Che altro è COSE DELL'ALTRO MONDO se non la resa cinematografica di uno dei luoghi comuni più in voga d'inizio millennio? Lo spiega bene la moglie dell'imprenditore interpretato da Abatantuono la quale, messa di fronte alla realtà dei fatti, non può che riassumere il pensiero alla base del film: se le nuove generazioni puntano a studiare, laurearsi, darsi alla televisione e realizzarsi con lavori anche finanziariamente gratificanti, chi accetta più di fare la colf, la badante, l'operaio? Insomma, siamo tutti pronti a offenderli, gli extracomunitari che si guadagnano da vivere umilmente, senza accorgerci che il motore vero dell'Italia sono loro,...Leggi tutto la manodopera non specializzata, chi accetta di fare per quattro soldi ciò che noi non faremmo. Il Nord più ottuso, quello incapace di vedere oltre il proprio naso, lo incarna al meglio un Abatantuono piuttosto a disagio con il dialetto veneto ma molto in parte nel ruolo dell'imprenditore pronto a difendere (magari ingenuamente, in buone fede) l'autonomia nazionale e la propria superiorità nei confronti di chi viene qui a lavorare e dovrebbe solo ringraziare che non lo si prenda a calci nel sedere. Siamo nella parte migliore del film, la più spiritosa e svelta, chiaramente impostata sull'estremizzazione di certi comportamenti di matrice apertamente razzista e che Abatantuono sintetizza nei suoi sermoni televisivi fondati su pensieri semplici e fortemente offensivi (i neri vengono regolarmente definiti "negri" in chiaro tono dispregiativo, con abbondanza di inviti a tornarsene nel proprio paese di provenienza). Se Abatantuono rappresenta la metà arrogante e caricaturale necessaria a poter poi meglio comprendere la svolta di metà film, Mastandrea è invece un poliziotto dalle convinzioni meno radicate. Nonostante sia stato lasciato da una ragazza (Lodovini) che gli ha preferito un ragazzo di colore, sembra non nutrire risentimenti e pare personaggio più equilibrato e credibile, quasi avulso da un contesto impegnato a raccontare una storia diversa. Quando però si raggiunge il momento chiave, cioè l'improvvisa, inspiegabile scomparsa simultanea di tutti gli extracomunitari dall'Italia, ci si accorge che il film ha già detto tutto; improvvisamente si sgonfia, indirizzandosi verso lidi buonisti ampiamente prevedibili in cui la cosa più importante pare voglia essere la chiarificazione di quale parte abbia nello sviluppo e nel benessere del nostro paese (soprattutto per l'arricchimento di chi parrebbe più disprezzarli) la presenza di persone che sappiano svolgere ogni tipo di lavoro a costi bassissimi. Intento lodevole, certo, specialmente in presenza di rigurgiti xenofobi che paiono attanagliare soprattutto l'industrioso Nordest, non a caso scelto come teatro della vicenda. Peccato che per fare un buon film sia richiesto anche di sviluppare la sceneggiatura in modo da non arenarsi nella mera ripoposizione ad libitum della medesima situazione. Da quando avviene la scomparsa collettiva in poi non si sentono che sommesse lamentele destinate a confluire idealmente nelle suppliche di un maghetto locale, che propone di riunirsi tutti per invocare l'agognato rientro in Italia dei "nostri amici". E così, mentre Mastandrea e la Lodovini provano a rabberciare il loro rapporto in assenza del "terzo incomodo", Abatantuono se la prende col mondo intero accorgendosi inevitabilmente che il primo colpevole da condannare è lui stesso. I toni sono quasi da favola (sottolineati dalle musiche ruffiane di Cristicchi), l'approccio al tema piuttosto superficiale. Un film di facile consumo, modesto, che purtroppo brucia tutte le cartucce nella prima virulenta mezz'ora, incapace poi di rialzarsi se non sporadicamente per qualche rara battuta estemporanea. E il finale, che vorrebbe acquistare toni poetici, conduce poi a un epilogo inconcludente che lascia l'amaro in bocca.
