Bleeder - Film (1999)

Bleeder

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 20/11/07 DAL BENEMERITO SCHRAMM
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Schramm 21/11/07 02:30 - 3495 commenti

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Parte come una commedia amarognola, quasi un bric-a-brac citazionistico clerksiano depauperato da demenza e fancazzismo, per poi virare esponenzialmente nell'aspro prima e nel tragico senza remissione poi. Refn trasuda senso della catastrofe, dell'allarme e della tragedia come pochissimi sanno fare. Il tutto attraverso un gioco di specchi metafilmico e metatestuale accattivante e mai sovraesposto. Uno dei sempre più rari che sanno cosa significhi raccontare il dolore e come farlo stillare od esplodere dagli attori. Da tenere d'occhio.

Brainiac 2/12/09 01:20 - 1083 commenti

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Film che assomma un paio di dimensioni in più rispetto Clerks, sei gradi di separazione fra il realismo della sua sparatoria e quelle di Tarantino, nugoli di perdenti più di Scorsese. Corridoi di case proletarie inondati di sangue peggio di Kubrick. Videoteche. "Bleeder" scomoda addirittura l'AIDS, il "rimosso" dell'immaginario collettivo. E deflagra. Refn sembra infischiarsene di quanti parlano di colpi bassi, di ricatti morali dei registi: filma anche il vomito. Controindicazioni? Visto da qui, il successivo Bronson diventa un mezzo palso falso.

Harrys 14/02/10 20:06 - 687 commenti

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Annichilente. Esistenze al limite, costantemente sul filo del rasoio, tra torbide depravazioni ed insane tendenze. Refn cala l'asso dalla manica, estremizzando qualunque deriva pessimistica presente nella precedente opera (il primo Pusher), firmando quella che possiamo considerare, col senno di poi, la sua pellicola più dura; un colpo veramente tosto. La violenza scaturisce, senza possibilità di previsione alcuna, nei frangenti più impensabili, quando la riconciliazione sembrava certezza. Location opprimenti, che ricalcano le paranoie.

Ghostship 6/06/10 15:04 - 394 commenti

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Bleeder è un film drammatico. E da buon film drammatico assomma in sé più "drammi", più personaggi in cerca d'autore, più storie al limite. L'angoscia generata dal far parte, seppure involontariamente, del mondo che non ci piace, respirata a pieni polmoni sia dal protagonista sia da coloro che sono poco più che comparse. Bruce Lee, Lenzi, Visconti, Kubrick, Fulci, Godard, la videoteca, l'incontro, l'AIDS, la nascita, la morte. I modelli sono tutti e nessuno, quello di Refn è un discorso personale, che ha le sue radici nel vero cinema.

Greymouser 30/05/10 01:56 - 1458 commenti

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Dopo le prime buone prove, con "Bleeder" Refn firma il film perfetto. Sì, perchè il regista danese ci ipnotizza e ci cattura dentro i suoi spazi scenici, con movimenti di macchina profondi e avvolgenti, con l'uso calibrato di piani sequenza costruiti con maniacale precisione. Magia del cinema, dunque; anzi, magia nera, perchè questa di Refn non è una lieta favola, ma piuttosto una cupa parabola stillante disperazione. In sostanza, una prova magistrale che proietta questo regista fra i migliori del nuovo millennio.

Burattino 3/11/10 00:01 - 101 commenti

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Con Bleeder Refn entra nel gotha dei grandi cineasti (tra l'altro a meno di trent'anni credo). Un film impregnato di una violenza veramente disturbante: quattro sanguisughe ambientali si aggirano per le strade di una periferia indifferente, pronte ad esplodere in furiosi picchi di violenza. Molte le avvisaglie del capolavoro che metterà in piedi una decina di anni dopo con Valhalla rising.

Daniela 8/07/11 09:28 - 12670 commenti

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L'inizio, dopo la presentazione dei personaggi in movimento, ciascuno accompagnato da una canzone diversa, depista, facendo pensare ad una commedia ironica e partecipe, magari con qualche annotazione sociale. Invece, già dopo le prime sequenze, si inizia a respirare un clima di frustrazione, immersi nello squallore di una periferia urbana anonima, in ambienti soffocanti, ristretti e ipersaturi di oggetti (video, libri, effetti personali). E la rabbia infine esplode, preannunciata da schermate rosso sangue che "chiudono" sui volti. Doloroso.

Jandileida 29/08/11 18:43 - 1565 commenti

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E finalmente Refn ci regalò un **** e 1/2. Storia dura, ambientata in un nord Europa grigio in cielo ma sopratutto nelle vite, storte e confuse, dei protagonisti della pellicola legati gli uni agli altri più dal caso che da una scelta volontaria. Ed il regista non ci nasconde nulla, mostrandoci questo mondo in bilico sul filo della follia riesce a non crogiolarsi in un'estatica, ed inutilmente estetizzante, corsa verso il nulla (vero Aronofsky?). E tutto questo è raccontato con una precisione tecnica impressionante, con un uso della mdp da Maestro.

Cotola 22/09/11 23:56 - 9052 commenti

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Narrando secondo il suo stile ed affrontando tematiche a lui care, il regista danese raggiunge una delle vette del suo cinema. Descrive con grande sobrietà e capacità lo squallore della vita dei protagonisti che è caratterizzata da una lancinante e desolante solitudine che fa malissimo non solo a loro ma anche a chi guarda. Così, gradualmente, si viene catapultati in una spirale distruttiva da cui non se ne esce più se non con le ossa rotte. Straziante, dolente (con una flebile nota di speranza nel finale) eppure bellissimo.

Mickes2 18/10/11 16:50 - 1670 commenti

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Con la cifra stilistica che lo contraddistingue, caratterizzata da esplosioni di rabbia a cui alterna fasi intimiste atte a delineare i personaggi e farci empatizzare con le loro storie, Refn ci immerge nella periferia danese con una camera a spalla ispiratissima, narrando gradualmente l'abisso più profondo, morale e psichico. C'è molto nel suo microcosmo: voglia di riscatto, sopravvivenza, protezione, l'opprimente ed insormontabile muro delle responsabilità. Di disarmante cupezza e amarissima disillusione.

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Capannelle 22/06/12 08:50 - 4412 commenti

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Sobrio ma determinato in ogni sequenza e duro quanto basta, Refn riesce a infondere grande potenza alle maschere dei personaggi e alla cornice ambientale in cui si muovono. Non sceglie abusate scorciatoie tipo squallore o violenza ma un percorso ben più solido che alla resa dei conti appaga molti sensi di chi assiste. Un senso del tragico quotidiano che viene reso benissimo e senza ricattare lo spettatore.
MEMORABILE: In videoteca vengono elencati i registi disponibili, da Kubrick a Bava, per un cliente che in realtà voleva un porno.

Herrkinski 10/12/14 01:25 - 8117 commenti

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Ritorna il trio di attori di Pusher per questo dramma urbano che codifica definitivamente lo stile e i temi portanti del cinema di Refn; stile e concetti (specialmente quello del nucleo familiare disfunzionale) verranno ripresi con più vigore nel capolavoro Pusher 2, ma Bleeder è comunque un'istantanea di vita quotidiana dura e livida, deprimente in quanto assolutamente realistica (se si eccettua la parentesi noir, comunque notevole). Ottima prova per tutti e visione consigliatissima, ma per me leggermente inferiore ad altre prove del regista.

Raremirko 27/09/16 04:26 - 577 commenti

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Sinceramente l'ho apprezzato molto meno alla seconda visione; grottesco, disturbante, citazionista (per lo più verso famosi e immensi registi del passato) ma a mio avviso non troppo innovativo e tecnicamente non al top. Notevoli gli accompagnamenti sonori, bravo Mikkelsen, ma sinceramente apprezzo di più il Refn moderno, quello degli ultimi anni con i suoi virtuosismi tecnici, da Bronson sino al capolavoro The neon demon. Comunque un film riuscito che deve almeno qualcosa allo stile di Gaspar Noè (Seul contre tous, tra gli altri film).

Giùan 14/03/17 10:35 - 4562 commenti

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Opera seconda che trasuda metacinema da tutti i pori, come esemplarmente testimonia il vaniloquio antologico che Lenny/Mikkelsen "vomita" addosso all'occasionale cliente della videoteca. Rispetto al suo modello più evidente (lo Scorsese di Mean streets), Bleeder trasla le domeniche in chiesa con quelle al cinema, ma i lunedì all'inferno mancan di quell'impronta di vita e verità manifestata dal primo Martin. Ne risulta uno splendido film che tuttavia, come altrove accadrà al danese, autoimplode a causa di un controllo formale che non lascia spazio a "follie".
MEMORABILE: Kjtio/Buric rimprovera all'amico Lenny/Mikkelsen di pensare solo ai film.

Fauno 16/04/17 19:00 - 2212 commenti

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91 minuti per tre scene più patetiche che violente con marciume e demenzialità iperacuta a far da intelaiatura. Arricchisce vedere neanche delle larve umane, ma delle amebe, che fan meno di niente per reagire se non autoflagellarsi e abbrutirsi? A me non fan rabbia, non mi comunicano frustrazione, tantomeno sensi di colpa o commiserazione: non usano contraccettivi, fanno i razzisti contro gli unici poveracci che han voglia di lavorare, diventan paranoici se gli si sposta una virgola e mangian così male da farsi venir le emorroidi. Devo piangere per loro?
MEMORABILE: I titoli finali su sfondo rosso con una musica terrificante che ricorda una volta di più quanto il film sia stato orribile.

Paulaster 16/11/17 10:56 - 4425 commenti

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Vita quotidiana di un gruppo di amici a Copenaghen tra film e rancori personali. Parte come un Trainspotting già visto e pian piano porta a un crescendo di violenze che disarmano per la brutalità di alcuni momenti. Tratteggiato senza enfasi gratuite e aiutato da suoni (tipo urla infernali), descrive un sottobosco di odi razziali, incomunicabilità e disprezzo umano (l’Hiv). L’unico vezzo è nel finale lennoniano, quasi a dare la sola boccata d’ossigeno.
MEMORABILE: L’elenco dei registi al banco della videoteca; La distesa dei libri della libreria.

Bubobubo 19/02/19 12:05 - 1847 commenti

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Crudo, ispido, per larghe tratte immoto come i corpi che abitano le squallide periferie danesi, affogato nel rosso del sangue e nel marrone della celluloide. Noir deprimente, senza troppi fronzoli, che ruota attorno all'impossibilità di trovare un vero e proprio senso alla propria esistenza - che sia la coesistenza con altre culture, l'accoglienza di una nuova vita in un mondo pericoloso, un amore malato oltre ogni soglia, la fissazione per i film come oppioide contro le relazioni sociali. Certo acerbo, ma già potente.
MEMORABILE: Chi di contagio ferisce, di contagio perisce; La cucina della tavola calda, un incubo di stoviglie sporche e ammonticchiate a caso.
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