Buon carcerario spagnolo che ci mette un po' prima di trovare la chiave giusta per uscire dagli standard del genere ma che può contare da subito su un bel parco di attori in parte. Su tutti svetta il Malamadre di Luis Tosar, capo indiscusso dei detenuti cui il protagonista (Alberto Ammann) si aggiunge come infiltrato: è una delle nuove guardie e ha deciso di passare un po' di tempo in incognito nella cella 211 per conoscere bene il “luogo di lavoro". Disgrazia vuole che proprio in quel momento scoppi una rivolta e che lui sia costretto a continuare la finzione. La tensione sale, la rivolta ha in mano dei terroristi dell'ETA lì carcerati che usa come ostaggi,...Leggi tutto il governo non vuole trattare ma non riesce a prendere il controllo della situazione e all'esterno salgono le proteste. Il regista Daniel Monzon è bravo a orchestrare i diversi spunti che convergono nel rapporto tra Malamadre e "Mutande" (così è chiamato il protagonista perché fatto spogliare dai detenuti il primo giorno mostra di non portare le mutande, in realtà solo perché la moglie non gliele aveva lavate): l'identità vera viene celata anche nei momenti più drammatici, che non mancheranno. Né mancano il sangue e la violenza, naturalmente, ma al centro resta sempre la bella sceneggiatura, che non si butta via nel finale evitando inutili lungaggini o epiloghi consolatori. Seconda parte in crescendo. Buono.
Pellicola di ambientazione carceraria a sfondo fortemente politico con sequenze e situazioni piuttosto crude e violente. Bel ritmo quasi sempre costante con pochissimi passaggi a rilento. Colpi di scena, escalation di situazioni forti e alcuni passaggi con molto sangue difficili da sostenere (almeno per me). Attori bravi e molto in parte, soprattutto Luis Tosar (Malamadre).
A prima vista sembra l'attore sbagliato nel film sbagliato. Ma poi, col passare dei minuti, si ha la certezza che la sua faccia sia quella giusta, di colui che nulla ha a che fare con chi lo circonda, ma che deve adattarsi, confondersi, altrimenti... E poi c'è Malamadre, il capo della rivolta dei detenuti, carismatico, giusto, per quanto possa esserlo, con i suoi "fedeli" scagnozzi (nota di merito per il fulminato). Il ritmo è costante, la situazione a dir poco esplosiva e i peggiori non sono i detenuti. Qui non si fanno sconti... a nessuno. Davvero notevole.
MEMORABILE: La prima scena; Utrilla, guardia cinica e violenta (chiedere a calcolileso e donna incinta); La metamorfosi, provocata dagli eventi, del protagonista.
Secondino in procinto di prendere servizio si trova per un caso fortuito dall'altra parte della barricata quando scoppia una rivolta e, per non rischiare la pelle, deve farsi passare per un nuovo detenuto. Solido carcerario, avvincente nonostante qualche forzatura drammatica poco plausibile, costruito attorno al rapporto fra l'infiltrato suo malgrado e Malamadre, leader dei detenuti, violento ma leale, interpretato da un tipo pelato, con occhi spiritati sormontati da sopracciglia a cespuglio, che magnetizza lo sguardo anche inquadrato di nuca.
Ottimo film di ambientazione carceraria, Cella 211 è la conferma della bontà del cinema europeo che ha il coraggio di affrontare il realismo e la veridicità degli argomenti trattati, evitando le eccessive spettacolarizzazioni. Buona e solida sceneggiatura, regia efficace ed ottima scelta (e prova) degli interpreti ne fanno un lavoro assai convincente. Da vedere.
Il regista non perde tempo, e ci introduce subito "in medias res" di un dramma carcerario teso, amaro, tragico, dove la violenza della prigione e la violenza del sistema appaiono come le facce di uno stesso Moloch. Un'esistenza normale viene stravolta e cancellata da un ingranaggio spietato, in cui vittime e carnefici si confondono. Certo, Monzon ci manipola un po', portandoci in modo un tantino ricattatorio a fare il tifo per i carcerati. Ma è comunque un gran film.
