Dovrebbe essere una "favola thrilling", stando al sottotitolo del film, ma a ben vedere di thrilling c'è ben poco. Giusto il finale, che dà finalmente una spiegazione al perché certa gente, nel film, agisca in una determinata maniera. La definizione di favola è invece già più pertinente. Un po’ per l'ambientazione (una casa persa nel bosco, con Lovelock/Cappuccetto Rosso che finisce nelle grinfie di ben tre… lupi mannari), un po' per l'espressione sognante del protagonista, un po’ per il clima surreale che il regista Tonino Cervi ha tentato di ricreare tra squarci bucolici e immagini sfumate. Ray Lovelock fa il figlio...Leggi tutto dei fiori, se ne va in moto a conoscere il mondo e quando c'è da dare una mano a uno strano tizio con una ruota a terra non si tira indietro. Ma questi invece di essergli riconoscente gli rimprovera i capelli lunghi e la vita da libertino. Che c'entra col resto del film, in cui vediamo Lovelock finire nella villa sperduta di tre streghe? Lo capiremo poi, intanto ci si becca per un'ora e più il torrido soggiorno in villa del bell'hippy, conteso tra Haydée Politoff, Silvia Monti ed Evelyn Stewart (tutte con folte parrucche), che se lo ripassano in lungo e in largo in patetici amplessi soft-core. Si corre per il bosco, si nuota, si scherza, si fa vita a quattro (alternando le partner) in attesa del duro finale polanskiano, epilogo alquanto ridicolo che affronta a modo suo il fenomeno hippy. Lovelock è qui sorprendentemente meglio come musicista (compone e canta i bei pezzi in apertura e chiusura) che come attore. Certo poi se il film è insulso non è proprio colpa sua.
Meteorite post-sessantottardo tanto schematico e puerile nell'assunto quanto curioso nello svolgimento fra onirico, erotico e pop. L'espressione non proprio sveglia di Lovelock è adattissima per il suo spaesato personaggio, in balia delle tre misteriose passerone con trucchi e parrucche incredibili. Scenografie spettacolari e una discreta atmosfera, rovinano il tutto le terribili canzoni di Lovelock stesso, e il didascalismo del finale. Psichedelico.
Notevole film degli anni '70, valorizzato da un plot sociale e politico tipo La Corte Notte delle Bambole di Vetro: non un horror in senso stretto (anche se i primi 15 minuti ed alcuni momenti ambientati in un bosco sono girati da Dio) ma un film venato da una forte componente di protesta. Oltre a Ray Lovelock, nel cast spicca la bella Evelyn Stewart nel ruolo di una delle tre ammalianti streghe che circuiscono (sino al doloroso finale) il ribelle motociclista... Capolavoro del gotico/impegnato del nostro cinema.
Bizzaro ma vuoto film di Cerv. La storia è noiosissima e la promettente atmosfera iniziale svanisce subito. La regia di Cervi è mediocre e ripetitiva. Difficile non annoiarsi dopo 20 minuti. Se si vuole guardare qualcosa di abbastanza simile ma notevolmente superiore non perdete ...Hanno cambiato faccia di Corrado Farina.
Noioso. Molto confuso durante il suo svolgimento, in compenso ha un discreto cast (sul versante femminile davvero ottimo: Galli, Monti, Politoff), poco convincente Ray Lovelock... L'atmosfera va a farsi benedire dopo poco e a un certo punto la noia regna sovrana... Nulla di che.
Per comprendere le dinamiche dalle quali scaturiva l'estetica "free", dovremmo essere ancora imbevuti della cultura degli anni 70. Anni in cui a teatro si sperimentava col Living theater, che concepiva lo spettacolo come emancipazione dalla codifica dei generi ed il cinema, da par suo, era in preda ad empiriche derive lisergiche. Certo, ad osservarla oggi quell'attitudine, in parte fa tenerezza. Un film come questo, ad esempio, pur coinvolgendo per certe scelte inusuali (il finale politico, le venature horror), presenta delle sequenze che annoiano non poco.
MEMORABILE: La canzone "Love me underground", scritta ed interpretata da Lovelock; il prologo in motocicletta; il finale: profetico!
Di questo film si apprezza per lo più la sceneggiatura e la connotazione thriller anni 70, per chi è amante del genere e del decennio anni 70. Lo svolgimento è lento ma interessante, il dipanarsi degli eventi sussurrato. Ci sono molti silenzi apprezzabili per lo script ma che possono anche annoiare taluni spettatori. Nel complesso un buon prodotto.
Singolare "favola macabra" intrisa di sensualità, che gli stilemi, la metafora chiaramente politicizzata e il look sessantottino, NON riescono per fortuna a rovinare o a rendere irrimediabilmente fuori-moda. Le tre "streghe" del film sono davvero intriganti e affascinanti, per quanto, ovviamente, letali. Curioso il fatto di far doppiare Gianni Santuccio (che evidentemente non poté doppiarsi da sé) da Gabriele Ferzetti, che forse era sembrata all'epoca la voce più somigliante (?) a quella di Santuccio. Un misconosciuto gioiellino.
Il massimo dei massimi. Silvia Monti irraggiungibile come bellezza sconvolgente varrebbe da sola il film. Per il resto, lasciamo stare che venga presentata come favola thrilling... Quanti concetti rivelatori e quante verità in più potrebbe ulteriormente esprimere? E quali altre trovate decorative potrebbe mai aggiungere un regista o un artista di qualsivoglia livello? Cosa si può volere di più? Cosa si può fare se non goderselo dalla prima all'ultima scena? Più bello di così...
Scampolo post-sessantottino in cui la tesi del satanismo come metafora di un potere borghese reazionario che lusinga e annienta le forze giovani e libertarie è sostenuta attraverso una simbologia di incredibile banalità e troppo immediata evidenza – il frutto proibito, i peccati di gola e di sesso – convergente in un immaginario fiabesco à la fratelli Grimm talora suggestivo (il bosco) e in un improvviso finale splatter. Moscio Lovelock; uniche effigi del film rimangono il notevole Lucifero di Santuccio e la bellezza bronzea e scultorea dell’ammaliante Monti. Fievole e caduco.
Favola dalle venature thriller che svela le intenzioni dei suoi personaggi ed il suo
messaggio solo nella parte finale senza però riuscire a convincere. Il ritmo non è irresistibile ma non annoia e le atmosfere sono buone così come le scenografie. Il discorsetto finale risulta oggi, a mio avviso, abbastanza patetico. Bellissime le tre tentatrici. Bizzarria d'altri tempi che ha un suo fascino ma che non è passata
indenne allo scorrere del tempo.
Piccolo gioiello di un regista di un certo potenziale, mai veramente esploso. Alcuni curiosi punti in comune con In compagnia dei lupi, soprattutto nella figura del diavolo in auto, che incontra Lovelock in moto a inizio film. L'atmosfera da fiaba nera che si respira è straordinaria: la casetta in mezzo al bosco, le tre streghe (su tutte la Politoff), il finale... C'è un po' di monotonia a metà film e gli incubi stile Ken Russell de noaltri fanno sorridere (la bocca dipinta sul collo, la pistola che esce dalla pussy della Politoff). Cultone.
MEMORABILE: Le tre streghe che si manifestano nel loro vero orrore e avanzano verso Lovelock.
L'intreccio tra apologo politico e racconto horror riuscirà sicuramente meglio a Lado, ma la disarmante estetica pop-naif di questo film mi spinge a preferirlo. L'utopia sessantottesca appesa all'Albero della Cuccagna, annegata in panna e fragole, soffocata in cuscini di seta, invischiata nel miele del diavolo spalmato denso sul pane da tre fiabesche Qui Quo Qua! Notevoli la scena della notte di pioggia e di nebbia nel bosco, e l'immagine folgorante (poco poco trash...) della mano con la pistola che esce dalle cosce divaricate della Politoff. Dolce e crudele!
