Poteva essere la solita commedia a episodi, invece gli sceneggiatori hanno preferito inserire le cinque microstorie (in realtà sono quattro, perché Billi e Riva agiscono insieme) all'interno dello stesso tema centrale. A riunire davanti al notaio i cinque fratelli Pasti (Alberto Sordi, Nino Taranto, Riccardo Billi, Mario Riva e Sergio Raimondi) ci pensa la zia sudafricana, giunta lì con il notaio per leggere il testamento del marito defunto. Il quale lascerà l'eredità solo ai nipoti che sapranno guarire dai loro maggiori difetti: l’avarizia (Taranto), l’accidia (Riva, ma è il nipote meno identificabile psicologicamente, visto che si vede solo quando in scena c’è Billi), la gelosia (Billi),...Leggi tutto il dongiovannismo (Raimondi), la superbia condita dalla fannulloneria (Sordi). Così la zia verrà in contatto prima con l'uno poi con l'altro per assistere a eventuali cambiamenti di carattere. Superfluo dire che ognuno dei nipoti, che prima avevamo visto nel pieno dei loro difetti, soffriranno come cani per dimostrare d’essere il contrario di quello che sono. Episodi sostanzialmente separati, che però si incrociano più volte con esiti anche esilaranti (come nei duetti Sordi-Taranto). Il migliore è senza dubbio il giovane Sordi, che vive nel lusso dopo aver ucciso la moglie ricca e tratta il maggiordomo (un grandissimo Turi Pandolfini) alla stregua di un cane, con tanto di collare. Senza freni, strabordante, sadicamente irresistibile, Sordi ruba la scena a tutti, ma anche la coppia Billi-Riva ha modo di brillare, col primo costretto a far uscire la moglie di casa per compiacere la zia e far credere di essere “moderno”. Dietro Sordi ci sono loro, perché Taranto avaro, pur bravo, si ritrova un copione moscio e Raimondi fa la parte del bellimbusto conquistatore serioso.
Filmetto che raggruppa comici in voga all'epoca e qualche bellona oltre che al "quasi-Mastroianni" Raimondi: niente di che, sceneggiatura risicata che poggia tutta sulle spalle degli interpreti. Poi: un Sordi gran-di-o-so! Meschino e mefistofelico barone acquisito con manie di grandezza e fancazzismo narcisista che ama tiranneggiare il povero maggiordomo (Pandolfini) mettendolo alla catena come un cane e dandogli da mangiare "cocce de noci". Solo per questo il film va doverosamente visto e le battute di Sordi mandate a memoria per essere poi citate.
MEMORABILE: Solo qui Sordi dice "pussa via brutta bertuccia", battuta usata sempre da Sabani quando lo imitava.
Modesta commedia che utilizza il pretesto dell'eredità da spartire fra parenti avidi per riunire attorno alla vedova zia d'America alcuni dei comici più in voga del tempo. Se la satira di alcuni vizi strappa qualche sorriso, l'intermezzo romantico, affidato a Raimondi, è decisamente indigesto. Sordi comunque primeggia con la macchietta del finto conte nullafacente che tiranneggia il suo povero maggiordomo - ruolo interpretato quasi in contemporanea con quello di un altro nobile fasullo, in un film molto più riuscito, Il conte Max (1957).
Non sicuramente tra i film più ricordati di Sordi e a ragione, vista la trama banalissima e la sceneggiatura piuttosto piatta. Ma la visione vale solo per i preziosi minuti di interpretazione dell'Albertone, qui ai vertici del suo istrionismo recitativo. La caricatura dell'aristocratico ex-parrucchiere fannullone e sadico è davvero epica. Sordi meriterebbe 4 pallini e mezzo; il film molto meno!
Simpatico, come quasi tutti i film dove venivano riuniti comici di grosso calibro. Sordi falso conte che angustia il suo cameriere è memorabile, ma anche Taranto avaro fino al midollo (che si finge generoso per ottenere l'eredità) e i duetti fra Billi e Riva strappano più di una risata. Un po' più debole invece la classica storia d'amore fra il giovane e la donna notaio. Bravi anche la Miranda e l'impagabile Pandolfini.
Un film modesto ma con qualche freccia al suo arco. Una pellicola incentrata più sulla recitazione spumeggiante di ottimi comici che sull'interesse della storia o sulla perizia della messinscena. Lo spunto narrativo è ingegnoso ma poi i vari episodi si dipanano slegati e farraginosi, mentre il regista Costa non va oltre il minimo sindacale, firmando una regia piatta ed anonima. Il film lo “fanno” Billi e Riva, che si palleggiano battute acide e abrasive, Taranto e Sordi, Isa Miranda e Pandolfini. Il "Conte" Sordi ha delle incredibili venature sadiche. Nino Taranto "Arpagone" ricorda molto da vicino l'avaro di Totò in 47 morto che parla.