Se l’Italia non avesse più extracomunitari da un momento all’altro, cosa succederebbe? Patierno ce lo spiega avvalendosi di astratte situazioni da sortilegio atte ad arrivare subito al nocciolo del discorso ma purtroppo, malgrado il buono spunto, cade nella retorica e nei preconcetti. Abatantuono divertente, Mastrandrea viaggia per conto suo, in più c'è la starlette del momento Lodovini. In definitiva un film forse giusto, se vogliamo piacevole, ma gestito maldestramente. Argomento già affrontato - in tempi non sospetti - da Placido con il suo Pummarò.
Come sarebbe l'Italia senza extracomunitari? Con la leggerezza della commedia, questo film prova a dare una risposta e l'idea di base sarebbe anche interessante, ma il tutto procede senza pathos, tra risate (poche e a denti stretti) e personaggi poco poco più che abbozzati (tra cui un Mastandrea antipaticissimo e Abatantuono nel ruolo dell'imprenditore razzista e borioso che riserverà una sorpresina nel finale). A mio modesto parere deludente.
MEMORABILE: Apocalypse Now! Il discorso "riparatore" di Abatantuono.
Lo spunto è simpatico, ma niente più. Tra l'altro la sparizione degli extracomunitari accade così, senza grossi approfondimenti psicologici, per restare un po' sospesa. Il messaggio è positivo, importante e dovrebbe aiutare a riflettere pur nel linguaggio semplice e leggero della commedia all'italiana. La cosa migliore è invece la storia tra la Lodovini (splendida ed ingrassata) e Mastandrea, avvilito appuntito, che funzionano alla grande. Mastandrea, poi, riesce a dare intensità ad un copione un po' superficiale. 3 pallini un po' generosi.
MEMORABILE: Abatantuono, volutamente sopra le righe e vero mattatore.
Quando si tratta di parlare (attraverso il cinema) di problemi attuali, il rischio d'esser demagogici e buonisti è sempre dietro l'angolo, ma mi riesce inconcepibile pensare che si riesca ad essere retorici, moralisti, infantili e pasticcioni nell'usare dosi e misure come qui. Abatantuono, che come comico non mi piace, in un ruolo del genere è patetico e sottotono; salvo solo Mastandrea. Psicologie e personaggi tagliati con l'accetta e con rara superficialità. Poi era meglio soffermarsi sulle serie conseguenze economiche che sui sentimenti...
MEMORABILE: I diluvi serali (di grandissima atmosfera); i discorsi al bar (non voglio crederci che la vox populi al nord sia così stereotipatamente razzista...).
L'intento del regista è quello di sradicare i profondi pregiudizi presenti nel Veneto leghista, focalizzando l'attenzione sull'importanza della manodopera straniera per il benessere dell'economia. Purtroppo quando spariscono i "negri", il film s'affossa velocemente nelle Marianne. Non basta il mestiere del trio dei protagonisti per risollevare l'opera dall'intorpidimento. Il finale frettoloso e poco incisivo esalta la fine delle idee, ampiamente esaurite nella prima mezz'ora. **
Lezione di antirazzismo e buonismo per bambini. Il risultato è un'imbarazzante banalizzazione del problema, con personaggi poco credibili e caricaturali (volutamente nel caso dell'Abatantuono nei panni del leghista). Un eccesso di luoghi comuni che distrugge totalmente il buon intento di base del film.
E' tutto forzato e parecchio banale in questa pellicola anche un po' offensiva (sembra realizzata a esclusivo uso e consumo di ottusi e duri di comprendonio sull'argomento). Qualche sprazzo di fioca luce lo regala giusto Diego, con le sue performance televisive dove sputa veleno sugli extracomunitari (predica bene e razzola male). Il suo personaggio è talmente sopra le righe da far fare qualche mezzo sorriso, ma tutto il resto, attori compresi, è di una pochezza disarmante; e anche l'idea naufraga in balia di un copione sbrindellato. Oltretutto (aggravante), un po' ci si prende sul serio...
