Uno dei migliori thriller di sempre, che nonostante un'inevitabile aderenza a stilemi ormai passati e un bianco e nero non particolarmente incisivo, si segnala per un'intensità non comune e una recitazione d'alta classe. Non solo è molto brava Nancy Kelly nel ruolo della madre continuamente scossa da sentimenti di odio e amore nei confronti della figlia, non solo Patty McCormack è esemplare in quelli della bambina killer, ma anche personaggi secondari come il giardiniere o la madre del bambino trovato morto sul pontile sono disegnati con cura e (soprattutto nel caso del giardiniere) interagiscono con i protagonisti in maniera perfetta. Merito della sceneggiatura che, essendo tratta da una pièce...Leggi tutto teatrale, chiaramente tende a valorizzare i dialoghi. La regia di Mervyn Leroy è concisa al punto giusto, mai prolissa e offre più di un momento di tensione. Non era facile affrontare un argomento tanto “scabroso” (forse non per la prima volta) in maniera così sincera ed efficace, quindi i meriti di THE BAD SEED (concettualmente il titolo italiano riprende ottimamente quello originale, sempre in riferimento al “seme cattivo” che può nascere anche nelle migliori famiglie) sono evidenti; la storia è più complessa di quanto non suggerisca la semplice lettura di una trama riassuntiva e comprende anche implicazioni psicologiche che seppur affrontate superficialmente, contribuiscono a rendere il film ancora più interessante. Proprio per questo va elogiata Nancy Kelly, sulle cui spalle pesa un personaggio di non semplice interpretazione. L'atmosfera strana, morbosa che pervade la vicenda (fonte d'ispirazione per multi film successivi, compreso il recente L’INNOCENZA DEL DIAVOLO) è resa molto bene e i colpi di scena non mancano.
Qui si parla di un piccolo mostro cinico, senza cuore e senz’anima, protetto da un involucro con le fattezze di un’ “adorabile” bambina praticamente perfetta. Non ha rimorsi, è gentile e zuccherosa. Bravissima la piccola attrice, ma notevole anche la madre, che sa che qualcosa non va in sua figlia nonostante sorrisi, baci e abbracci, ma vorrebbe sbagliarsi. Il conflitto interno la logorerà. Delizioso il giardiniere col suo ghigno. Ottimi dialoghi (psicologia infantile e ereditarietà) per un grande esempio di cinema.
Film inconsueto ma meno trasgressivo di quanto sembri. Infatti, la teoria dell'ereditarietà tende a GIUSTIFICARE ansiosi genitori WASP sulla possibilità che nella loro famiglia modello, così sodale all'American Way of Life, nascesse un/una criminale o un/una serial-killer: "non avete sbagliato nulla... la colpa è di un 'bad seed' di cui voi NON siete responsabili". Comodo, ipocrita e decisamente mistificatorio. Comunque, un film intrigante, con toni da "favola nera", molto teatrale (si veda in particolare l'interpretazione della Heckart).
Avere un mostriciattolo in casa e non accorgersene, non voler accettare la cosa neanche quando questa è palese, rendersi poi conto che il mostriciattolo è un mostro e doversi arrendere davanti all'evidenza. L'ereditarietà, i geni e quanto altro, non bastano a placare l'orrore e il dolore che può provare una madre davanti ad un fatto così, e la Kelly è bravissima a trasmettere l'angoscia di un genitore che si sente finito davanti a circostanze personali così sconvolgenti. I tortuosi labirinti mentali vengono analizzati, ma è ormai tardi...
Bimbetta bionda cela dietro l'aspetto angelico la determinazione di un serial killer, la madre se ne rende conto e scopre pure la ragione del suo comportamento ma come impedire alla piccola di perpetrare altre malvagità, se la stessa non è in grado di rendersene conto? Retrivo come quasi tutte le opere sullo stesso tema quando individuano l'origine del male in elementi sovrannaturali oppure endogeni (qui l'ereditarietà), in gran parte ambientato in interni e basato su dialoghi, è comunque film intrigante, ben interpretato, di grande eleganza.
MEMORABILE: Il dialogo in giardino fra la bimbetta e il giardiniere
Piccolo capolavoro del genere "bambini molto cattivi", con ottimi interpreti e senza tempi morti, regge egregiamente le due ore e oltre. Più che un thriller, un melodramma a tinte fosche. Alcuni passaggi sono prevedibili ma non per questo meno godibili. Inquietante e coinvolgente.
Mostro della porta accanto? Magari! E' proprio dentro casa, così vicino da poterlo... accarezzare: è il tuo stesso sangue, è tua figlia. Il male deriva da cattivi insegnamenti o da cattivi geni? Non è rassicurante, il determinismo genetico, nel film di rassicurante c'è solo il finale posticcio, imposto dalla produzione. Molti dialoghi, lo sforzo di razionalizzare sacrifica l'azione: più che come thriller è pregevole come film documento su un'America che si interroga sulla propria impotenza contro un destino scritto nel sangue, un'infezione contro cui né ragione né morale sono validi anticorpi.
MEMORABILE: Il giardiniere a Rhonda: "L'ho capito che sei pazza e cattiva, perché lo sono anch'io...". Il suono del pianoforte di Rhonda e le grida di sua madre.
Rhoda è una bella bambina, perfetta in tutto ciò che fa. Nonostante questo la madre la trova un po' diversa dai suoi coetanei e ne è preoccupata. I bambini, si sa, sono spontanei, la loro bontà/cattiveria è un turbine genuino. Rhoda incarna in sè il male, il male puro e semplice di colei che vuole tutto perché semplicemente le spetta. Un atteggiamento distruttivo per chi le metterà i bastoni tra le ruote. Pellicola cupa ed emozionante, ben recitata, forse un po' troppo lenta. Un vero gioiellino.
MEMORABILE: Christine cerca la verità interrogando Rhoda ma lei non fa che farle le moine abbracciandola sdolcinatamente; Il frame finale, epico.
La discendenza teatrale si nota dall'impianto statico di gran parte delle scene e dai due a solo della madre del bambino annegato, vere entrate in scena teatrali. Il film di per sè non è così meraviglioso; per buona parte è noioso e vecchiotto, ma ha il merito di creare un personaggio memorabile e inedito. Può un bambino essere cattivo in fieri? Il film sposa una tesi deterministica razzista e che in fondo giustifica il crimine in quanto ereditario. L'avesse diretto Castle sarebbe stato più guizzante, ma quel che ha di buono è memorabile.
MEMORABILE: La Kelly fa "giustizia"; La Comack con occhiali da sole (sembra lady Gaga).
Efficace esempio di paranoia americana; una storia di per sè discutibile, ma che appare più interessante se vista come (involontaria?) metafora: il nemico è tra noi, finge di essere come noi e va schiacciato (si era in pieno maccartismo). Enfatico e grottesco, eppure funziona, grazie alle tre attrici - Kelly, Heckart e la piccola McCormack - tutte candidate all'Oscar e a un testo teatrale furbo e ben rodato. Ma la regia è abbastanza anonima e le concessioni alla censura rendono consolatorio e debole il finale (che nel dramma era perfido).
Prima manifestazione cinematografica della intrinseca diabolicità dei bambini, concretizzata in un dramma da camera sull'ereditarietà del male disdicevolmente crudele per l'epoca, ben votato alla metodica demolizione del manicheismo buonista e dulciacquicolo applicato sino ad allora all'infanzia e all'immacolatezza morale dei suoi angelici mini-rappresentanti. Uno scarto perfido ed eversore che condona quella prolissa melodrammaticità nei dialoghi, spesso didascalici e contraddittori, pur all'interno di un assetto rispettosissimo dei sacri valori scritturali (la famiglia sana, il Bene che prevale, il castigo divino).
I titoli di coda si vantano di chiudere una pellicola insolita e impressionante, e ciò è a buon diritto, a cominciare dal “giglio nero” – piccolo mostro in gonnella, la cattiveria pura nascosta da vezzi e moine – sino alla Provvidenza che in ultimo rende giustizia; e la simpatica postilla finale suggerisce a genitori troppo remissivi il modo più sano per correggere siffatti figli, quasi a smentire le opinabili teorie deterministiche esposte e salvaguardare l’integrità della middle-class americana. Cast di ferro, orrore concreto, tensione autentica. Rifatto per la tv da Wendkos nell’85.
MEMORABILE: La disperazione della madre cui è appena morto il figlio; gli scontri tra Rhoda e il giardiniere; la parata degli attori finale.
Dramma da camera al femminile, recitato da dio (meravigliose Kelly ed Heckart, doppiate ad arte da Simoneschi e Morelli), nasce da un testo teatrale cui Le Roy non sempre conferisce soluzioni cinematografiche credibili. Voluminoso nello scandalo morale che mette in campo, intenso nella definizione dei caratteri, non riesce a dare scampo all'esistenza del male: se è vero che la causa genetica mette in salvo la società borghese, trasforma la piccola Rhoda in una forza neopagana della natura. Il finale non è quello messo in coda dalla Warner, in cui non sono i personaggi ad agire, ma gli attori.
