il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

VENERDI' 13
l'analisi della saga
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361348 commenti | 68642 titoli | 27039 Location | 14250 Volti

Streaming: pagine dedicate

Location Zone

  • Film: Rimetti a noi i nostri debiti (2018)
  • Luogo del film: Il bar dove Franco (Giallini) e Guido (Santamaria) vanno a festeggiare
  • Luogo reale: HAUS, Piazza Monte Grappa 1b, Roma, Roma
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  • Film: La donna che inventò l'amore (1952)
  • Multilocation: Casal de' Pazzi
  • Luogo reale: Via Giovanni Zanardini 19, Roma, Roma
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Immacolata Donniacuo

    Immacolata Donniacuo

  • Nicola Conti

    Nicola Conti

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Siska80
Quando gli sequestrano moglie e figlia davanti agli occhi, un uomo d'affari passa al contrattacco... Poveri rapitori! Patetica nella sua prevedibilità, eppure non completamente disprezzabile, questa pellicola che ricicla a destra e a manca strappa involontarie risate soprattutto grazie alla figura poco probabile del protagonista, il solito palestrato che si scopre possedere talenti multipli proprio quando ce n'è bisogno. Il cast si impegna, in effetti, e l'azione è abbastanza scorrevole; altro discorso meritano invece la brutta fotografia e il finalone sensazionalista. Solo per fan.
Commento di: Cerveza
Opera colta che piega ogni componente alla propria tesi, creando un quadro sociale della provincia italiana irrealistico. Da una parte i ricchi annoiati e immorali, dall’altra i plebei (qui il massimo di plebe è rappresentato da affittacamere e medici), coscienziosi e leali. Sicuramente Maselli e Moravia, coautori del soggetto, conoscevano molto bene l’ambiente alto borghese da cui provenivano; mentre, di contro, l’idea di popolo che avevano da intellettuali del PCI, era più romanticamente ideologica che reale. Tecnicamente ben rappresentato e recitato, ma terribilmente manicheo.
Commento di: Siska80
Giovane, bella (e maledettamente fortunata!) invia cinque cartoline, grazie a una delle quali trova l'amore (e che amore, mica male lui!). Trionfo dei buoni sentimenti per una commedia come tante che però si avvale di una coppia di interpreti affiatata e di una serie di personaggi abbastanza simpatici. Certo, lo scopo è far sognare, specie i più romantici, ma un po' di slancio creativo sarebbe stato gradito: l'atmosfera festiva comunque è ricreata con una certa efficacia e il ritmo veloce favorisce una visione distesa, a fronte di dialoghi prevedibili e di un epilogo intuibile.
Commento di: Anthonyvm
Meticoloso resoconto degli eventi che seguirono i delitti Tate-LaBianca a opera della "Family" di Charles Manson, che rinuncia alla violenza grafica per concentrarsi sulla ricostruzione di indagini, arresti e processo, così come descritti dall'avvocato Bugliosi nel suo libro. Ne consegue uno stile narrativo inevitabilmente lento e tendente alla verbosità, ma il realismo della messinscena, le musiche del sempre affidabile Billy Goldenberg e le impressionanti performance di parte del cast rendono giustizia al putridume della vicenda. Interessante e inquietante: televisione di qualità.
Commento di: Pinhead80
Un gruppo di mandriani chiama a raccolta i buoi per portarli al lavoro. Per poterlo fare dovranno legarli utilizzando una tecnica tipica dei cowboy. Cortometraggio che arricchisce ulteriormente il viaggio messicano di Veyre alla fattoria di Atequiza. La dinamica è un po' confusa, anche se si riescono a intuire abbastanza bene le intenzioni dei protagonisti. L'opera nel complesso non è poi così interessante perché non riesce a incuriosire a sufficienza lo spettatore che tende a perdersi nella confusione generata dalla mandria all'interno del recinto. Mediocre ma con un suo perché.
Commento di: Enzus79
Jason Statham ritorna ad affrontare lo squalo gigante (e non solo) in questo sequel di mediocre qualità. La storia sembra tirata per i capelli. Dinamiche al limite del banale. L'azione non manca, ma è troppo fine a sé stessa. Divertente a tratti. Non tutti i personaggi risultano riusciti. Regia di Ben Wheatley tutto sommato efficace. Discutibile la colonna sonora.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

"Diva Futura" fu, a cavallo degli Ottanta e dei Novanta, l'immagine del porno italiano, la casa madre di attrici diventate poi autentiche icone del genere (e non solo), lanciate da un uomo che credeva nell'amore libero e seppe costruirci intorno un piccolo impero, lontano dal cinema hard troppo meccanico e senz'anima che si prese tutto il mercato negli anni successivi. Giulia Louise Steigerwait, che ha scritto anche la sceneggiatura insieme a Debora Attanasio, autrice del romanzo da cui il film è tratto e che fu importante segretaria e collaboratrice di Schicchi, cerca...Leggi tutto di dare di quest'ultimo un ritratto a tutto tondo, che possa restituirne l'anima paradossalmente candida attraverso i suoi rapporti con le tre donne che più ne hanno segnato il cammino: dai primi passi con Cicciolina (Kordic) all'esplosione del fenomeno Moana (Capezza) fino al rapporto intenso, unico, con Eva Henger (Litvan), che sposò.

