Rosa, sul letto di morte di sua madre, le giura che accudirà il padre (Fernando Rey) rimanendo casta e pura fino alla di lui dipartita. Vent'anni dopo Rosa (Laura Antonelli) è cresciuta e le turbe psichiche dovute alla prolungata astinenza sessuale di una villa in cui tutti se la spassano allegramente si fanno pressanti. Il film di Salvatore Samperi è tutto qui: una commedia dominata da una Antonelli dall'espressione perennemente assente che di fatto lascia la scena a Fernando Rey e Massimo Ranieri, veri protagonisti “attivi” del film. Le altre (molti i caratteristi) sono solo presenze di passaggio, che fanno parte dello squallido contorno. E dispiace dover annoverare...Leggi tutto tra loro un giovane Christian De Sica, che compare qua e là senza mai incidere. Anche perché la sceneggiatura non gliene dà proprio la possibilità. A lui come agli altri. Seguendo la scia di commedie (solitamente d’ambiente siciliano) di norma meglio strutturate, CASTA E PURA non riesce mai ad essere né divertente né coinvolgente, in parte per colpa di un Samperi demotivato, evidentemente, che però con un soggetto e una sceneggiatura tanto scadenti (opera della coppia Bruno di Geronimo e Ottavio Jemma) forse non molto di più poteva fare. Una coproduzione italo-franco-spagnola (i francesi ci danno il figlio in fregola e la sua fresca mogliettina) di modestissima qualità, confezionata con stimabile professionalità ma terribilmente vacua. De Sica sprecato.
Analisi spietata, più che erotica (o ironica) sul patriarcato tipico d'una certa mentalità religiosa e meridionale: il padre padrone, insomma, per il quale ciò che più conta è conservare un po' di terreno, il casolare e qualche soldo. Anche sacrificare la vita (sessuale) della figlia Rosa (una morbida e commovente Laura Antonelli) è un dovere pur di rispettare un voto fatto sul letto di morte della madre. Bravo Massimo Ranieri nel ruolo di incestuoso. Curioso: la figura più positiva, umana e clemente è quella cattolica, rappresentata dal bravo Cannavale, qua in un ruolo umanamente elogiabile.
Samperi, il cui nome è da sempre associato a Malizia, torna a mettere in scena vizi e peccati di una famiglia meridionale, in questo caso migrata nel Veneto cattolico. Piuttosto piatto e poco originale, gioca tutto sui grossi nomi del cast - da citare almeno Ranieri e il buñueliano Rey - e soprattutto sull'aspetto erotico: la Antonelli nei suoi tormenti sessuali e in una carnevalesca orgia tra Fellini e Brass e la Fabrizi con le sue mutandine trasparenti. Irrilevante il lato commedia rappresentato da De Sica, Cappuccio e Di Pinto.
Brutto oltre le scarse aspettative. Lo spirito antiborghese e antitradizionale di Samperi cerca il grottesco ma trova il grossolano (si pensi al bacio dopo il matrimonio). Curiosamente la vicenda narrata da un antireligioso mette sul piatto positivo quasi esclusivamente il sacerdote, reso con simpatica freschezza da Enzo Cannavale, ma è forse l'unica vera originalità del film. Cast sprecatissimo, con terribili tentativi, qua e là, di commedia, perfino con padellate in faccia. Callipigia Valeria Fabrizi. Evitabile senza problemi (forse, addirittura, con profitto).
Film che gli over 35 ricordano come motivo di interesse soltanto perché ai tempi della sua uscita si era ben lungi dalle fantasmagorie di internet e la Antonelli rappresentava "una tempesta ormonale" sin dalla lettura della programmazione di ogni sua pellicola sui gironaletti dell'epoca. L'attesa della sua svestizione sotto lo sguardo maligno del diavolo Ranieri rimane storica, la perenne presenza delle calze come baluardo ultimo rendono a tratti quasi feticistica la sua presenza maliarda. Ma, per il resto il film non esiste, peccato...
MEMORABILE: La Antonelli ripete a Cannavale prete che prova una "oscura sensazione di piacere"...
Tra le più brutte e noiose commedie erotiche che il sottoscritto abbia mai visto. Tutto sa di spento, svogliato, blando. Persino la Antonelli scarseggia; salvo solo Cannavale e la simpatica colonna sonora. Per il resto, come detto, un film blando e mortalmente noioso: difficile arrivare alla fine.
Girato in un periodo in cui erano di mode le saghe familiari pseudo-borghesi. Qui abbiamo un patriarca semi rimbecillito (Fernando Rey), la figlia ancora vergine a 40 anni ma con voglie nascoste (Laura Antonelli) e il cugino simpatico e mascalzone (Massimo Ranieri). Film che si trascina stancamente con qualche scena di nudo della protagonista e con un'assurda festa in maschera stile "Antica Roma" nel finale, dove tutti o quasi danno il peggio. Anche il giovane De Sica si lascia trascinare nella mediocrità.
Film caricatura (eccessiva) della classe borghese-meridionale fortemente religiosa, piena di vizi e priva di virtù. Un giovanissimo De Sica strappa qualche risata, bravo Cannavale nella parte del prete "moderno", impagabile la scena in cui la Antonelli corre per i prati con il seno di fuori inseguita da un Massimo Ranieri travestito da guerriero barbaro. Il massimo del trash.
Molto divertente. Trionfo delle forme della Antonelli, ben supportata da uno stuolo di ottimi comprimari e caratteristi (e anche quando non ottimi ben utilizzati, vedi Crocitti o l'altrove detestabile Capuccio), per una trama libertaria e libertina che ricorda da vicino certi Brass successivi. De Sica già in forma per i successi vanziniani.
In una villa nel Veneto si narrano le vicende maliziose-economiche di una famiglia sicula. La solita dose di peccati di famiglia narrati con stile inquieto che culminano con la baracconata della festa in costume (si raggiungono notevoli apici di trash). Sempre accattivante l'Antonelli, ma non salva la baracca.
Tremendo; fosse stato scritto da Milizia e interpretato dalla Fenech sarebbe riuscito indubbiamente meglio. Le velleità di critica alla famiglia che trovavamo in Grazie zia qui son fuffa per fornire materia pruriginosa (neanche tanto poi). Inverosimie la Antonelli (com'è bella, però) come repressa figlia-serva. Sceneggiatura abborracciata, macchiette che verran meglio sbozzate in Liquirizia, richiami in 16mo da Malizia, molta volgarità e approssimazione. Alla frettolosa rinascita di Rosa nessuno può crederci, tanto è sbrigativa.
MEMORABILE: La ridicola festa dei barbari con un Di Pinto con tettone.
Una conferma che accoppiate vincenti del passato (Samperi/Antonelli) non sono sinonimo di garanzia per prodotti sempre all'altezza. Questa commedia che, oltre ai già nominati, vede un cast piuttosto ricco di macchiette ma anche di validi caratteristi, ha il punto debole in una sceneggiatura che, pur avendone le occasioni, non spinge mai a fondo per prendere il meglio dai protagonisti, specie dalla Antonelli, capace di ben altre interpretazioni. Emergono così un Rey troppo presente e Cannavale in una piccola ma incisiva parte. Grossolano.
Famiglia sicula in Veneto, patriarcato, repressione e devianze sessuali su sfondo borghese per questa sorta di commedia erotica che di sexy ha ben poco; nemmeno il messaggio contro certa ipocrisia è reso con efficacia, risultando un accumulo di scenette che non colpiscono mai nel segno, né dal punto di vista pruriginoso, né da quello prettamente "sociologico". Ne esce un quadretto di provincia fuori fuoco, con la Antonelli e il resto del cast in balia di una sceneggiatura mal scritta che relega a mero contorno De Sica, lasciando i soli Ranieri, Rey e Cannavale a distinguersi.
Salvatore Samperi ripropone uno dei suoi temi preferiti (libertinaggio e repressione sessuale nella borghesia veneta) e anche la sua attrice feticcio, una Laura Antonelli che praticamente regge su di sé il peso di tutto il film. E' una commedia, ma la perversione dei maschi (in particolare di Fernando Rey) va oltre e il fermo immagine finale sulla Antonelli in auto è veramente uno spettacolo.
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