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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Refn ci seppellisce nello stesso incubo che perseguita Harry Caine (Turturro), ossessionato dalla morte della moglie che stava per darle un bambino, uccisa nel garage del supermarket in Wisconsin dove lui lavora come sorvegliante. Il colpo di pistola di un killer misterioso, senza apparente motivo, che nell'agguato ha poi fatto fuori anche un poliziotto probabilmente corrotto. Annientato, annichilito dal dolore, ridotto a una larva umana, John impiega il suo tempo visionando vecchie vhs della sorveglianza nella speranza di scoprire un dettaglio che lo possa condurre alla verità, ma un indizio vero gli arriva solo da una fotografia trovata nella casa di fronte alla sua, abitata da qualcuno...Leggi tutto che non c'è mai ma che forse qualcosa sapeva, perché è in quella casa che, in un sogno ricorrente, Harry vede entrare sua moglie. Una prima forte coincidenza: la fotografia mostra una donna col proprio bambino sostare di fronte alla stessa tavola calda del Montana dove lui e la moglie erano stati qualche tempo prima. Ce n'è abbastanza per partire in caccia, una ricerca che vorremmo seguire con passione ma che Refn si diverte a frantumare nello sguardo quasi sempre assente di un John Turturro in parte rallentato dai riflessi di chi sembra farsi condurre verso la soluzione da una forza superiore. E' in questo strano territorio di mezzo, tra l'acuta ricerca e il destino già segnato, che Refn affonda i colpi giocando con le immagini e i colori, staccando l'esperienza ai confini col surreale di Harry da quella di chi invece (Remar) si insospettisce quando l'uomo mostra la foto chiave alla tavola calda nella speranza di arrivare all'identità della donna. Una storia sotto però c'è, eccome; lo si capisce fin da subito, dall'analisi di Harry dei filmati in vhs. Refn s'impossessa degli stilemi tipici del thriller per piegarli a una concezione più alta di cinema che li fonde insieme a uno studio profondo dei personaggi (in primis quello di Turturro, naturalmente), da osservare anche quando tacciono per cercare di leggerne i pensieri e quindi le mosse, altrimenti non sempre chiare. Così come colpisce l'inserimento di coincidenze che talvolta tali sono destinate a rimanere (scelta non certo comune, al cinema). Un film quindi assai particolare, figlio legittimo di un regista che prendendo spunto dai maestri del campo (il linguaggio cinematografico di Lynch e Kubrick è ampiamente saccheggiato) sa ammaliare, pur irritando a tratti per l'estenuante lentezza con cui guida le scene; una lentezza tuttavia parte costitutiva del fascino che l'opera emana, e scendere a compromessi Refn non può. FEAR X è a tratti davvero conturbante, avvolto in una colonna sonora ipnotica (cui ha partecipato il celebre Brian Eno) che ne diventa elemento fondamentale. Il finale lascia interdetti, ma è evidente quanto si sia lontani dall'approccio tradizionale al genere.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 21/11/09 DAL BENEMERITO LEBOWSKI POI DAVINOTTATO IL GIORNO 21/10/20
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Lebowski 21/11/09 11:43 - 81 commenti

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Girato in Canada da un interessante regista danese. Il protagonista è un agente di sicurezza che indaga sulla morte della moglie, uccisa nel parcheggio di un grande magazzino. La vicenda assume presto toni allucinati, quasi lynchiani, mentre lo stile delle riprese e della fotografia ricorda a tratti Kubrick. Lento e dolente, il film richiede una certa disponibilità d'animo da parte dello spettatore, chiamato a interpretare diversi passaggi ellittici e onirici. Piuttosto originale, Turturro ottimo nel ruolo principale.

Brainiac 9/12/09 13:03 - 1083 commenti

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Rarefatto e doloroso lungo tutta la prima parte, il film s'incaglia raggiunto il disvelamento dell'intreccio. Da lì in poi (cioè da quando Turturro raggiunge la cittadina in cui vi è l'unica traccia del killer della moglie) solo perizia formale, alberghi kubrickiani e ascensori lynchiani, che pur incuriosendo, scendono repentini al piano del thriller-dalla-chiusura-mistica. Davvero un peccato, perché fino ad allora Refn aveva snocciolato i migliori numeri del campionario: i dialoghi tesi, l'ansiogena perquisizione nella casa del dirimpettaio.

Supercruel 10/04/10 14:19 - 498 commenti

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"Fear X" è costato parecchi guai a Refn e nelle interviste viene sempre visto come una fase negativa della carriera. Eppure è tutto fuorchè un pessimo lavoro. La prima parte è davvero buona e il talentuoso regista danese riesce a rendere un'atmosfera rarefatta e angosciante, dirigendo alla grande un Turturro splendidamente in parte. Poi c'è la rivelazione del nocciolo narrativo, sbrigativa e deludente. Allorchè il film muore narrativamente c'è comunque una bella regia, pur con evidenti debiti stilistici (Lynch e Kubrick). Interessante.

Greymouser 3/06/10 00:26 - 1458 commenti

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Refn "vo fa' l'americano", e passa dai paesaggi urbani della sua plumbea Copenhagen alle lande rurali del Wisconsin e del Montana, e per molti ciò corrisponde, nel migliore dei casi, ad una prova sotto tono. E' vero che il disvelamento dell'arcano lascia un po' delusi, ma che volete? A me questo regista piace da morire, e per la gran parte del thriller sciorina una regia seducente e strepitosa, che costituisce un personalissimo omaggio al miglior De Palma. Lynch e Kubrick occhieggiano, da numi tutelari dell'ispirazione di Refn.

Ghostship 5/06/10 14:07 - 394 commenti

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Valido thriller che si avvale di un Turturro eccezionale nella parte della guardia giurata rosa dal dolore per la perdita della moglie. La ricerca del colpevole segue un percorso parallelo ad una catarsi introspettiva che non avverrà, avvolgendo il tutto in un'aura di ambiguità che non si scioglie con il finale, forse il vero unico tallone d'Achille di una pellicola lontana dalla trilogia di Pusher, ma che guarda, con stile personale e consapevole, a Kubrick e Lynch.

Enricottta 14/08/10 20:49 - 506 commenti

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E se i chiarissimi riferimenti, oserei dire didascalici, ai Kubrick e Lynch, fossero solo pretestuosi? Agata Christie disseminava di indizi i suoi romanzi, per poi svelare che la verità era da qualche altra parte. Il film viaggia volentieri autonomamente e la interpretazione di Turturro è il valore aggiunto. Claustrofobia a parte è fatto bene e il finale è in linea con il resto del film. Interessante, usa un buon linguaggio.

Harrys 25/10/10 18:39 - 687 commenti

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Scampagnata a Hollywood per il novello genio danese. Il protagonista se lo sceglie bene (un malsano Turturro), la storia un po' meno. I caratteri tipici (l'inquietudine sperimentale, le suggestioni ieratiche, l'ipnotico sonoro, le non-inquadrature, la rappresentazione di esistenze al limite) sono tutti allegramente presenti. Quel che rende l'opera in questione la meno riuscita dell'autore è una leggera sconclusionatezza. Encomiabile tuttavia lo spessore psicologico che trasuda e l'escamotage "puzzlesco" del rendere coscienti noi, ma ignaro il protagonista.

Burattino 13/11/10 01:00 - 101 commenti

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Un film ben fatto che però si basa su una trama che sicuramente risulterà insoddisfacente ai più. Il fatto è che Refn ci lascia intendere per parecchio di stare assistendo ad un film, ma la seconda parte è un lento disvelamento e alla fine vediamo un finale che in realtà anche in un altro film avrebbe faticato ad ambientarsi. È questa estrema disomogeneità che lascia un senso di straniamento e fastidio al termine della visione, alla fine che ci avrà voluto comunicare?