Schicchi, rispetto a donne tanto ricordate, resta delicatamente alle spalle, presenza mai ingombrante in virtù di un carattere schivo e pacato, al quale l'interpretazione del bravo Pietro Castellitto regala soavità e tranquillità d'animo straordinarie. Difficile pensare che una persona così abbia potuto farsi strada in un ambiente tanto cinico come quello del porno, ma questo il film racconta, senza alcuna enfasi e forse in parte colpevolmente; perché la personalità forte delle tre dive - cui si aggiunge Debora (Ronchi), la narratrice, la donna che accompagna sempre Schicchi nel suo lavoro - non emerge con la prepotenza che simili personaggi avrebbero richiesto e il tutto viene ulteriormente annacquato da un inutile rimescolamento temporale di cui non si sentiva davvero alcuna necessità. Ci si sposta senza motivo dagli anni di Moana a quelli vissuti a fianco di Eva e poi ai mesi che precedono la morte del povero Schicchi (2013) per poi tornare indietro, riprendere fili interrotti minando ogni linearità.

Già l'incipit con il funerale al pitone non sembra proprio dei più azzeccati, ma poi, nel complesso, il mondo del cinema hard sembra restare troppo sullo sfondo, ai margini, al punto che i nudi sorprendentemente scarseggiano, quasi come se si cercasse una via semi documentaristica più vicina alla fiction televisiva che alla dimensione cinematografica. Nonostante qualche momento che spinge alla riflessione con frasi più ricercate e silenzi carichi di drammaticità, ogni sforzo autoriale sembra vanificato da una messa in scena deludente. La recitazione resta convincente negli sguardi apparentemente assenti del protagonista, presenza evanescente capace però di imporsi come personaggio atipico e interessante.

Peccato che l'eccesso di frammentarietà vanifichi ogni tentativo di inquadrare il film in una forma che possa conferirgli un'impostazione solida e in grado di coinvolgere. Nemmeno si comprende bene come funzionasse o che strategie avesse, "Diva Futura", entità "nascosta" nell'ombra di figure catalizzanti che mostrano quanto si punti di più a disegnare ritratti che a raccontare una storia. Lo sforzo migliore sembra quello prodotto per inserire le dive nei filmati d'epoca "taroccati" per l'occasione e, in questo, l'effetto è spesso ottimo, a dimostrazione di quanto il digitale offra ormai possibilità sconfinate.

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Gioie e (soprattutto) dolori di un produttore cinematografico promosso al vertice dei Continental Studios all'inizio della prima puntata. Si chiama Matt Remick (Rogen), ama il cinema d'autore ed è convinto di far degnamente parte della categoria degli “artisti”, anche se si trova subito a dover compiacere chi l'ha piazzato lì e ha preteso che non fosse uno di quelli che pensa alla qualità dei film a scapito degli incassi. Ciò che conta è ingrossare il fatturato, nient'altro, gli comunica il boss (Cranston), il quale come primo incarico,...Leggi tutto non a caso, lo obbliga a finanziare un film sul Kool-Aid, bevanda americana da noi poco nota e spesso accostata alla voce “trash”. Un progetto folle al quale tuttavia Matt deve cominciare seriamente a pensare, insieme al suo staff (che lo accompagnerà per tutta la serie).

Il colpo di genio c'è quando Matt viene a sapere che l'ultimo progetto di Martin Scorsese (una delle tante guest star nelle parti di loro stesse che si avvicendano nella serie) verterà sul massacro di Jonestown, proprio quello nel quale le vittime del Reverendo Jones si uccisero bevendo Kool-Aid adulterato. Come non prendere la palla al balzo? Eccellente idea che riempie una prima puntata davvero ricca di spunti e spassosa! 45 minuti la durata (le altre solo una mezz'oretta scarsa), sufficiente a far capire perfettamente la china prevista: la formula prevede dialoghi veloci e spesso sovrapposti, musica incalzante, botta e risposta fulminanti in pieno stile da commedia americana moderna.

Personaggi brillanti, ospitate di lusso ed episodi autoconclusivi (magari ripresi in un secondo tempo come quello del Kool-aid, ma è un caso) per una produzione indubbiamente efficace, pur con i suoi alti e bassi. Si affrontano temi strettamente legati al mondo del cinema in una sorta di EFFETTO NOTTE visto in chiave quasi parodistica e umoristicamente affilata, come vuole la tradizione ebraica del suo autore e protagonista Seth Rogen. Qualche volgarità, uno studio intelligente della personalità del produttore condotto con superficialità solo apparente, capace invece di affrontare temi non scontati come quelli delle insoddisfazioni di chi giudica di non essere sufficientemente apprezzato per ciò che fa. In questo senso sono particolarmente rivelatrici gli episodi L'ONCOLOGO PEDIATRICO (Matt s'innamora di una dottoressa poco interessata al cinema, convinta di svolgere un lavoro molto più importante del suo, nella società) o la notevole I GOLDEN GLOBE (con Matt che presenzia alla premiazione dei Golden Globe sperando ardentemente che la regista del film da lui prodotto lo ringrazi pubblicamente, se verrà premiata).

Ottimo anche l'episodio LA NOTA, in cui si affronta l'inveterata questione del final cut: gli studi dovranno trovare il coraggio di comunicare al regista Ron Howard (ovviamente nella parte di se stesso) come, nel suo film, l'ultima scena - a cui Ron tiene moltissimo - risulti inutile e noiosissima. Pregevole, nel corso della serie, l'utilizzo frequente di piani sequenza (a cui è anche dedicato un intero episodio, che da questa singolare tecnica prende il nome), buona la risposta del cast. Qualche puntata in tono minore: LA BOBINA SCOMPARSA con Zac Efron, ad esempio, in cui si imbocca velleitariamente la strada della commedia “gialla” con risultati deludenti, o LA GUERRA, in cui si fronteggiano due membri dello staff di Remick, ognuno puntando a proporre il “proprio” film affossando quello dell'altro. In CASTING si guarda con ovvio occhio critico al tema del politically correct, in modo intelligente per quanto un po' scontato e ripetitivo.

Gli ultimi due episodi sono concatenati e riguardano il CinemaCon, manifestazione durante la quale ogni studio cinematografico presenta i propri lavori in uscita agli esercenti delle sale, che dovranno premiare i migliori. Nella circostanza, credendo di fare qualcosa di “vintage”, Matt infila dei funghetti allucinogeni nei cioccolatini, ma scopre che le dosi contenute sono infinitamente maggiori di quanto pensava, ottenendo di far “sballare” il suo intero staff (compresa l'ospite Zoe Kravitz, già presente in GOLDEN GLOBE) con risultati immaginabili. Non delle chiusure migliori: tutti urlano, sbraitano, parlano uno sull'altro, diventano preda di fobie improvvise e la situazione si fa presto ingestibile, ma l'effetto comico, per chi guarda, è relativo: troppo rumore, troppo caos e gag che si ripetono. Di quelle esperienze che divertono più chi le interpreta che non chi le guarda... Il tutto non intacca comunque la qualità di una serie ben scritta, buffa, a tratti geniale (per quanto forse un po' sopravvalutata, rispetto ai suoi effettivi meriti).

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Chernobyl's cafè (2016) di Mike Baudoncq con (n.d.)
La presenza di un bar in piena attività nella città di Chernobyl è il pretesto per mostrare come prosegue la difficile attività di recupero di uno dei luoghi più sfortunati al mondo. Le immagini del 2016 ci mostrano ancora una città perlopiù fantasma, in cui però, come abbiamo imparato a capire, il turismo ha in qualche modo preso piede e c'è chi organizza - lì e a Prypiat, la città più vicina alla centrale - veri e propri tour.

Le immagini di auto immobili, degli alberi cresciuti in mezzo a palazzoni...Leggi tutto abbandonati, continuano a essere di forte impatto, specialmente se come qui abbinate a filmati d'archivio in cui ci vengono riproposti scampoli di quei giorni tragici. I rilevatori di radioattività salgono ancora a livelli alti, in alcune zone altissimi, e i lavori di costruzione del sarcofago che coprendo la centrale dovrà in qualche modo impedire che troppo si diffondano le radiazioni nel circondario restano un'impresa non facile. La troupe del documentario, con la voce di Phillys Yordan che si occupa della narrazione fuori campo, entra nella piscina di Pripyat diventata famosa per l'utilizzo come scenario in videogiochi di enorme diffusione o nelle sale della scuola vicina al luogo del disastro, inquadrando le centinaia di maschere antigas (come quella che campeggia in locandina) sparse sul pavimento e destinate ai bambini di allora per prevenire eventuali attacchi americani (!).

Qualche intervista a chi sul posto oggi lavora, compreso chi con noncuranza si espone a chiari rischi preferendo avere un lavoro che non la certezza di una lunga vita (“Abitavo qui vicino quando ci fu l'esplosione e oggi sto bene, perché dovrei avere paura?”), e anche una lunga visita alla centrale, fino a raggiungere un sala operativa del tutto simile a quella all'interno della quale si dovette gestire l'esplosione del reattore 4. E poi ancora una passeggiata nel lunghissimo corridoio della centrale fino alle sale che ospitavano i reattori.

Una testimonianza insomma non originale ma che sfrutta riprese ben realizzate e un'impostazione che restituisce con buona mano la desolazione del luogo inquadrando le strade deserte, gli scheletri di case depredate da chi ha voluto portarsi via qualche souvenir dell'orrore... Siamo in una terra in cui ancora non si capisce con esattezza dove finisca l'emergenza e cominci il business. Lavoratori e turisti convivono dividendosi gli spazi, tra ignorante scetticismo e voglia di conoscere una meta "turistica" che al mondo, per fortuna, non ha al momento paragoni. Un richiamo a una realtà che è bene non dimenticare, l'istantanea precisa di un momento storico in cui ancora ci si interroga su quanto abbiamo di fronte, senza renderci bene conto dell'enormità di ciò che accadde quel lontano 26 aprile 1986.

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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