Lavorando in modo straordinario, a tratti sublime, con immagini (appunto), location e musiche (Vilmos Zsigmond è ai suoi massimi livelli e riesce a ricavare dai verdi paesaggi in cui è immersa la villa di campagna al centro del film contrasti cromatici e visuali in controluce di rara bellezza), Altman ci offre un lavoro in apparenza magnifico. Le musiche di John Williams, dissonanti, del tutto inusuali, con violini impazziti, arpeggi e flauti che scoccano note ai confini dell'avanguardia, centrano il clima da incubo senza uscita nel quale Altman infila la protagonista Cathryn (York, Palma d'oro a Cannes francamente esagerata), vittima di paranoie che la portano a confondere le persone tra loro, a...Leggi tutto trovarsi di fronte e dialogare in casa con fantasmi di amanti morti da anni (Bozzuffi). Perseguitata da telefonate misteriose, visioni inquietanti in cui incontra se stessa, Cathryn cerca di rifugiarsi nel libro fantasy che sta scrivendo (e "In Search of Unicorns" è davvero il libro della York sul quale il film si basa in un continuo gioco di rimandi metacinematografici, così come Susannah è il nome del personaggio interpretato da Cathryn Harrison e Cathryn quello cui presta il volto Susannah York!) ripercorrendone molti passaggi tra sé e sé, rifuggendo una realtà che non ha forma, offuscata da distorsioni mentali che diventano l'unico asse portante del film. Non esiste una vera storia: esiste Catrhyn che chiede al marito (Auberjonois) di portarla nella loro casa di campagna e che quando lui è via comincia ad essere bombardata da paranoie pericolose che non si arrestano quando l'uomo rientra, coinvolto solo marginalmente dagli incubi di lei. C'è un oggetto che ritorna ossessivamente in ogni ambiente, ci sono gli spazi della mente che si aprono per farvi accedere figure la cui tridimensionalità non si è mai certi sia "reale"; perché i due piani della percezione si confondono e si influenzano, nell'ottica di Cathryn (che diventa poi la nostra). Il problema è che l'identico gioco viene condotto per un'ora e mezza senza variazioni di rilievo, con la protagonista sballottata da un incontro all'altro, maltrattata alla ricerca di una spiegazione che non pare poter esistere. E se l'occhio si può felicemente perdere nella contemplazione estatica della natura, altrettanto non ha modo di farlo nelle altrettanto numerose sequenze d'interni, dove le sovrapposizioni e l'espressione stupefatta della York diventano routine e la programmatica superficialità del partner autentico fastidio. C'è tempo per un bel finale sulla cascata, ma dare una forma e una direzione a dialoghi e situazioni che paiono assemblati senza un minimo di organicità avrebbe permesso di non confinare il film tra le opere d'autore tendenzialmente pretenziose e non facilmente accessibili.
Chi conosce i film di Robert Altman fatti di situazione corali, con tanti personaggi che interagiscono tra loro, rimmarrà sicuramente spiazzato da questo "Images". Tratto da un racconto della stessa Susannah York, è ambientato in una villa di campagna dove la protagonista, che ha trascorso lì parte dell'infanzia, torna col marito; si scontrerà con i fantasmi del suo passato. Ritmo lentissimo che potrebbe scontentare molti, ma che non inficia assolutamente la riuscita del film, anzi! Bellissimo.
Altman tenta l’impresa di catturare con il puro linguaggio cinematografico un inarrestabile disfacimento psichico: malgrado la struttura non sia esente da schematismi d'impostazione freudiana, il rarefatto e intangibile - affollato di presenze come in una spettrale coralità - è restituito con notevole suggestione e perizia in un gioco di rifrazioni progressive per cui ogni cosa ne significa quantomeno un’altra. Il finale non è proprio imprevedibile ma riesce ad insinuare il tangibile destabilizzante sospetto che nulla sia veramente avvenuto. Nel filone di Repulsion e Le Orme, da recuperare.
E’ uno di quei film sospesi nel vuoto che possono appassionare o annoiare, a seconda anche dello stato d’animo e della predisposizione dello spettatore. Grazie ad una regia curatissima Altman riesce a renderci parte del disfacimento mentale della protagonista; con immagini e luci distorte, riflessi e colori seppiati, entriamo nel disagio psichico della brava protagonista Susannah York e ci perdiamo con lei sino a non distinguere ciò che è reale quel che è suggestione. Lentissimo ma di grande fascino visivo. Non di certo il classico thriller.
Un titolo perfetto per restituire l'anima e il corpo di un film basato sulle immagini (proiettate dalla psiche) che si sovrappongono alla realtà, portando a una fusione/confusione di piani che la mente malata della protagonista, rifugiata nella casa agreste della sua infanzia per un esaurimento, non riesce più a distinguere. Un film virtuosistico, che mette a dura prova l'attenzione stessa dello spettatore, trascinandolo nel climax insano delle allucinazioni. Psicanalitico. Pittorico.
