Che film ci sono stasera in tv in prima serata? Ma non solo questa sera, anche la mattina o il pomeriggio, se capita una giornata di pausa. E i più nottambuli possono trovare anche i film che vanno in onda a tarda notte, i cosiddetti fuori orario. Cliccate sulle frecce per cercare tra i palinsesti passati e futuri oppure controllate direttamente tutta la settimana. Cliccate sull'icona calendario a fianco della scheda per appuntare un promemoria su quel film in agenda. Se siete loggati potete cliccare anche sulla stella per contribuire alle segnalazioni. Come? Scopritelo
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B. Legnani: Se è il meno peggio di Fizzarotti il merito è dovuto al fatto che il film plagia, Terminillo compreso, I grandi magazzini di Camerini (per cui un po' di trama stavolta c'è) e che c'è Terrani, ovviamente nel ruolo del cattivo, dopo il boom televisivo con Copperfield. Efrikian leziosa e Moroni impacciato sono coppia mal assortita (improponibile il confronto con De Sica e la Noris). Qualche siparietto azzeccato con Taranto-Matania e con Bramieri. Assai brutto, ma guardabile, anche se forse è il film che presenta sugli sfondi il numero di ombre più alto nella storia mondiale del cinema.
Gestarsh99: Proprio come il Nero de L'istruttoria è chiusa, Gemma è un'altro rametto finito tra le ruote dentate dell'apparato malavitoso: dalle recluse oscurità penitenziarie ci si sposta però all'aria aperta di una Palermo piccola, distratta e insignificante. L'assenza di allacciamenti testuali alla politica o alle isituzioni non fa che avallare lo strapotere di una presenza criminosa vessatoria ma anche sfuggente e semi-invisibile. Resta in ultimo lo stereotipo dell'uomo siciliano qualunque, costretto di giorno in giorno a giocarsi e ricomprarsi la vita al banco dei pegni parastatale della mafia.
MEMORABILE: La sensibile e appropriata trasparenza emotiva della nivea Eleonora Giorgi; Il colpo di scena nel bagagliaio...
B. Legnani: Curiosa commediaccia, con uno splendido Giuffré, che compensa il fatto che talora la grana sia grossa (con la flatulente Gina Rovere), mentre altrove si guida con levità di tocco (il finale). Tutto sommato, si riesce ad evitare la ripetitività, piazzando qualche colpetto arguto (il paese ove risiede la “mannara” si chiama “Dente di Lupo”). Qua e là pare, agli occhi odierni, politicamente scorretto. Visibilissima la Mancini, non doppiata, che ha varie battute da femminista. La Mell mostra solo il volto, ingentilito rispetto ad altre occasioni.
Galbo: Indigeribile pastrocchio diretto da Andrew Bergman che tenta di realizzare un'operazione ardita: una sorta di dramma patinato intriso di erotismo affidata alle grazie (più o meno digitalmente corrette) di Demi Moore. Si introduce così l'espediente della donna sola in cerca di lavoro per dare modo ai fans dell'attrice americana di mirarne le grazie. Purtroppo il resto del film (regia, sceneggiatura, intepretazioni ed atre quisquille simili) è assente ingiustificato.
Stefania: Giocata sul contrasto tra il signorile fascino "wasp" di Cary Grant e l'esuberanza della mediterranea Loren, questa commedia sofisticata ha, in italiano, un titolo inadeguato. Meglio l'originale, perché la casa galleggiante non è solo la location privilegiata del film (vi abita il vedovo Tom coi suoi tre bambini), ma è anche il segno dello sradicamento di Tom dal mondo, dopo la prematura scomparsa della moglie. Ma come resistere a quella forza della natura che è Cinzia, canterina governante italiana? Gli stereotipi abbondano ma non disturbano: la classe della vecchia Hollywood non è acqua!
MEMORABILE: I battibecchi tra Cinzia e Tom sui tentativi di riorganizzazione della casa. I numeri di canto della Loren: bambinaia cantante, come Julie Andrews!
B. Legnani: Soporifero, ripetitivo. Un ritmo lentissimo è il problema più grave di questo film, diretto da Salce con correttezza, ma senza la minima accelerazione. Dorelli è il solito garbatissimo interprete, ma non è un cieco verosimile e tanto meno funziona la Giorgi, impacciatissima, forse anche perché fuori parte. La D'Abbraccio è spigliata solo quando è spogliata. Alla fine dei conti quello che convince di più è l'anziano Giacomo Furia. Insufficiente.
MEMORABILE: Il pranzo con la rivelazione finale, unico momento con un po' di brio.
B. Legnani: Film gradevole, cui manca qualcosa per essere proprio un bel film, perché alterna cose straordinarie ad altre di conio assai meno alto, specialmente quando si cade nell'eccesso (l'assalto ai passeggeri a Termini, le chiappe al vento, la cena con Simoni...). Del grande cast va citata l'eccezionale prestazione di Maccione, mentre in quello secondario è di rilievo la gradevole, come sempre, presenza di Dottesio. Di micidiale perfidia la presa per il culo di un noto (e grandissimo) regista dal nobilissimo cognome milanese, con tanto di amichetto straniero.
MEMORABILE: "A te ti hanno battezzato coll'acqua dei ravioli!"; Maria Tedeschi... "as herself"!
Galbo: E’ chiara l’ispirazione alla serie degli Hunger games per questo film di Neil Burger la cui vicenda ruota intorno ad una protagonista femminile che rivela talento e forza insospettati. Tutto il film è in realtà un déjà vu continuo, peraltro allungato all’eccesso, con personaggi poco interessanti e preoccupanti cali di ritmo. Burger dirige senza il minimo tocco personale e gli attori recitano il compitino. Stupisce che un’ottima attrice come la Winslet sia stata coinvolta in un filmetto del genere. Evitabile.
Galbo: Ambientato durante la conquista della Florida da parte degli USA, nel 1840, Tamburi lontani è un bel western (anche se girato a est!) ed una delle opere più personali di Raoul Walsh. Peculiare perchè mostra la faccia meno nobile della lotta contro gli indiani e visivamente affascinante e originale (lontano dai canoni geografici dei film del genere), Tamburi lontani rappresenta anche una delle migliori prove d'attore di Gary Cooper.
Markus: Castellano & Pipolo dirigono un grande Pozzetto in versione campagnola che, tra battute a raffica ed una vicenda che gli calza a pennello, trova l'occasione per riconfermare il suo talento comico e recitare inconsapevolmente in quello che diverrà un cult movie. Un film semplice, forse di grana grossa, ma traboccante d’idee semplici e geniali come solo i grandi film sono riusciti a fare. Con buona pace dei critici spocchiosi. Ottimo il cast di contorno, così come le splendide musiche di Detto Mariano, anch'esse consegnate alla storia del cinema.
Rambo90: Commediola gradevole in cui i Vanzina tentano di rifarsi alle commedie romantiche inglesi, senza però tralasciare l'impronta più regionalistica con le vicende di Morelli e Brignano. Il risultato è altalenante ma piacevole da seguire, con qualche momento divertente e qualche altro più noioso (colpa più che altro di un Everett visibilmente annoiato). Il ritmo c'è, le ambientazioni pure e alla fine prevale un senso di simpatia. Nel cast il migliore fra tutti è Brialy, il brillante maggiordomo.
Galbo: Tratto dal romanzo di Jules Verne e remake molto libero del film omonimo realizzato nel 1956 con David Niven. Questa pellicola del 2005 è stata voluta e prodotta da Jackie Chan che si è ritagliato per sè il ruolo del domestico Passepartout. Sebbene realizzato in modo accurato, il film di Coraci appare meno godibile del precedente principalmente a causa di un cast molto meno carismatico. Sia Chan che Coogan si impegnano molto ma senza grossi risultati e rendono il film sostanzialmente poco divertente.
Caesars: Chomet porta sullo schermo Tati e una sua vecchia sceneggiatura. Lo fa col garbo che già aveva mostrato nella sua opera precedente, con un disegno ottimamente realizzato anche se ben distante dai canoni del cinema di animazione odierno. Durante la visione si respira un'aria malinconica, qualche volta interrotta da un sorriso, che attraversa tutta la pellicola fino a un finale ben riuscito e, forse, aperto a un po' di speranza. Consigliato.
Galbo: Tra i migliori della non memorabile filmografia di M Bay, The Rock riprende il mito dell'isola (e prigione) di Alcatraz come luogo inespugnabile e ne ricava un film d'azione che seppure altamente improbabile narrativamente parlando (cosa peraltro scontata in questo genere di film) centra l'obiettivo di divertire lo spettatore; ciò in gran parte è dovuto alla simpatia dei protagonisti: il duo Cage-Connnery funziona (specie nella prima parte) e Ed Harris è bravo nella parte del militare paranoico e reazionario.
Marcolino1: Il film si pone tra il cinema e il documentario fittizio con un gusto che ricorda, in parte, gli anni gloriosi del mondo movie, in cui la ricostruzione di alcune parentesi della storia si inebriava del grottesco e dell'eccesso (qui in realtà presenti ma misurati). Centra in pieno il bersaglio nel ritrarre il microcosmo d'ignoranza dei regnanti, paradossalmente schiacciati da un'altra categoria di illetterati (il popolo). E si scopre che l'arte diffamatoria non è figlia della tecnologia: la carta stampata fu un detonatore micidiale per la rivoluzione.
MEMORABILE: I pamphlet con le illustrazioni oscene satiriche; La fattoria ricreata a Versailles, triste parodia della miseria contadina; La truffa del collier.
Markus: Esce (un po' in ritardo) sulla scia di alcuni successi statunitensi del genere "financial-movies" come Wall street, Una donna in carriera e per certi versi anche Pretty woman, per cui si tratta del solito mix di denaro, lusso ostentato, immagini patinate, sesso e carogne pronte a far tutto per soldi ed in tal senso il film funziona, ma non è molto italiano... Se in Via Montenapoleone, veniva analizzata la borghesia italiana, qui vediamo solo finti personaggi che "fanno gli americani" e questo non è credibile: ciò limita il film e non poco!
Galbo: A patto di non aspettarsi troppo, ci si può accingere alla visione di questo remake di Professione assassino con buone aspettative di godere di uno spettacolo apprezzabile. Pur senza grandi picchi creativi, il regista West "assembla" una storia dotata di buon ritmo nella quale funziona l'accoppiata tra il divo dell'action Jason Statham e il più autoriale Ben Foster. Breve ma incisiva la partecipazione di Donald Sutherland.
Galbo: Tempi duri per il Seagal attore (relegato a produzioni destinate direttamente all'home video), ma anche per i suoi personaggi tipo il Cody di questo film costretto alla galera da un'azione andata male. Per innestare vigore alle trame dell'ex star si ricorre in questo caso al controllo delle menti ma alla fine tutto si riduce al conflitto muscolare tra buoni e cattivi, laddove tra questi ultimi sono da annoverare i politici di turno (classico caprio espiatorio dei film del genere). Nulla di nuovo sotto il sole per una pellicola dimenticabile.
Caesars: Bella sorpresa, quest'opera prima di McDonagh, che riesce a coniugare a dovere le atmosfere del noir con quelle della commedia. La trama viene svolta in modo molto personale e, pur abbondando di passaggi che sanno di poco o nulla credibile, riesce a tener ben desta l'attenzione dello spettatore senza cadere nel già visto. Buone le interpretazioni di tutti i personaggi, in primis di Colin Farrell. Consigliata la visione a chi vuol respirare una boccata di aria fresca.
Homesick: Due dei tracciati seguiti da Herzog nella sua lunga carriera di cineasta - il documentario e l'impresa titanica dell'uomo che ardisce sfidare e dominare la natura - si incrociano in questo docufiction sulla vita tra i grizzly dell'animalista Timothy Treadwell. Punto debole è lo scarto profondo tra le coinvolgenti riprese dal vero dei plantigradi, da una parte e, dall'altra, i dialoghi-fiume dell'invasato protagonista e le interviste, ridondanti e tediose, ai suoi conoscenti e amici: ma, in fondo, gli uomini sono molto meno interessanti degli animali e non c'è quindi da stupirsi.
MEMORABILE: Le preghiere per la pioggia, rivolte alle divinità delle varie religioni.
Giùan: C'è indubbiamente da imputargli una generale temperie narcotica da malinteso cinema autoriale, purtuttavia il film di Spinola resta uno dei più stimolanti tentativi di pamphlet filosofico degli anni '60. Il regista riesce in particolare a tenere desta l'ambiguità del soggetto fino al suggestivo scioglimento finale, riducendo il peso dei cliché sulla "scissione" femminile insiti nel racconto di Moravia. Sacrificata in un ruolo coattamente apatico la Ralli è comunque credibile; brava la Gravina, impenitentemente vamp la Sanders, accessorio il cast maschile.
Dusso: Terribile sorta di remake di Un gangster venuto da Brooklyn con Gordon Mitchell e Maurizio Arena rivali, quest'ultimo buonista fissato con gli spinaci e Braccio di Ferro (il film è pieno di poster del cartone). Ugo Bologna in uno dei ruoli più umilianti della sua carriera. Si va avanti tra finte scazzottate e scene di comicità desolante.
Galbo: Documentario dedicato ad una sfortunata spedizione avvenuta sul K2 nel 2008 e che costò la vita a 11 persone. Intervallata da immagini d’epoca dedicate alle prime scalate (svoltesi negli anni ’50), una ricostruzione che prevede interviste ai superstiti e immagini da brivido realizzate in quota. Colpisce nel racconto la “filosofia” degli scalatori legati alla montagna da un rapporto di amore/odio e dalla volontà di arrivare in vetta a costo di sofferenze fisiche e grandi rischi. Un buon complemento ai film dedicati all'alpinismo.
Il Gobbo: Curiosa escursione del bravo Lupo nel melò-kitsch pruriginoso anni '60, su sceneggiatura di un altro veterano del peplum come Antonio Leonviola. Fra inquadrature artisticheggianti e tutti i clichè del caso (inclusa la corsa al ralenti), con un cast bizzarro (dal grande Gigi Ballista avvocato d'alto bordo a Bedi Moratti brutta come sempre), qualche sequenza riuscita e una buona colonna sonora lounge di De Masi. Ma Macchia era poi tutto 'sto gran figo? Alle signore l'ardua sentenza.