Toledo anni 20: Don Lope, anziano e ricco, prende sotto la propria protezione una giovane orfana e ne fa la sua amante. Tristana, vittima sempre più insofferente, dopo un tentativo di fuga finirà per diventare la sua carnefice. Film della piena maturità del regista, ne riprende alcuni temi tipici (il binomio sesso/morte, la corruzione della carne, l'interscambiabilità del ruolo padre/marito, la religiosità bigotta ed autolesionistica, il sadismo). Perfetta la coppia protagonista: algida Deneuve, abominevole Rey, che posa da anticonformista, ma è in realtà ferocemente conservatore.
MEMORABILE: Tristana che si denuda di fronte al balcone
Notevole film di Buñuel, uno dei suoi ultimi. Stilisticamente ineccepibile, racconta una storia con meno elementi onirici o grotteschi degli altri suoi lavori del periodo, ed affascina senza soste fin dall'inizio. Il finale, di cui pare il regista non fosse pienamente soddisfatto, è splendido. Impagabile la prova di Fernando Rey, che in una delle scene migliori del film ci chiude letteralmente fuori dalla sua stanza, proprio come fa col suo cane. Da vedere.
Un Buñuel maggiore, progressivo nel disfacimento della vita della protagonista, impossibilitata a vivere una sua vita propria perché succube di un marito-padrone (Rey, grandioso). Man mano che il marito invecchia e si rincretinisce così Tristana diventa sempre più feroce e (auto) lesiva. L'algida e ambigua bellezza della Denevue è il perfetto lasciapassare per un personaggio candido e torbido, un'orfanella immersa in un mondo nel quale il clero detta legge. Alla fine il regista ci fa ripercorrere a ritroso i tratti di una vita buttata.
MEMORABILE: La Denevue mutilata irretisce un ragazzino. Il sogno della campana. Rey vecchio si fa la cioccolata coi preti.
Uno dei film più lineari del regista spagnolo, una delle interpretazioni più belle di Catherine Deneuve: dapprima orfana ingenua, vampirizzata nello spirito e nella carne da un uomo più anziano (il sempre calibrato Fernando Rey), poi fanciulla consapevole ed innamorata, infine donna inacidita dalla malattia e dal fallimento dell'amore, decisa a ribaltare il rapporto vittima/carnefice a danno del suo vecchio mentore; che ispira quasi simpatia, ormai vecchio, intrappolato in una visione distorta dei sentimenti e nell'ipocrisia della sua classe.
Calore perverso e in qualche modo "diverso" in questo ennesimo melò di Don Luis, la cui qualità "alternativa" rispetto ad altri suoi entomologici capolavori è data dalla esplicita "umanità" del personaggio di Don Lope. Buñuel e il feticcio Rey (al di là di qualsiasi aggettivo) disegnano infatti un ritratto di oleoso viscidume, capace beffardamente di espiar cristianamente le proprie colpe attraverso l'annullamento del proprio ego e la morte. Catherine, nella sua formidabile nemesi, è (specularmente alla Carole di Repulsion) di misogina spietatezza.
MEMORABILE: Le mutilazioni disseminate: la testa mozza di Rey, il muto, la Deneuve amputata; "Ho un doppio potere su di te: come Padre e Marito...".
L’ambivalenza delle pulsioni, o meglio la schizofrenia del desiderio, e in fin dei conti l’ambiguità umana di personaggi ipocriti e incoerenti: eccoli nel torbido valzer sadomaso del tutore e della figlioccia, vittime-carnefici al tempo stesso, saldamente legati da amore e non amore (che è lo stesso). Film di sottigliezze psicologiche, filtrate da una narrazione aneddotica da novellistica pruriginosa, in cui giganteggia il cupo feticismo della protesi della gamba di lei, sullo sfondo di una Toledo nobilmente decadente. Sensualmente perverso.
Uno dei migliori film di Buñuel, forse il più diretto nella sua corrosiva descrizione di un rapporto fatto di costrizione e di rancorosità cresciuta nel tempo fino all'epilogo. Regia che non ha bisogno di commenti con una fotografia di alta qualità che talvolta assume l'apetto di un dipinto. Deneuve e l'immancabile Rey grandi protagonisti di questo dramma esistenziale.
Buñuel ha un conto aperto con la dicotomia, la contraddizione e la doppia corrente, e lo fa pagare alla romana ai suoi personaggi, in un tao dove la morale esiste solo grazie a chi invocandola la schiaccia, o a chi essendone schiacciato la scansa. L'hidalgo è abbracciato con un arto che lo apologizza e uno che lo stritola; il rifiuto dell'autorità e della borghesia torna a essere il leit-motiv buñueliano, avallato dall'amore per la follia del Caso che non è mai a caso, da un essere contro che fortifica il bersaglio. Il film è a un tempo sornione e indigesto come un'overdose di carboidrati.
Fin troppo lineare per essere un Buñuel, eppure la qualità è di quelle che restano impresse e non si perde nulla della poetica che ha reso celebre l’autore. La miopia e l’ipocrisia della classe borghese emergono senza veli e ancora una volta non porteranno nulla di buono. All’altezza della situazione tutti gli attori, fra cui emerge Fernando Rey perfetto nei panni del borghese spocchioso e gradasso. Stupenda la città di Toledo, fotografata talmente bene da sembrare sospesa nel tempo.
Tutto è piccolo nell'acquario borghese di Buñuel: le piccole aspirazioni di Tristana, quasi una Madame Bovary, le piccole questioni d'onore di don Lope e la sua fatua paura per il declino e la morte, l'irresolutezza di Horacio. E quando tali desideri vengono frustrati si scatena il gioco al massacro. Il regista osserva e resoconta con pacatezza questo lento sfacelo. Senza le impennate crudeli di Viridiana o i surreali sarcasmi di altre prove (a parte il sublime sberleffo onirico della testa/batacchio). Un gran film, comunque.
Girato all'età di 70 anni, il film non è solo il ritratto di una donna ma anche di un uomo che definì se stesso come uno scrittore che utilizza la pellicola per esprimersi. Volutamente senza cornice, i personaggi della storia sono moralmente ambigui, indecifrabili, seguendo ciclicamente le sorti di una vita che riservano spesso grandi sorprese e capovolgimenti nel loro divenire. Grandissimi tanto Fernando Rey quanto la Deneuve.
MEMORABILE: Gli incubi della protagonista, definiti come utili per sentirsi vivi...
Ennesima zampata del vecchio Luis che, lasciando stavolta da parte i suoi arabeschi onirici, si concentra su una storia nero pece farcita di claustrofobico rancore con protagonisti due grandi attori calati perfettamente nei panni di due personaggi di raro spessore. L'algidamente rovente Deneuve, in appena un'ora e 39 minuti, passa da bambina innocente a carnefice mentre l'immenso Rey compie il percorso inverso approdando infine a un clericale rimbecillimento. Immancabili gli strali contro l'ipocrisia e il bifrontismo di preti e borghesi.
Uno degli ultimi film di Luis Buñuel che traccia il ritratto di una donna complessa, prima vittima, infine carnefice, intrappolata in un rapporto disfunzionale e morboso con un padre/marito straordinariamente interpretato da Fernando Rey. L'estetica è indiscutibile, soprattutto in ciò che cela, e la Deneuve compie una trasformazione eccezionale. A rendere il tutto ancora più inquietante, personaggi sordomuti e soprattutto l'amputazione, particolare del romanzo che si dice avesse stuzzicato molto anche Hitchcock. Qualche lentezza, ma certo un film che rimane.
Riuscita storia di prevaricazione e successiva ribellione che, pur senza particolari scossoni e livello emotivo (nonostante brevi momenti onirici, con tanto di dettaglio gore, che rimandano agli esordi del regista), riesce a mettere in scena personaggi dalle psicologie verosimili, tutte in scale di grigio, senza cadute nel manicheo. Notevole fotografia e belle ambientazioni nella Toledo dei primi del novecento. Rey impeccabile in ogni singolo fotogramma del film, mentre la Deneuve, non credibilissima come giovincella ingenua, dà il meglio nella seconda parte.
Giovane orfana viene adottata da un bieco tutore. Un soggetto in cui entrambi i protagonisti cambiano man mano di atteggiamento, in modo tra loro inverso. Rey domina la prima parte come morboso miscredente, pur mantenendo un'aura rispettabile. La Deneuve ingenua non è nelle corde dell'attrice (anche per via di un indiscutibile fascino), che dà il meglio quando il suo personaggio si lascia andare. La menomazione è resa piuttosto bene e anche il rimando orrorifico della campana. Il ruolo di Nero non è granché all'inizio, poi trova il suo senso.
MEMORABILE: La Deneuve sul balcone; L'incubo; Lo schiaffo a Rey.
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DiscussioneDaniela • 12/12/16 22:38 Gran Burattinaio - 5944 interventi
certi caratteri particolari vengono visualizzati talvolta in modo strambo...
Daniela ebbe a dire: certi caratteri particolari vengono visualizzati talvolta in modo strambo...
Non con la tilde.
DiscussioneDaniela • 13/12/16 00:58 Gran Burattinaio - 5944 interventi
scusa Legnani, non sapevo che la tilde fosse esente da questo problema, ma comunque vorrebbe dire correggere tutte le schede in cui è citato il regista, in caso contrario ci sarebbero problemi nella ricerca. Senza contare poi che nelle tastiere italiane, il simbolo della tilde non è presente e per scriverlo è necessario utilizzare una combinazione di più caratteri (o fare copia incolla del cognome già correttamente scritto).
Insomma, a mio parere è una faccenda un poco troppo complicata...
Daniela ebbe a dire: scusa Legnani, non sapevo che la tilde fosse esente da questo problema...
La ricerca non crea problemi fra e è é ê. Neppure con le altre vocali (in spagnolo le vocali hanno infatti gli acuti, non i gravi). Neppure con la n con la tilde. Neppure fra c ç ecc...
Daniela ebbe a dire: Insomma, a mio parere è una faccenda un poco troppo complicata...
Zender ebbe a dire: Ma no, ho corretto. La ricerca comunque funziona anche se non si scrive la tilde nel cognome.
Perfetto. Grazie.
HomevideoXtron • 17/12/18 22:20 Servizio caffè - 2231 interventi
Il dvd RAROVIDEO / MINERVA / CECCHI GORI / MUSTANG contenuto nel cofanetto "Luis Bunuel" che comprende anche i seguenti film:
- Nazarin - I figli della violenza
Audio italiano e spagnolo
Formato video 1.66:1 16/9
Durata 1h34m59s