Discussioni su Fear X - Film (2003)

DISCUSSIONE GENERALE

4 post
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  • Fauno • 29/11/16 18:38
    Contratto a progetto - 2743 interventi
    Più vado avanti più penso che Refn non abbia niente a che fare con nessuno dei mostri sacri elencati nei commenti e che abbia uno stile tutto suo. L'Overlook hotel di Kubrick mi fa scompisciare dalle risate. Tutt'altra impostazione e impatto su Shining. Di Lynch non dico niente perché ho visto pochi film. Al limite mi potrebbe far ricordare vagamente La conversazione o Unico indizio...un anello di fumo, ma come ho scritto nel commento sono IN-FI-NI-TA-MEN-TE più delineati e chiari nei loro fini, mentre Refn è molto più sfumato, sembra quasi che le cose le faccia cadere dall'alto. E questo può sia deliziare che innervosire, ma sicuramente spacca in due i cinefili, e un regista che ha la dote di dividere i giudizi per me è un grande. Eppure Solo Dio perdona è Bronson mi han fatto quasi pietà...fortuna mi sono intestardito a voler continuare a vederlo...
  • Raremirko • 30/11/16 00:21
    Call center Davinotti - 3862 interventi
    Ma tecnicamente ha pochi eguali dai, soprattutto nei suoi ultimi film...
  • Raremirko • 29/05/19 03:54
    Call center Davinotti - 3862 interventi
    Molto molto buono, sin dalle premesse: mandar avanti la vicenda usando anche i video di sorveglianza.

    Turturro non mi ha mai fatto impazzire ma qui è davvero bravo ed in parte; la Unger è stata usata però poco e male.

    Ottime regia e musiche; prima parte ansiogena e stringata, seconda parte onirica, che anticipa un pò Solo dio Perdona e Neon demon; chiusura finale blanda e sbrigativa, che è il vero difetto di un film comunque notevole.


    Da ripescare.
  • Buiomega71 • 6/11/21 10:07
    Consigliere - 25983 interventi
    Noir sui generis, dove, già dalle prime sequenze, di straordinaria potenza visiva (se poi si pensa che Refn è solamente al suo terzo lungometraggio), con Turturro che spia dalla finestra la moglie che, sotto la neve, si allontana verso la villetta accanto, si entra nel mondo parallelo di questo autore personalissimo e geniale, che avrà l'apoteosi nelle sequenze dei corridoi dell'hotel, puri vasi sanguigni, che è praticamente un Solo Dio perdona in embrione.

    I numi tutelari del danese sono i soliti noti (con aggiunta di Antonioni, anche se sui titoli di coda, tra gli altri, c'è un ringraziamento a William Lustig, che come si sà Maniac cop è una fissa per Refn-il suo remake a breve-e omaggiato nelle sequenze in cui l'ex walterhilliano James Remar viene "premiato" al comando di polizia), ma il cinema che fà è prettamente "suo", nonostante gli influssi e le influenze estetiche.

    Un fratelli Coen andato in acido, con Turturro (nelle parti migliori del film) che, morbosamente, davanti alla tv, studia e osserva le immagini pixelate delle vhs di sorveglianza in FF, l'ossessione della visione, l'implacabilità del voyeurismo, la stessa "malattia" che affliggeva il protagonista di Alexandra's project

    Dal Wisconsin al Montana, tra camere d'albergo e tavole calde e prostitute che tentano di estrapolare un pò di compagnia, dopo i grandi magazzini, i taccheggiatori e un uccisione "snuff" su di un video di sorveglianza, che diventa immagine criptica e indecifrabile, un pò come il videomessaggio che viene dal futuro nel Signore del male.

    E come spesso accade in Refn la sceneggiatura lascia il posto agli sperimentalismi e alla suggestione delle immagini (Larry Smith lascia a bocca aperta) e anche allo straordinario lavoro fatto sul sonoro, un ascensore che si apre sul buio, il fantasma della moglie uccisa che appare nella mente in blackout di Turturro (non per nulla Refn ne riprende, a distanza ravvicinata, la nuca), sempre l'ascensore per l'inferno che apre le sue porte su un lago di sangue e flash lisergici e stordenti rosso sangue che spezzano il nero dello schermo, come una sottospecie di 2001

    Il primo tempo intrippa (tutta la parte di Turturro che entra, forzandone la porta, nella villetta accanto e conseguente ritrovamento del negativo, non prima di sentire qualcuno che suona e bussa alla porta, come aveva fatto lui pochi attimi prima, creando un cortocircuito mentale di universi paralleli-che sia lui stesso?, il suo doppio kafkiano?-), con indagini private, la glacialità geometrica kubrickiana dell'interno dell'appartamento con le foto appese alla parete, l'interrogatorio quasi minaccioso della polizia, il negativo sviluppato, qualla foto con madre e figlio sorridenti.

    Il secondo prende sempre più le derive dell'incubo e dell'onirismo, tra i dedali rosso sangue dei corridoi e delle stanze suspiriane, dai volti grotteschi imprigionati in un liquido amniotico rosso vivo a metà tra Stuart Gordon e Brian Yuzna e con un occhio al Regno vontrieriano, fino a una chiusa ermetica e fumosa, ambigua e sospesa (prima che Turturro si disperi nella stanzetta d'ospedale, e come nel finale del primo Venerdì 13, le venga detto che non hanno trovato nessun corpo) in cui Refn lascia la decifrabilità allo spettatore stranito e dubbioso.

    Un pò più debole e convenzionale la sottotrama di una lobby all'interno del corpo di polizia che elimina personalmente sbirri corrotti (un pò come la giuria giustizialista di Condannato a morte pe mancanza di indizi) e le parti in cui Remar cerca di giustificarsi con la moglie (Deborah Kara Unger).

    Complessi di colpa. ricerca della verità, indagini personali che sfiorano l'ossessione, viaggio incubotico tra solitudine e dolore, dove il cinema di Refn stà quasi tutto quì, non poi così embrionalmente, che illumina lo schermo con il suo inconfondibile estetismo.

    Se solo avesse avuto l'accortezza di non lasciare fuori dalla porta la sua visceralità e l'amata ultraviolenza, probabilmente Fear X sarebbe stato uno dei suoi titoli migliori , a cui hanno tolto (refniani compresi) il blasone.

    E Refn a parte, è stato comunque un piacere ritrovare un grandissimo e sofferto James Remar.
    Ultima modifica: 6/11/21 14:16 da Buiomega71