Variante poco fantasiosa di MANIAC (il cult di Lustig dell'anno precedente da cui Wiederhorn preleva l'effettista Tom Savini), non ne raggiuge assolutamente le vette di autentica ferocia, né il buon John DiSanti (per quanto plausibile nel ruolo del freddo, viscido serial killer) può rivaleggiare con Joe Spinell, diventato col tempo una vera icona del thriller a base splatter degli Ottanta. Si cambia il punto di vista (che qui è spesso quello di una giornalista televisiva), ma l'esibire quasi subito le fattezze dell'assassino, il seguirne la macabra crudeltà nel modus operandi per lasciar spazio al talento...Leggi tutto di Savini, il ritratto laido dell'uomo rimandano con chiarezza a Lustig. Poi certo, Wiederhorn aggiunge anche altre influenze palesi, dall'Hitchock della FINESTRA SUL CORTILE (la giornalista abita di fronte all'uomo, lo spia, cerca di coinvolgere nelle sue scoperte il proprio fidanzato, ovviamente scettico) ai thriller con donna non vedente - in questo caso pure sordomuta - in pericolo (GLI OCCHI DELLA NOTTE, TERRORE CIECO). Nel ruolo della giornalista la bella Lauren Tewes di LOVE BOAT, in quelli di sua sorella - priva di vista e parola in seguito al sequestro in tenera età da parte di un altro maniaco - una dolcissima diciannovenne quasi all'esordio e dal futuro luminoso: Jennifer Jason Leigh. L'incontro tra quest'ultima e il killer è forse il momento più interessante di una pellicola per il resto impostata senza grandi guizzi registici e decisamente lenta nei ritmi (un po' il tallone d'Achille di Wiederhorn, come s'era visto anche nel celebrato L'OCCHIO NEL TRIANGOLO, citato all'inizio col primo cadavere ritrovato sotto il pelo dell'acqua come gli zombi nazisti di allora e pure successivamente dal momento che è il film che si vede passare più volte in televisione). Tutto si svolge secondo gli standard, compresi i cupi giri in auto lungo le strade illuminate dai neon, e la cornice in Florida non si percepisce granché se non nella vista sul mare dagli appartamenti. Le scene di tensione, girate prevalentemente al buio, sono costruite senza che la stessa monti a dovere ma semplicemente allungando il brodo in attesa dei trucidi effetti di Savini (decisamente più contenuti rispetto a MANIAC, anche se non mancano decapitazioni e sgozzamenti). Dialoghi anonimi e una certa attenzione al personaggio della Leigh, unico a concedere un minimo di singolarità aumentando il contrasto tra innocenza e colpevole spietatezza. DiSanti invece non riesce a far emergere la personalità dell'assassino, scialbo ritratto di asocialità insalubre cui si capisce difetti qualche elemento che la possa caratterizzare davvero (o forse in noi è solo il ricordo dell'unicità dello Spinell di MANIAC a richiederlo). La polizia non entra mai in scena, a conferma di un gioco privato (condito da telefonate oscene) tra l'assassino e le sue vittime, un gioco che tuttavia l'uomo conduce in modo elementare a dimostrazione di un quoziente intellettivo prossimo allo zero. Tedio difficilmente evitabile.
Una giornalista televisiva si convince che un suo vicino di casa è lo psicopatico omicida che da giorni sta seminando il terrore a Miami. Dato che il fidanzato non è disposto a crederle, decide di agire da sola... Thriller penalizzato da uno stile para-televisivo ma di una certa efficacia nelle scene brutali degli omicidi e nella rappresentazione del serial killer, inquietante nella sua opacità. Dopo un buon inizio, la trama arranca un poco nella parte centrale per riprende quotanell'epilogo. Esordio cinematografico per Jennifer Jason Leigh, già apparsa in varie serie TV.
Violento e splatter, questo maniac movie di Wiederhorn (che si autocita allorchè sullo schermo di un televisore scorrono le immagini del suo L'occhio nel triangolo), teso a mostrare quanto più possibile allo spettatore, sia come nudità che come sgradevolezze assortite. Si ricordi che siamo in piena exploitation anni '80 e si osa parecchio. Sono ottanta anche i minuti che ci accompagnano fino alla fine in un percorso piacevole e che può ingolosire sia i fan dell'estremo che quelli dei serial killer.
MEMORABILE: Un uomo perde letteralmente la testa, la quale finisce nell'acquario!!!
Un pericoloso maniaco omicida (John Di Santi) agisce tormentando le vittime (femminili) via telefono, per poi ucciderle e stuprarle. Cupo, ossessivo, inaspettatmente teso: una rivelazione in virtù della valida interpretazione di Jennifer Jason Leigh (cieca, sorda e muta a causa di uno stupro subito in giovane età), posta qua nei panni di "vittima sacrificale". Ken Wiederhorn riesce a giostrare una sceneggiatura scontata e prevedibile grazie ad una regia attenta, meticolosa e quasi "maniacale". Da riscoprire.
Un thriller da riscoprire. Ricorda i migliori De Palma e quindi riporta a Hitchcock inevitabilmente. La tensione è palpabile (le telefonate) e alcune sequenze splatter cavalcano l'onda dello slasher movie anni 80. La performance di una giovanissima Jason Leigh è davvero notevole ma anche la protagonista Lauren Tewes è molto convincente. Il serial killer è l'uomo della porta accanto ed è questo semplice concetto che il regista sviuppa in una storia dai risvolti psicologici interessanti.
Thriller che sconfina nello splatter, ma che riesce a disegnare bene l'orrore e l'impotenza delle donne di fronte al fenomeno degli stupri. Qui oltretutto il maniaco è il classico signor nessuno, che si nasconde in un enorme ed anonimo caseggiato. Stranamente in questo film manca del tutto la polizia (almeno in via diretta), ma certo non il coraggio alle due protagoniste.
Insieme a L'occhio nel triangolo (di cui si vedono pure alcune sequenze trasmesse da una tv) è il capolavoro di Wiederhorn. Straordinario thriller notturno, con Joe Di Santi spietato serial killer (e viene alla mente, non per casualità, Joe Spinell) e tempistica thrilling quasi de palmiana. La violenza è contenuta, ma ci sono alcuni particolari gore (la testa nell'acquario, il finale nella doccia, con colpo in testa stile Zombi, non per nulla gli sfx sono di sua maestà Tom Savini). Ricorda Stupro, per le sorelle giustiziere. Ottimo.
MEMORABILE: I flashback con il pedofilo; Il finale nella doccia.
Mediocre thrillerino, completamente privo di idee o originalità, con partenza scontata, svolgimento scontato e conclusioni scontate. Regia di medio livello, senza guizzi particolari e cast discreto, con una brava Jennifer Jason Leigh sopra tutti gli altri. Non manca qualche sconfinamento nell'horror (con effetti, semplici ma sanguinosi, ad opera di Tom Savini), per il resto siamo dalle parti del classico filmetto da seconda serata tv, magari non noioso, ma piatto e di routine.
Teso thriller ottantiano del tutto riuscito. Connotato da sequenze di forte impatto sanguinolento (cito il ragazzo che viene decapitato mentre è comodamente seduto in poltrona) il film, grazie ad una sceneggiatura che non si perde dietro a tanti giri di parole, viaggia spedito fino al finale carico di suspense. Ottimi gli attori, da una giovanissima Jennifer Jason Leigh (particolarmente a suo agio nel ruolo della sordomuta) a John Di Santi che si dimostra un credibile psicopatico.