Precursore di opere come L'esorcista o Il presagio, il "seme cattivo" (traduzione dal titolo originale) descrive le gesta (fino a quel momento indicibili) di una bimbetta demoniaca, Shirley Temple avvelenata, discettando sulle origini genetiche del male puro, quello fine a se stesso. Purtroppo il coraggio del regista viene oscurato dal perbenismo dell'epoca e quel finale arrangiaticcio è davvero disturbante, rispetto al resto della storia. Ottimo cast e dialoghi molto appropriati.
Prezioso monile terrifico, si permette perfino il lusso di una non pedante e anticipatoria ironia metacinematografica. LeRoy, capitano di lungo corso, inquadra una piccola donna mostruosa descrivendola come un little Caesar anti-lombrosiano, grossolanamente tarata come un Viceré di De Roberto. Le pacchianerie pseudo ereditarie e il finale intorcinato tuttavia non infastidiscono perché congruenti al gioco da camera (oscura) che il film tesse, rendendo forse più inquietante la malvagità aprioristica della puer Rhoda (da sculacciate a scena aperta).
MEMORABILE: Le urla del giardiniere sciroccato che sta morendo "carbonizzato" coperte dal piano e dal canto di Rhoda.
Notevole thriller psicologico anticipatore del filone "bambini malvagi", magari un po' ripetitivo eppure capace di non risultare mai veramente noioso nonostante una durata ragguardevole (poco più di due ore) e un'impostazione marcatamente teatrale che, lungi dall'essere un difetto, esalta invece il valore dei dialoghi e le ottime prove recitative. Il veterano LeRoy trova un accettabile compromesso tra il coraggio di raccontare una storia per l'epoca decisamente impegnativa e la necessità di dover rendere l'insieme il più rassicurante possibile.
Bellissimo dramma a tinte più che fosche, a un passo dall'horror puro, nonché capostipite di un'intera generazione di bambini cattivi del cinema. Un gran bel colpo al perfettismo all'americana che nel bel mezzo degli anni '50 era vivo più che mai: l'idea che il male possa annidarsi anche in ambienti all'apparenza impeccabili e non solo in un qualche brutto altrove è spiazzante, un po' superficiale forse, ma un'efficacissima provocazione. Indimenticabile il conflitto interiore di Nancy Kelly e ovviamente la diabolica Rhoda. Da vedere senz'altro.
MEMORABILE: La madre del bimbo ucciso che, ubriaca, implora la famiglia di Rhoda di sapere la verità; La confessione di Rhoda; Il finale.
Tesissimo e inquietante, un dramma psicologico quasi ai limiti dell'orrore per come la bambina agisce con freddezza come una serial killer provetta. E l'interpretazione glaciale della McCormack aggiunge un che di agghiacciante e indigesto per ogni frase che pronuncia. Ottimo anche il resto del cast, con una regia che sa sfruttare al meglio la quasi totalità dell'ambientazione senza tempi morti e un crescendo di terrore fino a un finale dalla beffarda metafora.
Una bambina killer e una madre moralmente distrutta si dividono la scena in uno dei film più crudeli e angoscianti della storia del cinema. Fin troppo caricato sul piano drammaturgico si riscatta perfettamente grazie alla prova degli attori e al mood anticonvenzionale che scosse il radicato perbenismo americano degli anni 50. Bella satura di contrasti la fotografia di Harold Rosson.
L'azione si svolge quasi tutta in un ambiente domestico luminoso e accogliente. Ottima la bambina protagonista interpretata magnificamente da Patty McCormack che con i suoi capelli biondissimi precede i bambini alieni del “Villaggio dei dannati”, ma in questa pellicola non c'è fantascienza, il crimine infantile è trattato in maniera realistica con discussioni sulla psicoanalisi e l'ereditarietà. Bene anche il finale che ha qualcosa di fiabesco, mentre la successiva passerella degli attori sdrammatizza troppo.
Verboso, lento, poco avvincente thriller che si anima giusto nell'ultima mezz'ora. Eppure le premesse per un piccolo capolavoro c'erano tutte, anche perché ci troviamo di fronte al film che probabilmente ha influenzato Wes Craven: la piccola protagonista è infatti una psicopatica assassina ereditaria come Freddy Krueger (e in una scena clou compare anche una sorta di "fornace dei segreti" alla stregua del primo capitolo di Nightmare). Anonimo il cast, a parte la McCormack, talmente credibile da risultare odiosa fin dal primo istante; finale ipocrita.
MEMORABILE: Tornata a casa dopo la morte del compagno di scuola, Rhoda sorseggia serenamente un bicchiere di latte.
