Cassandra (Mulligan) è strana, e questo è indubbio: la vediamo che sembra ubriaca o strafatta sul divanetto di un locale, sola. Le si avvicina quello che vuol fare il gallo con gli amici e se la rimorchia. Lei è in bambola, stordita, e si lascia accompagnare fino a casa, dove il ragazzo si fa sotto pensando di poter approfittare della situazione e di portarsela a letto senza problemi. Ma un problema c'è: Cassandra non è affatto ubriaca e passerà presto alla vendetta. Quale? Poco importa e il film glissa, perché ciò che conta è il suo atteggiamento, il bizzarro e per molti versi inspiegabile modo di affrontare la vita che la porta a isolarsi,...Leggi tutto ad aver abbandonato gli studi di medicina per accontentarsi di un posto da cameriera in un bar. Perché agisce così? E quando incontra casualmente Ryan (Burnham), un suo vecchio compagno di corso con cui scambia qualche cortesia, è davvero interessata a cedere alle sue avance o punta a qualcos'altro?
Il gioco della regista sta tutto nel nasconderci le vere intenzioni di Cassandra, anche a costo di sacrificare la credibilità del tutto. E quando sullo sfondo si staglia un caso di stupro risalente a molti anni prima, si capisce che la chiave del film è probabilmente thriller, che l'impostazione da stramba commedia dai tratti neri a cui abbiamo assistito fin lì ha ambizioni diverse, che la vicenda è costruita per svelare lentamente le (non troppe) tessere del mosaico mirabilmente incastrate in attesa di quello che dovrà per forza essere un rendez-vous decisivo, atteso per il finale. Nel mentre c'è il tempo di indagare sul rapporto tra Cassandra e le poche persone con cui viene in contatto: il citato Ryan, la sua principale al bar e pure i genitori, che sanno bene (soprattutto il padre) del carattere singolare e non molto inquadrato della figlia, bella ma senza amici, forse ancora vittima di un passato tutto da svelare.
L'evidente mira della regista Emerald Fennell, autrice unica del copione (che si è guadagnato addirittura un Oscar!), è quella di proporsi in modo originale, di spiazzare ad ogni nuovo intervento di Cassandra, di mantenere toni quasi da commedia utilizzando tempi che da commedia proprio non sono e generando in tal modo un risultato indubbiamente atipico, che attira e non delude perché non è facile sapersi distinguere ed emergere dalla massa. Magari anche perdendoci in sincerità, poco importa. E potendo contare su una protagonista indicata per il ruolo, dallo sguardo ambiguo ma mai malizioso, candida quanto dalle idee ben chiare in testa. O forse no, è solo un'impressione. Non lo sappiamo con certezza, dobbiamo semplicemente seguirne le mosse e cercare di completare con l'immaginazione ciò che non ci viene detto. Arrivando a un finale sorprendente, che chiude il cerchio con eleganza e quel briciolo di genio che non dispiace. E' l'indagine poco psicologica e molto cinematograficamente furba di un'anima tormentata, un film costruito un po' in provetta ma con gran gusto e la voglia di rompere gli schemi pur muovendosi in ambiti di genere già molto battuti.
Una vendicatrice eclettica che la Mulligan interpreta con bravura e personalità. Fennell le serve un soggetto stimolante, perfettibile su alcuni personaggi e con un finale forse forzato ma che nel suo sviluppo sa prendere lo spettatore, far ruotare tanti caratteri e concedersi punte di black humour e tonalità colorate da fiaba dei Grimm. Promettente è anche il debutto alla regia di Fennell, capace di tenere un buon ritmo e sfruttare la verve della Mulligan, intervenendo quando il suo personaggio rischia di fare troppo il supereroe ed evitando il revenge fine a se stesso.
Fare giustizia gandhiana come Eastwood in Gran Torino; missionariamente, come una Spencer senza revolver; con le armi da fuoco del rimorso, coi corpi contundenti della consapevolezza forzosa. Catechizzare i drunk sex offenders con passi furtivi in una notte-boia che non molla e che decapita oblii, precide sonni della coscienza, disseca la testa immemore dal tronco radicato nell'humus del sessismo. Nulla di femministico o di reazionario nel labile craquelé di dark humour e "slasher psicologico" offerto dalla regista, solo il riconoscimento del giusto peso alle parole gravità e verità.