Cotola 2/10/11 12:03 - 8998 commenti

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Se nella prima parte, Winding-Refn si ispira in generale al genere thriller e ad alcuni suoi stilemi, nella seconda parte i modelli sono chiaramente due: in primis Lynch, di cui si respirano certe atmosfere, ed in secondo luogo di Kubrick e del suo Overlook hotel. Lo svelamento del mistero è di quelli che possono non soddisfare e che possono far incavolare. Pur essendo il meno personale dei film del danese, anche in questo caso non mancano il talento e la bellezza formale delle immagini, seppure con qualche svolazzo, gratuito, di troppo.

Jena 8/10/11 19:22 - 1547 commenti

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Bene la prima parte: la maschera di Turturro ansiogeno e ossessionato dalla morte della moglie funziona. Poi, quando dovrebbe venire il bello, il film si blocca e diventa catatonico. Il finale non soddisfa e un'attrice come la Unger sembra lì per caso. Rimane la regia di Refn, perfetta nel suo gelo e stimolante nelle sue evoluzioni mistiche che anticipano Valhalla Rising. Opera minore del nostro danese ma non certo da buttare.

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Didda23 10/10/14 10:37 - 2424 commenti

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Refn ha un dono che pochi possiedono, ovvero una sorprendente conoscenza del mezzo cinematografico. L'opera se da un lato poggia su un intreccio narrativo non così ficcante, soprattutto perché tratta la psicosi di un uomo (un convincente Turturro) non lasciando un'univoca interpretazione, dall'altro ha il pregio di contare su una regia che reinterpreta il meglio del genere (Kubrick, Lynch, De Palma, Polanski, Fincher). Un film d'atmosfera, con suggestioni che penetrano sotto la pelle e che, nonostante un ritmo sornione, ti tengono incollato allo schermo.

Herrkinski 10/12/14 03:11 - 8052 commenti

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In trasferta Usa, Refn prevedibilmente perde per strada un po' del suo stile e della sua poetica urbana (cosa che correggerà con Drive), ma mantiene comunque alcuni tratti distintivi come la disamina psicologica dei personaggi che s'intrecciano nella vicenda, così come un finale sconfortante e che lascia un forte senso di disperazione. I pluricitati Lynch e Kubrick rimangono più che altro a livello formale e in alcune scelte di fotografia e inquadrature, mentre il film si dipana sui binari del thriller/noir dall'atmosfera avvolgente e oscura.

Capannelle 15/10/14 08:49 - 4394 commenti

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Tra i film più controversi del regista danese, devo dire che mi è piaciuto per la capacità non comune di disegnare il personaggio paranoico e l'atmosfera. Turturro assolve il compito con bravura e Refn giostra bene elementi visivi e sonori. È vero che nella seconda parte alcuni nodi vengono al pettine, che alcuni slanci onirici possono non piacere, ma il valore sensoriale dell'opera non ci perde tanto. Con buona pace degli spettatori che lo hanno (ingiustamente) massacrato.

Pinhead80 26/03/15 17:20 - 4715 commenti

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Fear x è la conferma che successo e insuccesso al botteghino non corrispondono alla qualità del prodotto. All'insuccesso al botteghino infatti corrisponde in questo caso un film di un certo livello, che non è stato apprezzato o forse compreso. Suddiviso in due parti differenti tra loro: la prima più lineare, la seconda più lenta e onirica, il film cerca di scandagliare la triste elaborazione del lutto di un soggetto ossessionato più dal voyeurismo delle immagini che dalla sete di vendetta. Merita di essere visto. Grande Turturro.

Jdelarge 14/07/16 19:04 - 1000 commenti

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Thriller atipico nel suo modo di svilupparsi, nel quale Refn sembra più intenzionato a far emergere l'impossibilità di conoscere le cause scatenanti le azioni umane che a focalizzare la propria attenzione sul genere in sé. La suspense, nonostante il ritmo molto dilatato, è ben presente, ma alcune soluzioni registiche appaiono un po' troppo convenzionali, pur essendo ben studiate. Fantastico, in tutti i sensi, l'hotel, che con i suoi corridoi rosso sangue ricorda molto la casa dell'argentiano Inferno.

