John Wick si trasferisce a Parigi, dove a occhio e croce dimezza la popolazione dando vita (si fa per dire) a un'ecatombe terrificante. Pare che ogni sequel si senta in dovere di accumulare un numero maggiore di cadaveri e qui si supera ogni record trasformando il film in una sorta di videogioco che da quel mondo eredita anche alcune particolari inquadrature (come quelle dall'alto col protagonista che al centro dello schermo si muove e fa fuoco in tutte le direzioni). La storia conta sempre meno e molto del fumettistico misticismo di cui era intriso il terzo riuscito capitolo (il più interessante, dal punto di vista della...Leggi tutto resa scenografica) si sfalda in un plot raccogliticcio che vede il nostro eroe intento ad affrancarsi dalla Gran Tavola, l'organizzazione che lo tiene in mano e che sulla sua testa metterà una taglia destinata a crescere progressivamente.
Dopo aver cavalcato fin nei deserti della Giordania (sempre in giacca e cravatta, sia chiaro) per eliminare il gran capo, Wick si ritrova tra i piedi un sostituto ancor peggiore: il "Marchese" (Skarsgård) è un ragazzotto terribile intenzionato a rivedere ogni regola della Gran Tavola e comincia col distruggere lo storico Hotel Continental (una delle icone della saga), quella sorta di zona franca in cui era vietato l'uso delle armi e il cui direttore (McShane) è da sempre amico di John. Bella fregatura.
Cominciano così le peregrinazioni del protagonista, che lo porteranno da Osaka fino in Francia, dove si consumerà tutta la seconda - e più godibile - parte del film: all'ombra della Torre Eiffel, accantonati tutti i sottotesti, le alleanze, le famiglie, i furbeschi recuperi di personaggi cari agli appassionati della serie, quel che resta sarà un massacro girato a mille all'ora in cui il regista Chad Stahelski (non a caso ex stuntman) darà fondo a tutta la propria esperienza nel campo dell'effettistica "urbana" per istituire una gigantesca caccia all'uomo da chiudersi prima dell'alba (si capirà poi perché): scandita dalla voce di una deejay radiofonica ripresa con primi piani sulla bocca davanti al microfono in un palese omaggio ai GUERRIERI DELLA NOTTE (se lì invitava New York a braccare la gang dei Guerrieri qui fa lo stesso nei confronti di John Wick, spingendo i parigini a eliminarlo per intascare i soldi della taglia), la guerra notturna del nostro si farà minuto dopo minuto più intensa e densa di scontri a fuoco e all'arma bianca: gli si lanceranno addosso in cinque, dieci, venti e il risultato non cambierà: lui neanche un graffio, gli altri tutti morti.
L'impostazione caricaturale che estremizza quanto più possibile le stragi tipiche dei film con vendicatore imbestialito porta questo quarto capitolo a privilegiare sempre più l'azione concitata e selvaggia: sangue a fiumi, masse di killer travolti da auto in corsa, teste centrate a ripetizione pure da picconi volanti e frecce e, come ciliegina sulla torta splatter, un'eterna sparatoria sull'interminabile scalinata che porta al Sacro Cuore compresa di altrettanto interminabile ruzzolamento giù per i gradini. Non si sa più cosa inventare per utilizzare in modo creativo la carne da macello messa lì come perenne sacrificio umano a un Wick che fa sembrare Rambo un poppante.
Stahelski mantiene ancora un'eleganza visiva non comune, ma sembra aver dimenticato certi svolazzi quasi autoriali in favore di un'azione più spiccia e tradizionale, ben costruita ma per forza di cose ripetitiva, a tratti davvero estenuante e che piacerà soprattutto a chi apprezza ritmi d videogame. Si ricorda il fucile che spara missili incandescenti, si sorride all'ennesimo volo dal quarto piano che si conclude su un'auto quando non direttamente sul selciato e con trenta secondi per rialzarsi e ripartire. Ma due ore e cinquanta sono decisamente troppe: eliminando una buona mezz'ora (e quindi quei seicento/settecento cadaveri...) si sarebbe guadagnato in efficacia, perché a livello di sceneggiatura la qualità è modesta e gli intrecci della storia, oltre a essere spesso confusi, si rivelano assai deboli. Marcel M.J. Davinotti jr. Chiudi
Il più maestoso della saga. Come in un videogioco il protagonista avanza di sfida in sfida per arrivare a ottenere la tanto agognata libertà. Nulla viene inventato ma molte cose restano impresse, come il combattimento nel traffico, la bizzarra performance di Adkins o il finale che echeggia il western. Si sfiorano le tre ore ma è tutto talmente funambolico da volare senza peso. Se fosse l'ultima avventura di Wick sarebbe un finale con i fiocchi.
Scomunicato dalla Tavola a causa di un passo falso, eliminato il gran capo, John Wick dovrà sfuggire ai killer assoldati dal suo successore per ucciderlo. La caccia e la fuga del nostro eroe però raggiungono la durata monstre di quasi tre ore, decisamente troppe anche per i fan della saga. Inevitabile infatti una certa ripetitività delle situazioni, peraltro non assecondata da una sceneggiatura adeguata, il tutto appesantito da una seriosità scevra di qualunque ironia. Un videogame troppo lungo.
Solo contro il mondo, così alla lettera che nel quinto dovranno mettergli contro un altro pianeta. Guerriero di una notte senza termine altro del più classico dei duelli all'alba. Nell'elevare alla N il 3°, la festa planetaria della forma. Un'estetica onda anomala onnitravolgente, coreografighting dinamogeni come pochi, un'esuberale millesimessenza scenografico-illuminotecnica (e cosa non è l'ost!). Giganteo nell'elevare anche il superfluo a star, non chiede altro che d'essere inteso incassato e assorbito per quella celestiale masterclass di stile che è. 160' di overdose di ginseng.
MEMORABILE: Discoteca altitudini oltre Mann; Strade di Parigi; Scalinata; Cane; Dall'alto; “Chi si aggrappa alla morte vive, chi si aggrappa alla vita muore”.
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