Brasile 1970: una famiglia come tante dovrà presto fare i conti con la follia della dittatura militare. La sceneggiatura sa dipanare bene la storia: prima descrivendo la routine familiare, mostrandone poi l'improvviso sconvolgimento, per poi tornare alla descrizione di una ritrovata "normalità" fondata su nuovi equilibri. Il tutto mantenendo una meritevole sobrietà, riuscendo a emozionare e a indignare, specie verso la fine. Un buon film su cui spicca la monumentale prova della Torres è monumentale. Nel finale compare la Montenegro.
MEMORABILE: "Non si può stare solo a guardare"; La consegna del certificato.
Indignazione è la prima parola che viene in mente a fine film. Il film riesce a raccontare bene l'odissea di una famiglia a cui viene strappato il padre senza poter sapere per tanto tempo che fine abbia fatto. Una regia puntuale nel descrivere il tutto in modo asciutto, evitando pietismi e restituendo tutta la dignità della moglie (e madre) e del suo percorso verso la verità. Bravissima la Torres, capitana di un cast pressoché perfetto in cui ognuno è al posto giusto. Alcuni momenti sono toccanti nella loro naturale drammaticità. Da non perdere, possibilmente in lingua originale.
Se la prima parte del film appare stucchevole e convenzionale per la descrizione del quadro familiare, la seconda si accende di una storia che racconta di quanto il fenomeno dei “desaparecidos” sia stato tragico per chi ne è stato vittima, ma anche traumatizzante per chi ne è sopravvissuto. Prevale, nonostante tutto, una certa tendenza didascalico-didattica, che rende l’opera certamente interessante, ma non così straordinaria come ci si sarebbe aspettati. Attori bravissimi, fra tutti Fernanda Montenegro con il suo sguardo assoluto.
Ben girato, recitato e con una riuscita ricostruzione della Rio del 1971, un film che, analogamente a numerose altre storie vere trasposte su pellicola, sconta una certa limitatezza a livello narrativo, come se la tragicità del fulcro del suo soggetto potesse permettere all'intera sceneggiatura di vivere di rendita. E così, se la fase preparatoria tutto sommato funziona e la cupissima parte centrale incide a dovere, il successivo terzo atto in anticlimax non riesce a convincere e quei due o tre siparietti strappalacrime verso il finale non fanno che rafforzare tale impressione.
Walter Salles realizza un film che sa porre efficacemente in contrasto la dimensione intima familiare, descritta con grande autenticità, con la pesante repressione della dittatura militare brasiliana degli anni Settanta. Un'opera toccante su un caso realmente accaduto, raccontato in un libro dal figlio della protagonista Eunice (l'ottima Fernanda Torres). Meritato premio Oscar come miglior film internazionale.
Una famiglia brasiliana vive sulla sua pelle la dittatura di Médici del 1970 (non nominato ma visto in foto). Esempio di cinema civile dalla parte dei cittadini inermi senza entrare nel merito di torture e simili. Sorta di film intimista sviluppato attraverso le dinamiche familiari e la paura quotidiana sotto il regime. La Torres è in un gran ruolo, perfetto nell’esprimere l’angoscia per la sparizione del marito e per tenere a galla il resto. L’ultima parte diviene emozionale, evitando l’effetto ricattatorio.
MEMORABILE: Il filmino delle vacanze londinesi; La doccia dopo la carcerazione; Il certificato di morte.
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CuriositàZender • 3/03/25 15:23 Capo scrivano - 48822 interventi
Vincitore del Premio Oscar 2025 al Miglior film internazionale.