Fauno 29/11/16 18:27 - 2206 commenti

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Comprensibile il flop ai botteghini: l'impostazione non è da grande pubblico; qualsiasi film somigliante delinea meglio i suoi fini. Se però non si tengono separati onirismo e introspezione, se certi colori come il rosso li si interpretano a largo respiro (sangue, fuoco, interno dell'hotel alla stregua di ciò che è interno al protagonista), se si vede l'ascensore come un'uscita verso una dimensione incerta e inesplorata, di cui non si sa nulla, è anche più facile aprire il ventaglio a tutte le interpretazioni di ciò che nel film accade (e non sono poche).
MEMORABILE: La luce accesa nel villino di fronte e l'inevitabile telefonata all'agenzia.

Giùan 16/06/19 08:10 - 4528 commenti

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Film col quale Refn comincia a esplorare il lato più oscuro e "raffinato" della sua cinefilia, che andrà poi scandagliando con coerenza autoriale e alterne riuscite da Valhalla a Neon demon. Non c'è dubbio che a stupire in Fear X sia il programmatico controllo stilistico del 33enne Nicolas sulle dilatate atmosfere lynchiane (ma c'è pure molto Egoyan) dell'opera, perfino a dispetto di una palese dispersione del pathos narrativo e della concentrazione dello spettatore. Certo nella seconda parte il "viaggio" di Turturro scivola dall'ambiguità alla convenzione.
MEMORABILE: Lo sguardo della Unger.

Kinodrop 22/03/21 19:26 - 2909 commenti

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All'inizio ha l'andamento di un thriller con Caine alla ricerca spasmodica dell'assassino della giovane moglie, raccogliendo i più minuti indizi fino a quello che lo convincerà di una possibile soluzione; in seguito però, sia il personaggio (Turturro efficace nella sua fissità) che l'insieme dei fatti si afflosciano e si disperdono in una sospensione quasi atemporale e onirica che vorrebbe essere la cifra di Refn, ma che fa perdere mordente alla storia e annoia. Alcuni, troppo evidenti, rimandi d'autore (sviluppati poi in altre opere) affascinano ma non sono risolutivi.

Buiomega71 6/11/21 01:06 - 2899 commenti

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C'è tutto il cinema di Refn a venire (i corridoi dell'hotel, veri e propri vasi sanguigni, sono identici a quelli di Solo Dio perdona), che si mescola nel noir e negli intrippi psicologici (Turturro fissato con le immagini di bassa qualità delle vhs di sorveglianza, morbosamente davanti alla tv un po' come il protagonista di Alexandra's project), quasi come un fratelli Coen sotto acido. Ascensori che si aprono su laghi di sangue, indecifrabili flash lisergici rossastri alla 2001 sparati sul nero dello schermo. Refn sperimenta con suggestiva ipnosi ma dimentica violenza e visceralità.
MEMORABILE: La moglie mentre si avvia, sotto la neve, verso la villetta accanto; La prostituta che bussa alla camera di Turturro; L'ascensore si apre sul buio.

Paulaster 4/09/22 09:28 - 4375 commenti

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Guardia giurata cerca di scoprire il perché dell'omicidio della moglie. La prima parte scava nell'ossessione del marito (anche se dichiara di non cercare vendetta), il quale cattura l’attenzione tra le vhs di sorveglianza e le visioni matrimoniali. Quando il noir diviene thriller, si palesano i limiti del film, che cerca di imitare Lynch senza riuscirci (la prostituta e l'incontro con l'omicida). Anche la questione del numero di camera invertita appare poco coerente, così come la congrega che ammazza i poliziotti corrotti. Conclusione scialba, salvo i titoli di coda.
MEMORABILE: Le vhs accelerate; La chiamata della prostituta in camera; Il video dell'omicidio.

