Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.
“Donne! Nikite! Wickite! È arrivata l’arroutine!“. Lore wicklandese con tutto quanto t‘aspetti, ed è esattamente questo il guaio. Gianna Wicca vaporwave-warehouse senza sostrati né substrati, guida museale dell‘innocua violenza glittercore, corpi in gommapiuma/diamante che tengono testa alle più devastanti contundenze, hotel segreti, killer dal codice morale: tutto bellissimo - tre film fa. Mima la danza sui braceri della tragedia vendicativa, ma inciampa di continuo nel manierato tedio da franchise despinato. Il cuore? Volato via coll’ultima pallottola andata a segno di Stahelski.
Brevissimo cortometraggio, nemmeno un minuto, che riprende un ponte su cui transitano persone, risciò e pure un cagnolino (due volte). Girel gira in stile Lumière, di cui era operatore: macchina da presa fissa, poggiata per terra, che riprende ciò che accade spontaneamente. Tutti, infatti, attraversano tranquillamente il ponte con grande naturalezza e senza curarsi della mdp: unica eccezione una donna cogitabonda che ci mette un po' di più a uscire dall'inquadratura e forse è stupita e attratta dalla camera. Tecnicamente semplicissimo ma adatto allo scopo. Documento d'epoca.
Sorta di Alien versione da drive-in, ricco di tutti quei particolari truculenti che fanno impazzire i ragazzi. In questo tipo di habitat non può che diventare memorabile il bruco extralarge, grondante di bava scivolosa, che prende possesso della bonazza dell'equipaggio. Un catalogo di mostruosità da luna park, che riesce a mantenere una certa dignità visiva e scenografica, nonostante i tratti distintivi da b-movie. Sanguinosi shock da parco dei divertimenti che purtroppo non vengono valorizzati da una trama adeguata che possa sostenerli con una nervatura più definita.
Nell'ambito di virus lesi, zombi e affini si è detto di tutto e di più; e questa pellicola non aggiunge nulla di particolarmente originale, a parte dare agli infetti una parvenza di umanità, anche dopo la trasformazione, grazie ad alcuni comportamenti. Detto ciò, bisogna però ammettere che ha una sua dignità, i giovani attori si impegnano e una certa tensione viene creata, sfruttando, più che i trasformati, l'angoscia dei vari protagonisti, dei quali viene abbozzata qua e là la vita precedente all'epidemia. Nonostante alcune fasi di stanca, piuttosto verbose, può essere visionato.
Di difficile catalogazione, il film di Mauri, pur chiaramente presentando tutta una serie di difetti (fotografia approssimativa, prove attoriali scadenti, montaggio scellerato), riesce nella felice impresa di divertire: in neppure ottanta minuti si assiste a scene di nudo, pistolettate, battute simpatiche… Un b-movie che non si prende mai sul serio, con due “attrici” una più bella dell’altra (la migliore è la Carmen Nazionale) e una atmosfera spensierata tipica della fine dei Settanta inizio Ottanta. Si astengano snob con la puzza sotto il naso. Sollazzevole.
Un ragazzo cerca di farsi accettare da un gruppo di neofascisti di borgata che lo tratta da mezzo uomo. Notevole la descrizione dell’humus della mascolinità tossica che inevitabilmente reprime ed esprime al tempo stesso l’ineffabile omosessualità che vibra sotterranea senza mai palesarsi. Ma soprattutto ottima la descrizione dei rapporti di potere nelle relazioni, un gioco sadomasochistico di forza e fragilità carico di tensione e raccontato con un montaggio incalzante e una fotografia cruda che esalta le riprese frenetiche e iperrealiste.
Ormai s'è capito che, se vuoi girare la fantascienza a grandi effetti speciali e non hai i soldi per farlo, l'idea è quella di mostrare tutto attraverso gli schermi in bassa risoluzione collegati ai mille diversi dispositivi collegati via internet. In questo modo nessuno può accusarti del fatto che le immagini siano poco chiare o scarsamente nitide e tu ti salvi mostrando esplosioni, crolli e quant'altro spendendo molto meno di chi lo fa "full screen" a definizione massima. Insomma, l'idea (che viene da SEARCHING...Leggi tutto, peraltro non a caso sempre prodotto da Timur Bekmambetov) è quella di far vivere l'intera avventura attraverso le immagini rimandate dai programmi in gran parte collegati al monitor del protagonista Will Radford (Ice Cube), che lavora per il Dipartimento di Sicurezza ed è impegnato nella caccia di un pericoloso hacker chiamato "Disruptor".
