Spietato affresco dell'italiano piccolo borghese che, per affiorare dal mare della mediocrità, è disposto a tutto. Anche a costo di perdere gli affetti. Il cinismo messo in scena da Morassi, grazie a una grande interpretazione di Gassman, è senza speranza: il finale in tal senso è esemplificativo. Fortunatamente la pellicola non giudica ed evita di cadere in falsi moralismi.
Siamo dalle parti de Il "boom" di De Sica ma Gassman non è Sordi; perché vendersi un occhio quando c'è tutta una vita fatta di affetti, sogni e amicizie da vendere e a buon prezzo? Quando si riguardano pellicole che hanno più di 40 anni e si ride amaro, si riflette e si gode di cotanto Gassman, salta fuori la banale domanda: perché oggi no...? Consigliata la visione a chi vuole divertirsi senza sentirsi stupido e ai giovani che vogliono scoprire un grande mattatore.
MEMORABILE: Umberto D'Orsi è un ex-compagno di scuola d'antologia.
Un’altra grande, amara commedia sociale nell’Italia degli anni Sessanta: la corsa al denaro, al successo e allo status-symbol diventano un’ossessione che finisce col travolgere amicizie e affetti. Se Gassman domina incontrastato la scena sempre con la battuta pronta, altrettanto valide sono le altre caratterizzazioni: restano impresse particolarmente la Gajoni colf emancipata e il grasso capitalista D’Orsi. La sceneggiatura, fluida e brillante, è opera di Scola e Maccari; alla regia si sente il contributo di Risi, non accreditato..
Godibile certo, pure divertente e con molti momenti azzeccati, ma troppi sono i clichè ed eccessivo il moralismo tanto da condannare il personaggio di Giulio ad un finale di solitudine. Il meglio è rappresentato dalla prova corale degli attori che
risultano tutti perfettamente in parte. Gassman più istrionico che mai (forse un filino troppo).
MEMORABILE: In Banca. Con l'amico camerata-industriale e con quello "maneggione". La cameriera.
Smaccato tentativo di cavalcare l'onda del Sorpasso, appesantito però dal greve didascalismo volto a farne una "vita esemplare", di modo che ognuno occupa esattamente la casella corrispondente al cliché prescritto. Qualcosa va a segno (straordinario Umberto D'Orsi), molto no, e certe sciatterie (il pastore sardo doppiato in siciliano) sono imperdonabili. Gassman fa quello che può, ossia molto. Inconsueta escursione cool-jazz di Morricone.
Il protagonista Giulio è un modesto impiegato il quale, non accontentandosi della suo discreto tenore di vita, tenta di chiudere un affare, pur non avendo disponibilità di liquidi. Il regista si affida alla coppia ben collaudata Gassman -Trintignant, che ci regala vari siparietti che inevitabilmente rimandano al capolavoro di Risi. Film che ha molti punti in comune con il coevo Boom di De Sica.
Qualcuno, nell'ambiente del cinema, disse che Dino Risi con un film ci azzeccava e con l'altro no. Questo mi pare sia appunto il caso. "Il sorpasso" fu un grande successo e occorreva riprovarci, un po' come faceva Nino Rota (il grande Nino Rota, che io adoro), che non buttavia via una buona idea fino a che non fosse usata fino allo stremo. Il film è sciatto, greve, prevedibile, quasi angosciante nel suo andare verso l'ineluttabile rovina del protagonista, che nell'altro film l'aveva scampata.
Un film con un Gassman di grandissimo livello dove nella prima parte (molto più da commedia rispetto alla seconda) infila una serie di battute e situazioni divertentissime (fantastica la tripla figuraccia consecutiva alla festa). Il film poi cambia un po' il registro diventando quasi amaro perdendo qualcosa nel travolgente Gassman ma rimanendo di buon livello con un bel finale sulle note di "Come te non c'è nessuno" della Pavone.
Amara commedia, sulla scia del Boom ma con molta più cattiveria: Gassman infatti, se all'inizio non accetta compromessi e manda tutti a quel paese, capisce presto che per diventare ricchi bisogna rinunciare a qualcosa, in questo caso affetti e orgoglio. Ottimi i dialoghi, superba la prova del protagonista, così come di tutti i caratteristi che affollano la vicenda (su tutti D'Orsi compagno di scuola). Finale prevedibile ma necessario.
La smania di successo e di denaro da parte di un modesto impiegato negli anni del cosiddetto boom è incarnata dagli eccessi istrionici/magistrali del "solito" Gassman dalla battuta facile a 'mo di sfottò e la faccia tosta tipica di una certa romanità. L’accoppiata Gassman-Trintignant qui assume un tono notevolmente meno rilevante rispetto a Il sorpasso, con cui il film ha ben poco in comune a partire dal fatto che questa è una discreta commedia di costume ben lungi dall'aura di capolavoro del film di derivazione.
Non è ancora sfumata l'emozione per Il sorpasso di Risi (1962) che Morassi, un anno dopo, si appropria dei due protagonisti Gassmann e Trintignant per girare un film senza dubbio interessante ma con un'eredità troppo pesante per potere esplodere in tutta la sua reale forza narrativa. Ne risulta una commedia già vista e rivista con un finale che lascia solo dell'amaro in bocca. I due protagonisti sono un po' vittime del loro essere come sono, ossia un Gassmann dominante contro un Trintignant a volte troppo sottomesso. Nihil sub sole novi.
Ennesima farsa documentaristica sul ceto medio italiano travolto dal boom economico: Gassman sa costruire un personaggio assai distante dagli analoghi sordiani, meno spregiudicato ("ruba", suggerisce a un collega di ufficio, ma poi si rifiuta di farsi coinvolgere in attività illegali quando ne ha l'occasione) e più dignitoso (la prima volta che ha intenzione di chiedere un prestito all'ex-compagno di scuola ci rinuncia per non dargli soddisfazione). Finale inevitabilmente moralista (del resto anche quello del Sorpasso lo era) ma non posticcio.
Chiaro tentativo di ripetere i successi del Sorpasso chiamando in causa la coppia Gassman/Trintignant; del film precedente mancano spontaneità e freschezza mentre abbonda la professionalità di Vittorio, più impegnato del solito a sopperire una regia non proprio eccelsa che si salva quando Risi prende in mano la situazione. Con qualche germe di In nome del popolo italiano, sordiano in alcuni punti, si può vedere.
MEMORABILE: "Figurati se voglio litigare con l'unico amico che c'ho", "Adesso che sei ricco ne avrai tanti".
Come ricognizione sociale dell'era del boom è piuttosto angusta, limitandosi a registrare una parabola individuale. Il concerto di attori e caratteristi è, invece, davvero grande: ciò che il film perde nell'oggettività storica guadagna nell'evocazione di un'Italia cialtrona, arrivista e ignorante; e lo fa proprio grazie alle finezze interpretative: da Gassman, ovviamente, a tratti incontenibile (favolosa la sua tripla figuraccia), a D'Orsi, Moschin sino a una simpatica Gaioni. Un po' sottovalutato.
Difficile trovare altri aggettivi per Gassman, qui mattatore assoluto grazie anche a una sceneggiatura molto divertente, soprattutto nella prima parte, ma tutto il cast è all'altezza: la cameriera Gaioni (indimenticabile Ilona in Willy Signori) che butta il formaggio sardo perché ha i vermi, l'imprenditore fascista D'Orsi (colui che chiamerà coglionazzo Fantozzi) che qui intesta un assegno "al camerata" Gassman. Garrone e Moschin poi non hanno bisogno di presentazioni. Si ride spesso di gusto (geniale l'idea della patata d'oro). Finale amaro.
Ingiustamente sottovalutato, in realtà funziona soprattutto perché riprende la coppia di protagonisti che tanto bene aveva fatto nel Sorpasso (mantenendone i tratti caratteriali): spaccone e arrivista Gassman, timido e introverso Trintignant, trasportati in questa parabola sulla scalata sociale e sui compromessi necessari per arrivare a un finale fra i più amari del genere. Ottime le seconde linee (Garrone, D'Orsi) e altrettanto le terze, con tantissimi nomi d'eccezione (Trieste, Moschin, Doro e molti altri) che nobilitano ulteriormente il risultato finale.
MEMORABILE: "Lo sai, mi sono ricordato come ti chiamavano a scuola. Ti chiamavamo... faccia di c*lo".
Un buon lavoro, una moglie innamorata, un vero amico: il protagonista non si accontenta, divorato com'è dalla voglia di arricchirsi. Così, per procurarsi i soldi per una speculazione immobiliare, perde la dignità e il rispetto di quelli che gli sono vicini... Inevitabile il confronto con Il sorpasso, ma la trama si avvicina più a quella del Boom con Sordi; anche se in modo meno brillante, anche questo film offre un ritratto impietoso di un certo ambiente sociale e del prezzo del successo. Gli attori offrono prove valide anche nei ruoli minori, seppure Gassman ecceda in istrionismo.
Nuova stordente iniezione critica di Risi, con Morassi, al filone del Boom. Il (gran) Gassman di questo film è dioscuro del Bruno del Sorpasso: epicureo il secondo, stoico il primo, più vicino all'imprenditore montaldiano di Una bella grinta che al disperato Sordi zavattiniano. Scola e Maccari, psicologi instancabili, producono ruoli a cui non manca nulla e a cui tengono testa Trintignant e soprattutto la Aimè, oltre ai secondari-decisivi rifiniti nei personaggi di Garrone e D'Orsi. Colonna sonora smagliante.
MEMORABILE: Giulio-Gassman a Giancarlo-Garrone: "Ora devo proprio andare ho la vacca che mi corre ad Agnano!"; La tripla gaffe di Giulio col padrone della villa.
Funzionario immobiliare chiede un prestito per un affare. Critica agli anni del boom senza enfatizzare il Dio denaro ma per avere più benessere economico. In sceneggiatura la commedia è prevalente e tutti i tentativi di Gassman (qualche volta sopra le righe ma anche lasciato solo) di avere la somma necessaria spaziano tra il divertente e il dramma dell'umiliazione. L'ultima parte serve a raccontare le conseguenze matrimoniali e amicali ed è in stile agrodolce. Trintignant ha solo un ruolo marginale ma le altre seconde linee danno un discreto apporto, nelle varie situazioni.
MEMORABILE: La figuraccia col padrone di casa; I soldi falsi; In banca; L'adulterio con la contessa; La cameriera.
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Come molti sanno, Dino Risi ha diretto - non accreditato - più di metà del film.
E' possibile inserire questa informazione nella scheda?
DiscussioneZender • 2/08/11 07:42 Capo scrivano - 47189 interventi
Sì, fatto.
DiscussioneRufus68 • 28/09/17 18:50 Contatti col mondo - 218 interventi
Salve a tutti,
ho recentemente visionato (un po' in fretta a dire la verità: ero in casa di amici) il DVD del film.
Mi sembra non fosse presente la scena con Gastone Moschin al cantiere.
Qualcuno può confermare la falla oppure mi sono sbagliato in pieno?
Grazie