MEMORABILE: Abatantuono sul Ramadan: "E' come se io andassi nel 'Bangabalushi' e pretendessi di mangiare pesce il venerdì e vestirmi da Arlecchino a Carnevale in mezzo ai macachi e alle tigri...".
Nonostante il tema potesse essere oggetto di diverse sfumature, sia comiche che seriose, la sceneggiatura si perde per strada e tra una toppa e l’altra, arriva stancamente alla fine. Attori sprecati, tranne la Efrikian (chi si rivede) e Trevisan (l’unico che non stona con l'ambiente). Regia approssimativa e scolastica. Presentato al festival di Venezia grazie ai benefici del credito d’imposta. Cose di un altro cinema.
L'idea di partenza è carina seppure non originale; purtroppo il film patisce lo stesso difetto di molti film italiani recenti:la mancanza di una valida sceneggiatura che vada oltre gli spunti iniziali, per cui eauriti quelli (nella prima parte del film), la pellicola si regge sulle sole spalle del buon Abatantuono che sta una spanna sopra tutto il resto, compreso un incolore Mastandrea abbastanza a disagio nel contesto.
Cosa succederebbe se improvvisamente in una cittadina leghista del profondo nord sparissero tutti gli extra-comunitari? Il caos più totale e in vari settori, da quelli privati a quelli pubblici. Il film usa bene la parodia per divertire coi toni della commedia, facendo riflettere con pungente ironia. A volte qui e là grossolano, ma l'esperimento si può dire riuscito, pur se debitore de Un giorno senza messicani. Abatantuono fa ridere, anche involontariamente, Mastrandrea spontaneamente bravo.
Mettere in chiave comica il razzismo e l'ignoranza di una parte del nostro paese ci può tranquillamente stare, ma non in modo così superficiale. Si calca troppo la mano sui soliti stereotipi senza approfondire la vera essenza della xenofobia ovvero la paura del diverso ed il senso di inferiorità che ne è alla base. Vi si aggiunga che Abatantuono è piuttosto scialbo ed il film è anche parecchio lento... voto basso.
Insipida commediola che vorrebbe proporre qualcosa di strano (la sparizione peraltro incomprensibile di tutti gli immigrati extracomunitari) ma che procede balbettando e povera di significato proprio a partire dallo stesso frangente. Scema così quasi subito quel poco di interesse che il film aveva suscitato sino a quel punto, arrivando in qualche modo ad un finale quasi ridicolo. Un applauso al ritorno di Laura Efrikian.
E se all'improvviso non esistessero più film superficiali e con la sceneggiatura scritta in 15 secondi netti, qualcuno ne sentirebbe la mancanza? Tolta l'idea di partenza non banale (ripresa comunque altrove), per il resto da salvare c'è pochino, quasi nulla. Dieguito che parla veneto, pur con tutto il bene che gli voglio, proprio non si può sentire, ma almeno regala sprazzi di vita, Mastandrea sembra trovarsi nel film più per caso che per voglia e la Lodovini semplicemente recita male. Ma doveva essere una commedia o un film sociale? Non si è capito.
Se nel film di Arau (a cui la pellicola si ispira) sparivano tutti i messicani dalla California, qui spariscono tutti gli extracomunitari. Prima dal nord-est del Paese e poi in tutta Italia. Può essere considerata una moderna favola con tanto di morale, anche se la chiave di lettura non è necessariamente il razzismo. E infatti Patierno lascia la pellicola equidistante tra l'antirazzismo e il problema che gli italiani non vogliono più svolgere certi lavori perché considerati "mortificanti". Bravi Abatantuono e Mastrandrea. Male la sceneggiatura.
"Sarà vero/Dopo Miss Italia avere un Papa nero/no me par vero". Grazie ai Pitura Freska, col veneto me la cavo meglio io di Abatantuono, industriale razzista con tv personale che per magia fa sparire tutti i "negri" dal Veneto. Film senza capo né coda, con un'ideuzza una che svanisce dopo 5 minuti per non tornare più, con un cast sbagliato, la Lodovini che ormai fa solo la maestrina progressista (una specie di Fenech politically boring), Mastandrea che fa se stesso, però male. La fine è la cosa migliore. Non il finale, proprio la fine. Che sollievo.