Uno dei maestri della Hollywood classica inaugura il tutt'oggi fiorente filone dei baby villain, con una piccola iena non inquietante né misteriosa, ma semplicemente spietata, ruffiana e di indicibile odiosità. Ciò che la circonda ha talvolta un sapore teatraleggiante, con tanto di numerosi longtake a incrementare tale sensazione, ma l'assoluta eccellenza di ogni singolo membro del cast non fa pesare la cosa. Amaro e intrigante, tanto da far perdonare le datate teorie ereditarie e un finale brusco e improbabile, per quanto seguito da una simpatica postilla.
Datato (pur essendo a suo tempo un soggetto assai "forte") e in certi elementi si avverte, ma se riesce a inquietare tutt'oggi col solo contributo dei dialoghi e senza mai ricorrere a esplicita violenza significa che si tratta di un lavoro davvero valido. Merito della scrittura efficace che non fa pesare mai le quasi due ore di durata, certo, ma anche di un cast capace di portare brillantemente in scena ogni personaggio (il giardiniere di Jones è quello che resta più impresso). Ottimamente reso anche il rapporto figlia/madre (svariati genitori reagirebbero così). Tetro e notevole.
MEMORABILE: "Sei malvagia e sai come faccio a saperlo? Perché anch'io sono malvagio, sono astuto e malvagio e anche tu sei astuta e malvagia".
Un ragazzino viene trovato annegato a scuola. Piccola protagonista in un notevole ruolo che trasmette appieno la falsità dei suoi comportamenti con discorsi criminali di lucida follia. Alla madre toccano le faccende morali e quella che doveva essere la risoluzione non è affatto banale. Di sostanza i dialoghi tra la piccola e il giardiniere, l'unico ad averci capito qualcosa. Le digressioni sull'ereditarietà dei comportamenti non hanno, di fatto, il minimo fondamento scientifico. Conclusione da pareggio dei conti, per pacificare il pubblico; idem per i titoli di coda.
MEMORABILE: La medaglia nascosta; Il ferretto delle scarpe; La madre della vittima ubriaca.
Tolti i ridondanti dieci minuti finali, il film di LeRoy è un perfetto esempio di melodramma da camera. Un potentissimo veicolo emotivo che degenera nella follia, nel deterioramento della famiglia borghese, che non si tira indietro né di fronte alla morale degli adulti né alla mostrificazione dell’infanzia. Indimenticabile la terrorizzante presa di coscienza negli occhi lucidi di Nancy Kelly. Femmineo.
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In merito al film, il Morandini scrive, abbastanza stranamente:
"Efficace trasposizione di un dramma (1954) di Maxwell Anderson
con un finale edulcorato alla maniera di Hollywood."
Al che è più che lecito domandarsi quale film abbia mai visto il nostro critico ufficiale, dal momento che l'epilogo, almeno per come la vedo io, è di una lapidarietà così violenta e inattesa da trasporlo nell'Olimpo delle chiuse più scioccanti della storia del Cinema.
Evito di spoilerare nel dettaglio ma immaginiamoci un po' cosa poteva significare nel '56 una sequenza finale come quella che ghigliottina a miliardi di volt tutta la vicenda filmica.
Probabilmente il Morandini avrebbe preferito una chiusa meno catartica, questo solo posso presumere.
DiscussioneDaniela • 11/10/12 18:16 Gran Burattinaio - 5944 interventi
Santa Polenta, a questo punto mi è presa una gran curiosità rispetto al finale del dramma!
SPOILER (occhio, vero SPOILERONE)
... a meno che Morandini non si riferisca proprio all'ultimissima sequenza, quella che segue la fine elettrizzante della bimba cattiva. Se non ricordo male, si vede la mamma Nancy Kelly che impartisce alla discola rediviva una bonaria sculacciata.
Palesemente l'intento è quello di sdrammatizzare la vicenda, ma si tratta di una sequenza talmente incongrua rispetto a quanto visto in precedenza che non riesce ad indebolire la potenza del vero epilogio.
Daniela ebbe a dire: SPOILER (occhio, vero SPOILERONE)
... Se non ricordo male, si vede la mamma Nancy Kelly che impartisce alla discola rediviva una bonaria sculacciata.
Palesemente l'intento è quello di sdrammatizzare la vicenda, ma si tratta di una sequenza talmente incongrua rispetto a quanto visto in precedenza che non riesce ad indebolire la potenza del vero epilogio.
FINE SPOILER
Ecco, appunto, questo mi rode del giudizio ambiguo del Morandini: quelle scene fan parte dei titoli di coda, non del film in se, dal momento che il loro spirito da "inchino teatrale" (vedasi la chiusura di Un turco napoletano) è completamente avulso dal resto della vicenda narrata.
Sarebbe un po' come dire che il rewind col telecomando in Funny games "edulcora" la violenza del film di Haneke :D
DiscussioneDaniela • 11/10/12 20:53 Gran Burattinaio - 5944 interventi
Concordo pienamente, il "finalino" appiccato non cambia un accidente, il finale vero è tutt'altro che edulcorato
Gestarsh99 ebbe a dire: In merito al film, il Morandini scrive, abbastanza stranamente:
"Efficace trasposizione di un dramma (1954) di Maxwell Anderson
con un finale edulcorato alla maniera di Hollywood."
Al che è più che lecito domandarsi quale film abbia mai visto il nostro critico ufficiale, dal momento che l'epilogo, almeno per come la vedo io, è di una lapidarietà così violenta e inattesa da trasporlo nell'Olimpo delle chiuse più scioccanti della storia del Cinema.
SPOILER
Si riferisce al fatto che nel finale del dramma (come già nel romanzo) la bambina non muore, muore la madre. Sono stati costretti a cambiare il finale a causa del codice Hays che proibiva di far vincere il cattivo... per questo hanno fatto calare (ironicamente) il fulmine che la incenerisce...
DiscussioneDaniela • 30/12/16 11:07 Gran Burattinaio - 5944 interventi
Maxi1982 ebbe a dire: Gestarsh99 ebbe a dire: In merito al film, il Morandini scrive, abbastanza stranamente:
"Efficace trasposizione di un dramma (1954) di Maxwell Anderson
con un finale edulcorato alla maniera di Hollywood."
Al che è più che lecito domandarsi quale film abbia mai visto il nostro critico ufficiale, dal momento che l'epilogo, almeno per come la vedo io, è di una lapidarietà così violenta e inattesa da trasporlo nell'Olimpo delle chiuse più scioccanti della storia del Cinema.
SPOILER
Si riferisce al fatto che nel finale del dramma (come già nel romanzo) la bambina non muore, muore la madre. Sono stati costretti a cambiare il finale a causa del codice Hays che proibiva di far vincere il cattivo... per questo hanno fatto calare (ironicamente) il fulmine che la incenerisce...
Grazie Maxi, hai risolto il mistero... in effetti, la punizione dal cielo del "seme cattivo" (questo il titolo originale del film) dovrebbe essere più rassicurante rispetto al fatto che possa continuare a fare del male, come succede al ragazzino diabolico ne Il presagio.
Scrivo "dovrebbe" perché i finali che si concludono con la morte di bambini presentata come "liberatoria" personalmente mi lasciano sempre perplessa ed inquieta, anche se si tratta di bimbi alieni come ne Il villaggio dei dannati.
DiscussioneDaniela • 23/12/18 16:14 Gran Burattinaio - 5944 interventi
Gestarsh99 ebbe a dire: In merito al film, il Morandini scrive, abbastanza stranamente:
"Efficace trasposizione di un dramma (1954) di Maxwell Anderson
con un finale edulcorato alla maniera di Hollywood."
Il dramma teatrale "The Bad Seed" di Maxwell Anderson era stato a sua volta ispirato dall'omonimo romanzo di William March, pubblicato in Italia nel 1956.
Si riferisce al fatto che nel finale del dramma (come già nel romanzo) la bambina non muore, muore la madre. Sono stati costretti a cambiare il finale a causa del codice Hays che proibiva di far vincere il cattivo... per questo hanno fatto calare (ironicamente) il fulmine che la incenerisce...
SPOILERSPOILERSPOILER
Eh, ma così si son solo dati la zappa sui piedi (fortunatamente, dico io), poiché quel codice era redatto sul presupposto banale che il cattivo cinematografico dovesse sempre e comunque essere scontatamente un adulto; in questo caso invece, per la prima volta in assoluto, la parte malefica e distruttrice tocca insolitamente proprio a una bambina, eventualità mai immaginata né tenuta in conto sino ad allora. Ergo, paradossalmente, la morte della madre avrebbe costituito di gran lunga un epilogo più soft e accettabile rispetto alla violentissima folgorazione della baby-protagonista - perversa quanto si vuole ma pur sempre una ragazzina. Eppoi, cosa importantissima, c'è anche da immedesimarsi nello spettatore medio del periodo in cui il film uscì in sala: un pubblico per nulla abituato a vedersi davanti un villain così giovane eppur spregevole; un pubblico ancor più scioccato dal dover assistere alla punizione mortale riservata a quel medesimo giovanissimo prot(ant)agonista.