Con una figlia incinta, Faith (Benson), che lui è convinto non sappia alimentarsi come dovrebbe per mantenere in piena salute il nascituro (ma è laureata in biologia!), e un figlio, David (Hall), che passa troppo tempo davanti ai videogame (ma è il suo lavoro!), Will si muove da una finestra all'altra del PC per parlare al telefono con persone diverse, compreso il futuro padre (Bostick) di suo nipote, il quale sta organizzando in gran segreto con Faith un "Baby Shower" (la festa che gli americani organizzano per celebrare la prossima nascita di un bimbo). Un rapporto non facile, così come in parte lo è anche quello con i due figli, che Will spia in continuazione grazie ai potentissimi mezzi messigli a disposizione dallo Stato: controlla il cibo che Faith compra, la segue passo passo (molto meno David) e ovviamente, quando comincia l'invasione, le preoccupazioni sono innanzitutto per loro.
Annunciati da una nuvolona temporalesca a cui nessuno fa troppo caso, i grossi meteoriti che si abbattono in ogni parte del mondo mandano a fuoco intere città facendo cambiare passo al film, come prevedibile. Certo, il già citato abbassamento della definizione causa immagini trasmesse via internet in condizioni precarie non aiuta ad apprezzare il gigantismo dei tripodi, che tutti ora riconosciamo come i nemici storici derivati dall'opera di Wells, ma l'impatto della repentina comparsa dei “mostri” è comunque apprezzabile.
Qualche personaggio di contorno di scarsa utilità (a cominciare da Eva Longoria nei panni di Sandra, amica di Will), una concitazione che tutto sommato funziona pur lasciando il protagonista quasi sempre incollato alla sedia, un po' di pubblicità poco velata ad Amazon, che produce, e il gioco è fatto. Ma il risultato non entusiasma e per chi non conosce bene l'inglese è anche faticoso da seguire, con sottotitoli sparsi ovunque causa frasi digitate fulmineamente sugli schermi (altra cosa era stato l'encomiabile, mostruoso lavoro di grafica operato dagli importatori italiani per SEARCHING).
Elementari le considerazioni da farsi sulle conseguenze di un eccesso di violazione della privacy, desolanti buona parte dei dialoghi relativi alle interrelazioni familiari, finale con soluzione scontata del problema. Da registrare positivamente soprattutto il confezionamento nel suo complesso, che ancora fa percepire come quasi originale un intero film vissuto attraverso riprese che sanno di amatoriale filtrate da cellulari, social e telecamere di sicurezza (con veloci tracciamenti che rimandano all'allora rivoluzionario NEMICO PUBBLICO di Scott). Accettabile la resa low fi degli effetti speciali e curiosa qualche piccola trovata come la fuga di Faith sulla Tesla teleguidata da papà in remoto.
Larry Cohen ha sempre dimostrato in carriera di saper inventare storie particolarmente originali e insolite (si pensi a BABY KILLER o STUFF - IL GELATO CHE UCCIDE, ma i suoi titoli bislacchi sono tanti), che colpiscono proprio perché, pur affondando le mani nel cinema di genere, sanno plasmarlo evitando di percorrere strade troppo battute. Càpita anche qui, con questo BEST SELLER, in cui al centro sono Dennis Meechum (Dennehy), anomala figura di poliziotto...Leggi tutto scrittore, e tale Cleve (Woods), sicario che mira apertamente a diventare il protagonista del nuovo romanzo del primo. Per farlo, comincia a seguire Dennis in azione (dopo averlo "conosciuto" durante una rapina di quindici anni precedente, nel 1972), salvandogli in qualche modo la vita e permettendogli di catturare l'uomo che questi stava inseguendo.
Dennis sulle prime non capisce cosa quel misterioso individuo voglia da lui, ma va all'appuntamento datogli e lo incontra: Cleve comincia a spiegare quanti uomini lui abbia ucciso, nel corso degli anni, per favorire l'ascesa di David Madlock (Shenar), oggi importante leader di una multinazionale, la Kappa. Delitti in sequenza, i cui articoli su ritagli di giornale Cleve ha tenuto e che Dennis legge, cominciando a capire. D'altronde Cleve non ha alcuna intenzione di tenere segreto nulla: il suo obiettivo è semplicemente vedere pubblicati su un libro (che lui è sicuro diventerà un best seller) le proprie poco edificanti imprese. Dennis si lascia in parte blandire dai seducenti modi di fare di quel personaggio strano ma dalle idee chiare, frequentandolo e ascoltando le sue "lezioni di vita".
Due figure molto diverse, contrapposte: da una parte la semplicità e la correttezza, dall'altra il mellifluo modo di fare di chi ne ha viste tante e non si fa alcun problema a eliminare fisicamente chi tenta di ostacolare il suo disegno. In fondo un killer è un killer, perché mai dovrebbe porsi dei problemi per far cantare la pistola? Madlock, ovviamente, saputo della volontà del suo ex sicario di far pubblicare un romanzo in cui si parla del suo passato facendo nomi e cognomi, cerca di impedirlo, ma fregare Cleve non è da tutti, e nemmeno Dennis ci riesce. Si limita ad ascoltare nel tentativo di entrare in qualche modo nella testa di quello strano individuo, che lui vorrebbe - se potesse - consegnare alla giustizia, anche perché durante la rapina del 1972 uccise spietatamente due suoi amici agenti.
Dei due attori contrapposti il più interessante e carismatico è di gran lunga Woods: è lui la figura grazie alla quale il film trova la sua ragion d'essere; perché Dennehy è un buon attore, certamente, ma è troppo confinato in un ruolo stereotipato, prigioniero di dialoghi in cui funge quasi sempre da spalla (ad eccezione di quelli con la lamentosa figlia). Se però la sceneggiatura ha molte frecce al proprio arco, la regia di John Flynn è al contrario troppo inamidata: anonima nelle scene d'azione, fatica a mantenere ritmi da buon film di genere e zoppica in più parti, con la musica tipicamente Anni Ottanta (a tutto sintetizzatore) di Jay Ferguson che prova a movimentare un po' il tutto. In sostanza sono il copione e Woods a salvare un film altrimenti piuttosto sbiadito, che recupera nel finale ma non sa sfruttare al meglio i punti di forza dello script. Si gioca sulla soglia dell'improbabile, ma lo si fa con competenza e voglia di stravolgere gli schemi precostituiti di un genere troppo spesso uguale a se stesso.
Storia di una mediazione condotta nell'Iraq del 2005 dal generale del Sismi Nicola Calipari (Santamaria). Il suo obiettivo è quello di liberare la giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena (Bergamasco), finita nelle mani di militanti in guerra per liberare il loro paese dagli americani che all'epoca l'avevano invaso. Calipari (soprannominato per l'appunto "Il nibbio") arriva in Iraq con l'aereo e prende contatto con i suoi uomini per una missione ancora tutta da spiegare; perché quanto abbiamo appena visto accadrà solo... 28 giorni dopo, come direbbe...Leggi tuttoBoyle. L'azione si ferma, quindi, e retrocediamo di 28 giorni, al momento in cui Giuliana Sgrena viene catturata dagli iracheni e sbattuta nella camera di un appartamento in attesa del da farsi.
Fin da subito le autorità vengono informate della cosa e mettono in movimento Calipari il quale, raggiunto da una telefonata mentre era in auto in direzione vacanze con la famiglia (la moglie è Anna Ferzetti), è costretto a mollare tutto e partire per Baghdad. Il film racconta il difficile lavoro di tessitura con personaggi equivoci, ricattatori, gole profonde che dovranno portare Calipari sulle tracce della Sgrena. Naturalmente si alternano le sue vicissitudini con qualche scena in Italia, dove nelle alte sfere si decide come agire e al Manifesto ci si preoccupa per la fine che potrebbe fare la loro amata collega. Alla famiglia di Calipari invece non viene lasciato troppo spazio, giusto qualche raro scambio qua e là, massimo un paio con i due figli. Perché il focus è in massima parte in Iraq, dove una fotografia dalla forte dominante ocra tinge tutto dei colori caldi della terra e della sabbia.
Ben ricreata l'atmosfera locale, correttamente scritti i dialoghi che con lenta progressione sembrano portare agli sviluppi positivi della mediazione. Nella sua camera chiusa la Sgrena si rende conto di una condizione non certo felice per la quale fatica a immaginare una soluzione che possa riportarla in Italia. Parla in inglese perché quella è la lingua con cui si interfaccia chi è di paese diverso, quindi abbondano inevitabilmente i sottotitoli.
La realizzazione di Alessandro Tonda è valida, solida. Forse non sempre troppo scorrevole ma impostata con perizia, così da infondere la necessaria credibilità alla vicenda, non facile da rendere fruibile anche a un pubblico di non appassionati. Invece si capisce come il lavoro in regia sia intelligentemente studiato per permettere di introdurre un numero di personaggi relativo, lasciando giustamente sullo sfondo chi non riveste ruoli di grande rilievo nella vicenda. Il risultato, insomma, è sufficientemente godibile, diverso da quello che siamo abituati a vedere nel genere, e contribuisce a creare un film a suo modo originale e interessante, non solo da un punto di vista storico.
Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA
L'ISPETTORE DERRICK
L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA