Ciao Nì! - Film (1979)

Concerto di Renato Zero inframmezzato da un’esilissima trama simbolica basata sull'arrivo di lettere anonime. Il film come film è proprio brutto e non basta qualche piccola trovata o la simpatia della tenera Nerina Montagnani a sollevarlo. In realtà il valore sta tutto e solo nel concerto: con maggior coraggio (e umiltà) sarebbe bastato quello per farne un ottimo prodotto, visto che i concerti di Zero all’epoca erano di per sé degli splendidi spettacoli che avrebbero retto alla grande, senza trame posticce. Consigliato solo ai fans.

Una sorta di remake sorcino di Chi è Harry Kellerman e perché parla male di me? di Ulu Grosbard. Le performance canore valgono la visione e solo quelle, perché il resto, tra scenografie "pauperview" e risvolti psicanalitici che manco alla Domenica in... di Bonolis) naufraga nel ridicolo chissà quanto involontario. Unica esperienza (ça va sans dire) di Zero sul grande schermo. Incasso dell'epoca? Una battuta fornita su un piatto d'argento.

Mi ha fatto rivalutare un artista che una volta aborrivo, in quanto oggi sottolineo come danze, melodie e costumi dessero un tono ironico, divertito e divertente a contenuti di brani il più delle volte drammatici (e non è poco). Il film conferma come un artista sia il risutato di tante sofferenze di un essere umano dovute alle sue continue conflittualità interiori: sono tante forze in perenne contrasto che determinano variazioni di umore, di stati d'animo, ed è proprio da queste variazioni che nascono le opere d'arte alle quali ci hanno abituato...

Le canzoni di Renato Zero, dai testi profondi, intelligenti e coraggiosamente provocatori e l'androginia (e autoironia) del suo personaggio pubblico celebrano l'anticonformismo e l'unicità dell'individuo, alternando allo scenario reale dei concerti intermezzi onirici con stravaganti figuri che rammentano quelli delle favole. Il repertorio musicale si concentra sugli album del 1978 e 1979 ("Zerolandia" e "Ero Zero"), che l'artista interpreta con il suo istrionismo camaleontico ed inimitabile.

Straordinaria testimonianza del periodo più strepitosamente florido e famoso di un artista nel pieno del suo fulgore fisico e produttivo, Ciao Nì, pur se tecnicamente opinabile, offre una chance a Renato Zero per dimostrare ancora un lato della sua molteplicità creativa. Metafora dell'uomo di sempre; la lotta più dura, al solito, risulta quella col proprio sé "normale" che prepondera e appiattisce ogni vera natura. I brani sono tratti da due 33 storici come "Zerolandia" e "Erozero".

Curioso e bizzarro reperto settantiano con alcune idee visive non male, che stanno tra un Ken Russell poveristico e certe fellinate. Una sottotrama "gialla" stile Un'ombra nel buio, suore perfide e sadiche che manco Suor omicidi, sprazzi horror frankensteiniani sull'adrogino perfetto (lo scienziato di Garofalo) e la sua "creatura" freaksiana e interni kitschissimi che nemmeno il Carmelo Bene di Salomè. Notevole l'inizio sulle note del "Carrozzone" e lo specchio alla Dorian Gray. Sgangherato ma con il suo fascino. Il talento di Poeti è tutto da verificare.

Capriccioso come il Beef di Il fantasma del palcoscenico e inquietante come il Massimo Ricci di Profondo rosso, megalomane come il Liberace di Dietro i candelabri ma con in più l'umorismo cinico e tipicamente romano di Er Donna di Amore tossico: questo è il Renato Zero degli anni '70, il "polimorfo perverso" che riempiva i teatri tenda. Le canzoni fanno metà film (in tutti i sensi) ma la "trama" - pur pretestuosa - offre spunti interessanti e suggerisce irrisolti paragoni con la contemporaneità. Delizioso il cast da "carosello" di contorno.