Benjamín Esposito (Darín), ispettore in pensione, torna al tribunale dove lavorava per mostrare alla collega che amava (Villamil) il romanzo che sta scrivendo. E' la cronaca di un caso che aveva coinvolto molto entrambi venticinque anni prima e che partiva dall'omicidio di una splendida donna. Dallo studio degli album di fotografie in casa del vedovo affranto (Rago), Benjamin aveva scoperto che in una di esse un ragazzo osservava con occhi di fuoco la sua bella coetanea. Era lui l'assassino che la polizia stava invano cercando? L'impianto è quasi da giallo, costruito attraverso continui rimbalzi tra passato e presente: il passato lo scopriamo a tratti, il presente va a completare quanto scopriremo...Leggi tutto essere stato al tempo lasciato in sospeso. Una sceneggiatura attenta nella complessa ricostruzione del mosaico al quale si aggiunge un fondamentale studio dei rapporti interpersonali: non solo quello tra il protagonista e la sua ex collega ma anche quello tra lui e il suo vecchio braccio destro, un collaboratore alcolizzato che, almeno nella prima parte, diventa partecipe di alcuni splendidi dialoghi in cui si mette in luce l'eccellente acutezza nella scrittura, la quale non trascura un'ironia talvolta sconfinante in autentica comicità con risultati superbi (specie quando è in scena il giudice, straordinario quanto fugace antagonista). Grande interpretazione, sentita e intensa, di Ricardo Darín, su cui pesa buona parte del film, ma è l'intero cast a esser diretto impeccabilmente, appoggiato a uno script che non lascia nulla al caso; la regia di Juan José Campanella sembra infatti seguirlo preoccupandosi innanzitutto di fare in modo che la storia emerga grazie ad esso, concedendosi solo una decina di minuti virtuosi allo stadio dove improvvisamente si parte da un totale dall'alto che va ad inquadrare il singolo (alla Hitchcock o alla Dario Argento per capirsi) per poi concedersi a inseguimenti tumultuosi e riprese ardite tra gli spalti. Rispetto al resto del film, molto più sobrio, un intervallo curioso, che però poco aggiunge in attesa che a riprendersi lo spazio siano i dialoghi, i colpi di scena e l'ironia dimessa di Benjamin (non uno che va per il sottile, vista la quantità di volgarità messe in fila soprattutto all'inizio). Qualche particolare resta poco chiaro, ma nel complesso la storia evolve con mirabile precisione arrivando a un finale raggelante che lascia spazio a più d'una riflessione, prima di un epilogo più tradizionale. E' comunque evidente come sceneggiatura e regia proseguano di pari passo dando vita all'ambizioso ritratto di un personaggio attorno al quale ruotano uomini ed eventi di un andirivieni temporale sfruttato al meglio.
Validissimo film argentino che coniuga il gusto tutto latino-americano per la narrazione al passato e nel passato (con Eros e Thanatos che si confondono) con una storia gialla a tratti avvincente e che ben descrive il clima d'impunità che sempre accompagna le dittature. Anche l'espediente dei continui flashback funziona alla perfezione e non appesantisce per nulla la storia ma anzi contribuisce a renderla più onirica e toccante. Ottima la fotografia, che vira verso uno splendido giallo e bravi gli attori, sofferenti al punto giusto.
Inizia con un doloroso addio in una stazione ferroviaria, addio che cambierà la vita dei due protagonisti per ben 25 anni e attraverso una narrazione a flash-back tornerà in quella stazione a concludere il cerchio e finire con una appendice liberatoria, in tutti i sensi. Se l'indagine su una stupro omicidio occupa molto del film, è comunque l'amore il tema principale, amore imperituro che si fa giustizia e amore finalmente coraggioso e dichiarato. Prima parte molto coinvolgente e serrata, seconda che smorza il ritmo e appesantisce un po' il film.
Bel film di produzione argentina, giustamente premiato con l'Oscar. Apparentemente un thriller basato su un delitto a sfondo erotico, ha per tema principale la difficoltà a comunicare sentimenti e passioni. Attraverso continui flashback, la storia si dipana intrigando sempre più lo spettatore attraverso una sceneggiatura efficace, una regia personale e interpreti poco conosciuti a livello internazionale ma davvero bravi. Emozionante.
Non è memorabile ma è cinematograficamente ben fatto e ha il merito di non abusare dei sentimenti ma di saperli costruire con garbo, siano essi frammenti di un amore o tessere di un thriller. Particolare Francella nel ruolo del tipico prodotto dell'ambiente ministeriale, ammaliante la Villamil ad ogni età. Qualche lungaggine nel secondo tempo e qualche momento di umorismo fuori luogo. È in ogni caso positivo che l'Oscar non sia andato al solito film pervaso di folklore strappalacrime.
Guardando negli occhi i membri dell'Academy, magari, si scoprirebbe il motivo "segreto" per il quale l'Oscar come miglior film straniero sia stato assegnato a questa discreta pellicola di un tecnicamente bravo regista come Campanella (l'apice della perizia è raggiunto dal lungo pianosequenza - non privo di qualche invisibile taglio in CGI - che parte da una ripresa aerea sullo stadio di Buenos Aires fino a convergere in una macchina a mano, sugli spalti fino alla vertiginosa fuga del sospettato) che, però non presenta nulla di perturbante. Anzi è del tutto rassicurante nella sua prevedibilità.
Una calda ma tribolata storia di sentimenti quali la passione e l'amicizia a racchiudere 25 anni di sofferenza e ricerca. Il regista è bravo e con buone inquadrature, ed aiutato da una fotografia calda, come nella tradizione sudamericana, mantiene presente il sentimento d'amore. In certi momenti è un po' lento ma non fiaccante ed ha il grande pregio di esser bagnato da una buona ed efficace dose di umorismo... Bravi gli attori, decisamente. Non sarà il capolavoro par excellence ma è vermanete ben fatto e piacevole.
MEMORABILE: L'amico spesso alticcio e le sue risposte al telefono del tribunale.
Funzionario giudiziario ormai in pensione ripercorre con la memoria una vicenda avvenuta 25 anni prima - l'assassinio di una giovane donna - che lo ha ossessionato per molto tempo, segnando in modo indelebile anche la sua vita privata. Poliziesco esistenziale sul filo della memoria, ma anche struggente storia d'amore taciuto e riflessione su un particolare periodo della storia argentina (greve ed asfittico come gli interni ritratti): film di struttura complessa, difficilmente catalogabile in un solo genere, mai banale. Bellissimo, Oscar meritato.
MEMORABILE: L'addio alla stazione - il commento di lei quando ne legge la descrizione scorrendo la bozza del romanzo
Oscar strameritato. Un film sorprendente, amaro, commovente, che incrocia in una sintesi straordinaria elementi di thrilling, dramma, storia d'amore e sfondo politico, senza mai risultare nè melenso nè retorico. E come non bastasse, a un certo punto il regista ci inventa un piano sequenza interminabile intorno e dentro a uno stadio che nemmeno De Palma in Omicidio in diretta... Bravissimi anche gli attori, a chiudere il cerchio di un'opera che sfiora solo di un pelo il capolavoro assoluto.
In un paese, l'Argentina, che si mostra attraverso un sistema giudiziario parziale e approssimativo, si sviluppa l'indagine di un investigatore che non trova la sua verità finché non decide di scrivere un romanzo su uno stupro e un omicidio. È la storia di un uomo ossessionato da un delitto e da un amore e dal confronto con se stesso, incapace di sentirsi vivo. Arriverà a conoscere la verità e la vendetta gelida e calcolata. Intensa ed efficace la recitazione. Sapiente e calzante l'uso del flashback. Oscar meritato.
Dopotutto l'Oscar ci può stare, vista la qualità della regia e quel tocco malinconico di sudamericano che probabilmente in occasione dell'Academy Award fa sempre il suo gioco. Si vede con piacere, questo tuffo doloroso nella memoria di un uomo dai sentimenti rimasti in "pause", grazie anche alla bella caratterizzazione dei personaggi e all'attenzione sempre desta anche nei passaggi più lenti. Se poi leggiamo metaforicamente il finale sullo sfondo della tragedia della dittatura, non c'è molta letizia. Buono.
MEMORABILE: La goffa perquisizione a casa della madre del sospettato.
C'è il sociale (la dittatura) e il personale ("l'ammore"), c'è il rape e c'è la revenge, ci sono dialoghi ironici e fughe da cardio-tonico, attori calzanti e situazioni spiazzanti, ci sono garage olimpionici (il killer in libertà per conto dei reazionari) revolverate a la Charles Bronson e aggiungi un posto a tavola che c'è un ge-ne-re in più. Forse c'è troppo, tanto che suona forzata la commistione fra l'indagine-che-lascia-l'amaro-in-bocca alla Zodiac ed il finale alla Sospetti usuali. Eppur se non appartengo alla schiera dei melius-abundare-quam-deficere-addicted, si parla di un gran filmone.
Storia a doppio filo su contenuti giudiziari, ma anche intimistici, intessuti in maniera perfettamente in equilibrio e con soluzioni finali inaspettate. Il libro che un ex funzionario di giustizia vuole scrivere ripercorre un caso di cronaca nera che rivelerà dopo 25 anni aspetti scolvongenti, ma che segnerà nuovi capitoli nella sua vita sentimentale. Fuori dall'ordinario, esemplare...
Pellicola solida ed efficace ambientata in Argentina, ove un funzionario della giustizia ripercorre le drammatiche vicende inerenti un efferato omicidio compiuto 25 anni prima. Molti gli elementi presenti: un sentimento amoroso mai sbocciato ma evidente, la vergognosa giustizia sudamericana e la forza di una vendetta non brutale ma continua e dilaniante.
Un delitto brutale avvenuto anni addietro, un'indagine sofferta e un cast particolarmente ispirato per un grande film argentino. Un PM in pensione decide di scrivere un romanzo ispirato al vecchio delitto, ossessionato da questo. Tutto in una pellicola emozionante, che colpisce diritta dentro, trasformando il tempo passato in un'ossessione lacerante. I segreti di una storia che parla d'amore. Ottimo.
Oscar strameritato. Dopo due inquadrature già si capisce che non è un'opera qualsiasi. Ha la profondità e la solennità della grande narrazione sudamericana, i tempi dei classici del cinema, eppure è un'opera d'oggi. La violenza e qualche parolaccia non scalfiscono la profondità dei personaggi a tutto tondo che si contendono la scena, in una dimensione di intimismo corale. Un uso degli anni che ricorda C'era una volta in America. Applausi e quattro pallini.
MEMORABILE: Bellissimo il gioco di flashback partendo da oggetti (la macchina da scrivere) o associazioni di idee ed immagini.
E' una piacevolissima sorpresa questo dramma a tinte thriller, corroborato da un bella
storia d'amore (senza le solite smancerie da quattro soldi) e da piccoli innesti comici
Ciò che salta all'occhio è soprattutto l'ottima scrittura che rende molto fluide le due
ore della pellicola. Nonostante la durata il ritmo non ne risente, ma anzi l'interesse
ed il coinvolgimento restano intatti senza mai scemare durante lo svolgimento della
vicenda. Bel finale a metà tra il dolce e l'amaro. Perderlo sarebbe un peccato.
Un caso di omicidio cambia le vite di un funzionario di polizia e di un giudice, mentre il peronismo scolora nella brutale dittatura di Videla e l'Argentina s'inabissa, come le vite dei due: lui in provincia, lei in un matrimonio che immaginiamo presto spentosi nella routine. Lui non ha dimenticato né lei né l'assassinio e ne vuole scrivere la storia. Cinema di grande qualità, scritto e interpretato benissimo, con un cast sorprendente, che mescola con abilità storie personali e la tragedia storica di un paese, la necessità di ricordare e lottare.
Tanta roba dentro questa pellicola argentina di non facile catalogazione: un amore e una vendetta alla ricerca del tempo perduto, sullo sfondo di una nazione dalla storia drammaticamente tribolata. C'era il rischio di fare "impazzire" il tutto, invece regia, sceneggiatura ed interpreti danzano insieme alla perfezione, dando luogo ad un film tanto intrigante nel suo svolgimento quanto incisivo nel conficcarsi nel cuore e nella memoria. Dolente e affascinante come un tango.
Un film pulito e preciso, in cui il regista riesce a gestire benissimo i tanti temi messi in campo (che rischiavano di essere fin troppi, dall'indagine poliziesca alla storia sentimentale all'eredità della dittatura...). Si capisce che l'interesse di Campanella è innanzitutto quello di presentare figure umane a tutto tondo, un obiettivo perfettamente raggiunto. Diversi momenti emozionanti, recitazione molto convincente; insomma, un film abbastanza classico, ma di grande qualità.
Qualche imperfezione a livello tecnico (inutile il virtuosismo, peraltro tecnicamente riuscito, a metà film) non inficia su un film dall'impatto emozionale potentissimo, in grado di parlare di ricordi, occasioni perdute e speranza verso il futuro con una sobrietà e una forza che lasciano stupefatti, peraltro muovendosi con destrezza in mezzo a generi molto eterogenei: poliziesco, thriller, film di denuncia, commedia, sentimentale, drammatico, revenge-movie. Protagonisti dai tratti un po' marcati, ma l'effetto empatia scatta comunque. Ottimo.
Polpettone ispano-argentino che mette mano ad un intero arsenale per catturare la partecipazione dello spettatore: thriller, ingiustizia sociale, vendetta, melodramma mungi-lacrime. Nulla da obbiettare, non fosse che l'indagine investigativa è inverosimile, la sequenza dell'interrogatorio imbarazzante e gli sconfinamenti sentimentali patetici (TEMO, TE AMO). Grande sfoggio di tecnica che culmina in un iperbolico (e fasullo) piano sequenza atto a camuffare una delle sequenze più ridicole mai viste al cinema. Inaccettabile l'Oscar come miglior film straniero nell'anno di Haneke e Audiard.
MEMORABILE: L'addio alla stazione: uno strazio che in confronto Il Dottor Zivago è un corroborante.
Più dell’emozionante colpo di scena finale e della stessa storia dell’indagine su uno stupro-omicidio, la forza del film sta nella sottile riflessione sulla memoria, sulla permanenza dei ricordi e sul loro scioglimento. Il piano puramente simil-poliziesco e personal-sentimentale s’intreccia (in modo sotterraneo ma folgorante e rivelatore) con quello storico-politico: non a caso il crimine avviene subito prima del golpe di Videla e la soluzione subito prima del tracollo argentino del 2001. L’ottima orchestrazione narrativa e visiva fa il resto.
Bel film e soprattutto ottima fotografia. L'altalena di sentimenti è ottimamente miscelata al clima dell'Argentina anni 70, con la dittatura ancora da venire, ma violenza e nefandezze abbondavano. Per quanto il finale soddisfi la brama dello spettatore, non nasconde una certa prevedibilità, anche se durante il film il mix thriller-sentimentale si fa seguire con interesse. C'è qualche buco di sceneggiatura e qualche scena sembra scritta in modo poco adeguato (l'interrogatorio), ma si può perdonare.
Un film che mi è rimasto impresso, che ho amato, che amo e che consiglio sempre. Recitazione eccellente e Oscar non meritato ma meritatissimo! Il titolo è semplice, sembrerebbe banale, poco ricercato, eppure si fonde benissimo con l'intuito del protagonista, un grande Ricardo Darin. Un film corposo, solido, di grande calibro visivo e, ciliegina sulla torta, un'azzeccatissima colonna sonora di Jusid e Kaunderer.
Bel thriller argentino decisamente lontano dagli standard hollywoodiani. Infatti, anche se manca quasi totalmente di azione (e le poche scene non sono nemmeno il massimo), compensa con una bellissima caratterizzazione dei due personaggi principali (un funzionario di tribunale e la sua diretta superiore in carica), virando spesso nel melodramma, anche più riuscito rispetto alla povera investigazione. Innesti storici troppo di contorno e male amalgamati con il resto, finale francamente poco credibile.
Ha vinto addirittura l'Oscar, questo melodramma argentino in cui l'indagine sul brutale omicidio di una giovane donna si intreccia con l'avvento della dittatura e, soprattutto, con un amore troppo a lungo sopito. Confezione di qualità, ottima regia, bei dialoghi, personaggi di spessore e interpreti all'altezza. Capolavoro assoluto, allora? No, perché ci sono anche alcune lungaggini ad appesantire una storia che, pur valida nel suo complesso, sul versante strettamente giallo mostra almeno un paio di vistose scivolate.
MEMORABILE: L'ottimo utilizzo dei flashback; La sequenza allo stadio; Il finale.
Molti temi si sovrappongono in questo film argentino, che si distingue per l'intensità emotiva. Sullo sfondo del sistema giudiziario corrotto dell'Argentina anni '70, lo sviluppo delle indagini su un evento criminale efferato si intreccia con il racconto di una struggente storia d'amore, non consumata e nemmeno dichiarata, tutta giocata sugli sguardi e sul desiderio. Grande l'espressività dei due protagonisti, Ricardo Darín e Soledad Villamil (che ricorda la Galiena dei tempi migliori). I sentimenti autentici dominano la scena, Oscar meritato.
Un film originale, poetico e raffinato, consigliato a persone sensibili che amino risvolti imprevedibili. E' una storia d'amore, sostanzialmente, che fa da cornice a un efferato omicidio, a causa del quale molti destini verranno stravolti. La chiave narrativa è avvincente, per nulla scontata e accompagna lo spettatore fino al gran finale: agghiacciante. Molto bravo Villamil, dagli occhi intensi che spesso comunicano più di mille parole; è proprio attraverso i suoi occhi, innamorati, che egli individuerà il colpevole.
Film interessante, ben diretto e ben interpretato, in cui si alternano due linee temporali, con gran lavoro dei truccatori. Darin (il "multato" delle Storie pazzesche) offre una prova di livello ma a lasciare il segno è ancora di più Francella, con il suo poco etico e molto etilico personaggio. Tecnicamente ineccepibile, personaggi ben caratterizzati e trama gialla più che apprezzabile. L'intuibile "colpo di scena" finale non priva di fascino una pellicola tutt'altro che banale. Consigliato.
Notevolissima opera argentina che mischia con grazie e armonia generi diversi (sentimentale, drammatico, critica politica e thriller) riuscendo a essere credibile e appassionante. Gran parte del merito va dato alla straordinaria regia di Campanella, sorretta da una sceneggiatura solida (che gioca meravigliosamente con una richhezza di elementi davvero incredibile) e da un cast - capeggiato dal meraviglioso volto di Darin - in stato di grazia. La tensione narrativa va esponenzialmente in crescendo, fino a un finale di rara efficacia.
MEMORABILE: Il rapporto molto umano fra Darin e la sua superiore; L'evoluzione politica; La parte conclusiva (con sorpresa).
Oscar meritato per questo lavoro che è thriller ma sa far ridere, dramma di animo romantico, misterioso, commovente ma raffinato in diversi passaggi. Due i piani temporali del racconto, ma più interessante è la scelta delle inquadrature che si concentrano e di tanto in tanto si affidano agli occhi dei due intensi protagonisti, li fanno parlare. In generale una regia piuttosto convincente per un lavoro assolutamente equilibrato e gustoso.
MEMORABILE: Una doppia inquadratura, resa raffinata da una rosa posta idealmente all'occhiello e sul cuore dei protagonisti
Il caso relativo all'omicidio di una ragazza influenzerà la vita di più persone. La vicenda giudiziaria e il sottofondo fanno da inno all'amore, permeato dai residui della vecchia dittatura (le spie protette dal governo, l'omicidio del collega), da cui gli argentini faticano mentalmente a uscire. Ben scritto l'intreccio, mentre la regìa si permette piani sequenza quando non ce ne sarebbe bisogno. Un filo stucchevole la relazione, al limite del platonico, tra i protagonisti, e fastidiose le numerose volgarità nei dialoghi (specie in tribunale).
MEMORABILE: Il cadavere della ragazza; Le risposte al telefono di Sandoval; La vendetta all'omicida; Le foto in casa girate sul comodino.
Il film, tratto dall'omonimo romanzo, mescola dramma e thriller. Un funzionario di un tribunale argentino in pensione ritorna su un vecchio caso di omicidio controverso. Interessante, lungo ma non prolisso, può contare su alcuni momenti toccanti. Più che convincente l'interpretazione di Ricardo Darin. Premiato con l'Oscar (meritato) per il miglior film straniero.
Gran bel dramma a tinte thriller, ottimamente dosato per tutte le sue sfumature, tra un romanticismo mai troppo zuccherino e un intrico mystery appassionante senza inutili complicazioni a effetto sorpresa; in fondo non sono necessari grandi colpi di scena quando già la struttura narrativa, che zampetta fra il presente e il passato (ma anche fra l'ipotetico e il reale) con suadente scioltezza, tiene desta l'attenzione fino agli ultimi minuti. I personaggi non sono particolarmente originali, ma descritti credibilmente e ben interpretati. Degna di lode la virtuosa regia di Campanella.
MEMORABILE: Lo stupro immaginato da Darín; Il maestoso piano sequenza (dalla ripresa aerea sullo stadio all'arresto in primo piano); L'esecuzione; La cupa verità.
Anche se alcuni aspetti dell'indagine vengono un po' forzati e in certi momenti si insiste troppo sulla componente sentimentale, resta un ottimo film, un thriller che inchioda alla poltrona e che ha mille risvolti, anche filosofici, che accompagnano una vicenda poliziesca di per sé molto interessante. Ottima la regia, che dà un contributo decisivo alla riuscita del film, ma notevoli sono anche la colonna sonora e tutto il cast. Personaggi ben tratteggiati a livello psicologico. Non ci si annoia mai dall'inizio alla fine. Un film davvero riuscito, cosa rara per gli ultimi anni.
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Mi rendo conto che di fronte ad una tale unanimità di consensi, a voler aver ragione delle proprie riserve, si passa per alienati e forse varrebbe la pena tacere… Eppure, dico io, in questo film ci sono delle grossolanità tali che non riesco proprio a capire come nessun altro le abbia notate…
SPOILER VARI
Come fa Esposito a capire chi è l’assassino di Lilliana Morales? Elementare Watson! Sfogliando un album di fotografie della defunta nota che in un paio di scatti c'è un tizio che anziché guardare l'obbiettivo… guarda proprio la defunta! Fine delle indagini. E come fa ad acciuffare il malfattore? Semplicissimo - dice l'amico alcolizzato di Esposito - visto che l'assassino è uno sportivo basta andare a cercarlo… allo stadio! Così i due si recano proprio allo stadio e, tra centinaia e centinaia di tifosi urlanti… lo trovano!
E questi sono solo i due passaggi più inverosimili e macroscopici, perché le finezze di sceneggiatura fioccano come neve. Il superiore di Esposito, che si è rifiutato di concedergli un mandato di perquisizione, gli fa una lavata di capo perché Esposito è andato comunque a rovistare nella casa della madre dell'assassino. Come ha fatto a scoprirlo? Qualcuno ha visto la macchina di esposito parcheggiata nella stessa via dove abita la donna. Per non dire della sequenza dell'interrogatorio in cui la cancelliera Irene Menendez umilia ed estorce la verità all'assassino chiamandone in causa... i genitali (!) fino a costringerlo a tirarli fuori (!!) per dimostrarle che non sono affatto piccoli come lei dice (!!!)
Ora, capito io che il cuore del film sono i sentimenti, ma siccome non è un thriller argentiano ma un film che ha la pretesa di ricostruire il clima politico argentino degli anni ’70 e che ha vinto pure l’oscar come film straniero… Ditemi un po’ voi se si può proprio far finta di niente…
Non me lo ricordo con così tanta vividezza da poterti rispondere su tutti i punti che tiri in ballo.
Quello che mi ricordo era che aveva una gran bella fotografia calda, molto in sintonia con la storia. Forse si all'epoca
ACHTUNG /ATTENZIONE (visto il tipo di film mi pare il caso :)
SPOILER
qualche domanda del genere me la feci, sopratutto riguardo il finale effettivamente un po' troppo "irrealistico" con la prigionia protrattasi per anni e anni
FINE SPOILER
Tuttavia, la presi come una ballata sudamericana, come uno di quei romanzi dove non tutto deve coincidere e/o collimare per forza Il racconto degli anni '70 anni argentini mi parse invece molto centrato, sopratutto in alcune figure di oscuri burocrati: certo non è un Larrain, quello no. Però ripeto per essere più preciso dovrei rivederlo.
Infatti Jan, mi ha spiazzato questa incoerenza tra ricostruzione storica pertinente e indagine investigativa inverosimile... Poi sono d'accordo sul fatto che tecnicamente il film sia fatto molto bene, ma la sceneggiatura è proprio un colabrodo :) Grazie per il tuo intervento!!!
DiscussioneNicola81 • 14/06/15 20:31 Contratto a progetto - 681 interventi
Al netto di alcune leggerezze nell'intreccio giallo, un film che mi è piaciuto. Però non ho capito che ruolo ricopre esattamente il protagonista. Lavora in tribunale, e siccome indaga come se fosse un poliziotto, pensavo appartenesse alla polizia giudiziaria, salvo poi rendermi conto che il suo diretto superiore è un cancelliere. Onestamente non conosco così bene il funzionamento della giustizia in Argentina, ma ho forti dubbi sul fatto che il personale di cancelleria partecipi così attivamente ad una indagine su un caso di omicidio, con tanto di sopralluoghi sulla scena del crimine e interrogatori. L'ho notata solo io questa stravaganza?
In realtà, dovrebbe essere un assistente del procuratore, quindi un qualche tipo di lavoro investigativo dovrebbe essere di sua pertinenza.
Comunque, secondo me alcune delle incongruenze si capiscono se si tiene conto del fatto che, per esempio, nel caso dello stadio non è detto che i due vadano a colpo sicuro la prima volta.
Inoltre, l'accusato è tifoso del Racing di Avellaneda. Quindi, è ipotizzabile che andrà a vedere il Racing in uno dei tanti derby della capitale (a Baires hanno sede molti club di serie A) e proprio nella curva della "aficion". In questo modo, le probabilità si riducono molto. Va anche detto che i due non vanno da soli, ma con agenti di polizia al seguito, quindi non mi pare che si tratti di un caso fortuitissimo.
D'altra parte, concordo con chi vede nella storia alcuni elementi, se non di realismo magico, quantomeno della visione della vita ricca di elementi non strettamente razionali, propria della narrativa sudamericana in generale.
DiscussioneNicola81 • 15/06/15 22:00 Contratto a progetto - 681 interventi
Tarabas ebbe a dire: In realtà, dovrebbe essere un assistente del procuratore, quindi un qualche tipo di lavoro investigativo dovrebbe essere di sua pertinenza.
Comunque, secondo me alcune delle incongruenze si capiscono se si tiene conto del fatto che, per esempio, nel caso dello stadio non è detto che i due vadano a colpo sicuro la prima volta.
Inoltre, l'accusato è tifoso del Racing di Avellaneda. Quindi, è ipotizzabile che andrà a vedere il Racing in uno dei tanti derby della capitale (a Baires hanno sede molti club di serie A) e proprio nella curva della "aficion". In questo modo, le probabilità si riducono molto. Va anche detto che i due non vanno da soli, ma con agenti di polizia al seguito, quindi non mi pare che si tratti di un caso fortuitissimo.
D'altra parte, concordo con chi vede nella storia alcuni elementi, se non di realismo magico, quantomeno della visione della vita ricca di elementi non strettamente razionali, propria della narrativa sudamericana in generale.
A dire il vero, tra le leggerezze nell'intreccio giallo non includevo tanto la sequenza allo stadio, sulla quale condivido il tuo punto di vista, ma soprattutto il modo in cui il protagonista identifica l'assassino. Mi sarebbe piaciuto assistere ad un processo basato su una prova così schiacciante...
Comunque, ammetto che questo è il primo film sudamericano che ho visto, per cui se tu mi dici che il ricorso a simili elementi per loro è normale, non posso che crederti sulla parola!