Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.
Avvincente monster-movie con reminiscenze da fantascienza anni 50 e tanta sana ironia. Si ride, ci si spaventa, si apprezzano i buoni effetti speciali degli sconosciuti vermoni. Bella pure la sottotrama del cowboy Bacon che vuol far colpo sulla bella sismologa Finn Carter e assai piacevole la coppia di coniugi amanti delle armi, purtroppo destinati a separarsi nei sequel. Insomma, un piccolo cult.
Classico del genere gotico (definizione comunque riduttiva) da tramandare a imperitura memoria. Il meraviglioso racconto di Henry James da cui il film è tratto viene adattato come meglio era difficile fare. Le apparizioni spettrali raggelano il sangue, inserite in uno sviluppo ambiguo e dubbioso, supportato a sua volta da regia e fotografia entrambe magistrali.
Come al solito, con Sorrentino, se si dovesse giudicare solo la tecnica ci si troverebbe di fronte all'eccellenza: il regista dona inquadrature e sequenze di rara bellezza, accompagnate da una recitazione ottima e da una fotografia eccelsa. Il film però non convince: troppo verboso, inutilmente dilatato per una storia che in fondo non esiste, privo di un'identità propria, tanto maestoso nella sua tecnica quanto vuoto e pretenzioso nel suo cercare di essere geniale a tutti i costi senza però arrivare fino in fondo. Indubbiamente affascinante, ma nel complesso nulla di che.
Sorta di brochure da agenzia viaggi che vuole promuovere le bellezze di una Venezia popolata da turisti chic insidiati da marioli autoctoni che puntano a ripulirli. Una produzione che unisce quindi l’utile da ente turistico, al dilettevole di vicende totalmente innocue che scivolano senza lasciare traccia tra imbrogli e scaramucce rosa. Appoggiandosi a rassicuranti cliché che accoppiano italiani canterini con parigine gonfie di champagne, si scolpisce una cornice sfarzosa che vale più del quadro. Il professore sporcaccione che aggancia la giovane Cardinale è l’unica nota ardita.
Mediocre sequel, accettabile solo dai fan del primo. Ci sono i soliti vampiri osteggiati dal buono di turno che, per riscattare la sorella dalle grinfie del belloccio e lungocrinito vampiro (equivalente generico e genetico di Kiefer Sutherland), si avvale dell'aiuto del "superstite" fratello Frog (un Feldman cresciutello). Non mancano corone d'aglio, croci, paletti aguzzi per far esplodere, evaporare o dissanguare i "non morti" e fucilate in testa, ma i motivi di interesse sono solo i camei di Tom Savini, vampiro "vecchio" e debole, e il ritorno di Feldman. Brutte le musiche.
Buona variante del rapporto dominazione/sottomissione. Di "buono" non c'è che lei è sottomessa e fa la segreteria di lui (un classico), ma l'interpretazione dei due, giocata su sguardi, silenzi, imbarazzi. Non ci sono scene sessualmente esplicite; rimane il mistero di chi siano veramente i protagonisti, dei quali si sa poco. Tuttavia, nonostante la lunghezza, il film scorre e incuriosisce (buona la Gyllenhall, molto buono Spader, un misto tra il viscido e il timido). Da guardare tralasciando i pregiudizi.
Gioie e (soprattutto) dolori di un produttore cinematografico promosso al vertice dei Continental Studios all'inizio della prima puntata. Si chiama Matt Remick (Rogen), ama il cinema d'autore ed è convinto di far degnamente parte della categoria degli “artisti”, anche se si trova subito a dover compiacere chi l'ha piazzato lì e ha preteso che non fosse uno di quelli che pensa alla qualità dei film a scapito degli incassi. Ciò che conta è ingrossare il fatturato, nient'altro, gli comunica il boss (Cranston), il quale come primo incarico,...Leggi tutto non a caso, lo obbliga a finanziare un film sul Kool-Aid, bevanda americana da noi poco nota e spesso accostata alla voce “trash”. Un progetto folle al quale tuttavia Matt deve cominciare seriamente a pensare, insieme al suo staff (che lo accompagnerà per tutta la serie).
Il colpo di genio c'è quando Matt viene a sapere che l'ultimo progetto di Martin Scorsese (una delle tante guest star nelle parti di loro stesse che si avvicendano nella serie) verterà sul massacro di Jonestown, proprio quello nel quale le vittime del Reverendo Jones si uccisero bevendo Kool-Aid adulterato. Come non prendere la palla al balzo? Eccellente idea che riempie una prima puntata davvero ricca di spunti e spassosa! 45 minuti la durata (le altre solo una mezz'oretta scarsa), sufficiente a far capire perfettamente la china prevista: la formula prevede dialoghi veloci e spesso sovrapposti, musica incalzante, botta e risposta fulminanti in pieno stile da commedia americana moderna.
Personaggi brillanti, ospitate di lusso ed episodi autoconclusivi (magari ripresi in un secondo tempo come quello del Kool-aid, ma è un caso) per una produzione indubbiamente efficace, pur con i suoi alti e bassi. Si affrontano temi strettamente legati al mondo del cinema in una sorta di EFFETTO NOTTE visto in chiave quasi parodistica e umoristicamente affilata, come vuole la tradizione ebraica del suo autore e protagonista Seth Rogen. Qualche volgarità, uno studio intelligente della personalità del produttore condotto con superficialità solo apparente, capace invece di affrontare temi non scontati come quelli delle insoddisfazioni di chi giudica di non essere sufficientemente apprezzato per ciò che fa. In questo senso sono particolarmente rivelatrici gli episodi L'ONCOLOGO PEDIATRICO (Matt s'innamora di una dottoressa poco interessata al cinema convinta di svolgere un lavoro molto più importante del suo, nella società) o la notevole I GOLDEN GLOBE (con Matt che presenzia alla premiazione dei Golden Globe sperando ardentemente che la regista del film da lui prodotto lo ringrazi pubblicamente, se verrà premiata).
Ottimo anche l'episodio LA NOTA, in cui si affronta l'inveterata questione del final cut: gli studi dovranno trovare il coraggio di comunicare al regista Ron Howard (ovviamente nella parte di se stesso) come, nel suo film, l'ultima scena - a cui Ron tiene moltissimo - risulti inutile e noiosissima. Pregevole, nel corso della serie, l'utilizzo frequente di piani sequenza (a cui è anche dedicato un intero episodio, che da questa singolare tecnica prende il nome), buona la risposta del cast. Qualche puntata in tono minore: LA BOBINA SCOMPARSA con Zac Efron, ad esempio, in cui si imbocca velleitariamente la strada della commedia “gialla” con risultati deludenti, o LA GUERRA, in cui si fronteggiano due membri dello staff di Remick ognuno puntando a proporre il “proprio” film affossando quello dell'altro. In CASTING si guarda con ovvio occhio critico al tema del politically correct, in modo intelligente per quanto un po' scontato e ripetitivo.
Gli ultimi due episodi sono concatenati e riguardano il CinemaCon, manifestazione durante la quale ogni studio cinematografico presenta i propri lavori in uscita agli esercenti delle sale, che dovranno premiare i migliori. Nella circostanza, credendo di fare qualcosa di “vintage”, Matt infila dei funghetti allucinogeni nei cioccolatini, ma scopre che le dosi contenute sono infinitamente maggiori di quanto pensava, ottenendo di far “sballare” il suo intero staff (compresa l'ospite Zoe Kravitz, già presente in GOLDEN GLOBE) con risultati immaginabili. Non delle chiusure migliori: tutti urlano, sbraitano, parlano uno sull'altro, diventano preda di fobie improvvise e la situazione si fa presto ingestibile, ma l'effetto comico, per chi guarda, è relativo: troppo rumore, troppo caos e gag che si ripetono. Di quelle esperienze che divertono più chi le interpreta che non chi le guarda... Il tutto non intacca comunque la qualità di una serie ben scritta, buffa, a tratti geniale (per quanto forse un po' sopravvalutata, rispetto ai suoi effettivi meriti).
La presenza di un bar in piena attività nella città di Chernobyl è il pretesto per mostrare come prosegue la difficile attività di recupero di uno dei luoghi più sfortunati al mondo. Le immagini del 2016 ci mostrano ancora una città perlopiù fantasma, in cui però, come abbiamo imparato a capire, il turismo ha in qualche modo preso piede e c'è chi organizza - lì e a Prypiat, la città più vicina alla centrale - veri e propri tour.
Le immagini di auto immobili, degli alberi cresciuti in mezzo a palazzoni...Leggi tutto abbandonati, continuano a essere di forte impatto, specialmente se come qui abbinate a filmati d'archivio in cui ci vengono riproposti scampoli di quei giorni tragici. I rilevatori di radioattività salgono ancora a livelli alti, in alcune zone altissimi, e i lavori di costruzione del sarcofago che coprendo la centrale dovrà in qualche modo impedire che troppo si diffondano le radiazioni nel circondario restano un'impresa non facile. La troupe del documentario, con la voce di Phillys Yordan che si occupa della narrazione fuori campo, entra nella piscina di Pripyat diventata famosa per l'utilizzo come scenario in videogiochi di enorme diffusione o nelle sale della scuola vicina al luogo del disastro, inquadrando le centinaia di maschere antigas (come quella che campeggia in locandina) sparse sul pavimento e destinate ai bambini di allora per prevenire eventuali attacchi americani (!).
Qualche intervista a chi sul posto oggi lavora, compreso chi con noncuranza si espone a chiari rischi preferendo avere un lavoro che non la certezza di una lunga vita (“Abitavo qui vicino quando ci fu l'esplosione e oggi sto bene, perché dovrei avere paura?”), e anche una lunga visita alla centrale, fino a raggiungere un sala operativa del tutto simile a quella all'interno della quale si dovette gestire l'esplosione del reattore 4. E poi ancora una passeggiata nel lunghissimo corridoio della centrale fino alle sale che ospitavano i reattori.
Una testimonianza insomma non originale ma che sfrutta riprese ben realizzate e un'impostazione che restituisce con buona mano la desolazione del luogo inquadrando le strade deserte, gli scheletri di case depredate da chi ha voluto portarsi via qualche souvenir dell'orrore... Siamo in una terra in cui ancora non si capisce con esattezza dove finisca l'emergenza e cominci il business. Lavoratori e turisti convivono dividendosi gli spazi, tra ignorante scetticismo e voglia di conoscere una meta "turistica" che al mondo, per fortuna, non ha al momento paragoni. Un richiamo a una realtà che è bene non dimenticare, l'istantanea precisa di un momento storico in cui ancora ci si interroga su quanto abbiamo di fronte, senza renderci bene conto dell'enormità di ciò che accadde quel lontano 26 aprile 1986.
La prima mamma (Bastidas) è in pericolo fin dalla prima scena: col pancione, è in fuga da qualcuno che la bracca facilmente e la rimette in auto per riportarla in una struttura dove qualcuno la fa partorire e la paga per tenersi il suo bambino. Evidentemente così era stato pattuito, ma Brooke pare averci ripensato. E' scomparsa da qualche giorno e al liceo la sua amica del cuore, Nicolette (Cecchetto), è preoccupatissima. Anche perché pure lei è una futura mamma e probabilmente in pericolo, considerato il titolo e l'assenza di altre genitrici all'orizzonte....Leggi tutto Una che vorrebbe esserlo, a dire il vero, ci sarebbe anche, ma insieme al marito ci prova inutilmente da tempo: è Sandy (Bowman), una nuova insegnante che capisce immediatamente quanto Nicolette sia preoccupata e cerca di starle vicino; ma lei è chiusa in se stessa, non vuole conforto e a Sandy non dà proprio retta, almeno fino a quando un test per la gravidanza le conferma i sospetti: è incinta e perdipiù il padre (Meagher) l'ha già mollata per mettersi con un'altra. Poi certo, quando gli dici che avrà un figlio, non sa neanche lui come reagire...
Ma intanto, quel che è più grave, Brooke - che era riuscita a fuggire dal luogo in cui era segregata - viene investita e uccisa di notte da un losco figuro che lavorava per la misteriosa organizzazione che le ha sottratto il figlio. Quando Nicolette, che vive in una casa famiglia, lo viene a sapere, è sconvolta, e quel dramma si aggiunge al suo facendola sentire perduta. E' il momento di chiedere aiuto a Sandy, ben felice di poterle finalmente dare una mano. Chi si cela dietro il gruppo di persone che ha ucciso Brooke? Come agiscono? Domande che avranno una facile risposta, anche perché non siamo in presenza di un giallo. Non ci sono colpi di scena o un intreccio da svelare lentamente che nasconda elementi e indizi utili ad arrivare a una soluzione imprevista.
Il film punta a raccontare il dramma di Nicolette soprattutto, a cui Devin Cecchetto conferisce buona credibilità tratteggiando con piacevole spontaneità il personaggio: non sorride mai, ha le sopracciglia che tradiscono preoccupazione costante, si sente sola a combattere una lotta contro qualcuno che nemmeno conosce. Intorno a lei Fallon Bowman sa dimostrare la comprensione e la complicità che la sua Sandy deve avere, anche perché pure lei ha una storia simile alle spalle. E così, pur senza entusiasmare, il film procede facendoci partecipare alla (modesta) azione introducendo altri personaggi: il marito (Mark) di Sandy che se ne deve andare lontano per lavoro proprio in un momento così critico per lei, l'ambigua direttrice (Marchand) della casa famiglia e infine un'algida bionda (Taylor), che sembra poter essere il tramite per arrivare all'organizzazione responsabile dell'uccisione di Brooke. Se ci si accontenta di una recitazione sommariamente convincente, di una regia che fa il proprio lavoro diligentemente e se l'argomento può interessare, questo piccolo film tv può anche risultare passabile...
Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA
L'ISPETTORE DERRICK
L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA