Rassegna estiva
EsoticaErotica
Un'estate al tropico dei sensi Rondi dà il suo contributo al filone esotico/erotico con il suo personale occhio autoriale, immergendo il tutto in un'atmosfera decadente, mortifera, spettrale e che olezza di marcio, proponendo il (de)genere sotto un ottica diversa, che scardina le regole emanuellesche già sin dall'inizio, dove il regista di Tirano omaggia il vate Pasolini del
Fiore delle mille e una notte e nella figura di Annie Belle come una sottospecie di "angelo sterminatore" alla stregua del Terence Stamp di
TeoremaE se gli sprazzi delle congiunzioni carnali differiscono dai clichè a cui il genere ci ha abituato (almeno la Navarro con la bocca sporca del seme di Cliver dopo la fellazio, la grande scena lesbo tra la Gemser e la Belle nella casa di piacere dove alcune ancelle prima se la fanno con dei disgustosi grassoni, poi, altre, si abbandonano ai piaceri di saffo) Rondi tratteggia i rapporti sessuali con ferina violenza, dove il puro piacere della libertà sessuale si ammanta di chiaroscuri necrofori (lo stupro sulla Gemser da parte di Tinti che la appella con gli epiteti più misogini, la Zanger che provoca continuamente il suo servitore Alì, sbattendogliela in faccia, prendendolo in giro, che si fa possedere da due zozzi beduini per placare la sua ninfomania cercando quel godimento che non riesce a trovare, arrivando ai limiti dell'incesto quando divide, insieme alla madre, il corpo di Cliver, officiato dal vecchio attore pederesta del futuro Varelli di
Inferno, che non disdegna rapporti orali omo-il servizietto a Cliver- e di farsi un harem di giovinetti canterini e , come ben scrive il Mereghetti, pare la grottesca controfigura del Bela Lugosi visto da Ed Wood, (ma pare, anche, modellato sul divo del muto omossessuale Ramon Novarro, di cui ne descrive uno stupro gay orale, con dovizia di dettagli, Charles Bukowski in
Compagno di sbronze, che sicuramente Rondi si è letto) puzzosa, viscida e patetica figura al
Viale del tramonto , di cui la Belle le rinfaccerà la sua triste mediocrità), sfociando nell'incredibile e delirante svolta "horror" del film, una seduta pseudopsicoterapeutica di ipnotismo dal sentor di messa nera, dove la Gemser impazzirà come la Bouchet in
Valeria dentro e fuori, uccidendo capretti, bevendone il sangue e tentando di bruciarsi il corpo con il fuoco della fiaccola, mente, poi, la Belle si scatena in un ballo di cui è difficile rimanere indifferenti.
Rondi, poi, stocca in zona Jacopetti, dando al suo orignale e allucinato esotico/erotico una parvenza marcissima da post-atomico tra carogne di animali, massacri dove nemmeno i bambini vengono risparmiati, montagne di sterco, in cui Tinti, con efferato sadismo e crudeltà insistita, costringe la Gemser a posare, anche nuda, davanti a quell'orrore, altrimenti sono sberloni e imprecazioni, e fa nulla se alla Emanuelle nera viene da vomitare, l'obiettivo implacabile di Rondi/Tinti non vuole sentire ragioni, nemmeno in mezzo al sangue e alla merda (altro riferimento pasoliniano, e il
Salò viene in mente anche all'interno dell'harem di Chaliapin) facendole addirittuta inarcare la schiena fino agli spasmi del dolore, come faceva Daliah Lavi, nell'isterismo della possessione ne
Il demonio)
Diversa rappresentazione dell'esotismo, incubotico viaggio viscerale nei meandri terzomondisti, dal razzismo di un Tinti bastardissimo e mai così in parte (chissenefrega di quattro arabi morti, come ti ho fatto ti distruggo) che amplifica il tema del voyeurismo estremo tanto caro ai vari Jacopetti/Climati/Cavara, di una Navarro milfesca e ancora vogliosa ma tremendamente sola e frustrata, che si gingilla tra il santone/mantenuto di Cliver e il suo servo Ali che la lava e la massaggia, alla Gemser mai così imprigionata in un ruolo di modella/schiava, presa a botte e stuprata, costretta a set fotografici nauseabondi e mostruosi che sprigiona una tristezza e una disperazione impietosa amplificata dalle continue, e sadiche, richieste del suo pigmalione aguzzino, alla Belle , silfide sbarazzina (quando prende in giro Tinti, "Click, click") e libertina che darà il ben servito a tutti, fino a quella meraviglia che è Ziggy Zanger, che sfotte sessualmente il suo schiavo (
Non è per te, non è per te e il tormentone canzonatorio che fa ripetere ad Alì) mostrando il suo sesso e mignotteggiando a più non posso, fino a cacciare dal suo letto il povero Alì come se fosse un giocattolo (Non riusciresti a eccitare nemmeno una ninfomane), anche lei affranta dal cruccio di non provare piacere nella sua continua ricerca di sesso estremo, fino a rassegnarsi indossando un copricapo di piume, non poi dissimile da quello che indosserà Barbara Cupisti in
Deliria.
Unica nota stonata il ridicolo santone charlesmansoniano di Cliver, di un carisma e di una personalità prossimi allo zero.
Straordinaria ost di Baldan Bembo e suggestiva chiusa surreale, che pare un eden tutto al femminile (la Laure di Assonitis se ne va, mano nella mano, con la Emanuelle di Albertini/Massaccesi)
E Rondi riesce a spostare l'asse dalle regole massaccesiane fino a lambire il cinema di Fernando Arrabal.
E cosa non è Ziggy Zanger, che nella sequenza dove mostra, stronzetta, le sue meraviglie al povero Alì, ti vien voglia di entrare nello schermo ( in stile Alice in
Nightmare 4) e saltarle addosso.
Sicuramente tra i più originali e funerei viaggi al tropico dei sensi.