Notevole prodotto spagnolo, paradigma del classco caso dell'essere "nel posto sbagliato al momento sbagliato", "cella 211" è un film ben fatto, con un soggetto solido, una sceneggiatura che delinea perfettamente situazioni e personaggi. Il cast è diretto benissimo, le interpretazioni davvero intense. Bel prodotto, dal prevedibile ed amaro finale. Consigliato.
Secondino al suo primo giorno lavorativo si trova casualmente intrappolato in una sommossa dei detenuti. Dovrà fingersi carcerato per salvare la pellaccia. Bel prison-movie che ci risparmia i soliti luoghi comuni dell’ambiente carcerario, per lanciarsi dritto nell’azione già dai primi minuti. Pellicola traboccante odio e furore dal principio alla fine, con uno sguardo ferocemente polemico verso istituzioni e (dis)informazione. Sublime cast di vere facce da bastardo, capitanato dal grandissimo Luis Tosar nei panni del carismatico Malamadre.
Un secondino alla vigilia del suo primo giorno di lavoro si trova per caso imprigionato in un carcere in rivolta. A causa della violenza poliziesca lentamente solidarizzerà coi detenuti fino a diventare uno di loro. Buon film di denuncia sociale che ha il suo punto di forza nelle intepretazioni di tutto il cast e in particolare dell'ambivalente Malamadre (rais dei detenuti). Sfortunatamente un paio di forzature narrative me l'hanno reso un po' stopposo: l'insensato "uso" di Utrilla come mediatore e la stoltezza della poco furba moglie. Coinvolgente.
MEMORABILE: Le scene iniziali del sistema carcerario a pezzi, anche fuor di metafora.
Gran bel prison-movie spagnolo, finalmente arrivato in Italia dopo il passaggio all'ultima edizione del Festival di Venezia. La storia è tesa al punto giusto e il vero pregio del film risiede tutta in interpretazioni davvero solide e sentite. In particolare il binomio infiltrato (suo malgrado) e capo dei carcerati è giostrato con perizia psicologia di alto livello, forti due attori davvero in gamba. Il film è poi molto ritmato e non perde colpi fino alla fine. Un ottimo lavoro, da vedere senza remore.
Gli spagnoli sanno farlo meglio, a volte. Crudo, violento, senza filtri. Una guardia carceraria diventa per sbaglio o per natura un ribelle all'interno di un carcere. Abbraccia la rivolta dei carcerati dopo che ne approva le motivazioni, spinto però da uno scontato e prevedibile sentimento di vendetta nei confronti del sistema repressivo che non fa sconti e differenze, anche in Spagna. Segue il suo viaggio negli inferi fino alle estreme conseguenze e il carcere si trasforma nel solito contenitore di carne da macello.
Prodotto di buon artigianato che all'impegno unisce la capacità di tenere desta l'attenzione dello spettatore; avviene grazie al notevole ritmo della narrazione, ad una regia completamente al servizio della storia e dei suoi protagonisti (col rischio di sembrare, a tratti, un po'anonima), alle buone scelte di casting. Monzon affonda la lama in alcune questioni spinose (le istituzioni sotto ricatto dell'Eta; le storture del regime carcerario; l'uso arbitrario della violenza da parte delle forze dell'ordine), con un pizzico di furbizia.
Il caso beffardo precipita un giovane secondino in una rivolta carceraria guidata da un sulfureo bandito di nome Malamadre (un camaleontico Tosar, ex dolce disoccupato nell'ottimo I lunedì al sole). Abbastanza originale l'idea ed anche nello svolgimento, Monzon mantiene la barra ben dritta riuscendo a non abusare dei clichè (pericolo sempre in agguato nel genere carcerario) dirigendo una storia cruda, rude, che lascia poche speranze e che mischia i due mondi dentro/fuori: nessuno dei due è immune dalla malvagità, anzi. Dopo la Francia e la Spagna...
Buono, l'intreccio anzi è notevole e tiene col fiato sospeso per buona parte del film. Poteva andare meglio come resa filmica, come fotografia e come disegno dei personaggi (mentre i carcerati sono brutti ma svegli, quelli istituzionali sono uno più imbranato dell'altro; va bene il realismo, però...). Interessanti alcune questioni come il rapporto stato-detenuti normali-detenuti dell'Eta. Non è bello/duro come Il profeta ma fa la sua figura. Quello è più sporco, questo è più thriller.