Classico esempio di film minore, ma che ha tutte le carte in regola per soddisfare gli amanti del genere. Non ci sono particolari ambizioni né a livello di messa in scena né di sceneggiatura, ma di sicuro non ci si perde in fronzoli, tra omicidi efferati, un maniaco ripugnante proprio per il suo essere così anonimo, una tensione genuina e qualche nudo femminile che non guasta mai. Traumatizzata al massimo (non vede, non sente e non parla), la Leigh debutta sul grande schermo nell'ingrato ruolo della sorella della protagonista Lauren Tewes.
Rispetto a tanti film del genere può vantare una forte dose di suspense e buone scene gore motivate mai fuori luogo, ma la regia è di stampo televisivo, senza alcun guizzo registico. Le attrici si impegnano molto più del regista, specie l'acerba ma già brava Jennifer Jason Leigh. Gli effetti speciali di Tom Savini sono efficaci mentre la sceneggiatura appare troppo standard e con non poche incongruenze.
Tensione a mille per uno dei più sconosciuti e "poveri" slasher/thriller di inizio anni '80. Sarà l'atmosfera floridiana (la baia di Biscayne), sarà la struttura architettonica del film (le due torri abitative di fronte), sarà una 19enne Jennifer Jason Leigh cieca, sorda e sotto l'assedio di uno dei più terribili serial killer partoriti dal cinema-bis degli Stati Unitì, sarà un unione di questi fattori ma "Eyes of a Stranger" vola nei piani alti del thriller-horror anni '80.
Nonostante la confezione ultrapovera, le ambientazioni ridotte all'osso, le attrici non eccezionali, questo film riesce a piacere. L'atmosfera è cupa, la musica azzeccata come la scelta del maniaco, un signore bruttarello ma non troppo (mentre in certi pessimi pseudothriller il maniaco ha il volto di attori bellissimi!), molto convincente. Per certi versi mi ha ricordato Maniac, pur trattandosi di un prodotto differente.
Conferma il suo malsano perché grazie alla professionale naivetè con cui Wiederhorn fonde piani narrativi e visivi talora così dissonanti da apparir schizofrenici. Così se da un lato abbiamo puro grand guignol, orchestrato da Savini e culminante col primo duplice omicidio del serial killer, dall'altro il "pedinamento" da fissata della giornalista, acquista (grazie alla love boat face della Tewes) contorni da giallo rosa. Nel magma di riprese, citazioni e scopiazzamenti, Di Santi e la Leigh infondono naturalezza e verità ai loro stereotipati personaggi.
A tutti gli effetti un thriller, schietto e senza concessioni al superfluo, discretamente inquietante e con brutali omicidi. La regia di Wiederhorn non è particolarmente dinamica, ma si nota buon polso con la mdp e una confezione essenziale ma curata; la storia presenta però qualche forzatura nelle scene più significative. Buona la recitazione del comparto femminile e apprezzabile l'idea della protagonista fortemente turbata in tenera età.
MEMORABILE: il primo feroce omicidio; Il silenzio tra il killer e Tracy in cucina.
Non a caso sceneggiato da Ron Kurz - che ha scritto i primi due Venerdì 13 nello stesso periodo - e con SPFX di Savini; nonostante l'impostazione da psycho-thriller, l'atmosfera e la violenza grafica sono infatti da slasher, con alcune scene davvero brutali e realistiche. Sleazy, sanguinario, con un maniaco davvero viscido e una regia a metà tra De Palma e Winner che tiene la tensione a mille e dona un'aura oscura, lurida e suburbana degna dei migliori exploitation d'inizio '80; ben scelto il cast, con una giovane Leigh e l'ottimo Di Santi. Sottovalutato, assolutamente da riscoprire.
MEMORABILE: La decapitazione con mannaia; Le molestie alla Leigh; I due amanti accoltellati; Il finale.
Miami vice(s): le luci della Florida non si vedono quasi mai, piuttosto si annega nel torbido della notte tra telefonate oscene, delitti efferati e orribili traumi a sfondo pedofilo. Una risposta più "fredda" e controllata (vista la distribuzione major) al Maniac di Lustig, condita con aromi del rape and revenge coevo e che mostra un killer all'apparenza meno terrificante di Frank Zito, ma da non sottovalutare affatto. Il clima inquietante resta impresso anche dopo la visione, così come l'atmosfera generale sleazy e perversa. Un cult dimenticato dei primi selvaggi anni 80.
