Note: Soggetto dall'omonimo romanzo dello scrittore canadese Iain Reid pubblicato nel 2016. Nell'originale, una delle voci fuori campo è di Oliver Platt.
Una coppia in auto: lei (Buckley) si occupa di fisica quantistica ma è anche poetessa, lui (Plemons) ne condivide gli studi e la sta portando a conoscere i genitori dopo poche settimane di relazione. Prematuro? Forse, dal momento che lei continua a ripetere tra sé e sé di "volerla finire qui", con lui: manca la chimica, pensa, e quello dovrà essere l'ultimo viaggio in auto che condivideranno; tuttavia non c'è solo freddezza, tra loro, e se lui è ignaro delle intenzioni di lei, lei non mostra particolare insofferenza. Si percepisce anzi un'innegabile complicità, e quando lei declama una propria lunghissima poesia, initolata "Bonedog"...Leggi tutto (in realtà della canadese Eva H.D.), lui si proclama estasiato.
Il tempo peggiora, qualche particolare non sembra perfettamente a fuoco, si segnala l'introduzione dei primi elementi anomali che da subito indirizzano il film in direzione di un'imperscrutabilità che ne diventerà la cifra caratterizzante. La storia continua, l'incontro con i genitori porta definitivamente alla luce l'intenzione di giocare apertamente con la fugace modifica del reale per costruire una dimensione alternativa in cui i tempi si confondono e si sovrappongono: padre e madre appaiono relativamente giovani, poi anziani, poi diversamente truccati e il progetto distruttivo coinvolge anche la figura della giovane protagonista, che cambia senza apparente logica consequenziale nome, abiti, persino la professione (d'improvviso dice di essere pittrice naturalista!), il tutto per disorientare i sensi di chi guarda, destinato a precipitare tra gli ingranaggi bislacchi di una struttura narrativa nella quale ogni certezza viene frantumata e molto di quello che si vede non pare avere una spiegazione sempre afferrabile. Chi è, ad esempio, il bidello (Boyd) che si aggira di notte con il suo scopettone tra i corridoi di una scuola deserta e che non pare essere in alcun modo relazionabile ai personaggi principali?
Quello che Kaufman fa è appropriarsi del linguaggio criptico alla Lynch per stabilire legami fragili, minimi, riducibili anche a una sola immagine, un marchio, un piccolo elemento comune che faccia scattare nella mente di chi guarda una reazione neurale quasi impercettibile eppure intensa. Sotto il profilo della costruzione psicologica il film gode insomma di una nobile parentela lynchiana che attrae ma poi, invece di stimolare la curiosità attraverso le immagini, riempie ogni scena con fiumi di parole che appesantiscono tremendamente un film già staticissimo, in cui il troppo tempo trascorso a sproloquiare nell'abitacolo di un'auto abbonda.
Le citazioni colte, i passaggi filosofici, gli agganci (nascosti) a Bergman e (dichiarati) a Cassavetes fanno ardentemente sperare che Kaufman ci spieghi prima o poi dove vuole andare a parare. Troppo facile: il gioco prosegue, gli inserti "sbagliati" deflagrano qua e là conturbanti, ma ciò che meglio funziona, nell'ottica del semplice godimento, è in definitiva l'incontro con i genitori di lui, in cui l'imbarazzo è la costante e si sfora nel grottesco concedendo qualcosa anche alla pancia. Poi di nuovo in auto nella tempesta di neve e il viaggio iniziatico verso un finale in cui si dà fuoco alle polveri del simbolismo e del surreale senza che si riesca a cogliere il vero senso ultimo del film. Una sfacciata spocchia autoriale (sbattuta in faccia già nell’eccentrica scelta del 4:3) a tratti seducente, ma per gran parte del tempo sfibrante e autoreferenziale.
Capolavoro a metà. La prima parte, con il racconto di un'esperienza molto comune ma fonte di apprensione come il primo incontro con i genitori del proprio partner, è straordinaria oltre che splendidamente interpretata dal formidabile quartetto attoriale, un vero incubo dai contorni indefiniti e per questo ancora più inquietanti. In seguito il film, pur contenendo sequenze suggestive, si annoda su se stesso, diventando ostico in modo respingente, come se Kaufman avesse costruito per lo spettatore un labirinto di specchi mentali non solo senza via d'uscita ma anche senza accesso.
MEMORABILE: La visita alla stalla; Tutta la sequenza della cena; La gelateria in mezzo al nulla in piena tempesta di neve.
Opera strana, per certi versi un po' allucinata, che alla fine lascia una sensazione di incompiuto. L'inizio è davvero splendido, con il quadretto familiare e i misteri attorno che intrigano in maniera notevolissima, ma poi il film perde il filo del discorso, non riesce a mantenere le attese a livello di racconto, pur con una messa in scena che rimane di alto livello e ottima a livello visivo. Peccato, si ha sì per le mani un buon film, ma l'asticella era stata posta a livello estremamente più promettenti. Buon cast: impeccabile Toni Collette, ottimo Jesse Plemons.
Film labirintico e caricato di una lunga serie di contorsionismi verbali e inserti dal senso non pervenuto. Se fino a dopo la scena della cena con i genitori c'era ancora grip sulla storia e si poteva sperare in uno sviluppo magari dai toni inquietanti ma accettabile, quello che viene dopo è un vagare nella notte senza bussola. Oltre la bella prova degli attori poco rimane: si ha la sensazione di giocare con il solito balletto del reale/irreale, del ricordo/rimpianto, della (in)comunicabilità ma è arduo dire che Kaufman voglia fartene partecipe.
Un aggrovigliato flusso di ricordi e di considerazioni personali e intellettuali, nel "viaggio" tra le nevi che Jake e Lucy intraprendono per far visita alla famiglia di lui, attraverso un caleidoscopico rimuginare tra eventi accaduti, affetti, distorsioni e ambiguità. Il regista rifugge da ogni linearità spazio-temporale e solo a frammenti svela, con uno stile all'apparenza ostico, la sofferenza, ma anche la poesia che si cela dietro i turbamenti di chi si trova a combattere con la propria identità e il proprio passato. Non certo di facile lettura, ma coraggioso e profondo.
MEMORABILE: I dubbi e le riserve di Lucy; "L'intrusione" del musical nei corridoi del collegio; L'inquietante chiosco dei gelati nella tormenta; La recita finale.
Una ragazza pensa di troncare una relazione di poche settimane. Kaufman spiazza: quella che può apparire come una storia nata già finita diventa un elogio alle occasioni mancate e ad accettare ciò che la realtà ci offre. Prima parte con stilemi da film indipendente e dialoghi colti che porta a una deriva lynchana nella casa dei genitori (al limite dello squilibrato). Ultimo segmento che spalanca il proprio messaggio. L’inconscio predomina sui pensieri e sembra nasconda profonde solitudini, tanto da far sospettare indole suicida.
MEMORABILE: La poesia “Ossa di cane”; La fiction in tv; Il maiale; La madre invecchiata a letto; Il balletto nel corridoio con l’arrivo del prete.
Una storia umana, ancora prima che d'amore, che evita la linearità ma finisce per essere più prevedibile e spompata di una narrazione classica. Kaufman ripropone la compresenza di mondi, tempi, sensazioni che hanno reso celebre il suo marchio fin dalle prime sceneggiature, ma lo spettatore più scafato capisce dopo pochi minuti dove si andrà a parare, mentre quello accidentale fatica a provare empatia per quanto accade. Buono il primo terzo, ma poi il film si impantana e arriva a una conclusione da teatro d'avanguardia di periferia. Ottima comunque la protagonista.
Tuffarsi nella visione di questo film è come dare la mano a uno sconosciuto senza chiedergli dove ti vuol portare. Ogni inquadratura studiata da Kaufman ha lo scopo di distorcere la percezione dello spettatore. Si entra in un corridoio di specchi deformanti e se ne esce deformati, incapaci di distinguere dove inizia la finzione e finisce il reale. È come sognare di svegliarsi quando in realtà si sta ancora dormendo e il sogno non è finito. Tranne il finale, poco apprezzabile, il film rasenta la perfezione.
MEMORABILE: I lunghi dialoghi in macchina; La cena; Il chiosco di gelati nel nulla
Film targato Netflix. Pellicola che inizia come una normale storia di conoscenza approfondita di coppia per poi spaziare in situazioni piuttosto surreali ed enigmatiche di stampo lynchiano. Il fattore cronologico è tutt'altro che lineare, ci sono sbalzi temporali che rendono poco comprensibili alcuni momenti. Non ci si annoia (nonostante le due ore e passa), anzi, si può solo apprezzare.
Parte con un viaggio in auto senza fine in cui somiglia a Bergman, con lunghissimi dialoghi, intercalati da pensieri, punteggiati da stranezze. Poi è il lynchano a prevalere, ossia l'elemento surreale, i piani si confondono, il film diventa altro, va intuito e diventa anche un pelo arduo. Ma funziona, è onesto e gode di stupende interpretazioni (in particolare lei, che in originale ha una voce sensualissima), oltre al non dispiacevole dettaglio di rendere comprensibili le citazioni che opera. Non commuove, ma si fa ricordare con piacere.
MEMORABILE: Il balletto; La gelateria nella neve; Ossa di cane.
Fisica e poeta, o magari poetessa e fisico: un infinito viaggio in macchina nel pieno di una tormenta, come un Posto delle fragole della N.Y. liberal; una cena familiare che resuscita le storture e gli orrori delle famiglie disfunzionali di Eraserhead; un primo appuntamento al fast food, o forse ad un bar, o forse... non importa, perché, alla fine, i conti di ciò che è stato o sarebbe potuto essere si fanno solo con sé stessi. Per essere emotivamente destabilizzante come Synecdoche gli manca un finale altrettanto perforante, ma il viaggio dell'orrore di Kaufman scuote nel profondo.
MEMORABILE: Che lavoro fa la giovane donna? Cena in famiglia; Un film di Zemeckis; Da giovani a moribondi; Un gelato nell'infuriare della tormenta.
Il disagio esistenziale dei componenti di una coppia è il tema (apparente) del film di Kaufman, la cui prima parte, quella della cena in famiglia, con un senso di straniamento crescente che riguarda la protagonista ma anche progressivamente lo spettatore, è quella più riuscita. Il film però perde rapidamente interesse nella seconda parte, con una componente onirica preponderante e fastidiosa e un finale non riuscito. Rimane la sensazione di un’occasione sprecata. Buona la prova degli attori.
La visita ai genitori del fidanzato si trasforma in un viaggio nei dubbi esistenziali attraverso il relativismo del tempo e perfino dell’identità, tra verità e illusione. Ma si affoga nelle parole, spesso saccenti e cerebrali (si cita pure Debord!), con brevi scene di deragliamento onirico poco originali. Verboso come Woody Allen ma senza arguzia, concettuale come Bergman ma senza profondità, strano come Lynch ma senza visionarietà... Ammirazione per il coraggio di regista e produttore. Ma il film è pretenzioso e mortalmente noioso.
Certamente a Kaufman non si può rimproverare di non essere originale: le storie che spesso mette in scena hanno caratteristiche uniche che lo rendono subito riconoscibile. Qui non manca la componente dell'assurdo che tiene in piedi il ritmo dall'inizio alla fine, senza mai lasciare un attimo di respiro e calma. Le lunghe conversazioni brillanti e a tratti incomprensibili sono la cosa più bella di un'opera molto personale e intima che indaga nei vari strati del subconscio e lascia molto spazio all'immaginazione. Ottimi il cast e il comparto tecnico.
Splendido film in grado di rappresentare in maniera mirabile il disagio dovuto a una serie di rimorsi e ricordi che prendono le sembianze del tempo presente, sospendendolo e relegandolo in un perenne ritorno al passato che, perpetrandosi continuamente, annulla inesorabilmente anche il futuro. Bellissima fotografia e dialoghi ottimamente congegnati. Cast in stato di grazia.
Ipnotico e nevoso viaggio nella campagna americana non precisamente identificata. Concorsi di ballo di provincia fanno pensare a Mulholland drive e a speranze disilluse, mentre gli interni decorati e posticci a una certa idea di come una casa di famiglia dovrebbe essere. Grazie a a tematiche zootecniche veriste, la fattoria degli animali è più che una metafora e facilita anche gli intelletti meno pronti a notare analogie. Fuori città è difficile sorvolare sulla morte, l'infanzia, il dolore. Un incontro difficile quello fra queste tematiche, la società moderna e il vivere quotidiano.
MEMORABILE: La storia del maiale e i vermi; La Collette: più che mitica, mitologica; "E' solo nelle misteriose logiche dell'amore che si può trovare una logica".
Labirintico dramma psicologico, che rischia (dolce pericolo!) di tingersi di horror, discorsivo ai limiti del prolisso, eppure di indubbio fascino. Kaufman tesse un'enigmatica ragnatela di snervanti perle angosciose, aguzzate dagli irreali paesaggi nevosi che si perdono a vista d'occhio. La conclusione, tuttavia, tradisce la fumosità creepy e cede troppo marcatamente il passo alla black-comedy metafisica, rimarcando nel concreto concetti che, all'interno del caotico andirivieni di dialoghi e smistamenti identitario-temporali, si erano già essenzialmente appurati. Comunque da vedere.
MEMORABILE: La visita ai genitori di Jake; Vagando per la casa semivuota (sequenza da paura!); La gelateria in mezzo alla neve; La danza fra i corridoi del liceo.
Autore di un cinema depressivo, al confine tra lo (strettamente) necessario e dispersione aleatoria, Kaufman è regista intellettualmente ineludibile, che ci costringe (spesso evidentemente a malincuore), a fare i conti col suo connaturato "perturbante". Una rimozione che, pure in questo film, viene restituita non solo nelle parole e nella scrittura ma spesso alligna nelle stesse immagini. Discutibile resta semmai certa succedaneità a bergmanismi e lynchismi, avvitamenti che portano ai fastidiosi intorcinamenti della seconda metà, in cui ancora l'anomali(s)a resta l'assenza di ironia.
MEMORABILE: Jesse Plemons e Jessie Buckley; I repentini "slittamenti" di Collette e Thewlis nella casa.
Film dal'impronta fortemente lynchiana, onirica, che via via si trasforma da quella che sembra l'incertezza di Lucy sul futuro della relazione iniziata da poco (o crisi esistenziale?) in qualcosa di molto diverso, preannunciato da una serie di indizi e situazioni stranianti che confondono le carte in tavola. Opera suggestiva e cerebrale, immersa in un'atmosfera retrò per cui l'apparizione di uno smartphone fa subodorare non sia tutto come lo vediamo e che tocca il suo apice con la sosta in una gelateria vintage. Da lì, purtroppo, diventa tutto troppo caotico (ma non incomprensibile).
Viaggio all'interno di una coppia in crisi? Sì, questa sembra essere la lettura più probabile o almeno quella più facile di questo film, anche se sembrerebbe esserci molto altro. Innegabilmente verboso, specie nella prima parte, ma anche affascinante, sebbene solo a tratti. Alcune situazioni sono stranianti, così come la recitazione, altre surreali e quasi alla Lynch. Ci sono anche Bergman, Cassavetes, Debord e molto altro: troppo! Finale onirico-musicale che lascia basiti. Ottimi gli attori. Gli iniziati a Kaufman sanno cosa aspettarsi, per gli altri sarà un duro scoglio.
MEMORABILE: Dal gelataio, mentre fuori imperversa la tormenta.
Per inserire un commento devi loggarti. Se non hai accesso al sito è necessario prima effettuare l'iscrizione.
In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
DISCUSSIONE GENERALE: Per discutere di un film presente nel database come in un normale forum.
HOMEVIDEO (CUT/UNCUT): Per discutere delle uscite in homevideo e delle possibili diverse versioni di un film.
CURIOSITÀ: Se vuoi aggiungere una curiosità, postala in Discussione generale. Se è completa di fonte (quando necessario) verrà spostata in Curiosità.
MUSICHE: Per discutere della colonna sonora e delle musiche di un film.
Il paragone è molto interessante e per certi versi non è così peregrino. Plemons è un attore che stimo ma che cinematograficamente sta uscendo solo nell'ultimo periodo (in questo senso penso alla bella prova in Game Night ) e nel suo curriculum annovera collaborazioni con Spielberg e Scorsese ma nel complesso non mi sembra ancora del tutto sbocciato. Hoffman per me è un mostro sacro è all'età di Plemons aveva già interpretato ruoli memorabili ( indimenticabile la prova in Happiness). Al buon Jesse gli auguro di toccare ( o perlomeno di sfiorare) la grandezza del compianto Phil). Basandomi unicamente sul trailer presente su Netflix il personaggio della Collette mi ha ricordato non poco quello di Hereditary... A tal riguardo è solo una mia impressione?
DiscussioneDaniela • 9/09/20 15:21 Gran Burattinaio - 5946 interventi
Basandomi unicamente sul trailer presente su Netflix il personaggio della Collette mi ha ricordato non poco quello di Hereditary... A tal riguardo è solo una mia impressione?
Bah, non ti so dire, il suo personaggio è molto inquietante ma devo essere sincera: la madre di Hereditary è uno di quei ruoli che si appiccicano addosso ad una attrice, difficile prescinderne perché ogni ruolo interpretato dopo rischia di sovrapporsi all'altro. Fra l'altro anche qui interpreta il ruolo di una madre - comunque lei e Thewlis sono una coppia che mette a disagio anche senza muovere un dito.
Quanto a Plemons, è vero che è ancora lontano dai livelli eccelsi di Hoffman e forse mai li raggiungerà, ma in carriera ha già almeno due ruoli memorabili in serie tv altrettanto memorabili: il "lupo in veste d'agnello" Todd nelle ultime stagioni di Breaking Bad e il macellaio travolto dagli eventi e dagli equivoci nella seconda stagione di Fargo.
Grazie della chiamata Dani, ce l'ho in coda attratto dalla presenza di Toni Collette.Vedendo il tuo parere e un paio di googlate direi che può ambire al Saturday Night (non è deprimente vero?).
DiscussioneDaniela • 9/09/20 19:43 Gran Burattinaio - 5946 interventi
Capannelle ebbe a dire:
Grazie della chiamata Dani, ce l'ho in coda attratto dalla presenza di Toni Collette.Vedendo il tuo parere e un paio di googlate direi che può ambire al Saturday Night (non è deprimente vero?).
E' una domanda scherzosa, vero? Deprimente come un funerale di novembre sotto la pioggia con le scarpe strette , il "finirla qui" ruota attorno all'idea del suicidio. Il "bizzarro" non è del tipo divertente perché intinto d'humor nero, è invece del tipo angosciante che mette a disagio. Sensazioni personali, ovviamente, ma se ci trovi da ridere fammelo sapere.
Grazie Daniela. Era già in cima alla mia lista di visioni, ma visto il minutaggio ho dovuto metterlo in attesa. Tra stasera e domani provo a vederlo. Ovviamente con Kaufman alla regia, non mi aspetto nulla di semplice.
Grazie della chiamata, Daniela. Dovrei riuscire a vederlo domani sera. Di Kaufman mi piace praticamente tutto anche se riesce sempre a distruggermi interiormente, so già che ne uscirò a pezzi anche da questo...
Cara Daniela, alla fine, con quasi tre mesi di ritardo, ieri sera sono riuscito a vederlo. Neanche a dirlo, mi ha devastato. Certo, qualche leziosità di troppo sul finale non me l'ha reso emotivamente destabilizzante come Synecdoche, ma i primi 90-100 minuti sono assolutamente micidiali (alla scena della cena mi sembrava di rivedermi, quattordicenne, alle prese con il pollo sanguinolente di Eraserhead). Uno di quei film che ringrazi e allo stesso tempo maledici di aver visto.
DiscussioneDaniela • 7/12/20 21:13 Gran Burattinaio - 5946 interventi
Bubobubo ebbe a dire:
Uno di quei film che ringrazi e allo stesso tempo maledici di aver visto.
Aggiungo: ... e che una volta visti ti si piantano in testa. Riuscirò a dimenticarmelo? Non voglio ma, soprattutto, non credo riuscirei a farlo anche se volessi