MEMORABILE: L'inatteso balletto a due in farmacia sulle note di "Stars are blind"; La mise da infermierina "harleyquinnesca" scelta per l'addio al celibato...
Dopo aver abbandonato l'università, Cassy è tornata a vivere con i genitori e lavora come cameriera. Ha un dolore segreto che la divora ed una missione da compiere ogni sabato sera... Rape & revenge atipico: il rape non viene mostrato, il revenge di natura "educativa" non ha valenza catartica, somigliando piuttosto ad una punizione auto-inflitta per la mancata presenza al momento giusto. Qualche sprazzo d'humor nero ma a prevalere è l'amarezza ed un senso di perdita in questo bell'esordio registico con una conclusione crudele ed una coda beffarda destinate a restare impresse.
In tempi di #metoo un film del genere vince facile, tuttavia l'assunto di base e il suo sviluppo sono meno scontati del previsto e si cerca di far passare un messaggio importante senza degradare nel femminismo spicciolo di altre opere recenti. L'aria trasognata della prima parte crea un bel contrasto con la seconda, ben più crudele e drammatica, affondando il colpo su una società perbenista e ipocrita in cui lo status sociale annebbia le coscienze. Il finale consolatorio mitiga l'amarezza perdendo l'occasione di colpire più duramente, evitando però forse un eccessivo pessimismo.
Mentre di giorno Cassie conduce una vita programmaticamente anonima, di notte si sente investita di un ruolo moralizzatore nei confronti del genere maschile tendenzialmente violento (viste le tragiche esperienze di cui vendicarsi). Fennell, al suo debutto come regista, gioca sull'ambiguità del personaggio lasciando i fatti solo all'intuizione (tranne nel finale), avvolgendo in un'atmosfera sospesa la psicologia e le intenzioni giustiziere di una figura costantemente presa da sé, che non si interroga mai sulla liceità del suo agire. Nonostante l'argomento, lascia con molti dubbi.
Perennemente in bilico tra commedia, dramma e noir, uno splendido film di vendette atipiche, beffe e speranze. Il ritratto di come il cinema dovrebbe essere: senza un solo cedimento di ritmo, travolgente sia nella globalità del suo soggetto che nei piccoli dettagli (uno a caso: il destinatario del ciondolo nel finale), confezione impeccabile (giusto con qualche carineria all'inizio ma sempre funzionale), emozioni e intrattenimento senza sosta, una protagonista delle espressioni perfette, una visione del mondo solida e radicale ma sempre sotto il segno dell'ironia (magari perfida).
MEMORABILE: Gli ultimi 20 minuti, specialmente quello splendido colpo di coda conclusivo, che valorizza l'altrimenti gratuita svolta subito precedente.
Revenge movie ambiguo, a metà fra il thriller e il dramma, con qualche tinta comica; si rivela essere una lunghissima pubblicità progresso ma, stranamente, fa riflettere; l'eroina protagonista del film non riesce a stare simpatica e non si può provare eccessiva empatia per lei; paradossale invece il sentimento di pena che si prova per i "cattivi", ai quali non si riesce ad addossare del tutto colpe che, pensandoci bene, hanno. Un incastro più elaborato di quanto a prima vista appare. Interessante.
Donna finge di ubriacarsi per vendicare un trauma subìto. Soggetto importante che colpisce il maschilismo predatorio, il "catcalling" e gli stupri al college. La tesi poteva essere dimostrata con molto meno, visti i rischi che corre la protagonista e che la Mulligan (scarsa quando fa la brilla) suggestiona con una placida calma. Qualche sbavatura nel ruolo di Molina, con la canzone di Paris Hilton e nel lasciare il promesso sposo in camera fino all’alba. Notevoli tutti i dialoghi sul filo dell’ironia e la chiusura ruolo per ruolo.
MEMORABILE: Lo sputo nel caffè; La macchina presa a sprangate; Il video nel telefono; Il ciondolo spezzato in due.
