Lo sguardo al quale fa riferimento il titolo italiano è quello della Megera (in inglese THE GORGON, che è poi il titolo originale del film), mostro mitico che si materializza in Germania. Il cast è quello dei giorni migliori, con la coppia Peter Cushing/Christopher Lee diretta dallo specialista Terence Fisher, tuttavia il risultato è molto al di sotto delle aspettative. THE GORGON è uno degli horror più lenti e meno incisivi, sceneggiato con sconcertante pochezza di idee da Gilling partendo da un racconto di Llewellyn Devine. Il mostro protagonista compare solo nelle sequenze finali, lasciando per il resto la scena alle pedanti investigazioni dello studioso...Leggi tutto Peter Cushing, aiutato dal figlio di una delle vittime pietrificate dallo sguardo della Megera. Christopher Lee si fa vivo solo in un secondo tempo per dare manforte alle ricerche, destinate ovviamente a scoprire l’identità del fantomatico mostro dai capelli di serpente (e l'effetto speciale che ci mostra i serpentelli agitarsi tra la folta chioma nera è ben poco memorabile). Poca cura del make-up, interminabili silenzi in cui non accade nulla e gli attori girano i pollici seduti alla scrivania mentre le musiche vetuste cercano invano di riempire i vuoti. Fisher punta piuttosto alla solita messa in scena barocca, con fondali spesso dipinti e forti contrasti cromatici. Ma nel complesso il film lascia l'impressione di un’operazione girata in fretta senza alcun estro, recitata svogliatamente e sostanzialmente priva anche di quel fascino che pervade ancora oggi molti Hammer horror (e non solo gli ottimi remake di Dracula, Frankenstein, La mummia e il Fantasma dell'Opera). Noiosissimo è sciatto.
La Hammer alle prese con il mito di Megera, terrificante creatura mitologica capace letteralmente di pietrificare con il solo sguardo. Sicuramente non il miglior Fisher ma comunque non del tutto disprezzabile, grazie anche alla solida messa in scena hammeriana (colori vivaci e scenografie baroccheggianti) e all'interpretazione del duo (anch'esso mitico) Lee-Cushing con, insolitamente, solo il primo dalla parte dei buoni.
Questa volta sia Fisher che la Hammer hanno mancato totalmente il bersaglio. Scritto in fretta e furia, tanto da ambientare in Transilvania (la terra di Dracula per antonomasia) il racconto quando avrebbe dovuto essere ambientato in Grecia, essendo il mito della gorgone di quelle parti. Fisher comunque ci mette del suo con una regia lenta, svogliata, priva di idee. E persino il cast delude. Cushing e Lee, a ruoli ribaltati, non credono fino in fondo alla vicenda e lo si vede chiaramente. Il migliore del gruppo risulta quindi Michael Goodliffe.
Affascinante produzione Hammer. La gorgone Megera semina la morte in un villaggio transilvano, ma le sorprese sono dietro l'angolo. Cast di livello, con un ottimo Peter Cushing e Lee (abbastanza sprecato a dire il vero), belle musiche che offrono un ottima atmosfera. Da citare la Gorgone, la fotografia e la Shelley. Da vedere.
Horror minimalistico ma non privo di spunti interessanti e fatto con tanta passione. La storia è classica e certamente non stravolge, ma la pellicola va compresa se collocata nel tempo e nelle disponibilità (anche economiche). La Gorgone (perché chiamata Megera, non era la sorella?) qui è presente in spirito, ma non perde il potere di pietrificare le vittime del suo sguardo. Christopher Lee è dannatamente fuori posto, però...
Horror targato Hammer che delude per il suo incedere lento e impacciato e il ridicolo trucco della pietrificante Gorgone. Entrambi un po' sottotono, Cushing (doppiato da Nando Gazzolo) vaga monotono e assorto in malvagi propositi, Lee (con la voce di Gualtiero De Angelis) fa qualche rada comparsa solo da metà film per poi improvvisarsi novello Perseo negli ultimi cinque minuti; più coinvolti e convincenti Goodliffe e Prasco. Unico vero pregio l'iridata fotografia pittorica, bel pezzo d'artigianato della gloriosa casa di produzione inglese.
A onor del vero non si può accostare questo film ad altri prodotti della Hammer (e non) che spopolavano in quegli anni, ma nel complesso non l'ho trovato così inguardabile. Certo è un po' lentino e i due grandi marpioni Cushing e Lee offrono sì una buona prestazione ma non tale da costringere lo spettatore a stropicciarsi gli occhi dalla meraviglia. Invece le cose migliori si trovano nella fotografia e nelle cupe atmosfere. Sorvolo sul make-up di Megera, che appare come un tardona coi bigodini in testa. **
Il mito della terrificante Gorgone che trasforma in pietra coloro che le rivolgono lo sguardo, rivive in questo fascinoso film di Terence Fisher, con un cast d'eccezione e coreografie perfette. La Megera del film in realtà avrebbe dovuto chiamarsi più correttamente Medusa (la prima era una delle Erinni), ma chi si accorge di questo piccolo errore mitologico-letterario? Con ansia lo spettatore arriva alla chiusa finale, lasciandolo letteralmente di... sasso!
Ottima la fotografia, cupe e particolari le scenografie ma macchiettistici gli effetti speciali, che in un film mitologico come questo avrebbero dovuto essere più curati, pertanto la pellicola risulta inficiata nella sua essenza e adatta principalmente ai bambini. Simpatica la cosa di denominare Megera la Medusa, ma il film resta risibile.
Film targato Hammer che prendendo spunto dalla mitologia classica, imbastisce una trama dagli sviluppi abbastanza prevedibili (chi sarà mai la temuta e terribile gorgone?) e che comunque si lascia guardare e seguire. Buone atmosfere, cast formato da “miti” del genere, confezione non sempre all’altezza: il trucco della “creatura” è davvero dilettantesco.
Il mito della gorgone in un castello teutonico; Peter Cushing nella parte del dottore cinico ormai già testato in film precedenti è ottimo, Christopher Lee nella parte del professore genio dal carattere sbadato è invece forse un po' troppo alto. Il film nell'insieme è nella media dei prodotti Hammer, poi questo è del primo periodo. Atmosfere gotiche assicurate, soprattutto nell'interno del castello abbandonato. La trama scorre tranne in alcuni punti che riguardano la protagonista femminile. A ma è sempre piaciuto.
Classico prodotto Hammer diretto da un Terence Fisher non molto ispirato. Non molto perché la soluzione del mistero che aleggia attorno ai corpi tramutati in pietra si intuisce dopo poco; il film è comunque buono per l'epoca sia per le solite atmosfere rese benissimo sia per le ottime interpretazioni di Lee (per una volta buono) e Cushing. Non male il make-up di Megera e le sue prime inquietanti apparizioni. Buono.
In inghilterra, culla dell'empirismo e residenza prediletta dei fantasmi, è stato forgiato questo gioiellino (ambientato in Germania, però)! Il fascino arcano del terribile mito di Medusa, con una spruzzata di licantropia (la pietrificante creatura colpisce nelle notti di luna piena) sconfigge l'ostinato positivismo del Professor Namaroff, in un trionfo di tinte caravaggesche. Bisturi, provette, crocefissi e statue neo-classiche, Scienza, Fede, Mito per interpretare il mondo, ma l'Amore è un mistero inspiegabile, fino alla fine... Sorvoliamo sui dialoghi pomposi e lasciamoci... mesmerizzare!
MEMORABILE: Il castello disabitato, fatiscente teatro dello scontro finale.
L’ultima collaborazione tra Lee, Cushing e Fisher non rappresenta l’apice del loro sodalizio, eppure i motivi d’interesse presenti nel film lo rendono degno di visione, grazie alle morbide cromature di Reed e alle scenografie intriganti di Robinson. A questa “rispettabilità” estetica, però, il maestro Hammer non fa seguire la consueta capacità di trasfigurare il materiale a disposizione. Così delle ascendenze iconografiche-psicologiche legate alla Medusa resta poco e il riferimento più “mitico” della pellicola resta l’abituale set del castello Borsky.
MEMORABILE: La scena finale con l’apparizione della Gorgone Prudence Hyman: sguardo allucinato e capelli serpentinati
Il film parte bene: morti misteriose con vittime pietrificate. L'indagine "poliziesca" volta a scoprire il mistero e l'ipotesi di una misteriosa creatura (Megera, ma non si poteva scegliere una traduzione migliore?) sembrano funzionare, ma il tutto naufraga in un finale un po' tirato via. Anche gli effetti speciali lasciano a desiderare. Cushing ha interpretato altri personaggi negativi, ma stavolta risulta particolarmente indigesto e Lee si vede troppo poco. Un Hammer deludente.
A differenza dei vampiri, la Medusa Meghera si può vedere allo specchio e guardarla riflessa non produce alcun danno. Appare nelle notti di luna piena e trasforma in pietra chi riesce a raggiungere con il suo sguardo infuocato. Produzione Hammer che mantiene ciò che ha sempre promesso, con un Lee diverso dal solito e un Cushing particolarmente antipatico (l'antipatia dei gelosi). Atmosfere ben "dipinte" e un lungo (ma non noioso) antefatto che porta ben informati al clou finale, che ricorda la trasformazione post mortem di Spencer Tracy in dr. Jekyll.
La Hammer, stavolta, gratta il fondo del barile mitologico (una Gorgone rediviva al chiar di luna). A salvare il salvabile s'adopera la solita coppia d'assi Lee-Cushing, per una volta a caratteri invertiti: il primo nella parte del liberatore scientifico e il secondo in quella del cattivo scostante. Tale nobile contributo, tuttavia, viene annichilito da un finale raffazzonato in cui la temibile creatura alfin si rivela: con serpentelli retrattili in plastica e trucco da megera, appunto; roba da pietrificare anche i cultori più sfrenati.
Da alcuni anni, attorno ad un castello abbandonato si verificano morti orribili sulle quali le autorità preferiscono non indagare troppo. Il fratello di una delle vittime intende invece scoprire la verità... Ispirandosi ad una figura della mitologia greca, un horror targato Hammer nella media per gli standard della casa di produzione. I punti forti sono la regia pulita, la bella fotografia pastosa e la presenza dei dioscuri Cushing e Lee per quanto non al top, mentre quelli deboli l'identità troppo prevedibile della Gorgone ed il suo trucco carnevalesco. Nel complesso, gradevolmente vintage.
MEMORABILE: Lo sguardo sarà pure di quelli assassini, ma la parrucca con i serpentelli di gomma fa ridere i polli: difficile restare impietriti dal terrore
Castelli, pleniluni, morti misteriose, ma stavolta il mostro è ispirato al mito della Gorgone che pietrifica con lo sguardo. Un gotico senza personalità, con Cushing e Lee (per l'occasione entrambi baffuti) nel consueto ruolo di scienziati ottocenteschi combattuti tra raziocinio e superstizione. Fisher fa quel che può ma la sceneggiatura è insipida, come la sottotrama sentimentale che diluisce la vicenda. Ci si sente in colpa a pallinare come "mediocre" film così, in cui l'intero comparto tecnico risulta impeccabile; eppure tanto vale.
MEMORABILE: Cushing in laboratorio dopo l'autopsia: "Non ho capisco perché l'opera più elevata di Dio, il cervello umano, debba avere un aspetto così ripugnante".
Non basta una confezione di buon livello per dare vitalità a uno script abborracciato e che, soprattutto nel finale con il grottesco make-up della terribile Gorgone, precipita nel ridicolo volontario. Il glorioso trio Hammer (Lee, Cushing e Fisher) può ben poco di fronte a una sceneggiatura anemica che lascia intravedere agevolmente l'inghippo già a metà della vicenda e che, a dispetto della brevità del film, si perde in estenuanti lungaggini. Resta indubbiamente il fascino delle location e dei raffinati cromatismi, ma è decisamente troppo poco. Graziosa e nulla più Barbara Shelley.
MEMORABILE: I cadaveri pietrificati delle vittime di Megera.
Per una volta non ha il solito lieto fine, e non guasta! La leggenda di Megera che si reincarna e semina terrore col suo sguardo non convince di per sé, ma almeno è una variazione spietata sul tema, che non guarda in faccia a parentele o a romantiche promesse. L'omertà è un denominatore comune, mentre quel che spicca sono i manoscritti confessionali, chiari e diretti. Lee per una volta ha un ruolo positivo, e gli effetti speciali di metamorfosi sono di buona fattura, come le serpi nei capelli del mostro. Non entusiasmante ma come tuffo divagatorio nell'horror classico funziona bene.
MEMORABILE: La decapitazione; L'aggressione al padre del pittore.
Si rischia di guardare il proverbiale dito che indica la Luna: l'inverosimiglianza della Gorgone emigrata in Germania e il suo make-up tanto weird da scatenare feticismi collaterali. Ma tutto attorno, Fisher costruisce un gotico esemplare e ossianico, rigoroso nella messa in scena, immerso in luci drammatiche e autunnali, in cui amour fou e scienza si contendono il proscenio, mentre l'esotismo di Megera scatena perturbazioni terrifiche che anticipano quelle per gli spettri orientali in trasferta. Cushing impeccabile, Lee in overacting, vibrante Barbara Shelley.
Ben agghindato e ben recitato; senza avventurarsi troppo nella mitologica leggenda delle Gorgoni, Fisher percorre in modo quasi psicoanalitico il topos dell’horror-gotico, creando per ogni personaggio un’imprevedibile aurea di abnorme maledettismo. A distanza di anni fanno sorridere alcune “intuizioni” visive last-minute, ma il risultato complessivo è decorativo e di facile persuasione. Ottimo Cushing.
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