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Daniela 20/12/23 09:21 - 12606 commenti

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Una donna incinta è stata freddata da un killer nel garage di un centro commerciale e ora il marito, che vi lavora come sorvegliante, vuol scoprire perché... Non è la solita storia del cittadino che si vuol fare giustizia da sé: come ripete più volte, lui non vuole uccidere ma solo capire ed è solo questa volontà ossessiva a tenerlo in piedi. Nella seconda parte, ambientata in un hotel overlookiano, la storia vira verso il noir e assume i colori dell'incubo. Bravo Turturro, bella ost, film perturbante per l'epilogo criptico che lascia perplessi ma stimola l'immaginazione.
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  • Discussione Fauno • 29/11/16 18:38
    Contratto a progetto - 2742 interventi
    Più vado avanti più penso che Refn non abbia niente a che fare con nessuno dei mostri sacri elencati nei commenti e che abbia uno stile tutto suo. L'Overlook hotel di Kubrick mi fa scompisciare dalle risate. Tutt'altra impostazione e impatto su Shining. Di Lynch non dico niente perché ho visto pochi film. Al limite mi potrebbe far ricordare vagamente La conversazione o Unico indizio...un anello di fumo, ma come ho scritto nel commento sono IN-FI-NI-TA-MEN-TE più delineati e chiari nei loro fini, mentre Refn è molto più sfumato, sembra quasi che le cose le faccia cadere dall'alto. E questo può sia deliziare che innervosire, ma sicuramente spacca in due i cinefili, e un regista che ha la dote di dividere i giudizi per me è un grande. Eppure Solo Dio perdona è Bronson mi han fatto quasi pietà...fortuna mi sono intestardito a voler continuare a vederlo...
  • Discussione Raremirko • 30/11/16 00:21
    Call center Davinotti - 3862 interventi
    Ma tecnicamente ha pochi eguali dai, soprattutto nei suoi ultimi film...
  • Discussione Raremirko • 29/05/19 03:54
    Call center Davinotti - 3862 interventi
    Molto molto buono, sin dalle premesse: mandar avanti la vicenda usando anche i video di sorveglianza.

    Turturro non mi ha mai fatto impazzire ma qui è davvero bravo ed in parte; la Unger è stata usata però poco e male.

    Ottime regia e musiche; prima parte ansiogena e stringata, seconda parte onirica, che anticipa un pò Solo dio Perdona e Neon demon; chiusura finale blanda e sbrigativa, che è il vero difetto di un film comunque notevole.


    Da ripescare.
  • Discussione Buiomega71 • 6/11/21 10:07
    Consigliere - 25896 interventi
    Noir sui generis, dove, già dalle prime sequenze, di straordinaria potenza visiva (se poi si pensa che Refn è solamente al suo terzo lungometraggio), con Turturro che spia dalla finestra la moglie che, sotto la neve, si allontana verso la villetta accanto, si entra nel mondo parallelo di questo autore personalissimo e geniale, che avrà l'apoteosi nelle sequenze dei corridoi dell'hotel, puri vasi sanguigni, che è praticamente un Solo Dio perdona in embrione.

    I numi tutelari del danese sono i soliti noti (con aggiunta di Antonioni, anche se sui titoli di coda, tra gli altri, c'è un ringraziamento a William Lustig, che come si sà Maniac cop è una fissa per Refn-il suo remake a breve-e omaggiato nelle sequenze in cui l'ex walterhilliano James Remar viene "premiato" al comando di polizia), ma il cinema che fà è prettamente "suo", nonostante gli influssi e le influenze estetiche.

    Un fratelli Coen andato in acido, con Turturro (nelle parti migliori del film) che, morbosamente, davanti alla tv, studia e osserva le immagini pixelate delle vhs di sorveglianza in FF, l'ossessione della visione, l'implacabilità del voyeurismo, la stessa "malattia" che affliggeva il protagonista di Alexandra's project

    Dal Wisconsin al Montana, tra camere d'albergo e tavole calde e prostitute che tentano di estrapolare un pò di compagnia, dopo i grandi magazzini, i taccheggiatori e un uccisione "snuff" su di un video di sorveglianza, che diventa immagine criptica e indecifrabile, un pò come il videomessaggio che viene dal futuro nel Signore del male.

    E come spesso accade in Refn la sceneggiatura lascia il posto agli sperimentalismi e alla suggestione delle immagini (Larry Smith lascia a bocca aperta) e anche allo straordinario lavoro fatto sul sonoro, un ascensore che si apre sul buio, il fantasma della moglie uccisa che appare nella mente in blackout di Turturro (non per nulla Refn ne riprende, a distanza ravvicinata, la nuca), sempre l'ascensore per l'inferno che apre le sue porte su un lago di sangue e flash lisergici e stordenti rosso sangue che spezzano il nero dello schermo, come una sottospecie di 2001

    Il primo tempo intrippa (tutta la parte di Turturro che entra, forzandone la porta, nella villetta accanto e conseguente ritrovamento del negativo, non prima di sentire qualcuno che suona e bussa alla porta, come aveva fatto lui pochi attimi prima, creando un cortocircuito mentale di universi paralleli-che sia lui stesso?, il suo doppio kafkiano?-), con indagini private, la glacialità geometrica kubrickiana dell'interno dell'appartamento con le foto appese alla parete, l'interrogatorio quasi minaccioso della polizia, il negativo sviluppato, qualla foto con madre e figlio sorridenti.

    Il secondo prende sempre più le derive dell'incubo e dell'onirismo, tra i dedali rosso sangue dei corridoi e delle stanze suspiriane, dai volti grotteschi imprigionati in un liquido amniotico rosso vivo a metà tra Stuart Gordon e Brian Yuzna e con un occhio al Regno vontrieriano, fino a una chiusa ermetica e fumosa, ambigua e sospesa (prima che Turturro si disperi nella stanzetta d'ospedale, e come nel finale del primo Venerdì 13, le venga detto che non hanno trovato nessun corpo) in cui Refn lascia la decifrabilità allo spettatore stranito e dubbioso.

    Un pò più debole e convenzionale la sottotrama di una lobby all'interno del corpo di polizia che elimina personalmente sbirri corrotti (un pò come la giuria giustizialista di Condannato a morte pe mancanza di indizi) e le parti in cui Remar cerca di giustificarsi con la moglie (Deborah Kara Unger).

    Complessi di colpa. ricerca della verità, indagini personali che sfiorano l'ossessione, viaggio incubotico tra solitudine e dolore, dove il cinema di Refn stà quasi tutto quì, non poi così embrionalmente, che illumina lo schermo con il suo inconfondibile estetismo.

    Se solo avesse avuto l'accortezza di non lasciare fuori dalla porta la sua visceralità e l'amata ultraviolenza, probabilmente Fear X sarebbe stato uno dei suoi titoli migliori , a cui hanno tolto (refniani compresi) il blasone.

    E Refn a parte, è stato comunque un piacere ritrovare un grandissimo e sofferto James Remar.
    Ultima modifica: 6/11/21 14:16 da Buiomega71
  • Homevideo Buiomega71 • 6/11/21 10:20
    Consigliere - 25896 interventi
    Buono il dvd edito dalla 01

    Formato: 2.35:1
    Audio: italiano, inglese.
    Sottotitoli: italiano per non udenti.
    Nessun extra, solo il menù con i capitoli.
    Durata effettiva: 1h, 27m e 31s

    Immagine al minuto 0.26.10.

    [img size=424]https://www.davinotti.com/images/fbfiles/images58/PDVD-237.jpg[/img]
    Ultima modifica: 6/11/21 13:51 da Zender