MEMORABILE: Gli abiti etnici di Bouquin, lo stilista di riferimento del divismo alternativo anni 70! La luce crepuscolare che avvolge il castello del diavolo.
Operetta a sfondo metaforico tra vecchia borghesia e il rampantismo hippie che faceva proseliti più o meno dappertutto, all'epoca. Figlio dei tempi che furono, il film è un gran bel vedere a livello estetico/formale: si parte dall'abbigliamento delle tre bellissime, le loro acconciature, l'arredamento, tutto molto pop e coloratissimo. Non da meno gli stupendi scenari agresti e qualche timida sequenza onirica-psichedelica. Lo svolgersi? Noioso e lento, si risolleva nel finale con nel mezzo poca sostanza e tanta forma.
Dolcemente crudele e affascinante, questo piccolo filmetto è visivamente spettacolare e ammaliatore come le 3 protagoniste che seducono il giovane hippie Lovelock. Costumi sgargianti e scenografie anni '70 che sono il trionfo del kitsch (notevolissimi gli ambienti ultramoderni in contrasto con il bosco desolato che circonda la casa del peccato) fanno da sfondo alla metafora politica sull'abbandono degli ideali e il disfacimento morale della società voluto dal diavolo in persona. Peccato solo per la lunghissima parte centrale un po' noiosa.
MEMORABILE: IL sottofinale splatter e crudele un po' inatteso e in contrasto con i precedenti 80 minuti.
Curiosa ma monocorde stranezza nostrana, quasi un Soldato Jonathan in versione hippy-contestataria (con un tocco di "favola thrilling", come da sottotitolo). L'idea è interessante, la confezione pure, ma gli sviluppi faticherebbero a ricoprire la durata di un mediometraggio e le scene più palesemente riempitive (le continue escursioni boschive) portano presto alla noia. Eppure qua e là un po' di fascino affiora; saranno le ambientazioni, o la presenza delle tre - seppur vestitissime - "regine" (qui la preferenza va, nettamente, alla Politoff!).
Curiosa pellicola, avvicinabile per ispirazione a La corta notte delle bambole di vetro di Lado e a Hanno cambiato faccia di Farina. Di positivo ci sono l'atmosfera surreale e incantata, le originali ambientazioni esterne e interne, i costumi, la fotografia e la musica; più di ogni altra cosa la strepitosa avvenenza della Monti. Sono invece deludenti i dialoghi e lo stesso svolgimento del film. Rimane un senso di incompiuto, come se a una buona intuizione iniziale non fosse seguito un dovuto approfondimento nella stesura della sceneggiatura.
Da ascrivere al filone horror “sociale”, che ebbe corrispondenti più cupi (La corta notte), oltrechè sostanziali gemelli (...Hanno cambiato faccia), il film di Cervi possiede un suggestivo impianto visivo, a cui fa da controaltare un piglio registico un po’ molle, tale da mandar fuori registro la pellicola. Anarchicamente free dal punto di vista delle immagini (i costumi delle streghe, i sogni di Lovelock, la casa e il bosco), non quaglia invece il raccordo tra parte fantastica e allegoria (anti)capitalistica, semplicistica e stiracchiata. La Monti una favola.
MEMORABILE: Le acconciature “vaporose” di Silvia Monti; Il sogno con la Politoff dalla vulva armata; Le canzoni del nostro Ray.
Certamente un film particolare, curioso e relativamente originale. Si vede che c'è una regia solida dietro, pur applicata a una storia che potrebbe annoiare non poco l'utente non specializzato nelle visioni di genere. Perché il bello e bravo Lovelock qui si fa lunghe corse in moto e belle passeggiate nel bosco, mangia tanti dolci e, da perfetto uomo libero, finisce imprigionato in questa insidiosa trappola bucolica. Le derive socio-politiche come al solito non mi interessano e banalizzano il film (se visto dopo 45 anni). Finale prima nero e poi fiorito...
Curioso tentativo di unire l’horror all’apologo sociale, il film di Tonino Cervi sembra anticipare alcune cose de Le streghe di Eastwick. Le tre splendide fanciulle, che vivono nel bosco, nascondono un segreto e l’hippie Ray Lovelock lo scoprirà a sue spese. A tratti datato, con una estetica pop tipica del periodo, merita una visione per le protagoniste, al servizio del demoniaco Gianni Santuccio. Lovelock è anche autore delle canzoni in stile dylaniano.
Il diavolo è reazionario e i figli dei fiori, che portano via clienti, gli stanno sullo stomaco: questo, in breve, il succo di un filmino che piace più per l'idea sottesa che per l'effettiva riuscita artistica. Ingenuità, lampi da Laguna blu (sul lago di Vico!), assenza di un vero estro fantastico, questi i difetti; al contrario Cervi azzecca il trio delle belle Parche e il predispone un finale che ha il pregio della crudeltà. Interessante il bric-à-brac inizio anni Settanta.
Parte bene, con una discreta dose di mistero notturno. Poi però si inabissa in un postribolo di situazioni noiose e poco coinvolgenti. Le scenografie pop-art e la bellezza delle tre protagoniste non salvano il film da una sceneggiatura traballante e una regia che non sa dove vuole andare a parare. Bello comunque il finale, l'unico momento indelebile e con un certo fascino horror.
Un giovane incontra in un bosco tre enigmatiche fanciulle; lui appare forte nei suoi ideali, ma la realtà sembra sfuggirgli di mano. Tonino Cervi (figlio del grande Gino) firma un film atipico nel panorama italico; l'idea sarebbe anche buona, ma non si capisce bene quale indirizzo voglia dargli: a metà fra il fantasy e l'horror, non soddisferà né gli amanti di un genere né gli appassionati dell'altro, anche per alcuni strascichi noiosi uniti a delle incertezze registiche.
Tra horror e fantastico, con annesse rivendicazioni sociopolitiche: un mix originale, talvolta anche suggestivo, ma non pienamente riuscito. Se l'incipit notturno e il finale funzionano, quello che c'è nel mezzo è abbastanza noioso e ripetitivo, nonostante qualche squarcio visivo che lascia comunque il segno. Splendide le tre protagoniste al servizio di un diabolico Santuccio, mentre Lovelock sfoggia (volutamente?) un'aria non troppo sveglia che ben si addice al ruolo. Discrete le musiche di Lavagnino.
Esemplare di una specie ormai estinta, che con movimenti da sociopolitica pop si aggirava nel territorio filmico italiano tra la fine dei '60 e l'inizio dei '70. Magnetismo sicuro (l'incontro del protagonista con il sulfureo personaggio - colui che devìa, ovvero qualche arcidiavolo; l'arrivo nella casa nel bosco; il misterioso ed erotico palesarsi delle tre donne, con i loro parafernalia). Amenità varie nella parte centrale, ma con segmenti non all'altezza delle aspettative; infine il parossismo conclusivo: tenebroso, cruento. Resta l'ambiguità. Peccato per le cadute didascaliche.
Fiaba horror dalla trasparente (anche troppo) allegoria politica, con il diavolo Santucci intercambiabile con il vampiro Celi di Hanno cambiato faccia e un Lovelock hippy (credibile, tanto da infilarci un paio di canzoni sue in stile dylaniano) che lasciandosi traviare dalle tre streghe (di indubbio fascino) fa il percorso uguale e contrario all'industriale Sordi in La più bella serata della mia vita. Visivamente affascinante, soprattutto nella seconda parte, grottesca, psichedelica, in una parola bellissima ma resa risaputa da un avvio troppo lento.
MEMORABILE: Il body painting sul seno della Stewart; La citazione del Don Giovanni di Mozart "Chi è fedele a una donna è infedele alle altre".
Hippie allo stato brado finisce tra le cure di tre bellissime e solitarie donne. Pellicola dagli echi polanskiani con un grande disegno di regia, ottime musiche e una storia dalle tematiche interessanti - la fuga dalle responsabilità, le tensioni con una società "giusta" - che trova nei languidi caratteri dell'horror atmosferico la sua funzionale cifra. Tante le suggestioni che però rimangono tali fino all'ultima parte del film, col suo prevedibile climax. Il finale didascalico affossa anche il tentativo di descrivere un male in forma "aziendale" più grottesco che inquietante.
Hippy vagabondo in motocicletta viene ospitato da tre deliziose fanciulle che vivono in una casetta nel bosco. Mal gliene incoglie dato che si tratta di tre streghe al servizio del maligno, identificato come un emissario del potere politico ed economico che vuole annientare ogni forma di ribellione. Sorvolando sulle risibili e datatissime implicazioni ideologiche e i relativi dialoghi, il film conserva il fascino visivo dell'estetica sessantottina grondante di scenografie pop e di oscure stramberie allegoriche. Splendide le protagoniste, soprattutto la Politoff, sottotono Lovelock.
MEMORABILE: I vestiti e le parrucche delle tre streghe.
Film satanico solo nelle intenzioni che propone elementi horror ridotti al minimo e incursioni nell’erotico praticamente inesistenti, così riducendosi a un incipit dalle premesse interessanti ma effimere e a un gagliardo finale con il demonio in versione manageriale; idea sì originale, però per arrivarci tocca sorbirsi tutta una sequela di blande seduzioni dal sapore adolescenziale condite da abbuffate di dolci da attentato alla curva glicemica. Deludente e noioso.
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DiscussioneFaggi • 2/08/20 15:06 Call center Davinotti - 433 interventi
Attenzione, spoiler Ho avuto le allucinazioni oppure ho intravisto un finale con "resurrezione", non lo so. Quando Lovelock é ormai sepolto le tre regine sono vestite di bianco, stanno per andare via in un'auto bianca (tutto il resto della compagnia - all'opposto - è in nero, auto comprese). Politoff si attarda sulla sepoltura e manda un bacio al morto; poi crescono dei fiori. Nella scena successiva, ovvero i titoli di coda, Lovelock viaggia tranquillo in moto, come in apertura sui titoli di testa. Forse Politoff ha compiuto (col bacio) una magia? Chiedo venia e lumi.
Al limite si potrebbe interpretare come un sogno avuto da uno spirito libero come Lovelock è in questo film. E' un finale un po' aperto; e d'altronde mi pare che nei titoli di testa ci fosse la dicitura "una favola thrilling". Quindi i tuoi dubbi sono più che leciti; ci sono altri titoli contemporanei in cui la componente onirica ingloba il film per intero, solo che negli altri film è palese ed evidente, mentre qui è solo una libera interpretazione.
DiscussioneFaggi • 3/08/20 11:31 Call center Davinotti - 433 interventi
Grazie Fauno. Terrò conto andando a commentare. Resta che l'eventuale "resurrezione" è da intendersi in senso figurato: come dire che lo spirito libertario non muore. Restano anche l'ambiguità degli abiti bianchi, dell'automobile bianca, del bacio... Il mio pallinaggio sarà inferiore al tuo :) ma non ho difficoltà a capire che per te (e magari per altri) può essere un capolavoro assoluto. Ho visto il film con gusto.
Edizione in blu-ray della Mondo Macabro uscita prima in 1200 copie a doppio disco a Gennaio 2021 e poi riproposta a disco singolo a Febbraio.
Durata: 1:28:04 Regione: A Rapporto: 1.85:1 Audio: Italiano DTS-HD 2.0, Inglese DTS-HD 2.0 Sottotitoli: Inglese (escludibili) Extra: • Intervista a Ray Lovelock • Commento audio di Samm Deighan e Kat Ellinger • Scene alternative • Trailer • Booklet di 20 pagine a cura di Roberto Curti