Una commedia che pare arrivata in ritardo di minimo un decennio. Non solo per Rita Pavone che canta e balla come se avesse vent'anni, non solo per un comico “anacronistico” come Macario (soprattutto in un ruolo del genere)... Mario Carotenuto editore musicale bizzoso ricorda i film con gli urlatori, il soggetto pare uscito da un vecchio film di Totò (e Gianni Agus che fa il dottor Tagliolini il cui cognome viene costantemente storpiato da Macario ricorda tanto Zozzogno e le altre “vittime” del Principe). Il set principale è una pensione romana gestita da un'eccentrica signora (Margherita Fumero) in...Leggi tutto cui il professor Savoia, violinista fallito, rischia ogni giorno di venire sbattuto fuori per morosità. L'arrivo dell'esuberante Mimma (Pavone), aspirante showgirl truffata da uno degli inquilini, cambierà la vita al professore, che deciderà di diventarne una specie di pigmalione arrivando a decidere per lei in quello che si trasformerà in un lungo (e abbastanza ipocrita) apologo contro il successo. Macario sa ancora essere divertente (pur se nei Settanta è chiaramente un pesce fuor d'acqua), ma il film - ovviamente riempito da almeno tre interventi canori della Pavone - è più che altro patetico o al massimo commovente, senza saper mai uscire da un bozzettismo annegato nei buoni sentimenti (il finale è addirittura irritante, in questo senso). Allora molto meglio il feroce Totò di RITA, LA FIGLIA AMERICANA, che con la Pavone interagiva castigandone i costumi.
Se la commedia in teatro aveva giustamente ottenuto grande successo, questa trasposizione cinematografica risulta alquanto triste. La vicenda, adattissima alla magia del palcoscenico, inquadrata in un contesto concreto come il cinema, dove gli esterni sono veramente girati in esterna, denuncia tutta la sua inverosimiglianza e il suo vecchiume. La professionalità di Macario, Rita Pavone, Carotenuto e Agus è fuori discussione, ma di questo film proprio non si avvertiva la necessità.
Patetico e datatissimo filmetto che Amendola trasse da un suo omonimo e abbastanza fortunato musical teatrale. Tradotta sullo schermo, la vicenda mostra (come i suoi protagonisti) gli impietosi segni del tempo (già nel 1975) con situazioni e dialoghi più imbarazzanti che irritanti nel loro finto candore. La stramba accoppiata Macario - Pavone cerca di dare un po’ di verve alla vicenda ma il tutto scivola inesorabilmente nella più vieta banalità, aggravata da un desolante humus qualunquistico.
MEMORABILE: Le folli argomentazioni con cui Macario convince il dirigente RAI a rifiutare la scrittura a Rita.
Commedia con pochi acuti, sdolcinata all'inverosimile, spreco di talenti, veri, in un tripudio di battutacce senza forza. Chi mai vedrà, saprà. Una coppia così malassortita non me la ricordo. Il grande Macario non trasmette. Una menzione per il figlio Alberto, perfettamente in linea con il resto del film.
Canto del cigno, almeno dal punto di vista cinematografico, del simpatico attore Erminio Macario, che porta una delle sue commedia teatrali al cinema, richiamando con sé anche Rita Pavone e la fidata Margherita Fumero. Purtroppo Macario non è Edoardo de Filippo (che poteva permettersi di portare al cinema le sue opere teatrali, cadendo sempre in piedi) e lo si vede. Forse il fatto è che Macario, nonostante le numerose commedie con Totò, è sempre stato un "animale da palcoscenico", non da cinema. Buon cast, non c'è dubbio, ma non basta.
Film nato vecchissimo all'epoca, incredibile da vedere oggi. Recitato male, diretto senza nerbo, si salvano qua e là piccoli guizzi di Carotenuto (ma la parte in ascensore è tremenda) o di Agus (idem, però, per il suo incontro con Macario). Il duo Macario-Pavone, con lui dalla parlata lentissima e lei dalla chiacchiera iperveloce, è tra i meno riusciti mai visti al cinema. Il folle "deus ex machina finale" (la finta operazione) affossa il tutto inesorabilmente: *
Una commedia garbata, dallo stile molto farsesco e dalla comicità vecchio stile, che ha dalla sua un bel ritmo e varie battute indovinate. Certo la trama non è granché e il trionfo dei buoni sentimenti è scontatissimo, ma la bravura di Macario e i suoi tempi comici ancora perfettamente intatti fanno la differenza. Sue le battute migliori, soprattutto nella seconda parte più effervescente, in un personaggio che gli calza a pennello. Brava anche la Pavone, seppure un po' troppo sopra le righe e ottimi i comprimari. Da vedere.
Triste commiato dal cinema per Erminio Macario, il comico torinese che prima di diventare la spalla di Totò qualcosa di buono al cinema l'aveva fatta. Qui la coppia sabauda composta da lui e da Rita Pavone è straordinariamente moscia e irritante, la regia è assente e anche i vecchi caratteristi come Luca Sportelli e Mario Carotenuto si accodano al clima generale di disarmo. Terribile.
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Mai uscito in dvd (a differenza della versione teatrale uscita in edicola per la serie Tutto Macario), è stato piu volte trasmesso dalle reti Mediaset, e poi proposto su Infinity.