Dopo i buoni risultati ottenuti col secondo ECCEZZZIUNALE... VERAMENTE i Vanzina ci riprovano e decidono di recuperare l'Abatantuono terrunciello per confrontarsi nientemeno che con ATTILA, ovvero l'apoteosi del Diego prima maniera. Qui siamo nel futuro invece che nel passato, ma è palese che la rievocazione del mondo barbaro viene solo filtrata da un futuro postatomico per poter restituire ad Abatantuono il terreno ideale sul quale tornare a fare il capobranco di un'armata Brancaleone allo sbaraglio. I Vanzina però non sono...Leggi tutto Castellano & Pipolo, e così il film acquista una sua sceneggiatura avventurosa che non accetta di limitarsi a creare situazioni comiche sulle quali improvvisare (come fu per ATTILA) ma cerca di costruire una storia (un road movie, in definitiva) ben precisa modellata blandamente sull'impresa di Garibaldi e i suoi Mille. Nel 2061 l'italia è tornata ad essere divisa: i longobardi (padani) al Nord, i toscani e gli emiliani al centro, giù il Vaticano e il Sud, conquistato dagli africani (l'azione comincia a Cefalubad). Da qui i patrioti guidati dal professor Maroncelli (Abatantuono) dovran risalire fino a Torino. Con il capo ci sono il simpatico "grosso" (Stefano Chiodaroli) e il suo compare rintronato (Dino Abbrescia), un gay (Jonathan del Grande Fratello), una divertente prostituta (Sabrina Impacciatore) e soprattutto il barese, la spalla migliore (Emilio Solfrizzi, impagabile nelle scenette "familiari"). Purtroppo, oggi come allora, si ride per gli sketch singoli, che qui vengono troppo spesso soffocati dalla trama inutilmente articolata. Diego appare meno mattatore del solito, poco convinto nonostante lo spazio lasciatogli (cofirma la sceneggiatura) e l'ancora spiccatissimo senso dell'umorismo applicato all'improvvisazione verbale. E poi si ingrana troppo tardi: la prima mezz'ora è terribile o quasi. Grande parata di caratteristi come nella migliore tradizione Vanzina (Ceccherini e il defilato Paci in Toscana son forse i più spassosi), ma chi accompagna Diego nell'avventura non ha la stessa personalità dei barbari Francesco Salvi o Mauro Di Francesco: tra loro c'è chi sa rendersi insopportabile (i due siciliani che aprono il film), chi non incide (Jonathan), chi semplicemente è vittima di dialoghi deludenti (Chiodaroli e Abbrescia). Insomma, la magia è scomparsa con l'energica vitalità di un tempo, il clima è da commedia povera con un protagonista che par spesso dover recitare così quasi per forza. Per fortuna che spesso ancora si ride (e certi duetti Abatantuono-Solfrizzi sono davvero efficaci) e che in fondo la regia (pur stanca) di Vanzina ha ancora un buon ritmo. Finale fiacco.
È un po' come rivedere Attila venticinque anni dopo e d'altra parte Diego in primis, nel film, non fa che citare il suo old-classic ad ogni piè sospinto. In realtà sembra invece di rivedere, a tratti, i Vanzina dei due A spasso nel tempo, che allestiscono scenette improvvisate col caratterista di turno (vedi Ceccherini in Toscana o un Placido che a Roma sembra quasi sulla strada senza ritorno del buon Brando, eccentrico grand'attore che accettava le parti più singolari e folli). Citazioni a sproposito (il Truffaut di Fahrenheit 451), polveri bagnate.
MEMORABILE: La lunga doppia scena-spot della Nutella, ovvero quando si supera il limite della decenza!
Un film che sarà riscoperto tra 15-20 anni, come è accaduto per Attila Flagello di Dio. Lo spassoso prologo iniziale in cui viene presentata la situazione dell’Italia nel 2061 non mantiene fede al resto del film, in cui non ci sono mai battute simpatiche e lo stuolo di attori (?) è impresentabile. Si regge perché è un film on the road e il drappello iniziale capitanato da Abatantuono, nel suo viaggio lungo l’Italia, incontra altri personaggi che andranno ad unirsi (ma non sempre) al gruppo di partenza.
MEMORABILE: “Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile, la pistola ce la deve dare a lui”. E il prologo con la cartina dell'Italia nel 2061.
È senz'altro l'opera più ambiziosa di Vanzina, un film di "fantascienza" (in realtà è una commedia...) che è un mero pretesto per riesumare il personaggio di Attila di Abatantuono per farne quindi uno psuedo remake. Un viaggio in Italia al contrario del referente, cioè dal sud al nord, per una serie di scenette che satireggiano i regionalismi e compagnia bella. Al di là della sceneggiatura frammentaria, bisogna dire che il film funziona ed è confezionato egregiamente. Zeppo di citazioni, alcune alle rinfusa, vanta però un buon parco attori. Divertente.
Film ben confezionato con ottime scenografie ma per il resto non ci siamo: non si ride quasi mai e come al solito nonostante Abatantuono si impegni non riesce più a fare il "terrunciello" di una volta (e i caratteristi di oggi in confronto a quelli di vent'anni fa sono pietosi).
Il film è un palese tentativo di Vanzina di realizzare una sorta di Armata Brancaleone attualizzato, con l'escamotage di una sorta di neo-medioevo in cui l'Italia si ritrova ad essere nuovamente divisa in staterelli. Purtroppo il regista non è Monicelli e il film si traduce in una serie di sketch spesso poco divertenti su una sceneggiatura infarcita di luoghi comuni (sopratutto geografici) e con pochissimi momenti divertenti affidati alla verve dei singoli attori (specie Abatantuono e Solfrizzi).
Pellicola ultra fuori tempo massimo, con una marmaglia di mediocri e un Abatantuono che finisce per naufragare con tutta la ciurma, nonostante qua e là riesca a far sorridere col suo linguaggio ("Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile, la pistola ce la deve dare a lui". "La medusa all'incuine!". "Monnezza d'Ampezzo, la montagna di rifiuti più alta d'Italia"). E c'è pure un momento semi-serio e una storiella d'amore (ma per favore!). Un patetico ritorno al passato pressochè inutile.
MEMORABILE: Il nero del sultanato delle 2 Sicilie che zappa e canta: "Oh mamma mi vogghio maritare". "Non siam mica qui a mettere i canditi nel panettone".
Peccato, peccato, peccato. Peccato perché uno spunto così (non sarà il massimo dell'originalità, ma con l'idea di base - l'Italia spezzata in tronconi - si potava fare molto meglio); non si butta con simili dialoghi (quante battute si possono fare giocando col nome - Unna - della protagonista?), simili comprimari (Jonathan, perchè? Ridateci i Mario Brega!) e così tante freddure. Peccato per Abatantuono, che i suoi colpi li tira fuori, ma anche lui non riesce a salvare un film con un buon soggetto sviluppato in una sceneggiatura scritta davvero male.
L'idea di partenza non era affatto male, e poteva svilupparsi in un'ottima commedia; ma purtroppo il film paga una sceneggiatura davvero tremenda e delle battute che non fanno ridere praticamente mai (Abatantuono non dovrebbe cosceneggiare ma limitarsi alla recitazione). Manca del tutto quella sana cattiveria che il soggetto avrebbe richiesto, e c'è da dispiacersi davvero per tutte le occasioni non sfruttate (la Padania stato indipendente, gli islamici che governano il sud...insomma il materiale non mancava). Ennesima vanzinata mediocre.
MEMORABILE: Abatantuono: "Diciamo che ha unito l'utero al dilettevole..."
Stanco remake di "Attila fratello di Dio, cioè flagello di Dio, ma molto amico di Dio". La satira politica non graffia, la satira sociale è ferma alle barzellette. Attori sprecati (Solfrizzi soprattutto) e persino la citazione di Fahrenheit 451. Per dirla alla longobarda, ossignùr.
Mi sembra giusto analizzarlo per quello che è, senza confronti con Attila: una buona storia, fantasiosa e ben sceneggiata (finale a sorpresa), che si avvale di una confezione molto curata, con costumi e scenografia molto apprezzabili. Il punto debole è nel cast: Diego si impegna ma sembra lui il primo a non credere ciecamente nelle potenzialità comiche del suo slang (In Tifosi fece molto meglio) e la sua truppa è composta da mediocri gregari. Tra le varie comparsate Ceccherini si fa preferire a Placido e Cevoli. Gradevole ma si ride un po' troppo poco...
MEMORABILE: Abatantuono alla Impacciatore: "Vediamo un po' co fimm potresti fare... IO SPERIAMO CHE ME LA CHIAVO! "
I Vanzina saccheggiano a piene mani Attila e Brancaleone, per confezionare un film dall'idea abbastanza originale ma dall'esito sfilacciato e confuso. Troppi i momenti di noia, pochi gli attori in forma (la Barbera pessima, Ceccherini inutile, Conti sprecato). Si vede comunque fino alla fine grazie all'istrionismo di Abatantuono e ad alcuni duetti con Solfrizzi, il finale poi vale tutto il film. Poteva essere meglio però.
In pieno clima da rivalutazione trash, Vanzina tenta di riportare in auge il truce Abatantuono di Attila flagello di Dio. Lo spunto, in realtà, non è affatto male e, se il film fosse stato girato negli anni '80, staremmo forse parlando di un cult; ma siamo negli anni 2000 e non si può prescindere dai fenomeni televisivi: ex concorrenti del Grande Fratello e comici di Zelig affollano il cast in modo disomogeneo. Alla fine si ride poco: peccato, perché questa volta le premesse erano buone. Appena sufficiente...
MEMORABILE: Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile... la pistola ce la deve dare a lui!
Una sorta di neo "Armata Brancaleone" gestita in maniera fallimentare. Un imbolsito Abatantuono recita a comando, cercando i fasti precedenti, oramai deve convincersi che il terruncello è acqua passata. La pellicola è carente, l'Impacciatore è disturbante con la sua parlata coatta e la trama non presenta filo logico. Finale inutile.
Una sorta di armata Brancaleone si aggira per la penisola del futuro, un'Italia divisa da riunire: l'idea è carina, e alcuni attori (Abatantuono e Solfrizzi in particolare) hanno pure la marcia giusta. Alcune battute fanno ridere, anche se i troppi riferimenti all'attualità ne fanno un prodotto a breve scadenza; e d'altra parte la sostanziale assenza di volgarità in un film ridanciano e popolare, dalle sciocche battute cabarettistico-televisive organizzate a sketch, è buona cosa. Insomma, un film mediocre ma con un suo perché.
Peccato davvero, perché l'idea di una spedizione dei Mille al contrario in un futuro in cui l'Italia torna alla situazione del 1861 è quantomeno originale. Tutto sommato funzionano anche le gag "verbali" di Abatantuono, però manca l'incisività e soprattutto il contorno di comprimari mi sembra completamente inadeguato (si salva solo il pezzo con Ceccherini). Non c'è quella volgarità fastidiosa, ma più che risate c'è qualche sorriso.
L'idea di partenza non era malvagia e poteva dare corso ad una commedia con qualche risvolto interessante, ma passati dieci minuti dai titoli di testa (gli unici meritevoli di essere ricordati) Vanzina scende al compromesso TV/CINEMA e propone macchiette trasversali nate qui, ma adatte là. Ecco allora il peggio del peggio delle icone trash contemporanee, prelevate addirittura dall'edizione di quell'anno de Il grande fratello, affiancate da un Abatantuono che stenta ad essere naturale, essendo egli stesso il primo a non credere, nemmeno per un secondo, a quel che gli tocca fare (per campare).
Blanda satira sulle divisioni regionali italiane in un film che ci ricorda (e ci fa rimpiangere) il mitico Attila. Abatantuono torna a parlare in "terronese" per un viaggio in un'Italia del futuro, tornata divisa in staterelli. Originali alcune trovate, come il Sud Italia in mano agli africani e la Roma tornata Stato pontificio, ma a non essere all'altezza sono gran parte degli attori e dei caratteristi. Si salvano solo un vivace Solfrizzi e uno stralunato Ceccherini. Godibile.
Chiaramente il film non può che ricordare Attila e L'armata Brancaleone in chiave post-moderna. E però l'idea di partenza non è malvagia e le gag divertenti non mancano, grazie soprattutto all'eterogeneità dei vari personaggi. Anche la sceneggiatura, che può sembrare scontata, riesce a riservare qualche sorpresa. Numerose la partecipazioni "famose" ma sul cast, più di ogni altro, svettano sicuramente i due pugliesi Solfrizzi e Abbrescia (anche se il secondo ha molto meno spazio del primo). Numerose anche le citazioni.
Film sulla falsariga della celeberrima Armata Brancaleone che diverte ben poco nonostante un buon cast di divi nostrani che purtroppo sono mal serviti da un copione noioso e patetico. La storia è arrangiata alla meglio ma non attrae e si assiste così a una serie di sbadigli.
Più di 3 decenni dopo Attila Abatantuono propone, complici i Vanzina, una sorta di remake del suo celebre film; e se il modello (estremamente sopravvalutato) era già pessimo, qui siamo al grado zero. La sceneggiatura è quasi inesistente e il film si riduce a una serie di sketch singoli animati da personaggi disarmanti e spesso antipatici (comici televisivi e un ex-grande fratello). Non si ride mai, ci si annoia e quasi si prova imbarazzo per questi dilettanti allo sbaraglio... eppure ci sono anche nomi importanti in ballo. Da evitare.
Paolo Cevoli che trasporta via fiume un enorme pezzo di ghiaccio per l'assetato nord non è male. E come questa altre trovate che suscitano il riso per un film che forse non vuole nemmeno essere una parodia dei prodotti di questo genere, ma semplicemente mette assieme più personaggi possibile, dove ognuno, bene o male, dà il proprio apporto "culturale" a una pellicola che giudico molto, ma molto meglio di certi cinepanettoni. Forse Abatantuono, che rifà sempre se stesso, un po' stanco lo è, ma regge bene.
Commedia da non gettare del tutto che riprende pellicole già viste senza aggiungere nulla di stravolgente. Il filo delle trama a dir del vero è un po' caotico e tirato via, si salvano certi spezzoni di film con momenti di buon divertimento (vedi Cevoli e varie battute di Diego Abatantuono, leggermente infiacchito ma sempre efficace). Brava Sabrina Impacciatore mentre scarsa è la parte di Michele Placido. Buona la fotografia e il ritmo non manca.
Lo spunto di partenza non era affatto malvagio e con un cast del genere c'erano le premesse per realizzare un piccolo cult, ma l'impressione è quella che i Vanzina abbiano messo troppa carne al fuoco senza dotarla di una sceneggiatura adeguata. I momenti comici sono piuttosto rari e spesso si scende sotto il livello di guardia. Qualche risata la strappa la pattuglia pugliese (un irrefrenabile Solfrizzi migliore del cast, Abbrescia, Placido, Schiavarelli), per il resto c'è poco da stare allegri. Confezione decente, prodotto nel complesso piuttosto mediocre.
MEMORABILE: La parentesi barese.
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mmmm....non h visto il film ma missà che ritenerlo un nuovo attila è un po' improbabile,troppo diversi sono i vanzina da Castellano e Pipolo.
non dimentichiamoci cmq che Attila fu sì un flop alla sua uscita cinematografica,ma quando fu proposto la prima volta in tv su italiauno fu un megasuccessone,tanto che il giorno dopo tutti(almeno qui da me) parlavano come Attila citando dialoghi a memoria.Col tempo poi tale aurea cult è cresciuta a dismisura(complice anche il fatto che per tutti gli anni 90 il film è praticamente saprito dai teleschermi) fino a divenire quello che è il film oggi.
Io ho parlato di quasi sicuro recupero del film tra 10-20 anni perché 1) vuoi che tra 10 anni non ci sia qualcuno che rimpiange o che solleva a stato di cult il cast di questo film, costituito perlopiù da mezzi attori (anche se chiamarli tali è un'offesa per la categoria) usciti dal cabaret di ZELIG? Pensate a film come Miracoloni. E' vero che Miracoloni non è diventato un cult come lo è diventato Attila ma non dimentichiamoci che in 2061 c'è la presenza di Abatantuono che ha un suo notevole richiamo.
2) Il prologo del film è fantastico e così come alcune trovate come i reality in cui i concorrenti eliminati devono essere uccisi, il ponte sullo stretto spezzato a metà, l'Italia ritornata a stato pre-risorgimentale ma post-atomico.
DiscussioneZender • 8/11/07 23:48 Capo scrivano - 48333 interventi
Mi piacerebbe andare nel futuro per saperlo. Dovessi scommettere non scommetterei su un suo recupero come per Attila. E forse nemmeno come per Miracoloni, che può contare su un cast zeppo di gente come Oppini, Smaila, Salvi, Di Francesco, Bracardi, Moana Pozzi... Un cast che pare fatto apposta per dar vita a un cult associato a una trama fuori di testa. 2061 invece mi è sembrato troppo "studiato" per poter ambire a seguire le orme di film a loro modo "unici". E' un film con una sua sceneggitura precisa, non una semi-improvvisazione come gli altri due.
Se sentissi Pipolo non parla di Attila Flagello di Dio come di un film improvvisato o tirato via.
DiscussioneZender • 9/11/07 18:48 Capo scrivano - 48333 interventi
TomasMilia ebbe a dire: Se sentissi Pipolo non parla di Attila Flagello di Dio come di un film improvvisato o tirato via. Di Attila se n'occupa mio ziu Antunello... Fiiii (ti ho risposto nella discussione apposita)
CuriositàLuchi78 • 19/01/11 17:14 Call center Davinotti - 19 interventi
Uno dei primi film italiani ad aver usufruito del product placement, ovvero della sponsorizzazione dei prodotti commerciali all'interno dei film (fonte Wikipedia).