterà alla follia. Siamo dalle parti del film d'autore, con ritmi lenti e tempi dilatati. Nonostante tutto il risultato non annoia e riesce a essere angosciante al punto giusto. Non male!
Gli zombi hanno "conquistato" Parigi e lo scampato protagonista è costretto nell'appartamento in cui si trovava per caso. Segue una storia di sopravvivenza materiale e di identità personale, minacciata da silenziose e aggressive figure affamate che circondano l'edificio. L'intento di mettere insieme l'irrazionalità dell'evento con deduzioni "filosofiche più ampie" cozza con la modestia della sceneggiatura, l'angustia del luogo e la non espressività del personaggio, colto nella banalità della routine tra scatolame e "sfoghi" alla batteria. Noioso.
MEMORABILE: Il party e gli zombie; Il muto prigioniero in ascensore; Il gatto da salvare; Il finale "vuoto"; Più "vivaci" gli zombie del protagonista.
Finalmente, nell’assoluta implausibilità del genere, la scelta più plausibile: barricarsi in casa, senza inseguire comunità improvvisate e combattere non solo contro i morti ma anche contro fame, solitudine e follia. Ne vien fuori un azzeccato monologo interiore, che si nutre di incubi e disillusioni e che riesce perfettamente a sopperire alla naturale mancanza di azione. Bella la Parigi di quartiere che odora di disfacimento e discreto il protagonista. Non vuole e non può ambire al capolavoro, ma risulta comunque un buonissimo film.
L'espediente del contagio come spunto per riflettere sulle forme di solitudine partorite dall'ipersocialità imposta della società contemporanea e sull'anelito a cercare posti e tempi migliori di quelli che si abitano e in cui si vive. L'ambizione di Rocher di scrivere uno zombesco d'autore, equidistante dalla macelleria e dalla più esplicita critica politica romeriana, pervade ogni fibra della sua creatura (dialoghi rarefatti, sovrapposizioni stilistiche, O.S.T. arty), ma il risultato, seppur non disprezzabile, non è innovativo e non conquista.
Dominique Rocher con questo film dimostra che è possibile raccontare qualcosa di nuovo su di un tema ormai abusato come quello dei morti viventi. Il protagonista è sveglio e perspicace, capisce subito l'entità del dramma e cerca in maniera logica di sopravvivere. Viene analizzata molto bene la sua solitudine. L'essere umano non è fatto per stare solo ed è quello il punto debole del nostro sopravvissuto. Non manca l'azione nonostante il film sia girato praticamente tutto all'interno di un grande palazzo parigino.
Un'altra città dell'ultima paura dell'uomo-omega ereditiero di una terra silenziosa. Un'altra sopravvivenza leggendaria del last man standing di una zombificazione planetaria, vivaddio restia alla propedeutica e alla tronfia sfilata di carri il più allegorici possibili donde piovono caramelle semantiche, che l'ispiratissimo Rocher forgia con classe esorbitante, più vigile agli equilibri tra esterocezione ed enterocezione che allo splatterizzare un tanto al minuto, che pure non si fa supplicare, e a quelli tra autorialità e fabula. Torni presto a trovarci, ma soprattutto a smarrirci!
Approccio in parte originale allo zombie-movie per questo horror intimista girato di fatto in una sola location. Lo script in realtà è figlio dei classici del genere, ma Rocher si mostra in grado di gestire il tutto con efficacia calibrando bene alcuni momenti e mantenendo sempre abbastanza verosimile la narrazione. Metaforico (l'allarme che suona una volta che ha bruciato tutti i suoi ricordi per esempio), non sorprende mai più di tanto (soprattutto riguardo le ambiguità oniriche) ma intrattiene e nel suo piccolo convince. Buono il make up degli infetti, bravo Lie.
MEMORABILE: Gli intermezzi musicali; L'inquadratura dall'alto.
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Zendy, incredibilmente il titolo del dvd su Amazon è stato cambiato (avranno letto ciò che ha scritto giustamente Herr?), probabilmente un errore nella traduzione loro
Quindi cambiare con: La notte ha divorato il mondo
Non vorrei parlare di "remake ufficioso" ma questo film presenta pesanti similitudini con l'altrettanto valido ma misconosciuto
Berlin Undead (2010), tesissimo zombie-movie tedesco anch'esso asserragliato in una palazzina di un'altra importante capitale europea. Analogamente al film di Rocher, il complesso condominiale diventa qui una sorta di isolotto galleggiante in mezzo a un oceano apocalittico senza spiegazioni plausibili.
Persino dal TRAILER emergono le palesi affinità con l'horror francese.
Gestarsh99 ebbe a dire: Non vorrei parlare di "remake ufficioso" ma questo film presenta pesanti similitudini con l'altrettanto valido ma misconosciuto
Berlin Undead (2010), tesissimo zombie-movie tedesco anch'esso asserragliato in una palazzina di un'altra importante capitale europea. Analogamente al film di Rocher, il complesso condominiale diventa qui una sorta di isolotto galleggiante in mezzo a un oceano apocalittico senza spiegazioni plausibili.
Persino dal TRAILER emergono le palesi affinità con l'horror francese.
Insomma, l'ispirazione forte c'è stata. Magari mi sbaglio ma dal trailer l'atmosfera parrebbe simile però priva degli slanci ironici/da film d'autore di questo La notte ha divorato il mondo, restando più sul film d'assedio para-romeriano alla The Horde (che tra l'altro era anch'esso ambientato in un condominio). Sì, diciamo che il film di Rocher in sè non è originalissimo nell'assunto di base, non fosse per gli elementi escapisti.
Herrkinski ebbe a dire: [...]dal trailer l'atmosfera parrebbe simile però priva degli slanci ironici/da film d'autore di questo La notte ha divorato il mondo[...]
L'aspetto grottesco non manca in Berlin undead, difatti il cicciotto e impacciato protagonista viene tratteggiato come una specie di Fantozzi in preda al panico e ai "diti intrecciati" :D