Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.
Sequel di The woman, in cui ritroviamo la bimba che la donna Tarzana si era portata con sé nella foresta, cresciuta e inselvatichita; e un vescovo sporcaccione che la rinchiude in un convitto di ragazze difficili, per civilizzarla e sfruttarla come fonte di finanziamenti per la sua chiesa. Tutto sembra andare liscio fino a quando non entra in scena Tarzana, che se la vuole riprendere. Travestita come punkabbestia, uccidendo qualsiasi maschio la ostacoli. Soggetto pieno di stereotipi femministi, ma con sceneggiatura vivace che ne sostiene la visione e dotato quindi di un suo perché.
Questa volta Spank prende una bella cotta per Anna, il cui proprietario è, guarda caso, un compagno di classe di Aiko e sino all'epilogo (non scontato) lo spettatore segue la storia con trepidazione. Punto forte del film (e della famosissima serie tv) è l'alternanza di momenti comici (anche qui, infatti, c'è una signora che sviene appena il protagonista le si avvicina) ad altri teneri e/o commoventi (gli animi più sensibili non tentenneranno nell'essere solidali con l'imbranato, dolcissimo e sfortunato cagnolino da tutti considerato brutto). Il design del cucciolo è indimenticabile.
Seppur datata, è forse la più longeva e iconica commedia sul mondo scolastico italiano (ovviamente pubblico, quello più nazional-popolare delle periferie, che offre maggiori garanzie di coinvolgimento empatico). Prove attoriali eccellenti (Orlando ha proprio il physique du rôle, Galiena-Bentivoglio-Petrocelli-Nobile sono degni comprimari). Struttura a flashback con punte agrodolci, suggerite in gran parte dall'impostazione malinconica dei libri di Starnone.
La guerra è evocata solo attraverso i molti filmati di repertorio, perché la storia è invece incentrata sulla vita militare di un avamposto italiano quando non era ancora certa l'entrata in guerra del nostro paese. Guido Malaresta farà di molto meglio in seguito, quando si occuperà di film d'azione. Qui tutto è statico, pieno di discorsi che cercano di esaltare la vita e la disciplina militare, con risultati sconfortanti.
Banale zombie movie tratto da omonima graphic novel di Steve Niles (già autore di una mesata vampiresca), con protagonisti un cowboy belloccio, una cameriera oca con voce nasale e pochi altri superstiti. Gli zombi atomici dormono di notte ma neanche di giorno son granché svegli. Effetti digitali poveri (l'incidente d'auto) e qualche decente make up zombesco. Si salva l'idea degli zombi ipercinetici di seconda generazione che non disdegnano, nella propria dieta, quelli lenti. La monolocation (il casinò) alla lunga stufa.
Una storia d'amore commovente e coinvolgente, con Richard Lester che recupera lo sguardo ironico e caustico dei suoi film migliori e i due maturi protagonisti bravissimi in un'interpretazione piena di romanticismo. La rilettura di uno dei personaggi più visti sullo schermo in chiave completamente intima e sentimentale, con un finale geniale e tante scene indimenticabili.
Tradizionale compendio informativo sul mostro di Loch Ness, attrazione turistica scozzese “presente sulla scena” da tempo immemore. Si risale fino al 565 d.C. per le prime testimonianze (quella di San Colombano) per passare poi a interviste d'epoca: vecchi filmati in bianco e nero nei quali la gente del posto racconta dei loro (rari, ovvio) incontri ravvicinati con Nessie. L'impostazione del documentario non è sensazionalistica né volta a far credere che nel mucchio di voci che si sono avvicendate negli anni qualcuna debba per forza essere autentica.
Descritto...Leggi tutto in modi diversi per quanto riguarda il colore (la maggioranza tuttavia tende a parlare di un grigio simile a quello di un elefante, animale al quale lo assocerebbe anche la pelle grinzosa), il buon Nessie ha qualche problema quando si devono fornire prove fotografiche della sua esistenza. Assodato che l'immagine più nota (in cui si vede il collo di qualcosa di simile a un dinosauro emergere dall'acqua) si è purtroppo rivelata in anni relativamente recenti - per ammissione degli stessi autori - un clamoroso falso, non resta molto a cui guardare: la fotografia a colori di un'artista surrealista che dichiara quanto sarebbe stato stupido per lui creare un'immagine truccata (in essa il mostro è ben visibile, adagiato sulle rive del lago), il video in bianco e nero di un osservatore che filmò una grande sagoma muoversi a pelo d'acqua...
Eppure ancora oggi molti sono i tentativi di scandagliare il Loch Ness alla ricerca di qualche elemento che possa portare a concedere la fantascientifica eventualità della presenza di un essere primordiale nelle profonde (200 metri, con caverne) acque del lago. Corredato da qualche splendida ripresa tra le nebbie di un luogo in ogni caso dotato di grande suggestione, da interviste a specialisti di oggi che analizzano gli indizi a disposizione, il documentario brilla soprattutto nei filmati d'epoca, accompagnati dalle conclusioni di chi afferma con decisione di averlo visto, il mostro. Chi addirittura fino a cinque volte, in tanti anni.
Dopo l'invenzione di sempre più sofisticati strumenti per l'ecoscandaglio, tuttavia, non è facile spiegare perché la scienza non abbia ma trovato nulla di neanche lontanamente avvicinabile a ciò che normalmente si identifica con Nessie. Si dà comunque testimonianza dei viaggi organizzati in loco su imbarcazioni a bordo delle quali sono montati sonar e ogni tipo di rilevatori per dare l'impressione a chi vi sale che possa davvero essere possibile incrociare il mostro.
Quarantaquattro minuti, ad ogni modo, sono pochi per dare una panoramica completa relativa a uno dei fenomeni più bizzarri legati all'esistenza di creature misteriose. Ci si sofferma infatti qui su aspetti ormai noti della caccia al mostro piuttosto che inventare un modo nuovo di approcciare il fenomeno. Solo per affezionati...
Definirlo un film per famiglie vorrebbe dire dover prima verificare lo stato mentale delle suddette, perché produzioni del genere - rigorosamente giapponesi - contengono un tasso di innocente demenzialità talmente alto che li fanno piuttosto avvicinare a qualche favola pazza per bambini, qualcosa che non è facile nemmeno concepire, da queste parti. Già il fatto che il protagonista sia un granchio fa capire molto. Ingigantitosi a dismisura (diciamo a dimensioni umane, visto che nel pesantissimo costume deve infilarcisi un uomo) a causa delle solite mutazioni imputabili...Leggi tutto a poco precisati disastri avvenuti sulla crosta terreste, questo strano essere dalla pancia bianca e la crosta rossa, dotato di grosse chele ma perfettamente in grado di reggersi sulle gambe come noi, viene raccolto sulla spiaggia da un bambino che, accortosi di come questo parli e sia cortese, lo invita a casa presentandolo ai genitori. Mamma e papà, tuttavia, avanzano pesanti riserve, alla richiesta di tenerlo lì da loro, anche perché in questo caso non è un modo dire: l'ospite puzza, e ben prima dei canonici tre giorni!
Ma la famiglia è povera e al padre è già venuto in mente di vendere il bestione per farlo bollire e ricavarci un bel po' di denaro. Fa l'errore di dirlo a voce alta, però, e il granchio (non ha nome, lo chiamano tutti così, e d'altra parte lui finisce quasi ogni frase inserendo a sproposito la parola "granchio"), che ascoltava dietro una porta, fugge giustamente di casa andandosene all'avventura. Lo vediamo nella metro mentre nessuno gli bada, come se fosse normale trovarsi una cosa simile seduta a fianco. D'altronde, in caso contrario, l'intero film dovremmo passarlo ad ascoltare gente sconvolta che urla al solo apparire del nostro eroe... Il quale intanto capisce che per farsi una posizione dovrà trovare un lavoro. Finisce così a fare il cameriere in un night, mentre un giorno, al mercato del pesce, notando quanto la "polpa" di granchio sia rinomata, si apre una fenditura nella corazza ed estrae la sua, rivendendola a caro prezzo. Ottimo, se non fosse che, senza di quella, il nostro perde i sensi e quando li riprende si ritrova completamente "scemo"! Un tallone d'Achille di cui nel corso del film qualcuno approfitterà.
Al lavoro il buon granchio conosce un'avvenente entraîneuse e non sarà l'unica donna di cui s'innamorerà. Perché il poveretto prova anche dei sentimenti, e quando abbraccerà un'altra ragazza per cui stravede (e che salva dal suicidio) proverà sensazioni indescrivibili! Su di lui, frattanto, ha messo le mani la yakuza, scoprendo come sappia fare delle splendide bolle di sapone (la cui utilità poi... mah).
Passiamo però al motivo per cui diventerà portiere, come suggerisce il titolo: mentre una sera è alle prese con il suo nuovo lavoro di servitore al bar, qualcuno nota come Granchio si sposti a velocità incredibili orizzontalmente (come tutti i granchi, del resto), passando da una parte all'altra del bancone in una frazione di secondo. Perché non provare a vedere se riesce a fare la stessa cosa anche mettendolo in porta? Eccolo così arruolato nei God Hands da un allenatore lungimirante, nonostante il presidente della squadra faccia giustamente notare che il loro campo "è sacro! Non è fatto per i frutti di mare!".
Non sarà una lunga avventura, quella nel calcio, tutta concentrata com'è in un'unica partita. I rivali sono i temibili Daemon Stars, pronti a estrarre (quando il gioco si fa duro...) coltelli e altri arnesi appuntiti assalendo gli avversari uno a uno senza che nessuno protesti più di tanto. Ma a contare le follie, in film così, si perde presto il conto. Il make-up del granchione si limita a lavorare bene giusto sulla bocca a tanti denti, il resto è parecchio rigido, con le gambe dell'animatore che spuntano sotto.
Fondamentali il rapporto col bambino amico fedele, presenza costante in ogni favola giapponese (affiggerà pure un manifesto con un rozzo disegno e la scritta sotto “Cerchiamo questo granchio”!), il carattere ingenuo e sincero del granchio... Sarebbero in questo caso fondamentali anche gli effetti speciali, che invece non si rivelano purtroppo all'altezza di quelli visti in altre produzioni analoghe, ridotti a un uomo mascherato che saltella, cammina di lato e quando è in porta viene velocizzato da rozzi effetti in moviola. Dialoghi elementari, regia approssimativa di Kawasaki. L'importante era inventare un buon numero di idee demenziali ed effettivamente quelle non mancano...
Piacevole racconto di vita che usa il calcio come pretesto per inquadrare il personaggio di una madre che sogna per il figlio un futuro da calciatore vedendo in lui le potenzialità (il mancino naturale fa riferimento al tiro del ragazzino) per portarlo a giocare ad alti livelli. Ma è solo l'amore cieco di una madre che dopo aver perso il marito si ritrova a riporre tutte le sue speranze nel figlio o davvero il piccolo Paolo (Perinelli) ha le qualità che la donna nota in lui? Isabella (Gerini) segue il piccolo con foga dietro la rete che delimita il campo, si lancia in commenti...Leggi tutto accesi irritando gli altri genitori seduti sulla tribuna e, non appena Paolo segna, esulta senza freni. Lavora come rappresentante dolciaria, un lavoro che non ama e che la troppa attenzione dedicata al figlio non le permette di svolgere con la dovuta attenzione.
D'altra parte Marcello Dapporto (Ranieri), una specie di procuratore con l'aria del losco traffichino, le ha promesso di far partecipare Paolo al provino per una squadra di serie A, se recupererà tremila euro. Ma la cifra non è indifferente, per Isabella, e intanto Paolo a scuola va male, è diventato un asociale, pensa solo agli allenamenti e la vita pare andare un po' storta per entrambi. Fino a quando, come vicino di casa, arriva Fabrizio (Colella), sceneggiatore televisivo senza grandi prospettive che prova a relazionarsi in qualche modo con la bizzosa Isabella, cresciuta pensando solo al denaro e al suo Paolo. Una situazione che pare stagnante ma che invece la ricerca dei tremila euro stravolge, facendoci conoscere ancor meglio la protagonista, la quale, per rintracciare il denaro necessario per il provino, non si ferma di fronte a nulla. Per questo ricontatta i suoceri di Vicenza (Bressanello e Ricciarelli), con cui non corre buon sangue. Ma se il padre del marito è uomo di buon cuore, che non pensa mai troppo al passato, di altra pasta è la madre, che con tutta evidenza non l'aveva mai considerata la moglie giusta per suo figlio.
Claudia Gerini si prende tutto lo spazio per sé e mostra la faccia della donna decisa, risoluta, tormentata ma con le idee ben chiare, senza fortunatamente mai scadere nella macchietta. E questo è merito soprattutto di una sceneggiatura calibrata che la regia di Salvatore Allocca mantiene nei ranghi del ritratto simil neorealista moderno, cedendo ogni tanto nel mostrare la sfacciataggine di Isabella ma trovando nella Gerini l'interprete ideale a rappresentare la madre (di Latina) che deborda com'era giusto fare per donare veracità al personaggio.
Meno riuscite le parentesi dedicate al bambino e alla sua amichetta di classe, l'insistere troppo sul mutismo del piccolo che invece già meglio funziona quando interagisce con il vicino di casa, ben interpretato da un Colella sufficientemente disilluso nei confronti del suo lavoro eppure ancora in grado di idealizzare l'amore. Il rapporto tra lui e Isabella riserva forse le cose migliori di un film non certo perfetto ma in fondo piacevole, dai tratti commoventi (nel finale) e non privo di qualche spunto ironico che non guasta. Riuscita anche la pur scontata figura del procuratore, che Ranieri dipinge con anima napoletana da “chiagni e fotti”.
Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA
L'ISPETTORE DERRICK
L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA