Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.
Guardia si lascia scappare un ladro. Dovrà ritrovarlo prima del processo pena il licenziamento. Film giustamente nella storia del cinema italiano. Sceneggiatura piena di nomi illustri, premiata a Cannes insieme alle interpretazioni di Totò (qui depurata da qualsiasi esito burlesco o marionettistico) e Fabrizi (co-protagonista, molto più di una semplice spalla). Completa il quadro la regia in mano a due maestri del genere. Si parlò giustamente di film pienamente all'interno del filone neorealista per la capacità di illustrare la realtà e i problemi comuni agli italiani dell'epoca.
Divertente, piccolo film di avventure amazzoniche: contro gli speculatori bianchi un marine guida la rivolta delle locali tribù. Lo specialista Antonio Margheriti sa conferire buon ritmo all'azione e costella la pellicola di esplosioni e incendi riuscendo a confezionare un buon spettacolo. Charles Napier come speculatore capo è ottimo e anche il protagonista Hagler tiene bene il suo ruolo.
Lucio Fulci presenta... senza troppe considerazioni. Nel fondo della pendola il cucchiaio riesuma i cliché più avariati, dalla pupa che fa la doccia coi capelli legati alla dubbia rissa da saloon, dai giochi solitari di Poe al prevedibile Renfield (fantastico il lato romantico). La qualità della cinepresa è pessima e nessun gioco di luce o di inventario la salva, piuttosto viene evidenziata la mediocrità generale per colpa di riprese lentissime e panoramiche inutili, tutte le morti sono palesemente finte (che guastafeste). Sarà stata la fretta di mandare il film in televisione?
Pellicola targata Netflix. Thriller australiano fiacco e deludente. L'unica cosa salvabile sono le ambientazioni: notevoli. Per il resto niente. Poco interessante e coinvolgente. Ritmi bassi che inducono alla noia. La storia di per sé sa di già visto: tutto prevedibile fino al finale. Personaggi stereotipati. Regia di Daina Reid tutt'altro che efficace. Cast mediocre.
Cozzi batte Argento nel buio oltre la Porta. Probabilmente l'episodio più centrato della miniserie. Anche il poverismo della location contribuisce a conferire all'atmosfera tocchi di squallore e desolazione che ne accrescono la cupezza. Come la faccia ordinaria del micidiale vicino di casa. Piccole idee (una lampadina esterna che ondeggia nel vento, una macchia d'umido che s'allarga sul soffitto) aumentano la "paura". Gustoso l'inserto di vecchi horror dalla TV dei protagonisti, non così scontato il finale, sorta di versione alternativa del canto del gallo che frega il vampiro.
Fattura e doppiaggio sono migliori della media del regista, con begli esterni nevosi d'ambientazione europea e ost riuscita. Per elevarlo manca però l'erotismo più profondo e carnale di Jess, qui distaccato e poco coinvolgente, limitato a qualche bel nudo full di Soledad Miranda e poco altro. Il cast funziona, ma gli omicidi sono troppo superficiali e artefatti per essere credibili. Il risvolto para incestuoso (foriero dell'unica scena memorabile) sarebbe stato da sviscerare meglio, invece allunga il brodo col suonatore di tromba nel locale. Piccolo ruolo per Jess. *** non pienissimi.
Ancora qualcosa che turba l'ambiente familiare e che parte dal tradimento di lui. Di Kent (Wells), per la precisione, agente immobiliare il quale, durante una serata fuori per lavoro, si lascia troppo andare finendo a letto con una collega, a sua volta sposata e senza alcuna intenzione di dire nulla al marito. Tutti d'accordo, quindi: entrambi amano i rispettivi partner e non hanno alcun interesse a far sapere della scappatella. Ci pensa qualcun altro, però, che spedisce alla donna un sms proprio mentre quella sta faticosamente cercando di giustificare al marito Brad (Gibson) il...Leggi tutto fatto di non aver risposto alle sue chiamate la sera prima. Irritato, lui le prende di mano il telefonino e, leggendo di qualcuno che le fa i complimenti per la bella nottata insieme (???), la fissa negli occhi. Lei, sentendosi perduta, arretra di quel poco che le basta per precipitare rovinosamente giù dalle scale dell'appartamento, lasciandoci le penne.
Dall'altra parte Kent, che riceve un sms analogo, non ha difficoltà a proteggere la propria privacy: finge sia un messaggio di lavoro. Sua moglie Sarah (Cleveland), tuttavia, è scocciata: "Devi smetterla di trascurare la famiglia per il lavoro!". Lo ripete pure la loro figlia, Lucy (Blott), stanca di vedere i genitori litigare. La morte della collega è però intanto, per Kent, una mazzata; tanto più quando scopre che qualcuno sta diffondendo una foto con lui e la defunta in tenero atteggiamento, passandola pure alla moglie tradita. Lo squallido elemento è Miguel (Cardozo), rivale di Kent nella stessa azienda, che punta a soffiargli il posto e lo fa senza lesinare colpi bassi.
Intanto si rifà vivo Brad, che scoperto chi fosse l'uomo con cui la moglie lo tradiva, va a trovarne la consorte, Sarah, con l'idea evidente di realizzare in qualche modo una sorta di vendetta. O lo fa solo per provarci con la donna, nel frattempo separatasi da Kent? Incanalato nella risoluzione di questi dubbi prosegue il film, che può quindi spaziare in più ambiti per costruire una storia sufficientemente intrigante, che offre ai protagonisti ruoli piuttosto sfaccettati. La migliore sul campo è decisamente Sarah Cleveland nel ruolo di moglie e madre, indecisa se perdonare Kent o se aprire una nuova relazione con Brad (che ovviamente non sa essere il marito della defunta e occasionale amante di Kent).
Nel mezzo Lucy, che punterebbe solo a una riconciliazione tra mamma e papà e non fa che esternare la propria delusione nei loro confronti a ogni piè sospinto. Ma la recitazione, né sua né quella dei due uomini, è granché, per quanto entrambi questi ultimi sappiano apparire discretamente convincenti nella parte. Un appuntamento qui, una ricerca su internet lì (quella non manca mai, in casi simili) e in aggiunta la comparsa del detective della polizia (Catherwood), che pare un Bruce Willis in vacanza, con camicia stretta sul ventre non proprio piatto eppure brillante. Insomma, al di là di una regia non vivacissima, il film è scritto con professionalità e il suo dovere lo fa, garantendo quel minimo di intrattenimento che un film televisivo di questo genere richiede. Tensione scarsa, intreccio telefonato, ma non c'era certo l'ambizione di farne un giallo. Si può vedere.
Due occhi osservano, da dentro un'auto, una casa bruciare. A chi appartengono? Bisogna aspettare ventidue anni per saperlo, dal momento che quello era solo il prologo. E ventidue anni dopo siamo in casa con la Lucy di E.R. (Martin) e il Dylan di BEAUTIFUL (Neal). Qui si chiamano Nina e Stuart St. Clair e sono una coppia apparentemente più o meno felice, con due figli. Lui è medico e se la spassa un po' con le infermiere carine, lei lo sa ma crede nel...Leggi tutto suo ravvedimento. Soprattutto ha altro a cui pensare, in quel momento, perché dopo quindici anni di lontananza si rifà vivo suo fratello Drew (MacDonald), il quale fin da piccolo aveva manifestato chiara instabilità psicologica. Ora sembra cambiato, ma intanto, per risalire a dove abita sua sorella, ha appena preso per il collo l'addetta al noleggio delle auto, che è stata costretta a trovargli la pratica di Nina - venuta da Chicago a New York per salutare la nonna malata - e fornirgli l'esatto indirizzo di casa di lei.
Drew, partito così per Chicago, lì si è stabilito in un appartamento di fronte alla villa della sorella, da dove ha cominciato a spiarla. Prima di farsi vedere da lei ha però agganciato Stuart in un bar riferendogli di essere il fratello di sua moglie. "Mia moglie non ha fratelli", gli aveva replicato lui. Ma deve ricredersi e Drew sembra un tipo brillante, educato, capace di farsi benvolere. Spiega che Nina non ha mai parlato di lui per via del suo passato turbolento (14 mesi di carcere per averla difesa uccidendo il tizio che la stava molestando). Stuart decide di aiutare Drew e lo invita a casa, dove questi rivede Nina e conosce i due nipotini, della cui esistenza nulla sapeva. Nina è l'unica a non essere affatto tranquilla; e infatti, come prima cosa, ingaggia un detective privato (Pla) per far luce sul passato di Drew. Apparentemente tutto sembra in regola, ma quello potrebbe pure aver cambiato nome, nel frattempo...
Il film è impostato sul rapporto tra Nina, di specchiata onestà, e il suo misterioso fratello, che non capiamo quanto si sia davvero ravveduto: campa scommettendo sui cavalli e le partite di ogni sport, dice, si comporta bene, sfrutta il proprio fascino per sedurre chi gli capita a tiro (dalla domestica dei St. Clair alla collega di lavoro di Nina), e questo a sorpresa conduce a qualche scena di nudo, che comprenderà pure un "freddo" amplesso televisivo del medico con la sua assistente. Si tenta insomma di rompere il rigido schema dei film per la televisione e si lavora molto di regia: quella del canadese Philippe Gagnon è particolarmente vivace e i ritmi sono buoni.
La tensione che ogni thriller dovrebbe garantire latita per gran parte del tempo, ma almeno la recitazione è discreta e - pur lavorando sul suo stereotipatissimo Drew - Adam MacDonald si prende facilmente la scena anche quando inevitabilmente mette in luce il suo... lato oscuro. C'è buona varietà nella scelta dei diversi personaggi e la sceneggiatura li assiste decentemente. La storia è però troppo imperniata su un movente poco credibile, che si rivelerà l'unico vero mistero da svelare (a parte la ricostruzione dell'incendio iniziale, del quale ormai non interessava niente a nessuno). Per fortuna il film procede piuttosto sicuro e spedito verso il finale (sbrigativo) in attesa della immancabile, inutile scena pre-titoli di coda...
Perché aggiungere altro, nel titolo, se effettivamente l'unica parola che può venire in mente guardando il film, oltre a quella, è forse solo "sangue"? Prendi un treno, ce li metti tutti dentro e cominci a far turbinare la mattanza. KILL sta tutto qui e non servirebbe in fondo spiegare altro. Non i motivi per cui Amrit (Lakshya) decide di prendere lo stesso treno sul quale è salita la sua amata Tulika (Maniktala), non quelli per cui il cattivissimo Fani (Juyal) sta lì insieme a una nutritissima banda di criminali che comprendono pure un ampio numero...Leggi tutto di suoi familiari...
D'accordo, diciamo che è sufficiente aggiungere che il primo vuole convincere la sua donna a non sposare l'uomo alla quale è promessa (secondo costume paterno) e che il secondo è sul treno con la sua banda per una bella rapina a mano armata (nel senso di pugnali e lame di ogni tipo, giacché le pistole sono prevedibilmente bandite o tutto finirebbe troppo presto). Così, dopo un'offerta di matrimonio (con tanto di anello) consumata non troppo romanticamente nella toilette mentre fuori si sente sferragliare, si arriva ben presto al rendez-vous tra i due antagonisti e le loro diverse fazioni folte di padri, fratelli, sorelle, cugini, amici...
Scelti (non è certo la prima volta) gli angusti scompartimenti come teatro dell'azione, si comincia un po' a basso regime, anche se già cominciano a volare calci e pugni tra i corridoi e le poltroncine (cuccette sovrapposte senza alcun separatore che le isoli dal corridoio comune). I contendenti rimbalzano da una parte all'altra gridando e già non troppo si capisce di quello che sta accadendo, anche perché perfino i volti di Amrit e Fani rischiano di confondersi tra loro. Non parliamo di chi tenta di mandare a memoria qualche nome...
Quello che ben presto si capisce è come a fare la differenza sia l'estrema violenza degli scontri, caratterizzati da pugnalate in ogni dove e sangue che scorre a fiumi, con vittime anche giovanissime e nessun rispetto per chi dovrebbe far parte della cerchia di protagonisti. Si muore a grappoli e chi c'è c'è, mentre, in sottofondo, una colonna sonora rumorosissima contribuisce a dare ritmo e regalare al film parte di quell'originalità alla quale non può consapevolmente puntare. Se infatti l'unica differenza è data dall'aumento della ferocia con cui si combatte, dobbiamo sorbirci sventramenti e sbudellamenti di ogni genere senza che siano accompagnati da dialoghi minimamente interessanti. Non che si potessero immaginare grandi scambi, né qualche tocco ironico che infatti è del tutto assente (a meno che non si voglia considerare tale qualche accoppamento grottesco in cui si testa l'inventiva degli autori)...
Ad attutire in parte l'impatto devastante di alcune scene di lotta girate in pochi metri quadrati c'è però una fotografia piuttosto buia che a lungo andare stanca e che, unita al prevedibile montaggio serratissimo, rende talvolta poco comprensibile quanto accade. Botte da orbi, insomma, moltiplicate dall'enorme quantità di persone stipate tra i vagoni e spesso impossibilitate a muoversi o quasi lungo gli stretti corridoi del treno. Una specie di THE RAID indiano, senza però la stessa raffinatezza stilistica e inventiva e invece votato a una visione puerile della lotta, mortificata da dialoghi insignificanti. Qualche scontro è comunque piacevolmente selvaggio, la tecnica c'è, il sangue non manca, la regia coglie bene la frenesia dell'azione e siamo dalle parti di quel cinema orientale al quale, per contenuti ed elementarità dello script, idealmente ci si avvicina.
Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA
L'ISPETTORE DERRICK
L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA