Papa Giovanni Paolo II (nel film il grossolano sosia Manfred Freyberger), per recuperare fedeli al cristianesimo assume la banda Arbore per uno show su Televaticano che catturi più audience possibile; Arbore e i suoi entrano in Vaticano e comincia il finimondo... La trama è esile, sconclusionata, ma è chiaro che conta poco. Importanti sono i mille personaggi della banda Arbore con le loro follie: da un Benigni ossessionato dalla madre che per telefono continua ad avvertirlo che Arbore lo vuole fregare a un giovanissimo Abatantuono già "terrunciello" e protagonista, nella parte di un prete, di tre o quattro siparietti esilaranti. Dal muto Andy Luotto che inserisce...Leggi tutto monetine in una statua parlante (ha la voce di Luciano De Crescenzo, che ricomparirà alla fine nel ruolo di Dio in persona!) alle poco più che comparsate di Mario Marenco e Silvia Annichiarico. Ospiti illustri sono invece Isabella Rossellini, Mariangela Melato (cameo nel ruolo della "figlia di Iorio" di dannunziana memoria) e addirittura Martin Scorsese, nella parte del regista televisivo. Poi ancora le Sorelle Bandiera con le loro canzonette "trans", il duo Otto e Barnelli (due one-man band), Michel Pergolani (è l'esperto di donne), Fabrizio Zampa, Milly Carlucci (la suorina buonasera) e tanti altri per uno show folle e a tratti geniale. Se non fosse per le lunghe e pretenziose parentesi musicali scritte e volute da Arbore (il gruppo di napoletani, anche neri, che irrompe in molte scene cantando in dialetto, Arbore stesso che intona "Are You Lonesome Tonight" e altre amenità) IL PAP'OCCHIO sarebbe anche scorrevole, un monumento all'improvvisazione (evidente nel celebre "monologo sulla Creazione" di Benigni). Resta in ogni caso un cult assoluto, delirante, irriverente (e infatti all'epoca sequestrato dalle sale), nuovo, originale e inevitabilmente "amatoriale". Marcel M.J. Davinotti jr. Chiudi
Fantastico guazzabuglio arboriano, con abissi di follia trash e alcune chicche memorabili, fra cui spicca immortale l'esecuzione (in più di un senso) di Azzurro da parte del "coro a bocca chiusa città di Napoli", diretto da Nando Murolo e con Baccaro fra i valorosi "coristi": da sentirsi male. Ottima anche "Non correre papà" di Dino Cassio. E, naturalmente, il miglior Benigni visto sugli schermi (non che ci voglia molto). Volutamente sgangherato, ma irresistibile
Strano esperimento o pastrocchio cinematografico ormai cult, concepito (con De Crescenzo) e diretto da Renzo Arbore. Il film altro non è che la trasposizione cinematografica in chiave decisamente trash delle incursioni televisive della banda di Arbore e da questo punto di vista regala "chicche" irresistibili benchè sia totalmente privo di una sceneggiatura organica degna di nome. L'accusa di blasfemia vista con gli occhi di oggi appare francamente ridicola.
Arbore è incaricato dal papa di dar vita alla tv vaticana. Il film è irriverente al punto giusto per far sbocciare un'infinità di gag, giochi di parola, tirate e sketch, che lo fanno annoverare tra i migliori esempi di cinema comico italiano. E' vero che Arbore convoca la squadra tv de "L'altra domenica", compilando un rosario di scene madri cucite addosso a ciascun cabarettista, ma è proprio l'effetto patchwork, sostenuto da comici eccellenti e da una sano gusto dello sberleffo, a risultare vincente. Irresistibile.
Lo definirei cinema surreal-comico-sperimentale. E ben vengano gli esperimenti, perchè almeno, come in questo caso, si può assistere a qualcosa di nuovo e interessante. Purtroppo, come in buona parte degli esperimenti, ci sono cose riuscite, altre meno e altre meno ancora. Ma i colpi andati a segno non sono pochi (Benigni e il Giudizio Unniversale; Benigni che abbraccia Arbore e gli toglie il parrucchino; Il Papa polacco che coniuga i verbi: "Noi crederemo, voi crederete, essi crederanno"; Le uscite di Abatantuono; Luotto e San Simeone...). Un po' troppo cantato, ma nel complesso, non male.
MEMORABILE: Il Papa; "Noi parliamo e intanto i giovani vanno in discoteca zum zum e fumano spinotti"; Dio con la scritta "Deus ex machina" sale su un'auto e vola.
Pastrocchio arboriano senza capo né coda che ha la presunzione di prendere un programma TV per farlo diventare tout court un esperimento cinematografico. Niente di più di un esperimento. Con qualche soluzione apprezzabile e qualche altra no. Senza mezze misure: o si ride con le lacrime agli occhi o si rimane totalmente indifferenti. Personalmente credo che alla fine il film sia passato alla storia più per le censure subite e per la Vaticana indignazione che per i contenuti stessi (contenuti che non vanno oltre alla demenzialità allo stato puro).
Folle pastiche arboriano dall'irriverenza senza freni, con il cast dell'Altra Domenica televisiva arricchito da comparsate illustri in una satira delirante e mai troppo centrata. Un Benigni ancora allo stato brado si prende quasi tutti i momenti migliori, mentre la grottesca "Non correre papà" (parodia di un'analoga canzoncina di Cinzia De Carolis) e l'orto dei Jazzemani danno la misura della sana demenzialità dell'intera operazione. Il Vaticano non gradì e il film fu sequestrato: altri tempi.
MEMORABILE: Benigni che passa davanti alla finestra di San Pietro.
Geniale e dissacrante commedia di Arbore (ovviamente censurata) ricca di trovate estemporanee ma riuscitissime (il signore sia con voi... Marenco e mettete più vicino, pure il papa) e che fa respirare l'aria gioisamente anarchica che già riempiva le trasmissioni televisive arboriane (che purtroppo ho mancato per ragioni anagrafiche). Benigni, Luotto, il batterista che sembra Venditti, le lezioni d'italiano del papa, i provini per la nuova televisione vaticana, sono tutti momenti indimenticabili di una pellicola coraggiosa ed irripetibile.
MEMORABILE: Donne, beh Pergolani c'ha... quante gliene servono... no no del catalogo non c'è bisogno... però non tutte bionde, fai miste (il tutto davanti al cardinale).
Coraggioso film demenziale e semi-sperimentale di un Arbore abbastanza ispirato, in grado di dirigere una storia sufficientemente sarcastica, irriverente, abile nel mettere in luce l'ipocrisia, ma che ha il merito di non affondare mai colpi esageratamente bassi verso gli obiettivo al centro della satira (il clero, il vaticano, il Papa) ma piuttosto giocando intorno alle figure, con buone interpretazioni da parte degli attori (Benigni, al top dei suoi monologhi che ricordano quelli di Onda Libera). Peccato per il lato troppo musicato del film.
MEMORABILE: Il monologo di Benigni riguardo il Diluvio.
Fiore all’occhiello della comicità italiana più fantasiosa ed avanguardistica, “L’altra domenica” di Arbore & co. approda al cinema con una farsa su Vaticano, religione e TV, tutta costituita di spassosi sketch demenziali e/o surreali ben consci del proprio spirito irriverente, tanto da scatenare in ultimo l’ira divina sotto forma di un maglio di felliniana memoria… La fa da padrona l’esuberanza di Arbore e Benigni, ma non sono da meno le ottime caratterizzazioni di Giusti, il severo cardinale Richelieu, e Freysberger, un bonario papa Wojtyla. Molta musica e gustose (auto)citazioni.
MEMORABILE: Il papa che si allena; il coro degli spernacchiatori; Luotto e S. Simeone Stilita; il monologo di Benigni sul Diluvio; la canzone “Non correre papà”.
Quasi sempre quantità non fa rima con qualità e qui non siamo di fronte ad un'eccezione. Ma, complice anche la forte carica dissacrante, il film diverte e si chiude un occhio su alcune gag decisamente poco riuscite (tutta la parte di Luotto, davvero sacrificato) se in cambio possiamo godere dei monologhi di Benigni (una spanna sopra a tutti) e della contagiosa verve di un Arbore decisamente carico.
Curiosamente, a rivederlo dopo anni paion più veraci e resistenti al tempo gli innesti off-L’altra domenica che non la clownerie degli interni alla trasmissione, effettivamente un po' datata e dannatamente televisiva. Belli in tal senso gli sketch di Giusti, Cardinale a metà tra Richelieu e Jago, la Melato strepitosa Figlia di Iorio e Abatantuono parroco addetto al proselitismo delle young generations. La regia di Arbore è al solito astutamente naif ma indugia troppo col coro “greco-jazz-partenope” e il maglio felliniano finale. Cult da godere.
MEMORABILE: La recitazione ilare e lunare del Papa sosia di Wojtila; il suo duetto con Abatantuono; la canzone "Non correre papà"; la presetazione della troupe.
Trashata epica diretta da Renzo Arbore che racchiude tutti i protagonisti del suo programma di allora "Quelli della domenica". Il film è una sequela di gag, esibizioni canore e varietà allo scopo di creare un programma TV per la chiesa cattolica. Le parti più divertenti sono quelle di un giovane Benigni con i suoi monologhi surreali, il resto è una comicità datata e si vede ben poco degno di nota.
MEMORABILE: Il monologo del giudizio universale; La canzonetta "non correre papà"; Dio con la Panda.
Il buondì si vede dal mattino? Fortunatamente no, altrimenti cosa mai ci saremmo potuti aspettare dalla coppia Arbore-Benigni dopo avere visto questo pessimo esperimento simil-cinematografico? Il tempo ha dimostrato che i due artisti di talento ne hanno da vendere e questo prodotto nulla è stato altro che uno spiacevole incidente di percorso. Poche le situazioni in grado di strappare un fievole sorriso; il film si trascina sino alla fine tra noia e sbadigli, nonostante il cast sia infarcito di autorevoli personaggi.
Stralunato esordio di tutta la banda di Renzo Arbore in un'opera dai toni sperimentali con una regia spesso camera a mano e uno sviluppo di trama assurdo. Tutte le parti a mo' di "Corrida" sono le migliori del film mentre tutte le lunghe improvvisate, perché poi di questo si tratta, di Benigni sono trascinate troppo a lungo. Arbore è il collante e il patrono dell'operazione e concede spazio a tutti con oculatezza. Un passaggio dalla tv al cinema realizzato oculatamente, non un capolavoro ma comunque divertente. Consigliato.
MEMORABILE: La canzone "Non correre papà"; La villa in cui vive Arbore fumando spinelli e sentendo Elvis Presley.
Film unico e inimitabile non ascrivibile a nessun genere, un fuoco di fila di trovate spesso folgoranti che è a giusta ragione annoverato fra i super cult. Benchè girato con leggerezza non lascia trasparire sbavature e diventa uno dei simboli di un'Italia che sapeva prendersi in giro con gusto e garbo. Frutto di un gruppo di amici geniali e di grandi professionisti, genera nostalgia e tante risate anche nei palati fini. L'unica pecca è che molte battute restano legate al suo tempo e perdono il tram per l'eternità. Bellissimo.
MEMORABILE: Il cameo della Melato; Il water "musicale"; Il gilet di Arbore; "Non correre papà"; San Simeone lo Stilita.
Visto con gli occhi di oggi non dice molto e forse i diversi tempi morti annoiano un po', ma all'epoca fu un esperimento importante; d'altro canto quel geniaccio di Arbore portava il gruppo de "L'altra domenica" (la controproposta di RaiDue a "Domenica in") dopo tre anni di trasmissione di successo. Ci sono il surreale, il rivoluzionario, la musica trash, le follie di alcuni personaggi volutamente sopra le righe e i monologhi a braccio di Benigni, ma l'incastro non è dei più felici. Una regia più robusta avrebbe giovato.
Commedia musicale che all'epoca della sua uscita suscitò tanto clamore a tal punto da venire sequestrata. Il film ha una trama esile e improbabile (il Papa che incarica Arbore e la sua banda di dare vita a uno spettacolo per la "tv Vaticana"); detto questo il film non è affatto male, grazie alla bravura nell'arte dell'improvvisazione da parte di Benigni (si veda la scena del "Giudizio Universale", per esempio..) e alla simpatia di Abatantuono, all'epoca poco conosciuto. Film atipico, ma promosso.
Oltre che per la comicità, che qualcuno può apprezzare e qualcun altro meno (ma ce n'è per tutti), il film è apprezzabile perché riesce a dire ciò che vuole senza prendere nessuna posizione predominante (per un esperimento di questo tipo è un merito); mi domando perciò come siano arrivati a censurarlo. Lo sguardo di Arbore e di De Crescenzo è scanzonato, non irriverente; anzi, spesso è riguardoso nei confronti della chiesa, o se si preferisce della religione. Riesce a dare un colpo al cerchio e uno alla botte ma non per piaggeria, per onestà.
La compagnia di giro di Arbore viene assoldata dal Vaticano per mettere in piedi uno spettacolo. Il tema religioso viene affrontato tra parodie, riferimenti e sberleffi con la struttura retta da varie canzoni. Coraggio da leoni nel presentare il sosia di Wojtyla che non ripassa la lezione d'italiano e che si confonde tra “spinotti” e “spinelli”. Produzione a basso costo in cui Benigni è il valore aggiunto e gli altri fanno da contorno. Cameo di Scorsese, ma si preferiscono Ruggero Orlando e la Melato.
MEMORABILE: "Che il signore sia con voi" (riferito a Marenco); I 30 gettoni; Marx confuso con Merckx; La canzone "Non correre papà".
La banda Arbore (del programma "L'altra domenica") prende d'assalto il mezzo cinematografico e lo fa a modo suo. Ne esce un divertente e strampalato film che con i consueti mezzi surreali e grotteschi non risparmia qualche strale alla tendenza televisiva dell'epoca e al modo di fare ascolti. Le frecciatine alla chiesa sono in realtà più affettuose che altro mentre la critica sociale inizia a delineare i temi del futuro "Indietro Tutta. Particolarmente spassosi i contributi canori per un film che non meritava l'oblio ricevuto per anni.
Fenomeno di culto alimentato anche dalle accuse di blasfemia, che a oggi suonano ridicole ma all'epoca sortirono vicissitudini giudiziarie clamorose. Caso unico, perché molte delle trovate più divertenti (il prologo ripetuto, le note "cfr.", gli sguardi di Benigni in camera, il "Deus ex machina" finale) appaiono quasi anti-cinematografiche; eppure il risultato ci conferma che Arbore (che in seguito preferirà essere ricordato più come un musicista mediocre che come un autore innovativo) fosse comunque un geniaccio.
MEMORABILE: "Il Signore sia con voi!" - "Ma sì, il signore è con noi... Marenco, resta vicino su".
Il gioco di parole del titolo riflette bene lo spirito del film: qualcosa tra l'impapocchiare e il pastrocchiare; operazione bizzarra ma svolta con cognizione di causa. Il risultato è ancora gustoso: ha resistito alla consunzione del tempo (e all'ascendenza televisiva). Tiene banco e dà le carte l'umorismo stralunato, sotto la supervisione di un espressivo uso del collage. Stramberie, strafottenza, citazione disincantata, trash e non-sense all'italiana fluiscono e non s'inceppano, strizzando l'occhio al popolaresco. Cult.
Pellicola scombinata ma con un suo perché, che fa ruotare attorno a un soggettino piccolo piccolo una serie di situazioni magari non prettamente esilaranti, ma dotate di un'efficace portata grottesca spesso in bilico tra trash e colpo di genio, naif senza risultare artificioso, col delirante (inclusa un'incantevole Rossellini, passando per Scorsese) cast secondario che incrementa il senso di divertito spaesamento. Il tutto a patto di scendere a compromessi con una regia improvvisata e con troppi momenti decisamente tirati per le lunghe, inclusi i tanto decantati monologhi di Benigni.
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In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
Il papa si "ispira", guardando uno spot di Arbore. Quello spot era una vera publicità "progresso" dell'epoca (ma modificata nel doppiaggio) a favore della birra che merita di essere analizzata. Come sono cambiati i tempi...
Bobby Solo, Gelosia (Dancio - Satti)
Elvis Presley, Are You Lonesome Tonight (Lou - Turk)
Sorelle Bandiera, Nell'aldilà (Conrado - Cashin - Arbore - De Crescenzo)
Bobby Solo, Zingara (Riccardi - Albertelli)
Gigi Sabani, Il posto mio (Testa -Renis)
(Arbore non ha potuto usufruire di una vera canzone di Iglesias, così Sabani lo imita cantando un brano di Modugno del 1968)
Sorelle Bandiera, Tre suorine maliziose (Avanzi - Arbore - De Crescenzo)
Azzurro (Pallavicini - Conte)
Leonardo Cassio e Marzia Tornari, Non correre papà (Arbore - De Crescenzo - Ormi - Cashin)
Jazzeman blues (Arbore)