Commedia brillante nella quale ognuno degli interpreti sembra libero di interpretare il ruolo a briglia sciolta; su tutti gigioneggia Albertone che, nel rapporto con il suo maggiordomo, userà frasi entrate nel lessico quotidiano. Atmosfera leggera per rappresentare un ambiente di provincia in cui tutto fa sorridere (anche, e forse più, i difetti).
MEMORABILE: Vatte a mette le scarpe strette, te faccio magnà le cocce de noce, magna er pappone, hai fatto il sorcio.
Diretta da Mario Costa, una commedia piuttosto modesta che ruota intorno all'eredità di un fantomatico zio africano. La storia è poco più di un canovaccio, utile a fare emergere le capacità dei comici impiegati. La sceneggiatura assai limitata tuttavia cagiona alcune "ristrettezze" interpretative che vengono superate abilmente dal solo Alberto Sordi autore di una prova sopraffina nel quale emergono le sue capacità di grande istrione.
La caratterizzazione di Sordi è un'imperdibile summa del suo repertorio dell'epoca: ostenta un titolo nobiliare abusivo come nel Conte Max, è fanfarone e nullafacente come nel Vigile, ha modi maniacali e una comica pettinatura come nel Moralista. Purtroppo quando non c'è lui in scena il divertimento latita (nonostante le pregevoli presenza di Mario Riva e Nino Taranto) e questa corale commedia degli inganni di sapore quasi scarpettiano (che ruota intorno al canovaccio di un'eredità contesa) scade un po' nell'anonimato.
MEMORABILE: Gli "Shhh", "A cuccia! ", "Pussa via!" con cui Sordi maltratta il maggiordomo.
Il film più noto e di maggior successo di Mario Costa, che mai aveva avuto, né mai avrà, un cast così ricco. Pellicola decorosa, specialmente per merito di un Sordi senza freno, ma che riesce ad essere divertente in ogni momento, frase, espressione, grazie anche alla splendida spalla fattagli da Pandolfini; Taranto è un avaro di maniera, ma con qualche tocco divertente; Billi e Riva paiono recitare un film solo loro; Raimondi è francamente insignificante. La Miranda ha qui più del doppio degli anni della Giannuzzi, ma come fascino vale il doppio...
MEMORABILE: "Pussa via, bertuccia!", frase sordiana poi passata al mito.
Appartiene a quelle commedie di stampo classico sulle quali c’è poco da disquisire. Il traino è un’improvvisa eredità proveniente da un parente partito anni addietro per l’Africa in cerca di fortuna. Il resto ricade sulle spalle dei cinque fratelli, ognuno dalla personalità ben delineata, a cui spetta il compito di intrattenere lo spettatore. Non proprio tutti riescono nell’impresa in maniera brillante, ma il giudizio è nel complesso positivo, per quanto non si registrino grossi picchi. Sicuramente gradevole, da guardare una volta.
Commediola di modesta fattura nonostante sia nobilitata da un buon cast di attori dell’epoca. Sordi sa il fatto suo ma gigioneggia il giusto, Taranto se la cava, Billi e Riva divertono quanto basta, Raimondi ha il ruolo forse più noioso e quasi patetico. Reparto femminile piuttosto discreto. Poche idee per sfruttare un canovaccio che si trascina per 80 minuti.
Gustosa commedia diretta con mestiere e con personaggi ben caratterizzati. Nino Taranto è una sorta di Scrooge di provincia, la coppia Billi-Riva va di repertorio ma è soprattutto un meraviglioso Alberto Sordi a svettare: le sue scene con Turi Pandolfini, vecchio maggiordomo continuamente bistrattato, valgono da sole la visione del film. A latere, la non fondamentale storiellina romantica tra il notaio più improbabile della storia del cinema e Sergio Raimondi, senz'altro l'anello debole della compagnia.
Veramente molto divertente, una delle commedie che Sordi girava in serie riuscendo a caratterizzare con la sua presenza l'opera e a infondere al film un ritmo che gli altri attori compagni di avventura non riescono a eguagliare. Come sempre, i caratteristi fanno il proprio lavoro e tra questi in particolare Turi Pandolfini (questo dovrebbe essere il suo ultimo film). Uno degli ultimi esempi di un modo di fare cinema che andava scomparendo.
Film molto divertente, che infila una gag dietro l'altra, tutte perlopiù riuscite. Alberto Sordi in uno dei suoi personaggi migliori, quello del conte Alfonso, che regala notevoli scene comiche insieme alla sua spalla Turi Pandolfini (nel ruolo del domestico). Bravi anche gli altri attori: Nino Taranto è un ottimo avaro, Riccardo Billi, marito geloso, fa brillante coppia con Mario Riva, e poi c'è Sergio Raimondi nella parentesi sentimentale (come da cliché in queste commedie). Azzeccata pure Isa Miranda nella parte della “zia/notaio”.
La storia c'è, non originalissima ma plausibile, gli attori pure, gente che chi più chi meno ha fatto la storia della commedia all'italiana, tecnicamente è ben fatto, quasi ineccepibile. Quello che gli manca per entrare nel novero dei capolavori è il tempo filmico, in questo film troppo piatto, che non concede lacrimucce represse o risate di pancia. Si sorride, si apprezzano i duetti fra un immenso Sordi e un altrettanto bravo Pandolfini, ma gli altri personaggi sono piuttosto standardizzati, mancano del quid che li renda unici o memorabili. Comunque resta un film guardabilissimo.
MEMORABILE: La prova di Turi Pandolfini, una delle migliori della sua lunga e gloriosa carriera di caratterista.
Cinque fratelli son convocati per spartirsi un'eredità. Commedia sui difetti capitali (avarizia, accidia, gelosia) con la classica lotta fratricida per il denaro. Sceneggiatura scarna che funziona abbastanza per le varie interpretazioni. Nel complesso il film scorre piacevolmente anche grazie alla durata contenuta. Sordi surclassa tutti con il suo istrionismo e per i modi brutali in cui tratta il suo cameriere. Gli altri fanno il loro, specie l'avaro Taranto e il duo Billi/Riva. Diverte anche la chiusura.
MEMORABILE: Il cameriere legato al collo; Il bambino di 6 anni al lavoro; L'eredità in dollari.
Cinque fratelli ognuno afflitto da un peccato capitale ricevono l’eredità milionaria da uno zio emigrato. Dovranno però rendersene degni a giudizio della giovane ex moglie e della notaia incaricata, le quali per meglio indagarli si scambiano i ruoli. Piccolo film (anche nella durata) che scivola via piacevolmente, in cui il divertimento è assicurato dal cast di comici decisamente in forma. L’iracondo e avaro Taranto, il viscido Sordi e la coppia mitica Billi-Riva. Gradevole il cast femminile.
MEMORABILE: I duetti tra Sordi conte e Pandolfini maggiordomo bistrattato; Diana Dei che balla il cha cha cha.
Commedia mediocre a causa di una sceneggiatura ordinaria e priva di guizzi che passerebbe in sordina tranquillamente non fosse per il ciclone Alberto Sordi e per la classe della Miranda. Cinque fratelli molto diversi tra loro e per nulla affiatati si ritrovano accomunati dallo stesso interesse: quello economico. Da qui dipartono prevedibili siparietti. Godibili, invece, il personaggio e l'interpretazione del nostro Albertone (conte arraffone!), che sa sempre come cadere in piedi e ci delizia anche grazie al duetto con il maltrattato Pandolfini.
Modesta commedia che verte sullo spunto dei soldi che, promessi a un gruppo di fratelli come eredità, comporteranno una serie di strane dinamiche. Qualche gag simpatica, tante sviolinate come si usava all'epoca (specie quando sono in scena Raimondi con la presunta zia), un gioco di equivoci davvero tirato (l'identità confusa tra zia e notaio). Tutti bravi attori nell'ombra però degli immensi Sordi e Pandoflini, rispettivamente un personaggio cinicamente comico e il suo servo trattato come un cane (lo chiamano sorcio), che sino alla fine è l'elemento più spassoso di tutto il film.
Per inserire un commento devi loggarti. Se non hai accesso al sito è necessario prima effettuare l'iscrizione.
In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
DISCUSSIONE GENERALE: Per discutere di un film presente nel database come in un normale forum.
HOMEVIDEO (CUT/UNCUT): Per discutere delle uscite in homevideo e delle possibili diverse versioni di un film.
CURIOSITÀ: Se vuoi aggiungere una curiosità, postala in Discussione generale. Se è completa di fonte (quando necessario) verrà spostata in Curiosità.
MUSICHE: Per discutere della colonna sonora e delle musiche di un film.
Ruber, se questo film ti piace molto (de gustibus...) perché non scrivi un commento per alzare la sua media utenti che non mi pare esaltante...?
Concordo nel valutare in modo piuttosto negativo
Il maestro di Vigevano, film di ben altre ambizioni rispetto a questo. Una pellicola mal riuscita perché al regista Petri manca il tocco leggero della commedia e perché si impaluda tra considerazioni esistenzialiste e combustioni oniriche….
In ogni modo, anche nel ruolo del maestro dimesso e fuori dal tempo, Alberto Sordi è semplicemente strepitoso.
Ha una mdia di due pallini e mezzo quindi direi un 6/6,5 non e male e nella media, mica se lo commento gli do quattro pallini, magari gliene darei tre, ma non mi interessa alzare nessuna media, (e oltretutto un voto di poco superiore non alza certamente il voto di più utenti) ma tralasciando inutili discorsi di tipo numerico/matematico, io lo giudicato un buon film poco conosciuto di Sordi, e torno a ripetere che non ha nulla da invidiare a pellicole ben più famose di Albertone.
Beh Ruber, sei libero di fare come ti pare, ma, di solito, se un film piace (o se non piace) lo si attesta ufficialmente in un relativo commento “davinottiano”.
Sono d’accordo nel definire Arrivano i dollari un film poco conosciuto e che Sordi ci faccia un figurone come un figurone ci fanno tutti gli altri comici del cast.
Ma, chissà perché, il lievito del loro talento non riesce a fermentare e il film, a mio parere, invece di indorare in una cialda calda e croccante si restringe in una focaccina schiacciata ed insapore…
DiscussioneZender • 30/05/15 08:38 Capo scrivano - 48336 interventi
Aspetta però, Graf. Non è così. Il commento davinottiano lo si fa se si è appena visto il film e non è comunque ovviamente "obbligatorio" neanche "moralmente" :). Si può benissimo scrivere in discussione generale e aspettare di rivederlo o lasciare solo la discissione generale. I commenti li deve scrivere solo chi ne ha voglia, e mai per alzare o abbassare la media, solo se si ritiene di avere qualcosa da dire. O si finirebbe per avere tutti voti "di vendetta" o "di sistemazione" che sono la cosa peggiore da augurarsi. La media deve uscire con naturalezza, senza pensare ai voti degli altri.
Non avevo preso in considerazione la possibilità che Ruber avesse visto il film tempo fa…
Ma se un davinottiano vede un film da poco, non vedo perché non debba scriverne per sostenere le sue ragioni. In fondo sono solo cinque righe. Altrimenti, che davinottiano è?
DiscussioneZender • 30/05/15 17:21 Capo scrivano - 48336 interventi
Ripeto che non esiste nessun obbligo. E' stracolmo di davinottiani DI FERRO che per esempio si occupano di location e a cui non interessa nulla inserire commenti. Ognuno utilizza il sito come preferisce, e se qualcuno vuole sostenere le sue ragioni anche solo in discussione generale non vede perchè non potrebbe...
Graf ebbe a dire: Non avevo preso in considerazione la possibilità che Ruber avesse visto il film tempo fa…
Ma se un davinottiano vede un film da poco, non vedo perché non debba scriverne per sostenere le sue ragioni. In fondo sono solo cinque righe. Altrimenti, che davinottiano è?
Caro Graf, oltre a quello che ti ha scritto Zender che da solo gia basta e avanza, ti posso solo far notare che io sono qui dal 2009 ho 555 commenti e oltre 5000 post, sono in fondazione da molto tempo facendo un commento obbligatorio per restarci come da regolamento e anche qualcuno in più quando posso. Inoltre sono un enorme contributore di inserimenti film nuovi, appena lo vedo dopo qualche giorno se non subito lo inserisco per condividerlo con gli altri. Ho il sopracitato film in dvd come ho scritto, ma non per forza devo commentarlo ufficialmente solo per alzare/abbassare medie che come ti ha ribadito Zender non e lo scopo anzi non deve essere lo scopo del forum, (che poi ti ritorno a ripetere se hai dieci commenti da un pallino e tu gliene metti uno da quattro cambi di poco la situazione)che faccio inserisco quattro pallini perchè la media è due e mezzo? (che oltretutto mi sembra un voto giusto), io gli darei tre pallini te lo gia scritto, e nel mio intervento sopra hai già quasi un commento. Guarda se lo commento ti mando un telegramma per avvisarti :)
Credo che questo dialogo sia un esempio di convergenze parallele.
Ho detto:
"Ma se un davinottiano vede un film da poco, non vedo perché non debba scriverne per sostenere le sue ragioni. In fondo sono solo cinque righe"
Ruber ha detto:
"Inoltre sono un enorme contributore di inserimenti film nuovi, appena lo vedo dopo qualche giorno, se non subito, lo inserisco per condividerlo con gli altri"
Due frasi diverse, stesso significato.
La battuta che chiude il film, con il maggiordomo (Pandolfini) che guarda in macchina dicendo al pubblico "Mi sa che questa volta il conte ha ereditato il collare", sembra essere un ironico ma dotto riferimento all'Ordine del collare fondato da Amedeo VI di Savoia (detto il "Conte Verde") e alla collana (o collare) che tuttora ne simboleggia l'investitura.
La voce narrante, nell'incipit, fa una battuta chiara all'epoca, assai meno oggi. Definisce il luogo che è inquadrato come "Paese dei cinque pasti". Fa una pausa a effetto con risatina e poi spiega che Pasti è un cognome. All'epoca gli adulti capirono facilmente il gioco di parole, basato sulla frase mussoliniana che definiva gli inglesi "il popolo dei cinque pasti al giorno".