Per il principio delle leve, fuori è come dentro e viceversa. I buoni son bestie mascherate, i cattivi non così pessimi come li vorrebbero i buoni. A pagarne il fio, il capitato per caso, fulcro ora oliato ora arrugginito di questa altalena a leva, tirato per la giacca da una sceneggiatura tutta prepotenze e rigidità, il cui manicheismo è superato solo dall'accortezza di una regia attenta a sfumare i giochi di forze, ma che trascura attori manierati, sottotraccia o gigioneschi. Non male, dopotutto, ma nemmeno bene.
Solido carcerario dotato di una regia professionale. Aspro nelle immagini, non risparmia nulla allo spettatore a cominciare dalle prime scene, che mostrano un taglio di polsi. Perfetto il protagonista infiltrato tra i detenuti al centro di una rivolta sanguinosa legata a diritti civili. Ripecchia molto bene una certa "società carceraria" machista. Politicamente scorretto e non edulcorato da situazioni omoaffettive tipiche di tutte le carceri.
Un buon film, a tratti forse un po' forzato, ma che riesce comunque a mostrare una realtà dura come quella della vita di carcere. Basta un singolo istante perché quella che era iniziata come una normale giornata si tramuti in un inferno. Pellicola che si segue bene.
Arriva dalla Spagna questo prison-movie tosto ed esemplare, che con anomala accortezza riesce a far schierare lo spettatore dalla parte dei carcerati in rivolta, scagliando una seria invettiva contro le gravi inefficienze e la pessima gestione dei penitenziari, non solo in terra iberica. Il superbo Luis Tosar è Malamadre, uno di quei personaggi che si stampano nella memoria cinematografica del tutto inaspettamente: capopopolo alla Delacroix autorevole e sanguigno, giacobino dei reietti egualitario ed altruista, combattente per gli ultimi fedele in eterno al "frangar non flectar".
MEMORABILE: La poderosa immedesimazione di Luis Tosar nel suo Malamadre.
Buon film carcerario che si fa sempre più interessante col passare dei minuti, grazie
alla capacità della sceneggiatura di incollare lo spettatore alla sedia, generando una
tensione che cresce e si rinnova periodicamente. Merito di una serie di colpi di scena, forse a volte un pò troppo ad effetto, riscattati però da una durezza ed un pessimismo di fondo che non sempre si vedono nel cinema contemporaneo. Si giunge così
ad un finale nero e senza speranza. Grande prova di Luis-Malamadre-Tosar.
Prison movie di grana grossa, assai spartano nella definizione di personaggi e psicologie e più interessato a lavorare sulla presa emotiva che sullo statuto ideologico (che si riduce, in buona sostanza, al motto: non è detto che si stia meglio "fuori"). Sceneggiatura a tratti macchinosa che sfrutta moduli melodrammatici (la moglie incinta), splatter, recrudescenze e una rappresentazione dell'anarchia che ricorda l'horror romeriano più politico - e non è un limite. Nel complesso lo spettacolo è robusto e carbura. Eccellente la caratterizzazione dei comprimari. Goffo il doppiaggio.
Il messaggio del film (fuori non si sta così peggio, anzi...) tende a forzare eccessivamente la sceneggiatura, facendo apparire il carcere come una specie di grosso centro sociale solo un po' più anarchico della media (roba da far apparire marce le hollywoodiane prigioni de Le ali della libertà). C'è da dire però che la trama coinvolge e che i personaggi appassionano senza scadere troppo nel retorico. Fotografia un po' grezza ma regia incalzante e sapiente nell'evitare inutili eccessi. Prodotto non memorabile ma dignitosissimo.
Film carcerario di valido impatto visivo in cui il male viena evidenziato senza spettacolarizzazione stereotipate, anzi si osserva il marcio con attenzione. Buoni gli interpreti, con un Tosar luciferino quanto basta. Piace l'introspezione dei personaggi.
Difficile immaginare un primo giorno di lavoro come questo. Pronti e via e ci si immerge nell'incubo del protagonista, costretto gioco-forza a fingersi un detenuto in mezzo a un'orda di delinquenti di ogni risma. L'azione non manca e neppure i colpi di scena (anche se alcuni un po' telefonati) in questo prison-movie dal taglio sociologico (confine tra buono e cattivo) e dalle atmosfere ruvide. Bello ma non bellissimo.
