Bel film della Cavani, che fotografa scientemente una Vienna livida, colma di intrighi. Ottimamento condotto il rapporto masochistico dei due protagonisti, perfettamente scelti e perfettamente calati nella parte. Dirk Bogarde, strepitoso, sottorecita in maniera indimenticabile.
MEMORABILE: L'amore che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
Tra melodramma, Sade e il Visconti de La caduta degli dei. Con un sapiente inserimento di vari flashback che squarciano, cupi e sgradevoli, il lindore della sontuosa fotografia, la Cavani indaga gli orrori del nazismo e le sue eterne cicatrici, attraverso l'irreversibile devastazione psicologico-sessuale dei due protagonisti, gli eccellenti Bogarde e Rampling. Tutti gli altri attori di contorno non sono da meno: dal camerata Leroy con monocolo, all'impicciona Ricci, passando per il silenzioso e infido Addobbati e l'omosessuale Amodio.
MEMORABILE: L'isolamento e l' "assedio" finale della coppia.
Sopravvalutato film della Cavani, che a suo tempo venne salutato da un clamore che agli occhi dello spettatore di oggi appare abbastanza ingiustificato. Non il massimo, né come riflessione sul tema vittima-carnefice e quindi nemmeno come studio psicologico di caratteri, né tantomeno come classico del proibito. Alcune sgradevolezze gratuite e certi buchi di sceneggiatura rendono, a tratti, un po' goffo l'insieme. Bravi Dirk Bogard (sempre ottimo) e la Rampling, la cui "mise" col cappello da nazista e le sole bretelle sul seno nudo hanno fatto storia.
Ex ufficiale SS lavora in un hotel in cui ricompare la sua ex prigioniera-amante: riesplode la passione, ma altri ex nazisti temono che lei li denunci. I protagonisti sono due residui della storia, bloccati nel momento di massima abiezione storica che corrispose al loro amore di carnefice e vittima, incapaci di riciclarsi come le altre SS o di dimenticare. Interessante, ma troppe chiavi di lettura si intrecciano inquinandosi a vicenda e indebolendo il film, anche per una trama un po' forzata nella seconda parte. Grandi Bogarde e Rampling.
Amore tormentato ed impossibile, dislocato nell'arco temporale di fine Anni Cinquanta. Tra anticipazioni del nazi-erotico e pre-visioni da "sindrome di Stoccolma", poi approfondite nel duetto di Visconti junior (La orca e seguito), la Cavani valorizza un cast eccellente, al pari del comparto tecnico (eccezionali le musiche di Danièle Paris). Al confronto con quella qui presentata , la coppia di Ultimo tango a Parigi sembra animata da azioni platoniche. Anche questa pellicola, infatti, al pari di quella diretta da Bertolucci, scatenò a suo tempo una ridda di indignazioni censorie.
MEMORABILE: La possessione della donna, in tenuta nazista, passata dal ruolo di vittima a quello di carnefice: scena bersagliata dalla censura.
Film di Liliana Cavani molto ambiguo, anche se devo ammettere che l'interpretazione del duo Charlotte Rampling-Dirk Bogarde è perfetto e la regia al limite dell'ottimo. Un film che ha fatto giustamente discutere ma che artisticamente parlando è da apprezzare.
Opera controversa e indiscutibilmente attraente di Liliana Cavani, mostra fino a quanto può spingere alla distruzione, sebbene purificatrice, un amore insano e torbido nato tra un ufficiale delle SS e la sua vittima, incontrata anni dopo la fine della guerra. Attori esemplari e perfettamente aderenti al ruolo, il film è anche merito loro. Sado-masochismo d'autore...
Vienna 1957: l'inizio evoca l'incubo dell'olocausto con la Rampling che interpreta un personaggio dal quale puoi aspettarti qualsiasi tipo di reazione o iniziativa. Inizia in seguito quel rapporto tra vittima e carnefice che suscitò a suo tempo così tanto clamore ma che non mi ha dato l'impressione di un forte coinvolgimento. Verso il finale il film comincia ad assumere i contorni della "mattonata"...
Insieme all'Ultimo tango è sicuramente il mio personal cult. Rivisto oggi e pensandoci su, sembra un sequel del Salò (anche se gli è precedente), con quel rapporto viscerale tra vittima e carnefice così denso e allucinato. La Rampling fa il paio con la Jane Birkin di Je t'aime moi non plus e Bogarde risulta glaciale come nel Servo. Grande regia d'interni della dea Cavani, con riminiscenze polanskiane. Tanfo di morte che si respira a ogni inquadratura. Straordinaria luce funerea di Alfio Contini. Finale raggelante e spietato. Capolavoro assoluto.
MEMORABILE: I flashback con la Rampling deportata, la vestaglia da lei indossata; il "musical" per i gerarchi nazisti; il "processo" dei camerati; il finale.
Il famoso film della Cavani. Mezza delusione, fa più effetto il Cavani centravanti. Mi è piaciuta l'interpretazione di Bogarde che modula bene il suo personaggio e quando gioca a rimpiattino con gli altri nazisti. Nel rapporto con la Rampling ho sentito tanto deja vu e la regia nel complesso non mi ha coinvolto: troppi interni, troppa attesa. Concediamogli un "non male", anche considerando il suo valore iconico.
MEMORABILE: Bogarde fa il saluto nazista per scherzo e gli altri lo seguono sul serio.
La Cavani con questo film "cercava una spiegazione all'ambiguità della natura umana". La trova con una storia controversa e coraggiosa, che dipana lentamente passato e motivazioni dei personaggi, per finire nel mutamento della trasgressione in passione melodrammatica. La Rampling ha sfruttato la sua bellezza malinconica per un ruolo che ancora la caratterizza. Buona la cura registica.
Una delle tante - e non sempre "pulite" - facce dell'amore, sempre che di amore si tratti. Ciò che ha vissuto durante la prigionia evidentemente ha lasciato un segno profondo in Lucia, tanto che dopo dodici anni, nonostante viva in America e appartenga alla società bene, le è bastato incontrare il suo amante-aguzzino per ripiombare in un passato pieno di ombre. La Cavani tenta di sondare l'animo umano affidandosi a immagini di effetto e alle eccellenti interpretazioni dei protagonisti, dilatando però eccessivamente i tempi. Ottima soundtrack.
Depurato delle polemiche che suscitò al tempo della sua uscita, cosa resta della più famosa opera di C.? Una storia morbosa, moralmente inaccettabile per come tira in ballo i campi di sterminio per mostrare l'origine di un rapporto vittima/carnefice poi nobilitato dalla passione all'insegna del melodrammatico binomio amore e morte. Se discutibili risultano regia e sceneggiatura, sono invece indiscutibili il talento, il fascino, la sensualità perturbante di Bogarde e Rampling, come buona la prova del resto del cast ed efficace l'ambientazione in una Vienna livida e omertosa.
Ex aguzzino nazista ritrova nel ’57 a Vienna l’ebrea con cui ebbe un rapporto sadomaso. Prima parte incentrata sulle dinamiche postguerra che spiega bene i ruoli dei nazisti che vivono nell’ombra, di coloro che cercano una redenzione o di chi vuole eliminare le prove. Nel prosieguo, il rapporto tra i protagonisti ha poca empatia morbosa e l’isolamento è poco efficace. Bogarde eccellente nelle espressioni, la Rampling passa da angelo nel lager a fatalona nevrotica. Ottima fotografia e notevole l'uso degli esterni.
MEMORABILE: La Rampling che canta in tedesco col berretto da nazista e bretelle; Il ballerino che danza tra i nazisti; La Rampling che parla da sotto il tavolo.
A fare il film, più che il soggetto (per l'epoca) scabroso e la sinistra affinità tra i protagonisti, sono certo le ambientazioni viennesi: cupe, plumbee, marcescenti, da fine époque, sono il contrappunto perfetto all'ambiguo rapporto fra vittima e carnefice e, soprattutto, riflettono alla perfezione la perpetua transizione in cui si trovano a nascondersi i personaggi, smarriti tra vergogne postume, labilità esistenziale e autodifesa. In questo la scelta della Cavani, che firma una regia per il resto non memorabile, vale da sola mezzo punto.
Liliana Cavani racconta una storia che si ambienta nel periodo post nazista e che coinvolge protagonisti di quell'orribile periodo, sia colpevoli che vittime, in un mix di tensione visiva e sessuale. Non era facile realizzare un film complesso come questo, ma la regista riesce a superare tutte le difficoltà che la storia presenta concentrandosi sulle emozioni e sui rapporti morbosi tra i personaggi. Meravigliosi Bogarde e la Rampling, ottima la colonna sonora penetrante e la fotografia cangiante tra presente e passato che valorizza gli stati d'animo. Grande cinema.
Repulsione, angosce morali, torbida seduzione, abbandono alla libido: una degradante tragedia carnale in cui i confini tra vittima e carnefice, amore e lussuria, dolore e piacere, bene e male, sono provocatoriamente fumosi. Benché le sequenze nazisploitative occupino una percentuale ridotta del girato, l'opera cavaniana resta un importante esponente "d'essai" dell'erossvastika, tracciando un viottolo di congiunzione fra gli abbozzi di straniante esibizionismo di Visconti e lo sfavillio di ultraestetica porcelloneria di Brass. La crudezza delle scene clou ripaga dei momenti di stanca.
MEMORABILE: La Rampling nuda sotto tiro; Il numero canoro della Rampling-Dietrich con sorpresina finale alla Salomè; Il bicchiere rotto; Il vasetto di marmellata.
Lento e a tratti anche prolisso. È comunque un'opera fatta anche da lampi di innegabile autoreferenzialità. E oltre questo incredibile miscuglio, regna la fascinazione verso il male (qui rappresentato velatamente dal nazionalsocialismo), verso il rifiuto della gerarchia dei ruoli, verso il senso di colpa che diventa veicolo di eccitazione, che spiana la strada a una relazione morbosa e incredibilmente ambigua tra carnefice e vittima (una sorta di Sindrome di Stoccolma). Elegante nella confezione e anche nelle riprese (fatte da entusiasmanti e infiniti piani sequenza).
MEMORABILE: La lunga scena di sesso tra Maximilian e Lucia sul pavimento; La scena di danza
Un ex ufficiale delle SS e un'ebrea divenuta sua schiava sessuale nei campi di concentramento si rincontrano e riconoscono molti anni dopo a Vienna. Il passato torna inevitabilmente a galla. Memorabili la Rampling e Bogarde e buona fotografia di Alfio Contini che restituisce l'immagine di una città algida e ostile. Meno bene il tema della genesi del rapporto vittima-carnefice, sviluppato in modo troppo superficiale (almeno nella versione televisiva). L'argomento, delicato in generale, lo diventa in particolare se la storia narrata tratta tematiche come quelle relative all'Olocausto.
Nella re-visione gli elementi di scandalo conclamato (la relazione scopertamente masochistica Lucia/Max, le immagini divenute, ex post, fin troppo "cool" della Rampling in berretto da SS e bretelle) si relegano piuttosto sullo sfondo, lasciando emergere invece aspetti più morbosamente contraddittori e sottilmente perturbanti, quali il perversamente burocratico processo di occultamento dell'eredità nazista messo a punto da Ferzetti e soci, cui il perpetuarsi del rapporto di reciprocità vittima carnefice tra i due protagonisti contravviene, rendendolo ancora manifesto e inobliabile.
MEMORABILE: Le performance recitative di Bogarde e della Rampling; Il rapporto sessuale nella camera diventata ormai lager con Lucia sopra Max, dominante.
Non emette un solo raggio di luce e ogni cosa al suo interno si offusca di una patina livida e grigia che trasmette sensazioni disagianti. Il rapporto tra i due protagonisti rappresenta il perno centrale che riassume le contraddizioni più estreme che possano essere concepite in un rapporto di coppia. Si distinguono diverse chiavi di lettura, nessuna delle quali rassicurante e pesantemente macchiate dalla strabordante morbosità di cui si fregia. Un’opera destinata a dividere in due i giudizi; di certo non una passeggiata di piacere e non esattamente adatto a tutti.
Ex-ufficiale nazista che lavora come portiere in un albergo di Vienna, incontra per caso una sopravvissuta ai campi di sterminio di cui era stato l’aguzzino. I ricordi riaccendo la loro insana e perversa passione. Il miglior film della Cavani, assurdamente accusato di essere nazi-chic e di sfruttare il dramma dell’Olocausto per fini erotici. L'erostismo esplicito è limitato e prevale piuttosto la riflessione sui ruoli intercambiabili di vittima e carnefice. Buona anche la sottotrama gialla, con gli ex-nazisti impegnati a eleminare testimoni scomodi. Borgade è al livello del Servo.
MEMORABILE: La Rampling a torso nudo con le bretelle; A pesca con l'italiano Mario; Leroy con il monocolo; Le richieste sessuali della Contessa.
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Attenzione che la versione V.M.14 presenta alcuni tagli. Il film invatti uscì al cinema, con benestare 64254 del 4 Aprile 1974, col divieto ai minori di 18 anni (lunghezza pellicola 3125m). Ottenne poi in seguito, benestare 79001 del 18 Aprile 1984, il divieto ai minori di 14 previa esecuzione di alcuni tagli (lunghezza pellicola 3042). Sicuramente in TV passa questa seconda versione. Non so quale sia invece la situazione in dvd.
Per dettagli sui nulla osta (e relativi tagli) vedere il sito di Italiataglia.
Le durate segnalate su Wikipedia sono affidabili come il mio conto in banca, quelle di IMDB sempre fare scarto NTSC/PAL
Attenzione però, perchè non vorrei che la revisione con tagli (del 1984) sia riferita alla messa in onda televisiva in Prima visone (vedi flanetto di Tv Sorrisi e Canzoni in curiosità)
Il buon Deep mi comunica che il dvd dura 113' (stessa durata della vhs Deltavideo)
Sarebbe curioso (se non fosse per la versione televisiva andata in onda nel 1984 su Canale 5) quali tagli avrebbero apportato (eppoi confrontare la vhs)
Il buon Deep mi informa altresì che il metraggio cut di italiataglia dura 108', mentre l'uncut 113' (stessa durata della versione vhs e dvd) e mi fornisce una lista dei tagli apportati, tutte scene che sono presenti nella vhs Deltavideo
Quindi, se faccio due conti, credo che sia la vhs Deltavideo che il dvd Luce/General sia uncut.
Una piccola aggiunta: controllando bene i metraggi di Italia taglia, l'edizione approvata in censura nel 1974 col VM18 durerebbe addirittura meno dei 113' a 25fps delle edizioni homevideo:
114'a 24fps, ovvero 110' a 25fps.
Questo non implica per forza che la copia-censura scorciasse dettagli exploitation o cose simili, ma ci conferma l'assoluta integralità delle edizioni homevideo del film.
HomevideoRocchiola • 7/02/25 10:45 Call center Davinotti - 1318 interventi
Resta da capire se il bluray spagnolo utilizza la versione del film restaurata nel 2018 sotto la personale supervisione della Cavani stessa e se è un prodotto ufficiale, visto che sulla copertina non appare nessun marchio specifico (chi è l'editore?). Purtroppo è l'unico BD con audio italiano, io ho preso quello inglese della Cult Films convinto che avesse la traccia audio italiana ed invece non c'era. Comunque il master utilizzata dalla Cult films è lo stesso del DVD italiano dell'Istituto Luce che fra l'altro ha la stessa copertina del BD americano Criterion anch'esso recante il master restaurato suddetto.
Il DVD italiano è senza dubbio la miglior versione home-video di questo film disponibile nel nostro paese dove non è uscito in bluray, però il restauro non mi ha soddisfatto pienamente. Le immagini sono pulite ma hanno una definizione piuttosto blanda, forse dipende dal girato originario, ma in definitiva mi sarei aspettato un maggior dettaglio. Formato panoramico corretto 1.85, durata del DVD circa 113 minuti come indicato sul retro della copertina.