L'ultimo colpo di coda del gotico all'italiana, girato a stagione ormai ampiamente finita e senz'altro uno dei migliori esempi di horror “alla Margheriti” (che si ostina a firmarsi Anthony M. Dawson). Il regista riprende con CONTRONATURA (THE INNATURALS per il mercato estero) il discorso cominciato con il sopravvalutato DANZA MACABRA, conducendo i suoi personaggi verso l'abisso del rimorso attraverso flashback “personalizzati” che formano quasi un film a episodi. Il terrore di Margheriti, ormai l'abbiamo capito, scaturisce dal nostro inconscio; ed è un terrore psicologico, che mai ha bisogno di...Leggi tutto effettacci sanguinolenti per estrinsecarsi. L’idea del film, soprattutto visto come è gestita la conclusione, è buona; quello che Margheriti non riesce a fare è strutturarla in modo decente. Non si capisce se per colpa della sceneggiatura o del montaggio ma regna nella prima parte una confusione impressionante: si fa fatica a seguire i vari personaggi senza confondere loro e le loro vicende, difetto destinato a trascinarsi per gran parte del film. Peccato, perché se CONTRONATURA fosse costruito in maniera più chiara e fosse interpretato da un cast più in palla (qui la mediocrità regna incontrastata e l'interpretazione enfatica, quasi teatrale, è fuori luogo) si potrebbe parlarne come di un horror di ottima fattura. Anche perché Margheriti gira con grande perizia e carrellate avvolgenti, si muove con fluidità tra le complesse scenografie barocche esaltate dalla contrastata fotografia del bravo Pallottini. Poi ci sono le somiglianze col kubrickiano SHINING, che sono veramente molte: le musiche Anni Venti di Savina, la natura di Uriath/McGrady, la festa e, soprattutto, la valanga di fango finale.
Tecnica registica indiscutibile, ambientazioni, scenografie e abbigliamenti interessanti, ma storia francamente forzatissima anche nei suoi snodi "naturali", resa ancora più debole da un cast decisamente non all'altezza, se si esclude (parzialmente) Joachim Fuchsberger. La noia fa capolino più di una volta e gli svelamenti degli enigmi lasciano perplessi. Ovviamente si sobbalza nel vedere la cascata liquida conclusiva, con il pensiero che corre lontano: chissà...
In una notte buia e tempestosa, cinque persone bussano alla porta di una villa isolata per trovare riparo. Li accoglie un uomo dai modi ambigui, la cui anziana madre medium è rimasta in trance a seguito dell'interruzione di una seduta spiritica... Discreta ghost story italica: dopo una partenza lenta e confusa, acquista nerbo una volta chiusi tutti i personaggi in una situazione che li costringe a fare i conti con le proprie colpe, fino al bel finale "riparatore". All'epoca suscitò i pruriti della censura per le sequenze a carattere lesbico: ora appaiono piuttosto goffe.
Splendido gotico italiano, intriso di mistero ed in cui lo spettatore è catapultato sin dai primi minuti in un luogo dalle atmosfere tese e putrescenti, rimanendone invischiato e non riuscendone ad uscirne se non alla fine. Tecnicamente molto valido, può contare su una buona sceneggiatura e su un ottimo ritmo. Poi c’è quella scena…chissà che il buon Kubrick non ne abbia tenuto conto. Quando si dice un gran film di genere.
Gotico piuttosto riuscito dotato di un'impostazione insolita e azzeccata, di una buona regia e di un'ottima fotografia. La critica alla corruzione e all'avidità umana funziona ma i personaggi non riescono a rimanere impressi e la soluzione dell'enigma non è all'altezza del clima di mistero che viene a crearsi. Notevole il finale, che a molti ha ricordato (non a torto) una celebre sequenza dello Shining di Kubrick. Gli attori, tolto il bravo Luciano Pigozzi, sono piuttosto anonimi e anche le musiche non colpiscono. Interessante.
Superamento del gotico classico, che delle sue tetre atmosfere ammanta un feroce apologo sulla corruzione umana dove si avviluppano intrighi torbidi e perversi da feuilleton e si aggirano fantasmi ultori alquanto terreni. I barocchismi fotografici e la virtuosistica regia costruiscono un'ambientazione putrida e morbosa destinata ad ispessirsi fino ad esplodere nella spettacolare ondata di fango finale, mentre gli attori forgiano i loro personaggi con sguardi colmi di avidità e disprezzo (Raffaelli), torvi (Volontè), lascivi (Koch, Boschero), prudentemente calcolatori (Fuchsberger).
MEMORABILE: Il liquore «Sangue»; «Anche voi siete una vittima innocente come allora lo fummo noi»; L'ondata di fango.
Tardo gotico all'italiana diretto dal grande Margheriti. Il regista ha sempre avuto mestiere e si vede, a partire dall'impianto molto professionale per arrivare ad alcune inquadrature piuttosto creative; a non funzionare è la sceneggiatura, eccessivamente ingarbugliata e il ritmo, che a mio avviso latita parecchio. Sarà forse un effetto del tempo che passa, ma il film mi è parso piuttosto datato, non aiutato da musiche e interpretazioni molto vintage. Bella la fotografia e certe atmosfere, notevole il finale, ma l'abbiocco è dietro l'angolo.
L'ambientazione Anni Venti e il fantastico relegato alla cornice narrativa, che inquadra un nido di vipere destinato al massacro, ne fanno un gotico all'italiana sui generis. La macchina da presa scivola con moto elaborato e fluido negli spazi, irrompe e indaga i volti con fare inquisitorio, mentre l'immedesimazione mancata dello spettatore con la miseria umana in atto fomenta una visione sadica e voyeurista che non spiace. Per quanto appesantito dall'abuso del parlato, il film mantiene un clima fetido e marcescente, con l'acqua che assume una valenza simbolica d'effetto.
Notte oscura, piove a dirotto, gli sprettri sono in agguato. L'atmosfera è misteriosissima, l'erotismo aleggia con sensualità, l'intrigo serpeggia, i morti parlano. Lo chalet dove un lugubre fato fa finire i protagonisti è il luogo della resa dei conti: non c'è scampo per i vivi, le forze oscure hanno già stabilito tutto. Il come (la superficie figurativa) è più importante del cosa (la giustizia dall'aldilà) in questa piccola perla gialla-horror del maestro Margheriti, da guardare irrinunciabilmente dopo mezzanotte, da soli, con devozione.
MEMORABILE: L'arrivo allo chalet; Le scene saffiche; Il fango.
Discreto prodotto, diretto con mestiere dal buon Margheriti. La sceneggiatura è un po' farraginosa e il cast non riesce ad elevarsi da una risicata sufficienza, ma la messa in scena riesce a regalare un po' d'interesse a una vicenda di vendetta e di segreti sepolti. Il gotico è oramai superato, ma il nostro regista continua a crederci e sforna una pellicola che può meritare la visione da parte del pubblico che ama il genere, se non si hanno troppe aspettative.
Era una notte buia e tempestosa… Avrebbe potuto anche scriverlo Snoopy l'incipit di questo gotico che mescola ghost story e giallo ereditario, con il corollario di pulsioni saffiche probabilmente alla base del titolo. Inizialmente è richiesta una certa attenzione per comprendere i legami tra i personaggi, ma quello che segue è una storia ben condotta, dalle atmosfere molto cariche e con un finale vendicativo ad effetto. La confezione è buona (fotografia di Pallottini, musiche di Savina), gli interpreti non sono indimenticabili ma nessuno di loro sfigura.
Finiva la belle epoque del gotico italiano. Contaminando opera in costume e thriller ultraterreno, Margheriti mette in scena un pasticciaccio magari non bello ma dal carattere scontroso ed inafferrabile. Vampirizzazioni saffiche (quasi fassbinderiane) alternate a scellerati patti maschili all'insegna di denaro e menzogna, quasi ci costringono a restar al tavolo della visione, incatenati anche noi dagli occhi di Pigozzi e della mamma medium. Peccato manchi ogni leggerezza, ma capirete siam tra i vivi e i morti. Tedioso Fuchserberger, intriga la Kock.
MEMORABILE: Gli sguardi della Kock alla Boschero; L'intensità di Volontè; La colata di sangue ripresa da I criminali della galassia.
Non male, dopotutto. Più che un gotico sembra un giallo sovrannaturale, il cui interesse risiede nella struttura (il disvelamento è dato da una serie di flashback) e nell'assenza di gratuite truculenze. Le prurigini lesbiche sono un po' insistite, anche se tendono a definire l'atmosfera di vizio e decadenza. Sorprendente la scena finale, forse davvero creditrice di Shining (così come la macchina da scrivere de Il tuo vizio è una stanza chiusa); come sentenziò Thomas Eliot: "I poeti immaturi imitano, i maturi rubano".
Vecchi peccati dalle lunghe ombre, tumulti carnali, rapacità meschine, vanità sfrenate: i fantasmi denudano le anime delle loro "vittime", e solo il fango può seppellire l'orrore. I morti giudicano i vivi, due dimensioni temporali si compenetrano in una struttura circolare che ammalia e imprigiona. Una danza macabra sulle sabbie mobili di una nemesi implacabile. Horror... etico, girato con gran riguardo all'estetica, nitido, elegante, vorticoso, fluido: splendido film!
MEMORABILE: Il flash back della festa da ballo con i due delitti in contemporanea.
Il miglior horror di Antonio Margheriti per uno dei migliori gotici italiani, tutto basato sul tema della vendetta e della giustizia "soprannaturale". Si respira un'aria davvero inquietante, grazie all'ambiente in cui si svolgono le vicende (l'isolato villino) e le straordinarie musiche di Carlo Savina, che verranno usate successivamente in numerosi altri film. Nota d'onore anche per il cast (su cui spiccano la bellissima Dominique e Luciano Pigozzi). Notevole il finale.
MEMORABILE: I momenti con le musiche di Savina e il finale.
Buon gotico. Ho apprezzato sia la recitazione che le scenografie curatissime. La storia ha qualche eccesso, dovuto probabilmente a qualche forzatura dello script, ma siamo di fronte ad un buon film. L'ossessione morbosa è esplicata più che bene e gli attori tutti hanno fatto un buon lavoro. Resta un titolo inadatto ma stiamo parlando del 1969.
Commedia horror a tema saffico di grande intrigo narrativo, si avvale di numerosi flashback che rendono la storia accattivante, disorientando lo spettatore ma in maniera positiva. La solita faccenda di eredità e di soldi si tinge di rosso, con colpi di scena elaborati. Atmosfera macabra e malsana, finale catartico. Consigliabile vivamente.
Uno dei migliori film dell'orrore del periodo tardo gotico italiano. Superbi gli attori tedeschi, non male quelli italiani tra i quali spicca il nostro Pigozzi (qui accreditato come Alan Collins) che raramente saprà ripetersi a questi livelli. Bellissime le atmosfere e le musiche, finale magistrale.
In una nottata con tempo da lupi, alcuni viaggiatori finiscono in un casolare dove troveranno ospitalità e rivivranno le gesta del loro oscuro passato. La pellicola consta di una serie di flashback, ove le gesta dei protagonisti vengono mostrate impietosamente e, per quanto riguarda le scene di nudo, in modo piuttosto ardito per l'epoca. Il senso di giustizia morale che caratterizza la pellicola rammenta al sottoscritto i valori del maestro Mario Bava, mentre scenografia e costumi sono davvero ben realizzati e le musiche di Savina perfette.
Discreto horror nel quale qualcuno ha notato, per via di una sequenza in cui il fango - sorta di deus ex machina - scorre a sanare orrori umani e drammi esistenziali, probabili influenze sul Shining di Kubrick. Margheriti ha fatto di meglio: forse in assoluto (in campo horror) con Danza Macabra; e ha fatto anche di peggio (con il remake a colori di Danza Macabra) quando ha girato Nella stretta morsa del ragno. L'ottima atmosfera e la pregevole sceneggiatura lo apparentano ai classici baviani, pur se girato in periodo "tardo-gotico" italiano...
Un gotico fuori tempo massimo (finto inglese) che sciorina una straordinariamente confusa storia tra il morboso, il pruriginoso e il metapsichico, che consiste in una fortuita reunion - in una villa isolata e sotto una pioggia battente - di personaggi dal pregresso oscuro che dovranno fare i conti con una "vendetta" di cui il regista fa di tutto per non farci capire gli snodi, mescolando di punto in bianco piani temporali "grazie" a un montaggio trascurato e momenti da romanzo d'appendice. Un cast volenteroso ma che non riesce a far propria una storia senza mordente e senza brividi.
Scoppiettante horror dai fuochi d'artificio! Antonio Margheriti dirige un nutrito cast di ottimi attori all'interno di splendide location. C'è parecchia tensione e voglia di arrivare alla fine, tutto molto ben costruito. La mdp si muove con tecnica suggestiva e perfetta. Potrà apparire banale ai giovani odierni smaliziati, ma ai nostri genitori queste pellicole hanno dato l'insonnia!
Margheriti ritenta il mix di gotico soprannaturale e saffismo già azzardato, sia pure in modo più cauto dati i tempi, con Danza macabra. Con quest'ultimo il film ha in comune anche la struttura a flashback che permette di ricostruire, un tassello dopo l'altro, i torbidi retroscena che fanno da sfondo alla vicenda. La situazione è una delle più abusate del filone, ma viene almeno parzialmente riscattata dalla confezione curata e dal fascino sinistro delle location. Notevole la prova di Pigozzi, di gran fascino la Boschero e la Koch.
MEMORABILE: I primi piani sui volti dei protagonisti in auto sotto la pioggia torrenziale.
Un gruppo di loschi personaggi dal dubbio passato, a causa di una tempesta, trovano rifugio in una vecchia casa buia abitata da tetri figuri. Bella storia di fantasmi, dove la parte più riuscita e macabra è quella ambientata al presente nella lugubre dimora (ben ricostruita negli interni), mentre gli antefatti sono di minore interesse. Ottimi volti gli attori, tra cui spicca Alan Collins (Luciano Pigozzi) in un'ottima prova attoriale.
Gotico mefitico e morboso, posseduto dal germe della decadenza e da una pulsante destrutturazione psicoanalitica. Strepitoso sul piano visivo, dove la contagiosa oscurità degli scenari - perfettamente resa delle sinuose movenze della macchina da presa - è una preziosa alleata tesa a rivelare l’amaro destino e l’atteggiamento parassitario di ogni personaggio. Funereo.
Occasione sprecata dal bravo Margheriti (qui autore anche della sceneggiatura), che non riesce a dare fluidità e ritmo alla vicenda per quasi tutta la durata del film. L'abilità tecnica è fuori discussione, perché alcune inquadrature, supportate da ottime idee, sono di qualità eccelsa; purtroppo a non funzionare è la storia, o meglio il modo in cui questa viene sviluppata. Perciò il bel finale, che fa quadrare tutto, non scaturisce nemmeno l'effetto di terrore auspicato, perché non è supportato a sufficienza dalla sceneggiatura.
Gotico di Margheriti che parte lento e con qualche forzatura di troppo, ma da quando entrano in gioco i flashback comincia a diventare interessante e si conclude con un ottimo atto finale. Cast discreto, colonna sonora adeguata; Margheriti dirige con mano ferma, solido ma virtuoso allo stesso tempo. Nel finale una scena che finirà per influenzare addirittura Kubrick.
Un insieme di intrighi e assassinii mai pagati trovano amara soluzione in questa pellicola di Antonio Margheriti piuttosto gotica nella sua rappresentazione e nelle musiche di Savino. A far da contorno o portata principale a seconda dei gusti il rapporto morboso a sfondo saffico, piuttosto castigato, tra alcune delle interpreti femminili. Attori bravi, tensione non ai massimi livelli (ma consideriamo che siamo alla fine dei sessanta) e un buon finale.
Tutto inizia come nel seminale Il castello maledetto: un gruppo di persone è costretto a rifugiarsi in una cupa magione a causa di un temporale. Ne accadranno delle belle. Una delle ultime grandi opere del genere gotico, che infatti contrappone a una trama più old fashioned e magica (la seduta spiritica, il finale) un'altra dai connottati più moderni (l'importanza che rivestono il denaro e le impellenze fisiche all'interno del racconto). Grande spettacolo in ogni caso e piccola grande citazione nel bellissimo numero 116 di Tex "La dama di Picche".
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Nonostante in tutti i testi e dizionari si riporti come secondo titolo "The Unnaturals", sui titoli di testa italiani c'è scritto " Contronatura (The Innaturals)".
Quasi tutti i critici e cinefili si esaltano per il famoso dolly zoom di Hitchcock in la donna che visse due volte che trasmette il senso delle vertigini allo spettatore. Quasi nessuno parla però delle tecniche del buon caro vecchio artigianato cinematografico italiano:per la scena della seduta Margheriti fece calare dall'alto con una corda un operatore in modo che la mdp potesse riprendere le mani congiunte sul tavolo e poi spaziare sui visi degli attori.