MEMORABILE: In negativo l'orrendo doppiaggio italiano del custode messicano: sembra uscire da un disco degli Squallor.
Thriller di discreto livello che parte con il botto per poi sgonfiarsi (non sempre il regista riesce a tenere alta l'attenzione). In attivo la prova di Di Santi (davvero viscido) e della Jason Leigh, i delitti trucidi e l'ambientazione, in passivo le parti con il telegiornale (sembra una parodia del notiziario); comunque più di una volta si balza sulla poltrona e la cosa non è scontata (l'inizio è da brivido). Una visione ci può anche stare.
MEMORABILE: I primi 15 minuti; Il delitto in macchina.
Se non fosse che l'identità dell'omicida seriale ben presto si palesa chiaramente, non sarebbe poi stato tanto male questo thriller "a luci spente", soprattutto nella prima parte in cui abbondano le scene hard degne di un horror come si deve. Purtroppo alcuni elementi della storia (la solita ragazza cieca in attesa di shock risolutivo) ne fanno un film ordinario, pedissequo, facilmente dimenticabile. Inquietante il volto e la frangetta del maniaco assassino.
Un incrocio tra La finestra sul cortile e Gli occhi della notte, piuttosto riuscito, soprattutto grazie alla discreta dose di tensione che il regista riesce ad amministrare bene e agli effetti di Tom Savini (sforbiciati in alcune versioni ed è un peccato, per quanto sono verosimili). Il film si divide quindi sui due binari paralleli dello slasher e del thriller, aggiungendo un leggero tocco melò che si rivelerà importante per un soddisfacente finale. Buono.
La sensazione che matura al termine della visione è di bello a metà. Purtroppo, a lasciare più di qualche dubbio sono alcune scelte narrative, spesso presenti in sceneggiature del genere, che fanno crollare pesantemente la credibilità della storia. La tensione che si riesce a creare viene, pertanto, sprecata e l’efferatezza dei delitti, che poco nasconde alla vista, rimane un atto estetico fine a sé stesso. La scena migliore è tra l’assassino e la ragazza sordocieca, in grado di tenere col fiato sospeso e che trasforma il silenzio e la lentezza delle immagini in un valore aggiunto.
L'inizio e l'epilogo sono interessanti e riusciti; peccato che la pellicola si perda nella parte centrale, più banale, costellata di tante inverosimiglianze a tratti davvero vistose e non facili da digerire per quanto si tratti di un film. Globalmente mediocre per la piatta regia "televisiva" ma anche a causa di una storia non certo imprevedibile pure nei suoi sviluppi, compresa la sorte di Tracy. Si ricorda per piccole cose collaterali come l'esordio sul grande schermo della Jason Leigh e gli effetti splatter del grande Savini. Bravo Di Santi nella parte dell'assassino.
La Tewes è una moderna Barbara Stanwyck e Di Santi un Joe Spinell imborghesito. Ma da quella finestra sul cortile tutto il mondo untuoso e metropolitano del tipico thrilling anni 80. Wiederhorn dirige una coreografia allucinatoria in cui spazi e personaggi diventano l’uno il testimone dell’altro, con un andamento spesso dilatato e uno occhio per la violenza di estremo realismo. Buon esordio per Jennifer Jason Leigh, che ci regala una sequenza finale da cardiopalma.
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Buiomega71 ebbe a dire: Mco ebbe a dire: Buiomega71 ebbe a dire: Mco ebbe a dire: Premetto che non è mio interesse convincere se un film appartenga a una categoria anziché a un'altra ma tengo a sottolineare, soprattutto a Schramm, che i miei inserimenti non vengono "calati" così dall'alto, giusto per farne menzione.
Ogni mio intervento in sintesi di commento è frutto di lavoro e studio, in quanto da molti anni scrivo sull'argomento.
Le argomentazioni che inserisco sul Davinotti sono una sintesi, talvolta rimpolpata ed arricchita, di mie recensioni, da archivio privato o anche da precedenti miei scritti o saggi.
Questo per dare un senso a ciò di cui si parla, senza tirare in ballo relativismo od assolutismo di sorta.
Eyes of a stranger è una pellicola in cui mi sono imbattuto molte volte e ho ritenuto che potesse classificarsi horror.
Con me, tralasciamo pure IMDB, ci sono anche altre autorevoli voci, tra cui Rudy Salvagnini e il suo Dizionario dei film horror (pag.641).
Poi, nella vita come nel cinema, ognuno faccia le sue scelte, per carità di Dio.
Ma non abbiamo mica tacciato l'opera di Wiederhorn di essere una commedia o un film comico, no?
Un saluto affettuoso a tutti.
Mco
Se e solo per questo Salvagnini, nello stesso libro, recensisce pure Vestito Per Uccidere e Omicidio a Luci Rosse (che horror proprio non sono, appunto come Gli Occhi Dello Sconosciuto)
Poi basta vedere come esordiscono i commenti davinottici, appunto con thriller (giustamente)
Non e questione di "tacciare", ma una "corettezza" verso chi, magari, non conosce il film, che legge horror per poi trovarsi davanti ad un thriller tout-court (come in questo caso), eppoi lo splatter c'è pure nel western, per dire...
Poi, fate voi...
Quindi, evincendo dalle tue parole, io e Rudy saremmo "scorretti", in quanto svieremmo lo spettatore?
Io spero, al contrario, che chi visiona un film non venga influenzato assolutamente dalle catalogazioni, che lasciano il tempo che trovano.
Se, poi, si vuole mettere thriller lo si metta pure, ci mancherebbe ma, carissimo Buio, non si può tacciare di scorrettezza soltanto chi non sposa il tuo pensiero.
Zender ha detto bene, thriller e horror spesso si compenetrano, confondendosi.
Per me (e i da me citati) l'opus di Wiederhorn è un horror.
Per te e Schramm un thriller.
Ben contento che ci sia questa demarcazione.
Ma io non pretendo che voi passiate a condividere i miei assunti o quelli di Rudy.
Faccia Zender ma, per quanto mi riguarda, è questione di lana caprina...
Se per te (o Salvagnini) Vestito per uccidere, Omicidio a Luci Rosse o Gli Occhi dello Sconosciuto, sono horror, allora, inutile continuare la discussione (su che basi poi? Per un pò di splatter? Ma quello c'è pure nel western, per dire)
Bhè, se qualcuno cerca un horror, e poi le si spaccia per horror un thriller, dal mio punto di vista sì, un tantino "scorretto" lo è...
Poi potete metterle pure commedia. Chi vedrà il film tirerà le sue conclusioni (e non si tratta di pensiero personale, ma di realtà dei fatti, visto che Gli Occhi dello Sconosciuto di horror NON ha proprio nulla)
Vorrà dire che sono un visionario e mi compatiranno i poveracci sprovveduti che avranno la malaugurata occasione di leggere i miei scritti...;-)))
Però, quanta energia spesa per la difesa di un pensiero.
Ricordati che ti stimo Buio ed è per questo che scrivo.
Un abbraccio.
Mco
Zender ebbe a dire: A me non interessa niente cambiar genere, semplicemente ho chiesto di intervenire quando esso è palesemente sbagliato.
...e questo è, difatti, palesemente sbagliato, di qui, sic et simpliciter, il mio intervento. non so, prova a spizzarti il trailer per farti un'idea... per il resto più che imdb dovrebbe far testo e giudizio quanto fa notare buio: tutti gli altri utenti parlano di thriller, di thrilling, non di horror. poi se vuoi lasciare horror farò sonni più che tranquilli, ma di base, tassonomicamente parlando, è scorretto (come potrebbe esserlo, let's say, etichettare horror un tenebre).
