Viridiana, in procinto di farsi suora, va a visitare un ricco zio, il quale rivede in lei la moglie morta, tenta di violentarla e si impicca... Ferocissimo, iper-bersagliato apologo di Buñuel (famigerata la parodia dell'Ultima cena di Leonardo con laidissimi barboni) con impalcatura da feuilleton. Magari invecchiatuccio nella componente più "militante", rimane però eccelso catalogo delle ossessioni del vecchio Furfante, surrealista e feticista, e mago dell'immagine. Classico.
Girato nel 1961, suscitò scalpore per lo stile distaccato e anticonvenzionale e fu osteggiato per alcuni passaggi (appena) dissacranti. La bella Viridiana, prima di prendere i voti, conosce uno zio proprietario terriero vedovo che si innamora di lei e compie atti poco nobili. Travolto dal rimorso, si suicida e le lascia in eredità il castello, dove lei inizierà ad accogliere i derelitti del paese. Il tono del film è pessimista, alla fine non si salva nessuno. Denuncia e originalità nei temi svolti ma anche una certa pesantezza nella fruizione.
Una grandissima opera, che rimarrà nella mia mente in eterno. Splendida sceneggiatura, interpretazione degli attori eccelsa, lavoro di camera da manuale e una fotografia impressionante sono solo alcuni degli aspetti che rendono Viridiana un vero capolavoro del cinema. Spesso viene ricordato per le varie scene "blasfeme" più che per il suo valore artistico. Ed è un peccato che ciò faccia distogliere l'attenzione da tutti gli aspetti tecnico-artistici che rendono questo film un classico immortale.
Ennesimo capolavoro di Buñuel, a suo tempo accusato di "blasfemia". È la storia di una educazione sentimentale/religiosa, durante la quale Viridiana impara a sue spese quanto inutile sia il concetto di "carità cristiana": i mendicanti che ha tentato di aiutare si rivelano brutti, sporchi e cattivi senza possibilità di rimedio. E se il vecchio zio era un impotente feticista, il figlio Jorge, vincitore del confronto con Viridiana, è gretto, materialista, immorale. Non si salva nessuno...
MEMORABILE: Viridiana vestita da sposa, il "salvataggio" di un cane da parte di Jorge, l'ultima cena dei mendicanti, la partita a tre finale
Pellicola fortemente nichilista e quindi duramente attaccata all'epoca dell'uscita. Visto oggi, il messaggio di base (il regista non salva nessuno: né la cattolica Viridiana, né il cugino materialista, né i vagabondi) rimane chiaro ed efficace, così come funzionano ancora i forti tocchi ironici e grotteschi. Ineccepibili le scelte registiche e ottimo il cast (forse Rabal un po' sotto gli altri, anche se nella versione italiana è risollevato dalla voce di Pino Locchi). Molto notevole.
Grande film di Buñuel, cupo, cattivo e anticonformista, girato con un tocco e con movimenti di macchina che ci ricordano una volta di più il perché del posticino nell'Olimpo del cinema occupato dallo spagnolo. E' vero che il cristianesimo è la religione dei poveri, ma i poveri meritano questa misericordia? Buñuel risponde con un chiaro no così come spernacchia l'insopportabile buonismo, condito dai segni del martirio di Cristo, della caritatevole Viridiana. E ci mancherebbe che a salvarsi fossero i borghesi, afflitti da un incurabile priaprismo
L’opera prima di Buñuel nel paese natio è l’enunciazione di un credo nichilista che non lascia scampo ai valori cristiani (fede, bontà, carità) in una natura umana per istinto doppia e malvagia. Meno dirompente e visionario rispetto ad altri suoi lavori, ne condivide senz’altro la laica spiritualità e la furia eversiva e cinica, componendosi di una simbologia religiosa fitta e dissacratrice, chiari cenni erotico-feticisti, significato prolettico di taluni oggetti cardine della vicenda (la corda, il quadro della Madonna, gli specchi) e scampoli di surrealismo. Il codice dell’ars buñueliana.
MEMORABILE: L’orgia dei mendicanti che si conclude con una dissacrazione de “L’ultima cena” di Leonardo.
Viridiana, da mancata sposa di Dio a mancata sposa dello zio, da ultra-caritatevole angelo dei derelitti a convitata di pietra di un'Ultima Cena che si trasforma in orgia. Fosca e allarmante parabola, fondata sul sistematico rovesciamento, in chiave nichilista, dell'iconografia sacra, nonché della morale cattolica: insensata l'espiazione, inutile il sacrificio, impossibile l'affrancamento dell'uomo dalla sua natura predatoria e aggressiva. Film sadico (o forse De Sad-iano), sigillato da un epilogo meravigliosamente cinico.
MEMORABILE: Viridiana, di marmorea bianchezza, sul letto dello zio, sembra una statua di Jacopo Della Quercia! L'inutile "salvataggio" del cagnolino maltrattato.
Magnifico, spiazzante e spudorato, allusivo e perverso, Viridiana è l’emblema del puro nichilismo bunueliano riplasmato sui simbolismi religiosi e scevro dalle lussureggianti aperture al surrealismo. Nessun orpello per amplificare un luciferino, sagace, erotico e dissacrante apologo sul valore della religione e l'inutilità della fede. Un film di (de)formazione e di Credo opposti: la santa che cerca l’espiazione, profanata da chi l’espiazione non la conoscerà mai, si poggia su chi, (a)moralmente, vive di superficialità e cinismo. Stupefacente.
MEMORABILE: La croce che cela un coltellino affilato; Rey che palpeggia Viridiana, sul letto come una statua; Rey e le scarpe da donna; L’ultima cena (dei balordi).
Come (quasi) sempre in Buñuel, il rovesciamento sistematico di dogmi e valori vincolati alla tirannia dell'ismo tradisce una devozione al contrario, ne consegue che non c'è niente di più borghese e cattolico dell'accanimento anticlericale e antiborghese. Certo, la lingua usata per attaccar briga è quella rigorosa di un cinema a tratti fascinoso e più rigidamente verista del solito per gli standard buñueliani, ma è la sinusoide di fondo ove il sacrilegio è il negativo di una religiosità da sviluppare (e non il contrario) a dispiacere.
MEMORABILE: Il coltello-crocefisso; "Lasciate che pecchino, così che abbiano di che pentirsi più a fondo"
Forse il capolavoro assoluto di Buñuel. Di solito se ne sottolinea solo l'aspetto anticlericale (sicuramente estremamente potente per l'epoca ma non solo, e certamente più forte, dal punto di vista figurativo e dell'iconoclastia, di altri
elementi) ma il realtà qui la carica eversiva del regista non risparmia niente e nessuno ed anche la borghesia ne esce con le ossa completamente rotte. Dal punto di vista squisitamente cinematografico si può godere di una grande
opera che regala diverse scene indimenticabili e divenute giustamente famose.
MEMORABILE: Il crocifisso pugnale; L'ultima cena in versione rivisitata; La partita a carte finale.
Viridiana rappresenta la scheggia impazzita di una religione contorta in cui la persecuzione del dogma non sempre porta buoni frutti. Il credere ciecamente alla bontà della natura umana e alla carità come via per la redenzione viene smontato con precisione chirurgica da un Buñuel ispirato che non le manda a dire a nessuno. Un’opera di una notevole forza demolitrice che trova compimento tra i continui accostamenti tra sacro e profano. La rivisitazione dell’ultima cena è una grande intuizione che conserva intatta nel tempo la sua genialità.
Novizia in procinto di prendere i voti andrà a visitare un vecchio zio. La perdita del candore religioso per colpa del mondo senza compassione: parenti approfittatori, poveri ingordi e la madre superiora che le dice di “sforzarsi di essere affettuosa”. Qualche simbologia d'effetto e musiche dal classico al danzereccio che accompagnano la discesa all’inferno della protagonista. Più potente de La messa è finita (un caso la presenza della Lozano?) per la sua brutalità.
MEMORABILE: Il coltello con la croce; Lo zio che bacia Viridiana sul petto; Il fermo immagine della tavolata; Il fare sesso dietro il sofà coi bambini sopra.
Sulfureo rientro in madre patria del Don Luis con un capolavoro che si giudica riduttivamente a torto "semplicemente" anticlericale ed iconoclasta, perché altro non è che in corpore viri una ribalda quanto impietosa dissertazione antistorica sull'irredimibile natura animalesca dell'essere umano in ogni accezione e in qualsivoglia personificazione esteriore o socio/economica. Irresistibile tutta la prima parte col duetto Pinal/Rey, così come la vituperazione del compassionevole tentativo "rosselliniano" di dar rifugio ai miserabili. Invaso da segni e dettagli, forse appena ridondante.
MEMORABILE: Il cane salvato dal carretto "sostituito dall'immagine identica dell'altro carretto e d'un altro cagnetto; Pinal sul letto dello zio; La Lozano.
Uno dei più turbolenti boati anticlericali degli anni Sessanta, funereo e oltraggioso, stipato dai soliti simbolismi che infestano il cinema di Buñuel ma inanellato da una lampante vena grottesca e un affascinante immaginario dark. Crudele e amara la sorte di Viridiana, intrappolata in un eterno disincanto psicologico e senza più un modello di perfezione morale da seguire.
Viridiana anticipa, nella prima parte, il tema dell'incesto sviluppato poi in Tristana ma soprattutto ribadisce i temi di Nazarin: la povertà non rende migliori, e la carità cristiana è un esercizio futile se non si cambia la società. Al solito Buñuel dissemina simboli dissacratori (il cane salvato mentre un altro poco distante è lasciato al suo destino) e iconoclasti (il crocifisso coltello, la corona di spine bruciata). Un film talmente stratificato di significati che certamente richiede più di una visione. Bella e brava la Pinal, Rey c'è poco ma lascia il segno.
Il solito Buñuel che ci propone borghesi cinici, sporcaccioni e immorali (più preoccupati della salute dei cani che delle persone) e illusi bigotti che vedono la fede svanire nel fumo utopico delle loro preghiere. Concetti mantra che il regista ripeterà all'infinito per tutta la carriera come uno sfiancante disco rotto. Qui l'unica differenza è che pure i poveri, spesso descritti come unici depositari di semplicità e purezza d'animo, sono bavosi gargouille, lombrosianamente spregevoli dentro e fuori, che pasteggiano come larve di mosca carnaria sui resti di borghesi e santi.
MEMORABILE: I poliziotti che lasciano lo zio appeso all'albero e corrono a riprendere Viridiana per farglielo vedere: sia mai che si perdesse lo spettacolo!
Il genio iconoclasta di Luis Buñuel distrugge tutti i luoghi comuni sulla religiosità e la famiglia borghese e al tempo stesso propone uno spiritualismo nuovo, moderno, inedito. La giovane Viridiana vorrebbe aiutare il prossimo, ma il prossimo non vuole essere aiutato: né i barboni da lei ospitati, né una famiglia con non pochi problemi. La narrazione di Buñuel è unica nel suo genere e il film è una gemma che non perde splendore col passare del tempo.
Per inserire un commento devi loggarti. Se non hai accesso al sito è necessario prima effettuare l'iscrizione.
In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
DISCUSSIONE GENERALE: Per discutere di un film presente nel database come in un normale forum.
HOMEVIDEO (CUT/UNCUT): Per discutere delle uscite in homevideo e delle possibili diverse versioni di un film.
CURIOSITÀ: Se vuoi aggiungere una curiosità, postala in Discussione generale. Se è completa di fonte (quando necessario) verrà spostata in Curiosità.
MUSICHE: Per discutere della colonna sonora e delle musiche di un film.
Ho letto da qualche parte che una delle due edizioni in dvd è tagliata e non integrale. Credo che Noir ne sappia qualcosa. Potresti illuminarmi? Non vorrei comprare il dvd sbagliato. Grazie.
La San Paolo riporta la durata di 90 minuti sulla fascetta ma in realtà ne dura all'incirca 87. Oltre ai piccoli tagli, la differenza sostanziale è nei titoli di testa (originali sulla Dynit e imposti elettronicamente sulla San Paolo).
Spero di esserti stato d'aiuto.