MEMORABILE: Abatantuono che esclama (in veneto?) "So minga bùn". Mancava solo "Ciumbia, porco dighel".
Idea originale e coraggiosa non portata avanti con convinzione fino alla fine. Tutti i personaggi appaiono a tratti sia ipocriti che positivi in una sceneggiatura che non sa bene dove andare. Discrete le prove attoriali (ma il veneto di Abatantuono potevano risparmiarcelo); quello che manca è un'idea per il finale, che invece lascia troppi dubbi sulla compiutezza della pellicola.
Da un'idea abbastanza populista sorge questa pellicola che nonostante il gradevole imput iniziale scivola inesorabilmente nel banale più spiccio. Lo sviluppo narrativo è slegato e porta al nulla con un finale appiccicato lì quasi per caso. Unica nota positiva l'istrionismo di Abantatuono, che tra battute e proclami strappa qualche sorriso. Mastandrea e la Lodovini totalmente fuori luogo.
Quello degli extracomunitari è un problema reale e non si affronta né con il relativismo buonista né con slogan populisti. Patierno non si sbilancia troppo ed invita gli italiani a guardarsi dentro innalzando su fragili basi - che nella seconda parte crollano sino al frettoloso epilogo - una commedia di caratteri ove, alla fine, il solo a reggerla è Abatantuono, imprenditore del Nordest razzista, ipocrita e con la fissa delle spade. Mastandrea fa il prepotente svogliato e la Lodovini si innamora di un extracomunitario come ne La giusta distanza; non molto onorevole il ritorno della Efrikian.
MEMORABILE: I discorsi razzisti di Abatantuono in tv.
Uno spunto iniziale acuto e divertente, che purtroppo si perde sia per una sceneggiatura ripetitiva e senza guizzi, sia per una regia confusa e immatura. La seconda parte, soprattutto, soffre della carenza di idee e, nonostante la breve durata, ci si annoia. Resta il valido cast, con un Abatantuono in forma, la bella Lodovini e un discreto Mastandrea. Azzeccate le musiche.
L'idea di partenza di questo film è piuttosto curiosa, ma più si va avanti e più è mal sviluppata e assistiamo a volte a dei veri e propri picchi di noia. Per fortuna la bravura di Diego Abatantuono salva il tutto, anche per il fatto che il resto del cast ha pochi guizzi dovuti appunto a una sceneggiatura a volte latente.
Se qualcuno aveva ancora dubbi sul peso (e sull'importanza) degli extracomunitari in Italia nell'ambito del lavoro onesto, questo film ce lo ricorda in due minuti e aggiunge solo fronzoli per raggiungere i classici novanta di durata. Abatantuono imprenditore veneto fa sorridere, Mastandrea spiana la pistola con troppa facilità (e le persone si impressionano pure), la Lodovini, guarda caso, ha una relazione con un ragazzo africano di cui serba il ricordo "dentro di sé" e ci sono pure i bambini orfani dei compagni di scuola. Inqualificabile.
MEMORABILE: La figura di Abatantuono: la più centrata, modello di italiano purtroppo esistente, merita l'esclamativo.
Una prodigiosa scomparsa in massa di tutti gli immigrati (badanti, operai, braccianti, calciatori) mette in crisi perfino il nord-est più xenofobo. Dopo un buono spunto iniziale (che però poi apprendo essere calcato da un originale americano) la cifra si fa da gustosamente cattiva a smielatamente buonista e il film si avvita su sé stesso, senza trovare prosecuzione. Mastandrea sconta un personaggio insopportabilmente irreale, mentre il predicatore razzista di Abatantuono è reso credibile proprio dalla sua recitazione sopra le righe.
MEMORABILE: Gli scleri in veneto di Abatantuono negli studi televisivi, che citano i celebri fuori onda di Germano Mosconi.
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DiscussioneZender • 17/09/11 17:34 Capo scrivano - 48839 interventi
Ahah, un film addirittura incolpato per danni eventuali alla retina adesso...
Funesto ebbe a dire: Ho maledetto due volte questo film: una volta per i 90 minuti di vita sprecata, la seconda perchè avendomi fatto addormentare per una decina di minuti mi ha fatto appiccicare le lenti a contatto all'occhio!
E m'hanno anche costretto a vederlo...
Che esagerazione Funesto!!I primi venti minuti sono piacevoli e divertenti,poi il film scade tremendamente. Nel panorama delle mie visioni al cinema di quest'anno,ho visto opere decisamente peggiori. Faccio un salto all'Avana è più scarso (appartengono allo stesso genere).
Premetto che Abatantuono nei ruoli comici pseudo tali non mi è mai mai piaciuto, e che il film l'ho visto solo perchè era un pretesto per incontrare una persona al cinema (il film lo ha scelto proprio questa persona, prendendolo a caso dalla lista -.-'), altrimenti mi sarei risparmiato soldi del biglietto, ora e mezza di sbadigli e altra ora a cercare di scollarmi le lenti.
Andando al cine con Didda, non posso che confermare quel suo "quest'anno ho visto opere decisamente peggiori"! ;D
DiscussioneZender • 23/09/11 16:45 Capo scrivano - 48839 interventi
Ah ah, ma no, che male c'è, ognuno hai diritto di detestare chi preferisce (a partire dal detestare il gestore di questo sito, ovvio). Il commento di Funesto peraltro mi pare molto ben scritto e pertinente e posso anche capirlo. A me Abatantuono piace ed è sempre piaciuto, ma essendo veneto in questo caso ho notato una certa sua difficoltà nell'impadronirsi di un dialetto non facile; agli orecchi di un veneto vero certe stonature si sentono. A me la prima parte è piaciuta, anche se effettivamente è come dice Funesto nel commento piuttosto superficialotta. Come la seconda, d'altra parte, che però non è nemmeno divertente.
Un film che mi ha totalmente deluso, un argomento così scabroso, viste le polemiche,poteva e doveva essere trattato in maniera più attenta. Come ho scritto nel mio commento, salvo solo Abatantuono che genera qualche sorriso nel suo dialetto veneto non sempre impeccabile ma ben interpretato. Mastandrea interpreta un personaggio inqualificabile che non aggiunge nulla all'economia del film mentre la Lodovini dimostra di non essere una grande attrice e stavolta non si segnala neanche per sensualità, cosa che si evidenziava nei due film con Bisio e Siani. Bello il cameo della Efrikian. Alla fine comunque emerge molta insoddisfazione.
DiscussioneRaremirko • 24/02/15 01:24 Call center Davinotti - 3863 interventi
Effettivamente delude; bel cast ma colpisce solo Abatantuono, davvero bravo e divertente nel suo personaggio cinico - le sue inverosimili sparate razziste intrattengono e divertono nel loro bieco qualunquismo, o almeno strappano qualche risata, come quando dice Apocalips now [cit.] - (mentre Mastrandrea si ripete troppo; sempre bella la Lodovini), buone intenzioni ma alla fin fine molto materiale è inconcludente e non troppo viene approfondito.
Manca praticamente una metà del film (il ritorno degli stranieri ci sarà? Sarà stata anche una cosa simbolica la loro sparizione, però vanno via e basta...boh) e non si resta soddisfatti.
Sufficienza arrancata per un film che ondeggia tra il medio ed il mediocre e che vale un'occhiata solo per il Diego nazionale, vero orgoglio.
I ripetuti scleri in veneto di Abatantuono negli studi televisivi ("Chi è quel mona che lascia la porta aperta?, "Ma chi è che parla de drio?"...) sono evidenti citazioni dei "classici" di Germano Mosconi, giornalista di tv locali venete divenuto suo malgrado una celebrità grazie alla pubblicazione in internet dei suoi accalorati fuori-onda.