Qui lo mostro e qui lo nego: ho Machiavelli nel DNA e te lo smarmello sulle x formali e le y contenutistiche del rape and revenge. Anzi facciamo che il rape neanche te lo mostro e per metà film l'angelo resta senza vendetta, e l'ambiguario del bravo revenger ne guadagna in nuove goniometrie. Beh, sono o no un'ereticona sovversiva? Potenzialmente, Emerald: sei troppo ostentatamente espositiva, troppo scopertamente teoretica, troppo dimostrativa anziché manifestativa. Troppo vittima del tuo talento. E slabbri troppo per le larghe e per le lunghe. La tua è una bomba atomica, ma a salve.
Un film importante e potente, che avrebbe potuto essere ancora più incisivo se non avesse sconfinato eccessivamente nel grottesco. Il tema è di grande attualità e Fennell ci costringe a riflettere sulle drammatiche conseguenze di atti troppo facilmente liquidati come ragazzate, che in realtà lasciano un segno indelebile sulle vittime fino alle più gravi conseguenze. La Mulligan è molto efficace e spietata nel portare avanti il suo disegno di vendetta per l’amica stuprata, umiliata, bullizzata, nell’indifferenza generale.
Per vendicare l'amica di corso Nina, suicidatasi dopo aver denunciato invano un abuso sessuale, l'introversa Cassie (Mulligan) girovaga di notte per club, fingendo di essere sbronza per incastrare approfittatori senza scrupoli. La vecchia conoscenza Ryan (Burnham) sembra tuttavia essersi sinceramente innamorato di lei... Se il giustizialismo filosofico sottostante alla narrazione della prima metà, per quanto comprensibile, è comunque opinabile, nel prosieguo il soggetto diviene assai più articolato e avvincente, sbocciando infine in un finale d'amara circolarità. Coraggioso.
MEMORABILE: Il cellulare della discordia; Le reazioni delle figure femminili allo stupro.
Un film dal discreto soggetto sceneggiato in modo insufficiente. Il messaggio era ottimo, ma viene veicolato male. Si racconta troppo con le parole e ci si dimentica che il cinema racconta principalmente per immagini. Quelle presenti, oltretutto, appiattiscono la narrazione e riducono la pellicola a una puntata di una serie televisiva crime. Le sorti del film vengono risollevate nell'ultima mezz'ora, ma è troppo poco, è troppo tardi. Attori buoni ma mal assortiti.
Una donna sulla trentina, scioccata dal suicidio della sua amica avvenuta dopo uno stupro, si finge ubriaca nei locali per punire gli uomini che cercano di approfittare di lei. L'arrivo dell'amore la metterà temporaneamente sulla buona strada. Il film merita l'Oscar ricevuto: la sceneggiatura è molto buona e l'interpretazione di Carey Mulligan eccezionale. La denuncia nei confronti di una società rivoltante ed egoista incapace di assumersi le responsabilità delle proprie azioni è evidente ed è il vero e proprio pugno allo stomaco di un film riuscitissimo.
MEMORABILE: La Mulligan nelle vesti dell'infermiera tanto provocante quanto folle.
Un insolito film nel solco del genere rape & revenge per via della storia che non segue i soliti binari e con un doppio finale a sorpresa. Attori ben calati nella parte e una Carey Mulligan molto brava nell’interpretare il doppio ruolo della cameriera cinicamente divertente e quello della vendicatrice fintamente ubriaca. Buona scelta delle inquadrature (ben curate e costruite), delle luci e della musica per comunicare messaggi, esprimere stati di animo giocando anche sul contrasto. Una denuncia del classismo e del maschilismo presente nella società statunitense.
MEMORABILE: La scena iniziale del film: che cosa stai facendo?
Estremamente programmatico e dunque, sia pur lateralmente, vessatorio nei confronti dello spettatore (in questo caso ovviamente soprattutto di sesso maschile) ma salvato dalla sua insopprimibile natura preconcetta grazie ad alcune caratteristiche sia "ideologiche" (la scoperta fragranza della propria schematicità) che cinematografiche (in virtù di una narrazione che insinua talora il dubbio della riconciliazione per poi sotterrarlo ferocemente). Fondamentali il sex appeal non omologato della Mulligan e una colonna sonora che "rilegge" alcune icone pop (dalla Halliwell alla Spears).
Emerald Fennel dimostra come sia possibile trattare argomenti sociali già diffusamente discussi, per quanto sempre tristemente attuali, in maniera intelligente, fresca e senza scadere nei moralismi retorici o nelle semplificazioni partigiane. Quando una commedia nera tiene col fiato sospeso alla stregua dei migliori thriller, diverte amaramente, spiazza con un terzo atto infarcito di twist puntualissimi e a fine visione invita gli spettatori allo scambio di opinioni, si può dire che superi le aspettative. OST azzeccatissima e prova di Carey Mulligan giustamente lodata. Notevolissimo.
MEMORABILE: La paura dei maschiacci scoperta la sobrietà di Cassie; Lo scherzetto alla rettrice; L'avvocato che si pente; La catena di colpi di scena nel finale.
Alla Fennell non manca il coraggio: dare una vigorosa rinfrescata narrativa all'ormai stantia aria del rape and revenge è operazione meritoria. Resole questo merito, va detto che la nostra Emerald ama anche un po' troppo lo specchio: due o tre inquadrature in stile "interni di Instagram" sono anche seducenti, possono ricordare qualcosa all'incrocio tra Hockney e Hooper ma, come da buon norma, il troppo stroppia. A fare una telecronaca: buon inizio, lieve flessione tra i due tempi, ottimo finale, quasi commovente. Mulligan in parte, musiche con un certo appeal ottantiano.
Un'opera particolare soprattutto per il registro narrativo che mischia abilmente commedia e dramma con un'atmosfera generale di denuncia dello status quo borghese che è sostanzialmente perfetta. Una sceneggiatura che si esalta non solo nella straordinaria potenza delle scene madri (il finale a livelli di tensione è magnifico), ma soprattutto nelle piccole cose (in farmacia sotto le note di Paris Hilton). Carey Mulligan si conferma attrice di razza in un ruolo cucito meravigliosamente esaltandone le caratteristiche. Regia non sempre all'altezza della sceneggiatura, ma che cinema!
MEMORABILE: Il cocainomane interpretato da Mintz-Plasse; La vendetta contro il rettore; L'addio al celibato.
Anche chi non ama i revenge movies riconoscerà che questa pellicola brilla per originalità. Che non sta nella trama, ma in tutto il resto: fotografia, ambientazioni, costumi e colonna sonora compongono un puzzle riuscito, coronato dall'interpretazione della talentuosa Mulligan, camaleontica nel suo oscillare tra dolcezza e follia. Buona anche la sceneggiatura: frizzante, scorrevole, e colorata, tra rosa, giallo e noir. Nell'epoca del mee too in cui sembrava già essere stato denunciato tutto, in tutte le salse, un condimento nuovo.
Carey Mulligan è la brava e convincente protagonista di un atipico "revenge movie"; un film in cui la violenza rimane sotto traccia ed è pochissimo mostrata mentre si dà ampio spazio alla caratterizzazione del personaggio principale, le cui motivazioni vengono progressivamente scoperte portando un progressivo cambiamento dei toni del film e un crescendo progressivo della tensione che la regista (un debutto anch'esso promettente!) gestisce in modo ottimale. Assai riuscito e decisamente catartico il finale. Da vedere.
Una trentenne promettente studentessa in medicina abbandona tutto a causa di un gruppetto di balordi da quattro soldi, ma saprà come fargliela pagare amaramente. Il film s’incentra sul meccanismo di vendetta, pianificato con cura e intelligenza, descritto su una sceneggiatura curata, piena di dettagli e arricchita da dialoghi mai banali. Ottima la prova attoriale della protagonista, inaspettato il prefinale che conduce a un finale emotivamente liberatorio.
Una ragazza che vive coi genitori e lavora come cameriera ha una sorta di doppia identità notturna girando per locali in cerca di facili avventure, che però lentamente disvelano un diverso fine. Teso thriller che scopre le carte nel suo prosieguo, si eleva tra gli stereotipi del genere per una notevole capacità di racconto e una sentita partecipazione di regista e soprattutto della Mulligan, molto brava a dare corpo (proprio nel senso fisico) a inquietudine e sofferenza. Un po' manicheo nella rappresentazione di maschi invariabilmente sessisti, ma… la tesi giustifica i mezzi.
Sebbene l'obiettivo della protagonista sia scontato, non lo è, quantomeno non del tutto, il modus operandi con cui lo raggiungerà. E così lo spettatore assiste alla lenta tela che la protagonista dipana gradualmente attorno alle sue "vittime" fino al bel finale, beffardo e certamente telefonato ma comunque gustoso e riuscito. Interessante la regia, buona la confezione, ma il quid in più è la prova di una bravissima Mulligan.
Confezione impeccabile, piacevolmente ironico, con interpretazioni convincenti. Sarebbe un gran bel film, non fosse per la morale sottostante: gli uomini sono, chi più chi meno, tutti predatori e le donne vittime anche del pregiudizio di altre donne che avrebbero invece il compito di proteggerle. E così ti rendi conto delle esasperazioni nella sceneggiatura premiata con l'Oscar: orge nei college USA, addii al celibato con spogliarelliste, Cose molto cattive che però non accadono da tempo, in modo così romanzesco almeno. Resta gradevole, ma con il retrogusto di cliché.
Una donna cerca vendetta, dopo essere stata traumatizzata dalla morte dell'amica. Film di buon livello, soprattutto grazie all'interpretazione di una ottima Carey Mulligan (si conferma una delle migliori attrici in circolazione). Scritto in maniera alquanto cinica: la storia rimane sempre interessante col passare dei minuti, pur non mancando alcuni momenti che rasentano il banale.
Partendo da un tema di fondo molto sentito (la violenza sulle donne), Fennell indugia forse un po' troppo sul concetto di "girl power" e vendetta al femminile, peccando di inverosimiglianza in alcuni tratti (la scena finale alla Harley Quinn). In ogni caso, la Mulligan è brava nel dipingere un personaggio solo, tormentato, bloccato nel passato e incapace ad andare avanti, che prova a vivere un ultimo sprazzo di felicità: è proprio la sua interpretazione dolente e fondata sul non detto a contrastare due messaggi ambigui: la violenza come risposta e la colpevolezza del maschio.
MEMORABILE: In negativo, la lite in strada col guidatore di pick-up.
Parlami di cinema non parlandomi di cinema. Un film praticamente perfetto, con minime sbavature, ma che unisce regia attenta, personaggi talvolta machiettistici talvolta sorprendenti, registri diversi (commedia, thriller, dramma e horror: la scena dell'addio al celibato vale decine di slasher banali di questi anni), fotografia dai toni caramellosi che contrasta con la violenza (psicologica) delle immagini. E, su tutto, lei, una Mulligan praticamente perfetta. Nessun riferimento ad altri film perché non ne ricorda alcuno. Da guardare senza pensare al passato.
MEMORABILE: La facilità con cui si uccide e si fa scomparire il corpo.
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Ce l'avevo in archivio da vedere e davinottare da un po', ho tergiversato perchè non avevo ben capito che tipo di film fosse... A questo punto quando capita lo vedrò, anche se ho evitato gli spoiler mi sono fatto un'idea del tipo di lavoro.
DiscussioneDaniela • 2/02/21 00:07 Gran Burattinaio - 5944 interventi
Si, quella quota di humour macabro rende l'atmosfera meno tragica e più spiritosa, anche se poi le coltellate al cuore e i pugni al fegato arrivano ugualmente allo spettatore
E' vero, arrivano eccome... ed è anche vero che ci sono delle pennellate di humor nero, ma - pur ritenendo di essere generalmente molto sensibile a questo tipo di umorismo - questa volta non sono servite ad alleggerire la visione.
me lo devo rimasticare, ma complessivamente sono rimasto poco convinto. da principio sembra chissà quale bomba H col timer prossimo allo zero, ma più va avanti e meno funziona. non ho sicuramente avvertito pugni né coltellate in alcun dove. è un'operazione troppo tirata per le larghe e per le lunghe (una bonifica di un quarto d'ora non avrebbe fatto mezzo soldo di danno) e troppo vittima del proprio ostensivo machiavellismo.
si lascia principalmente apprezzare per come sovverte ereticamente x formali e y contenutistiche del rape and revenge, allargandone perimetri e aree e affacciandole su nuove possibilità panoramiche e angolazioni morali. ma al netto di questo, non si arriva per me ai tre pallini.