Diciamolo: cinema d'evasione (passatemi il gioco di parole) senza grosse pretese. Regia di grana grossa, trama a tratti inverosimile, sceneggiatura così così, in linea con un budget piuttosto economico. Funziona l'ambientazione carceraria e la caratterizzazione degli interpreti (Malamadre e Utrillo) sicuramente azzeccati, meno il Keanu Reeves spagnolo protagonista. Particolare la durezza e la mancanza di lieto fine.
MEMORABILE: La scena iniziale, piuttosto disturbante.
Quando il cinema europeo ci si mette di buzzo buono riesce a portare sullo schermo robusti film di genere. È il caso del thriller carcerario di Monzon, storia di un agente che per pura sfortuna rimane coinvolto in una rivolta nella prigione in cui deve prendere servizio. Per salvare la buccia dovrà fingersi uno dei carcerati. Con conseguenze imprevedibili. Uno storyline semplice, teso e personaggi azzeccati ci conducono a un finale che tutto fa, fuorchè dare fiducia e speranza. Qualche forzatura c'è, ma si perdona volentieri. Notevole.
MEMORABILE: L'agente al walkie talkie chiede notizie sulle condizioni della fidanzata...
Il pregio di cella 211 è quello di dare un volto ai cattivi, ribaltare i ruoli ma senza scelte patetiche e buoniste. È interessante l'iter di trasformazione del personaggio dapprima recitante poi semnpre più parte della rivolta via via che la propria vita va a rotoli. I protagonisti non eccedono nella banalizzazione del ruolo cercando di dare un'immagine maggiormente complessa dell'uomo. L'adrenalina è viva per tutto il film sopratutto quando questi va virando verso scelte politiche. Bravi gli attori, buona sceneggiatura.
Buon film carcerario (made in Spagna), anche se l'evolversi della storia lascia un po' a desiderare (non mi ha proprio convinto). Comunque non annoia di sicuro e a tratti diverte pure. Bravo Luis Tosar che ha davvero la faccia del cattivo bastardo, doppiato però così così.
Vedendo i premi vinti e le varie partecipazioni a festival pensavo fosse qualcosa di diverso; in effetti il film inizia offrendo uno spaccato di vita carceraria molto realistico (l'affolamento, il disagio, le strutture fatiscenti). Il film però prende una piega stile hollywoodiano con colpi di scena, tradimenti, azione. Non che questo sia negativo, anzi. Tutto è girato molto bene, con ritmo, un pizzico di retorica senza essere stucchevole e soprattutto utilizzando le facce giuste (molti sembrano veramente dei galeotti!). Un action con cervello.
Prison-movie di gagliarda fattura che può contare su di una sceneggiatura ben strutturata. Nonostante il soggetto richiami il più famoso Brubaker, nei fatti se ne discosta in maniera netta. Anche perché se i presupposti possono somigliarsi, i punti di arrivo sono pressoché agli albori. Nonostante le caratterizzazioni non brillino il cast si dimostra davvero funzionale e sempre nei ruoli. Ennesima riprova che il cinema europeo cresce e soprattutto che il cinema spagnolo (come quello francese) ha prodotti medi decisamente superiori a quelli italiani.
Potente prison-movie spagnolo che, pur non offrendo spunti particolarmente originali all'infuori dell'idea di base (la guardia che deve fingersi carcerato per sopravvivere), riesce a tenere incollati allo schermo grazie a una costruzione della tensione ben studiata. A favore del film giocano anche le belle interpretazioni (su tutti Tosar) e la violenza piuttosto cruda, che deflagra in una parte finale insolitamente pessimista e di notevole effetto; fotografia fin troppo nitida e un po' farlocca, ma si può sorvolare visto il valore del lavoro.
Coraggioso e crudo, è un eccellente film sotto tutti i punti di vista: sceneggiatura, regia, fotografia e interpretazione. Il personaggio di Malamadre è di quelli che lasciano il segno, ma anche i secondari sono ben caratterizzati, tipo Apache (Carlos Bardem, fratello di Javier). Il protagonista, "Juan Oliver", subisce una mutazione straordinaria nell'arco narrativo ed è quasi impossibile non empatizzare con lui mentre la tensione continua a crescere fino al devastante epilogo.
La regia asciutta di Monzon favorisce un realismo incredibile, farcito sì di luoghi comuni ma disposti intelligentemente come elemento decorativo e non come parte della struttura portante. Ottimo il cast, che trova nei due protagonisti elementi straordinariamente efficaci. Nota di merito per il doppiaggio italiano, con un Pannofino (e gli altri) a farla da padrone.
Superato lo spunto di partenza poco plausibile il film si rivela un ottimo thriller-dramma carcerario, forte di una sapiente abilità nel dosaggio del crescendo drammatico e nel piazzare i colpi di scena. Cupo, teso e angosciante, dipinge un mondo senza speranza dove alcuni carcerati sono più leali di polizia e governanti (e in questo l'opera si rivela un po' schematica). Bravo Ammann che dà il volto a Juan Oliver, costretto a un'evoluzione del personaggio disperata per cercare di salvare la pelle, ma il Malamadre dell'eccellente Tosar si stampa nella mente e non ne esce più.
MEMORABILE: Il personaggio di Malamadre; Utrilla nel braccio del carcere; Il finale pessimista.
Film carcerario che come molti sul tema sviluppa una trama standard: trattamento eccessivo dei detenuti, rivolta, guardie in ostaggio, finale (scontato) bagnato di sangue. Di originale c'è però il personaggio di Malamadre (superbamente doppiato da Pannofino, va detto) interpretato da un Luis Tosar già bravo di suo, ma qui in autentico stato di grazia. Eccellente anche la regia. A molti non è piaciuta la fotografia, ma è poco importante In rapporto alle qualità delle riprese. Insieme a Hunger il miglior prison movie degli ultimi vent'anni.
Secondino nemmeno al primo giorno di lavoro finisce invischiato nel peggior scenario possibile: che fare? Prison movie decisamente nero e dal chiaro intento di denuncia (il carcere non dev'essere un luogo di piacere ma talvolta si esagera col degrado) che riesce a catturare l'attenzione da subito, vuoi per il crudo avvio in medias res, vuoi per il fisiologico desiderio di sapere come tutto finirà, vuoi per il carisma del capo rivolta (Tosar si conferma attore di tutto rispetto). Qualche piccola forzatura c'è, ma nel complesso il film funziona e soprattutto si dimostra verosimile.
MEMORABILE: Malamadre ruba la scena, ma resta impresso anche il suo braccio destro "tarato".
L'ambiente carcerario ha ispirato tutto un ricco filone cinematografico, di cui opere come Forza bruta o Il buco costituiscono punti fermi. Questo film spagnolo non delude le attese, con un ritmo serrato e avvicente, senza esagerazioni spettacolari e con un gruppo di protagonisti e comprimari molto adeguato; il noto Luis Tosar forse tende a gigioneggiare un poco, ma è comunque sempre una certezza. La conclusione, pessimistica e in linea con i nobili precedenti sopra citati, difficilmente avrebbe potuto trovare spazio in una produzione statunitense, ma questo è un valore aggiunto.
Thriller carcerario tratto dall'omonimo libro di Francisco Pérez Gandul e dal quale ha ben saputo trarre la profondità narrativa e la "bellezza" dei due personaggi principali, ovvero di Juan e Malamadre (il secondo con un magnetismo non comune). Splendida e credibile la prova dei due attori protagonisti, così come dell'intero cast. Menzione speciale a una regia diretta e senza inutili virtuosismi. Due orette scarse che passano in un batter di ciglia, vista la tensione che si respira dai primi secondi e che non abbandona mai, come i numerosi colpi di scena.
Per inserire un commento devi loggarti. Se non hai accesso al sito è necessario prima effettuare l'iscrizione.
In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
DISCUSSIONE GENERALE: Per discutere di un film presente nel database come in un normale forum.
HOMEVIDEO (CUT/UNCUT): Per discutere delle uscite in homevideo e delle possibili diverse versioni di un film.
CURIOSITÀ: Se vuoi aggiungere una curiosità, postala in Discussione generale. Se è completa di fonte (quando necessario) verrà spostata in Curiosità.
MUSICHE: Per discutere della colonna sonora e delle musiche di un film.