Scrittrice di libri per l'infanzia (una bravissima Susannah York) vive, in preda a visioni e schizofreniche allucinazioni, un'esistenza tormentata dal ricordo del suo ex amante. Ottimo esemplare di thriller "interiore", con riflesso del malessere psicologico della protagonista rappresentato dalla superba messa in scena, opera di una fotografia esemplare: autunnale, decadente e tetra destinata a lambire un tetro cottage ubicato in Irlanda. Pur avendo momenti di pausa, il film coinvolge nel tratteggiare una personalità tormentata da doveri e necessità, ascrivibili alla sfera sessuale femminile.
Questo thriller psicologico di Altman non è proprio una passeggiata e nonostante la bravura di Susannah York non riesce a elevarsi più di tanto proponendo lo stesso tema (lui che si defila continuamente e lei schizofrenica in preda alle recondite pulsioni sessuali) dall'inizio alla fine. Il senso di angoscia è sottolineato da musiche quasi sperimentali.
Nevrosi sessuali di una donna che precipita nel baratro della follia, smarrita nei tormenti del presente e perseguitata da un passato che assume ora le sembianze di spettro (l'irriverente Bozzuffi), ora di persona in carne ed ossa (Harrison). Concettualmente, Altman rintraccia il Polanski di Repulsion ed attraverso la fotografia stinta di Vilmos Zsigmond e le dissonanze di John Williams - richiamanti quelle di Morricone per l'affine Una lucertola con la pelle di donna - tesse un'atmosfera fiabesca, lugubre e malata, estrinsecazione del disagio psichico della schizofrenica York.
È riduttivo definire thriller questo bel film di Altman; infatti, nonostante l'atmosfera e gli eventi creino un clima angosciante, ci troviamo di fronte a un buon esemplare di psicodramma d'autore, tipicamente anni '70. Sembra una versione "alta" di La stagione della strega di Romero, ma anche di La morte corre incontro a Jessica, usciti nello stesso biennio ('71/'72): suggestioni oniriche, traumi della sfera femminile, soundtrack dissonante, atmosfera tetra ed autunnale. Ottima la York, Un film non per tutti, ma sicuramente interessante.
Capolavoro assoluto nella filmografia dell'immenso Altman e secondo di una trilogia "psicologica femminile" aperta con Quel freddo giorno nel parco e chiusa con Tre donne. La York è straordinaria nel calarsi nella psicologia di una donna mentalmente instabile, che confonde la realtà con l'immaginazione, sprofondando sempre più nel baratro della schizofrenia. Grande atmosfera data dall'opprimente campagna inglese, da Oscar la fotografia di Vilmos Zsigmond e un senso di disagio che rimane anche dopo la visione. Capolavoro!
MEMORABILE: La York che rivede sè stessa entrare in casa; il feroce accoltellamento di Marcel.
Catherine lotta e complotta con almeno tre alter-ego: Ulna, la protagonista del libro che scrivendo, la ragazzina Suzanne, e l'odiata-amata sosia che appare verso il finale. Sulle tre figure maschili, invece, trasferisce la sua ambivalenza nei confronti della sessualità. Divertente decriptare i tanti simboli (l'Unicorno, il puzzle, i cristalli, la macchina fotografica), ma il limite dl film, un po' bergmaniano, un po' polanskiano, sta nel far capire subito ciò che vuole essere: un carosello destrutturato di immagini, ombre cinesi proiettate sulla parete spoglia di una solitudine incolmabile.
MEMORABILE: Gli ambigui dialoghi con Suzanne; l'incontro con la sosia sul ciglio della strada, il precipizio e la cascata.
Sicuramente tra i film più sottovalutati del grande Altman. Un intenso ed intrigante ritratto di donna costruito come un thriller psicologico. Non facilissimo da seguire, specie all’inizio, per la grande facilità con cui mischia i diversi piani realtà/finzione, si fa via via più affascinante ed avvincente. Se si entra nel gioco, non se ne esce più e si finisce soddisfatti. Straordinaria la partitura di John Williams; avvolgente la fotografia di Vilmos Zsigmond; eccellente la prova della York che fu giustamente premiata a Cannes.
Images è un affascinante viaggio allucinato nella mente di una disturbata mentale. Spiazzante e attraversato da una tensione creata dal dubbio che le scene siano la realtà effettiva o una visione della protagonista, la bella Susannah York. Visionario e angosciante.
Ottimo film sullo slittamento e la sovrapposizione dei piani di realtà (materiale e mentale) e sul mistero della follia. Notevole perché riflette (e fa riflettere) sui concetti formali esclusivi del linguaggio cinematografico (immagini in movimento montate secondo un libero - fino a un certo punto - arbitrio). Suggestivo (specie nella prima parte) e ben congegnato; è infine una sorta di thriller psichico con l'allucinazione come stella fissa intorno alla quale orbita tutto il resto.
Altman sembra quasi voler condannare l'ingiustificata frenesia sessuale dell'uomo e lo fa attraverso le pulsioni, le fobie e le visioni della sua protagonista. Un film morboso e allucinante, che profuma di solitudine, di follia, di pioggia e di brughiera. Grande esempio di cinema psicologico, diretto da un sempre ispirato Altman e interpretato magistralmente da Susannah York.
Altman ci guida nel labirinto della mente disturbata della protagonista attraverso una successione di sequenze spiazzanti, in cui il piano della realtà e quello dell’immaginazione (allucinata) si sovrappongono e si intrecciano fino a confondersi, sfociando in un finale enigmatico. Una visione impegnativa ma al tempo stesso fascinosa, soprattutto grazie alla prova di Susannah York (anche autrice), giustamente premiata a Cannes, molto intensa nel percorrere i cangianti umori della protagonista.
MEMORABILE: Gli incontri e i dialoghi paradossali col defunto René (Bozzuffi); Cathryn vede se stessa; Il ciondolo appeso allo specchietto retrovisore; La cascata.
Lo sdoppiamento schizoide, i fantasmi del passato e del presente, i sensi di colpa e le pulsioni sessuali, affollano la mente di Chatryn sottoforma di "concrete" visioni che appaiono all'improvviso sullo sfondo di un'idilliaca location (specchio del fantasy che si sta formando in lei). Una composizione largamente sperimentale, audace non tanto per la tematica quanto per le soluzioni e l'inventiva scenica che alterna grandi spazi e dettagli scintillanti, transfert e proiezioni foniche avvolte dalla musica di Williams e dagli effetti sonori d'avanguardia. Eccezionale la prova di York.
MEMORABILE: I favolosi esterni autunnali; Le macchine fotografiche; La fucilata e la sforbiciata; La nuova amica Susannah.
Durante una vacanza insieme al marito in una villa nella campagna irlandese, una scrittrice di libri fantasy soffre di allucinazioni durante le quali interagisce con l'amante morto anni prima e crede di essere perseguitata da una donna identica a lei... Visivamente appagante grazie alla fotografia di Zsigmond, questo ritratto di una nevrosi convince meno dal punto di vista dello sviluppo drammatico, dato che York nel ruolo della protagonista alterna dall'inizio alla fine le stesse espressioni di sconcerto e angoscia, in una reiterazione a cui neppure l'epilogo sembra porre fine.
Caleidoscopico ballo di apparenze e parvenze, di patologie che oscillano tra ninfomania e schizofrenia, ancora ninfomania e schizofrenia, morboso valzer di assassinio-suicidio nell'oscillare di favola e incubo. Il rosso dell'autunno cangiante si alterna al rosso del sangue, simbolo entrambi dello sfiorire e del finire, morte dopo la vita. Chi è vivo davvero? Quale delle immagini che appaiono sono vitali o solo riflessi di una mente malata, solo ricordi o false apparenze? Lo spettatore si perde in un gioco di specchi da luna park, da tunnel dell'orrore, che culmina in beffa finale.
MEMORABILE: I sorrisi e sguardi di lei, tra il diabolico e il malsano o fuori di capoccia. Stupenda, da pazza, da sana, da nuda e da vestita.
Dopo Repulsion forse il più rappresentativo horror psicologico femmineo di sempre: le "immagini" del titolo sono quelle che la mente malata di Susannah York, eccellente nel delicato ruolo, materializza, fonde e sovrappone fra loro, fra sdoppiamenti (bellissimo il silenzioso scambio di sguardi in lontananza fra le due Cathryn) e disorientanti proiezioni dell'inconscio (lo "scambio" di amanti nella stessa sequenza), ancorando lo spettatore alla distorta (ir)realtà vissuta dalla protagonista. Inquietante (l'ottima OST di John Williams), scioccante (le scene gore), arcano. Da conservare.
MEMORABILE: Fucilata in pieno petto; La violentissima coltellata inferta a Marcel; La caduta dalla cascata; La voce della bambina e della York sui titoli di coda.
Dramma insolito e soavemente disordinato, che illustra l’affiorare di pulsioni antisociali e incubi sessuofobici attraverso il caotico punto di vista della protagonista. Con sequenze di sibillina visionarietà e con la straordinaria performance di Susannah York, è da considerarsi fra i migliori esperimenti filmici sul tormento femminile di tutti i tempi. Incredibile il sound design di Vilmos Zsigmond.
Una donna sembra ossessionata dal suo passato “incontrando” due vecchi amanti (uno dei quali è morto in un incidente aereo) ma soprattutto scappando dal suo doppio che per lei è una lucida presenza. Altman unisce all’eleganza stilistica e formale tipica della sua produzione, il contenuto di una storia che sa descrivere in maniera appropriata il mondo scisso e delirante di una schizofrenica. Affida il suo volto a Susannah York e riesce a fare centro. Palma d’oro al Festival di Cannes.
Scrittrice in preda a un esaurimento nervoso si ritira col marito in una casa di campagna. L'introduzione nel mondo della schizofrenia nella prima parte tiene col fiato sospeso. Quando l'azione si sposta di luogo, le varie apparizioni divengono sovraccariche e si poteva insistere di meno mantenendo un approccio polanskiano. Di effetto la questione del doppio e le poche, ma efficaci, efferatezze. Le musiche stranianti calzano nei momenti topici senza apportare enfasi gratuita. La York si barcamena bene nei continui mutamenti caratteriali.
MEMORABILE: La voce al telefono; Nuda nel letto; La doppia voce stando in macchina; Alla cascata.
Per restare sullo stesso tema, meno immediatamente intrigante di Quel freddo giorno e lontano dalla matura, viscosa invasività di Tre donne. "Images" si situa per Altman nella terra di mezzo tra lo scoperto gioco di specchi della scissa personalità femminile (si pensi solo al trastullo onomastico di attori e personaggi) e lo scandaglio psicologico angoscioso, precipitevolmente intimo e profondo. Impressionante ma alla lunga seccante il controllo degli espedienti cinematografici per perturbare e disorientare lo spettatore. Eccezionale la York nell'esprimere una totalizzante voluttà.
Un film che costruisce un immenso castello di carte con ripetuti tocchi da maestro, atmosfere perfette, attori magnifici... per poi farlo crollare non appena si scopre che manca totalmente di fondamenta. Il problema vero è che in nessun momento si scava a sufficienza in Cathryn per giustificare le sue visioni, le sue ossessioni, la sua follia di cui lentamente aspettiamo l'apoteosi. Non potendo giustificare il tutto con l'isteria, non avendo nessun aggancio di comprensione, l'opera ci appare solo come un freddo esperimento registico raffinato ma non veramente sentito.
MEMORABILE: Le uccisioni degli amanti, docce fredde efferatissime.
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Ah! Ho capito (dvd no, bluray sì). Dunque quando passa in tv si riduce ancora di più, o sto dicendo un'altra sciocchezza? No perché questo spiegherebbe le tre diverse durate di cui sopra (in assenza di tagli, s'intende)
Dunque il dvd PULP dura 1;41;28 ed è nel formato corretto 2:35 ma letter box per cui, sì, bisogna zoomare per vederlo a schermo pieno (perdendo un po' di definizione, certo). La cover riporta anche in questo caso informazioni errate (formato 1:33). Ha il doppio audio ita/eng con sub ita opzionali.
La durata dei dvd come dice Caesar rispecchia quella televisiva e non quella cinematografica. Ignoro invece a cosa corrisponda quella dei BR, però immagino sia come quella dei dvd...
Caesars ebbe a dire: Sulla durata del bluray non sono sicuro, però credo che rispecchi quella cinematografica, al contrario del dvd.
Mah, su alcuni bluray è indicato 24fps (MASH, HAIR, 2001, Prometheus); non avendo una gran videoteca ho dato per scontato fosse così per tutti i supporti video digitali, quindi anche per i dvd.
Rebis ebbe a dire: Dunque il dvd PULP dura 1;41;28 ed è nel formato corretto 2:35 ma letter box per cui, sì, bisogna zoomare per vederlo a schermo pieno (perdendo un po' di definizione, certo). La cover riporta anche in questo caso informazioni errate (formato 1:33). Ha il doppio audio ita/eng con sub ita opzionali.
Visionato anche questo. Danno come formato 1:33 poiché è sì un 2:35 ma appare inscatolato nel 4/3 (letterbox); purtroppo se agisci di zoom ti perdi i sottotitoli che escono dal campo, essendo stati inseriti nella banda nera sottostante, ossia per la visione su un tv 4/3.
La cosa interessante è la durata, ossia quei 101 min che pensavamo riferiti alla durata cinematografica; a memoria il dvd Storm presenta almeno un paio di tagli, alla faccia dell'edizione speciale...
Tra formati e durate 3 edizioni dvd e niente di fatto. Non male per un capolavoro come Images.
... purtroppo se agisci di zoom ti perdi i sottotitoli che escono dal campo, essendo stati inseriti nella banda nera sottostante, ossia per la visione su un tv 4/3.
Molti dvd purtroppo hanno questo problema, ma in alcuni casi, mi è parso di capire, dipende dal televisiore: ho provato lo stesso dvd su televisori diversi e i sottotitoli in uno appaiono sul margine nero e nell'altro in sovripressione alle immagini... Boh, mai capita sta cosa.