Mco ebbe a dire: Ma non abbiamo mica tacciato l'opera di Wiederhorn di essere una commedia o un film comico, no?
Un saluto affettuoso a tutti.
Mco
no, ma volevo appunto dire che se schedare il genere non è così importante tanto vale categorizzare a rampazzo sulla base di impressioni personali (cosa che, ripeto, si può benissimo fare, il cinema non è una scienza esatta, è anzi alchimia e -come dicevo sopra- mi può star bene sentir dire che teste rasate è un lacrima movie o un film erotico solo perché ha suscitato commozione o eccitazione alle stelle nelle due scene d'amore...). però siccome un genere è sempre indicativo, tanto vale indicare, a parità d'umori e di timbri, la giusta appartenenza.
Mco ebbe a dire: Io spero, al contrario, che chi visiona un film non venga influenzato assolutamente dalle catalogazioni, che lasciano il tempo che trovano.
ah beh, tanto vale non metterne alcuna allora...
Mco ebbe a dire: Zender ha detto bene, thriller e horror spesso si compenetrano, confondendosi.
certo, ma non mi sembra proprio questo il caso. e a questo punto vorrei anche capire perché tu ritieni il contrario. perché altrimenti la discussione si fa tautologica.
Carissimo Schramm,
la mia visione del cinema sorge e si perpetua nell'accrescimento emozionale.
Un film me ne deve ingenerare.
L'opus di Wiederhorn mi ha sempre spinto, mercé le sue atmosfere malate, a spingere il bottone dell'horror all'interno del mio apprendimento cinematografico.
Pensa che fui chiamato a vedere questa pellicola da un amico che aveva letto la Videoguida Rai-Eri laddove se ne parlava come giallo (gore e splatter).
Quel senso di ossessione che spira per tutto l'arco del film, condito da sferzate violente e sanguinose mi ha condizionato nel senso di cui sopra.
Ma, per darti un'idea, anche l'Anabasi di Walter Hill ne "I Guerrieri della notte" per me deborda in horror.
Questo è il mio pensiero.
Con stima,
MCO
Mco ebbe a dire: Ma, per darti un'idea, anche l'Anabasi di Walter Hill ne "I Guerrieri della notte" per me deborda in horror.
è proprio quanto intendevo dire io qualche post addietro. l'annichilente e raggelante orrore super-reale di un olocausto nucleare come viene perfettamente fotografato in threads... quale horror può competere con esso? perché allora ritenere threads drammatico? è horror purissimo, eccede il genere, lo surclassa (già che ci siamo, faccio appello a buio per pubblicare sul relativo topic il flano della prima tv di sorrisi e canzoni targata ipotesi: sopravvivenza, se ce l'ha. nel caso, preparo i kleenex)
epperò la cifra del dopo-bomba mondiale, orrore inimmaginabile e ineffabile fa capo a un dramma universale, non ha nulla di sovrannaturale, di misterioso, di ignoto, di fantastico. di qui la codificazione "drammatico". stesso concetto -o se preferisci, meccanismo- applicabile anche a gli occhi dello sconosciuto. è un orrore plausibile, verificato ahinoi da centinaia di tomi sui serial killer, che può prender corpo tutti i giorni, con toni da film giallo. ecco perché dovendo fare attenzione al genere, trovo più centrata la voce thriller.
peraltro tengo a precisarti che non ce l'avevo assolutamente con te, nel rispondere, ho solo voluto fare un appunto a zender, che poi t'ha convocato...
Direttamente dall'archivio privato di Buiomega71, il flanetto di Tv Sorrisi e Canzoni della Prima Visione Tv (Ciclo: "Appuntamento con il brivido", anno 1985) di Gli Occhi Dello Sconosciuto: