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Nicola81: Colizzi chiude la sua trilogia western con un film che vive di alti e bassi. L'ambientazione circense conferisce una certa originalità, ma funge anche da pretesto per una serie di siparietti che rallentano ulteriormente il ritmo. Hill ancora cupo e ombroso, mentre Bud entra in scena piuttosto tardi (e da lì in poi le cose migliorano). Rispetto ai precedenti capitoli, manca una controparte forte come Wolff o Wallach, ma si sopperisce grazie alla presenza di bravi caratteristi (in evidenza Strode, Stander, Buono e Ciannelli).
MEMORABILE: Il rinnovo delle concessioni; L'entrata in scena di Bud Spencer; Il finale.
Daniela: In fuga dall'altare, vola da Roma a Madrid finendo per trovare lavoro come ballerina in uno show tv dove un dispotico censore impone rigide regole, compresi i centimentri di pelle nuda consentiti... L'ambientazione della Spagna degli anni 70 ancora sotto il regime franchista ma già in fermento poteva fornire buoni spunti per una commedia di costume ironica e graffiante, ma qui si va poco oltre il musical pazzerello dai colori almodóvariani accompagnato dalle canzoni di Raffaella Carrà, presente in un fulmineo cammeo. Da evitare la versione doppiata, spesso fuori sincrono nel cantato.
Rocchiola: Con l'avvento degli anni di piombo Risi è ancor più cattivo e dipinge l'Italia dell'epoca come un paese in decomposizione tra edifici pericolanti, mari inquinati e imprenditori truffaldini. Forse il miglior duetto tra un insolitamente misurato Tognazzi e un Gassman industriale di berlusconiana memoria. Age e Scarpelli offrono giochi lessicali d'antologia. Bello anche il finale che riflette amaramente sul potere della magistratura. Un piccolo classico profetico nei confronti di tangentopoli e ancor oggi molto attuale e graffiante.
MEMORABILE: L'interrogatorio ai genitori della vittima; "Io amo il linguaggio aderenziale e desemplicizzato"; "Sospettetti"; Il dialogo con il professor Rivaroli.
Taxius: La comicità del primo Abatantuono riassunta in un film. Attila flagello di Dio è sicuramente un cult della commedia italiana e per questo merita una visione da parte di tutti gli amanti del genere. Ciononostante resta un film un po' sopravalutato, che fa ridere ma solo a tratti. Troppi i riempitivi e infatti il film ha una durata eccessiva, che alla lunga annoia. Abatantuono comunque è grande e ci regala una bella dose di spassosissime gag.
Pigro: Il misterioso killer Diabolicus fa fuori ricchi nobili: chi si nasconde dietro la sua terribile maschera? Totò in gran forma in 6 ruoli diversi (tra cui una donna: la sfida con il Sangue blu di Guiness è aperta) per una gustosa parodia dei film gialli. Non solo diverte, ma perfino la trama, ancorché semplice, si fa seguire. Ma va da sé che il vero punto di forza è il camaleontico Totò, che nel noir sguazza con insospettabile gusto. Da vedere.
Didda23: Dopo anni di blocco creativo con opere non sempre all'altezza della propria fama, ecco quella del riscatto. Seppur non all'altezza di talune vette, la commistione fra poliziesco, film di denuncia e slanci da commedia crea un film ragguardevole soprattutto in termini di dialogo e di introspezione dei personaggi, con un Adam Driver davvero superlativo. Qualche finezza registica e di forma sono un valido ornamento; peccato per qualche rallentamento nel corpo centrale. Geniali le ultime sequenze di "vita vera" che spingono a più di una riflessione.
MEMORABILE: Le telefonate con il capo del Ku Klux Klan; Il diversivo per evitare la macchina della verità; Il colpo di scena.
Paulaster: Melodramma amoroso in cui la sceneggiatura rimuove il lato patinato e mostra senza fronzoli la parte controversa della ricchezza. L’esempio lampante è il ruolo della Malone, superba nel suo essere sfrontata (oggigiorno si direbbe depravata). Anche Stack serve alla causa, ma mostra i limiti caratteriali del personaggio; Hudson è costretto a essere misurato. La Bacall avrebbe un ruolo forte se non pensasse subito al matrimonio. Peccato per l’ultima parte, che accentua l’emotività in una situazione da Codice penale.
MEMORABILE: Il benzinaio rimorchiato; L’infarto coperto dalla musica; La moglie che non può testimoniare.
Modo: Così così. Un incrocio non ben definito tra fantasy e thriller poliziesco non molto riuscito. Lento soprattutto nella prima parte, si riscatta in parte nella seconda. Si capisce abbastanza presto senza essere investigatori chi possa essere il "demone" ma non è molto chiaro il perché si commettano certi delitti. Finale comunque non male. Terribili gli effetti speciali quando si inquadrano i posseduti!
Markus: Per risorgere dall'abisso d'insuccesso di Joan Lui il "molleggiato" ritorna (per l'ultima volta) a batter cassa natalizia anno '86 in una commedia dal fiato corto dell'accoppiata Castellano & Pipolo, che prevede il nostro negli incredibili panni d'un avvocato fiorentino "burbero" (appunto) con la solita bella che gli ronza attorno (stavolta è il turno di Debra Feur, in vacanza in Italia). Un - si fa per dire - intreccio giallo dà il via a una serie di "avventure" toscane da cartolina (c'è pure Siena durante il Palio) in cui ci si diverte poco. Ottima la colonna sonora di Detto Mariano.
Mascherato: Incredibile! Un thriller, che dovrebbe essere ad alta tensione, in grado di abbassarla fino alla narcosi totale. Quanto ad originalità, poi, manco a parlarne: la solita sfida del serial killer di turno alla polizia (e, soprattutto, al detective che ha un conto in sospeso con lui), solo che qui il serial killer è Keanu Reeves. Sarà stato pure coraggioso (anche se ci è voluto più coraggio a fare Sweet November!), ma poteva scegliersi meglio il film in cui interpretare un eroe negativo.
Enzus79: Basato sull'omonimo comic book (dello stesso regista): un alieno minaccia la Terra e un gruppo di guerrieri di jujutsu tenterà di fermarlo. Nota positiva: non annoia, nonostante la scarsa originalità e dinamiche poco lineari. Regia di Logothetis abbastanza efficace. Se ci fosse una categoria agli Oscar dedicata agli stuntman, quella di Nicolas Cage (qui simpatico) vincerebbe a mani basse.
Galbo: Tentativo d'autore di rivitalizzare il genere western compiuto da uno dei più talentuosi registi americani, Sam Raimi. Il film è il classico esempio della montagna che partorisce il topolino, nel senso che la molta carne al fuoco messa e tutto l'impegno profuso si traduce in un film deludente dove il formalismo (delle inquadrature, della messa in scena, del montaggio efficace) non corrisponde alla sostanza cinematografica con attori non a loro agio (perfino il grande Hackman) e regia sterile.
Zoltan: Nonostante gli auspici non fossero dei migliori, il film di Ravello riesce ad avere sufficiente vitalità e a creare un buon numero di situazioni simpatiche, se non proprio divertenti. Merito va dato agli attori: Battiston e Giallini riescono con mestiere a sposare personaggi non proprio a loro congeniali, mentre era da tempo che non si vedeva un Salemme così vivace e divertente. Di puro contorno i ruoli femminili. Il film si mantiene a livelli accettabili fino al finale, che diventa troppo di maniera e non è particolarmente ispirato. Discreto intrattenimento, nonostante tutto.
MEMORABILE: "Perché Gianni Morandi sparava davvero ai vietcong?"; i disastri combinati da Battiston durante il furto per rendere credibile il concetto di scasso.
Siska80: Due ambiziosi fratelli cercano di salvare la loro società un mese prima dell'attentato alle Twin Towers. Se si entra nell'ottica dei protagonisti (interpretati dalla valida coppia Hartnett/Scott, che da sola vale la visione) si tratta di un film niente male incentrato sulla brama di potere e la capacità di sapersi reinventare: la fotografia, a dire il vero, è buia e dai colori fittizi, ma l'atmosfera è tesa, il ritmo regolare, il cast di contorno buono, sebbene probabilmente la trovata migliore risieda nel periodo in cui è ambientata, quando ogni cosa stava per essere (s)travolta.
Markus: Una foto compromettente dà vita a una serie di equivoci che sfociano in un finto fidanzamento tra un'attricetta fallita e un suo collega già divo del cinema. La finzione, però, durerà poco... Sentimentale tra bellocci, che l'esperta regista del genere Letia Clouston riesce a rendere quantomeno scorrevole, pur nella sua assoluta prevedibilità. Il pezzo forte, se così si può dire, è la coppia composta dai belli della porta accanto Lexi Giovagnoli e Brant Daugherty: riescono a far sognare un pubblico senza troppe pretese e in cerca di svago.
Il Gobbo: Leonard Mann odia gli indiani che gli hanno massacrato la famiglia, salvo scoprire che non erano veri pellerossa... Raro caso di western italico pro-indiani (a dirla tutta raro caso di western italico CON indiani) progettato per Di Leo, classicamente finisce per essere più efficace e crudo nelle parti in cui Mann si accanisce contro i pellerossa. Conferma che il miglior western di Squitieri è Il prefetto di ferro. Ottimo Kinski, per una volta SOTTO le righe.
Saintgifts: Più o meno sono tutti cattivi in questo buon western del veterano Hathaway. C'è però una differenza generazionale che evidenzia diversi modi di essere cattivi con la vitalità della gioventù, usata al peggio, verso la forza ponderata e determinata di chi ha già fatto le sue esperienze di vita. A rappresentare le due umanità un Peck molto adatto al ruolo e un Robert F. Lyons, un po' sopra le righe (ma non guasta). Le scene con Gregory Peck e la bambina (Dawn Lyn) sono piuttosto gustose e arricchiscono la storia e il carattere del protagonista.
Daniela: Per raccontare gli orrori perpetrati in Sudafrica negli anni dell'apartheid, la regista adotta il punto di vista di un bianco: il professore che vuol conoscere la verità sulla morte del suo giardiniere acquisisce la consapevolezza dell'ingiustizia in modo graduale, quasi suo malgrado, costretto a farlo dal fatto di essere un uomo capace di compassione. Il film è certo didascalico, ma è tale la forza dei fatti raccontati, ispirati a eventi realmente accaduti, da travalicarne gli eventuali difetti. Coinvolgente, ben interpretato, da riscoprire.
Siska80: Giovane laureata in lingue antiche impartisce lezioni a un uomo che lavora in un museo ed è fidanzato a distanza. Immaginare lo sviluppo della vicenda viene naturale e le uniche cosa de salvare in effetti sono la simpatia e il fascino dei due protagonisti, cosa che consente di arrivare alla conclusione senza annoiarsi in un mare di situazioni improbabili e dialoghi abbastanza sciocchi. Il ritmo è regolare e lo spettatore attende almeno un po' di romanticismo col procedere della storia; salvo poi rimanere a bocca asciutta. Produzione in sostanza scarsa la cui visione resta opzionale.
Stubby: Il film è un po' lento, però non è malvagio, tocca alcuni temi tabù per quell'epoca ed è intriso di una certa violenza. Mulargia ha dato la precedenza alla caratterizzazione dei personaggi e quindi va tutto a discapito dell'azione, infatti alcuni passaggi possono risultare piuttosto noiosi. Comunque tutto sommato è un lavoro discreto che merita di essere visto, se non altro per alcuni tocchi di classe.
MEMORABILE: Il palmo della mano può essere letale.
Cloack 77: Sicuramente il "salto di qualità" è nel personaggio di Salemme, perlomeno una macchietta disperata; tutto il resto è routine. Per gli appassionati non mancano i tanto amati e irrinunciabili "canti corporei", non manca Salvi nel "momento tossico", non manca la burina che finge di essere borghese, non manca la prevedibilità... insomma il solito squallore. Addirittura siamo ancora allo sketch della marijuana scambiata per mentuccia e utilizzata come ingrediente per torte. Ma da quanti anni è che ripetono sempre le stesse scene?
Mascherato: Avendo nelle mani un copione (di James Vanderbilt) che poteva essere intitolato anche Rashomon vs Predator, era inevitabile che venisse chiamato a dirigerlo John McTiernan (regista del secondo, sia chiaro). Non che ci siano alieni nella giungla, ma le sequenze ivi ambientate sono dirette con la consueta maestria dal director di Trappola di cristallo. Il susseguirsi di colpi di scena è funzionale ad un plot del genere ed anche quello finale (per quanto più debole e debitore de I soliti sospetti) non è da buttare.
Paulaster: Gruppo di amici ex universitari torna in Portogallo per un caso di paternità. Non si avvertiva il bisogno di una sceneggiatura che esplorasse temi già visti: il viaggio on the road, gli adulti che tornano a essere ragazzi, idee trite e ritrite (la sfida vinta in spiaggia, le bici come mezzo di fortuna). Inizio che almeno prova a divertire e seconda parte introspettiva al limite del lacrimevole. Tra i quattro protagonisti manca un comico di punta e nel finale si intuisce ciò che capiterà.
MEMORABILE: La suoneria di Memphis; I piercing ai capezzoli; I portoghesi che fingono di non sapere l'inglese.
Taxius: Non esaltante, ma neanche troppo brutto, film di fantascienza che vede il nostro Gerald Butler intento a evitare che la sua stazione orbitale, che controlla il clima sulla Terra, venga usata in modo improprio dai terroristi. Forse l'aspettativa era quella di vedere un vero e proprio film catastrofico con onde, vulcani e devastazioni varie, ma in realtà le scene così sono piuttosto poche. Quelle d'azione comunque non sono malaccio e in giro si vede di peggio.
Magnetti: È una versione moderna e newyorkese di Mary Poppins che non lascia il segno, essendo troppo leggero e per insuffuciente nella caratterizzazione del personaggio principale della tata (ma la Johansson non ha colpe). Ben disegnati e recitati i personaggi del papà e della mamma ricchi, nevrotici, arrivisti e scontenti: Giamatti e la Linney forniscono una prova interessante che vale la pena di vedere. Da far rabbrividire (e quindi riusciti) le riunioni per la comunicazione mamma-tata. Nonostante ciò il film delude.
Galbo: Abbastanza interessante l'idea di ambientare il film nel mondo (non troppo conosciuto in Italia) dei potentissimi procuratori sportivi americani; diretto dal bravo Cameron Crowe il film ne offre un ritratto impietoso e probabilmente veritiero con un Tom Cruise bravo mattatore affiancato dall'efficace Cuba Gooding Jr.Il limite del film è una certa prolissità con parti decisamente ridondanti e non funzionali alla storia, specie quelle riguardanti la vita personale del protagonista.
Enzus79: Horror (scritto anche dai Manetti bros.) che non si sa se definire omaggio ai vari capolavori del genere o semplice scopiazzatura dovuta a mancanza di idee. Storia che si sviluppa in modo lento (la durata di quasi due ore sembra insormontabile) e prevedibile. La suspense latita ma nonostante tutto la regia è apprezzabile, così come la performance di Carolina Crescentini.
Nicola81: Anonimo ma dignitoso questo western dalla trama piuttosto semplice, ma con qualche sfaccettatura, per l'epoca non banale, relativa ai caratteri dei personaggi: non tutti i pellerossa sono cattivi e il maggiore dell'esercito viene dipinto come un ottuso. Molto suggestivi gli scenari naturali che fanno da cornice alla vicenda, mentre il cast è privo di nomi di spicco, anche se il protagonista Clint Walker non demerita e il magnetico sguardo della Martin, valorizzato a più riprese, rimane davvero impresso.
Piero68: Costantemente altalenante questo action, tra l'altro per nulla originale, che parte in maniera quasi scoppiettante per spegnersi lentamente e finendo nella noia pura negli ultimi 15-20 minuti. Nonostante il discreto lavoro tecnico il cast lascia un po' a desiderare e la presenza di Raz Degan la dice lunga sulla qualità delle scelte. Solo la Kruger si salva cercando di metterci la dovuta professionalità. Alla fine della giostra le parti decenti saranno proprio quelle degli scontri, viste le troppe ingenuità nel resto. Piacevole cameo di Karyo.
Ale nkf: Inutile e superfluo sequel di Il diario di Bridget Jones che era francamente evitabile. Non c'è nulla di nuovo, la situazione non cambia e la commedia rimane alle soglie del ridicolo. La Zellweger più che apparire simpatica appare come una poveraccia da compatire! Stavolta hai fatto davvero un pasticcio, mia cara Bridget!
Galbo: Buon noir di produzione francesce; impianto narrativo piuttosto classico, con il protagonista che cerca vendetta nei confronti dei suoi ex complici. Nonostante la mancanza di originalità, il film è ben realizzato con una notevole cura nell'ambientazione (una Marsiglia ben fotografata) e una buona caratterizzazione psicologica dei personaggi. Convincente la prova di Jean Reno, particolarmente a suo agio con questo genere di personaggi, con un cast di contorno decisamente all'altezza.
Gaussiana: Un gruppo di scalcinati e perdenti fuorilegge inizia con una carneficina per l'unica cosa a cui sembrano tenere, il denaro e finisce con una carneficina per l'amicizia. Tutto ciò che sta in mezzo è il lento intreccio dove non più sporchi cowboy e sceriffi ma perfidi, ricchi potenti generali, capi-popolo e politici truffaldini e criminali, portano avanti la nuova società americana e messicana, spietata e corrotta. La messa in scena di un'insensata violenza è emblema dell'autodistruzione sociale. Western crepuscolare e decadente per antonomasia.
Nick franc: L'ottavo capitolo della saga fantozziana mostra inesorabilmente la corda. Dopo una prima parte pessima all'insegna del riciclo (ancora il sellino, la rapina in banca e l'amaca!) e di pessimi sketch (la parte con la figlia e Bongo), il film riprende quota dopo la scoperta della malattia mortale: qui si respira una malinconia autentica, stemperata dalla divertente settimana bianca a Cortina (con citazione musicale de Il dottor Zivago!). Villaggio pare stanco, Reder si vede troppo poco, la regia è tirata via, la migliore è la Vukotic. Già questo sarebbe stato triste come commiato.
MEMORABILE: La settimana bianca a Cortina; La bara sogliola.
Enzus79: Non siamo ai livelli né del primo né del secondo, ma comunque MI:3 diverte e non mancano le scene da "brividi" e gli inseguimenti da urlo. J. J. Abrams con Lost ed Alias aveva dimostrato di essere un buon regista e questa è la conferma. Hoffman è un ottimo cattivo.
Schramm: Per insensato che sia, c'è chi s'ostina a battere il ferro anche da gelido pur di modificare di un grammo una formula. Gelido (oltreché antipaticissimo) è senz'altro l'ottetto evakantiano che riscrive la soderberghiana critica dell'estorsion pura diminuendola a inane glamorama per piattaforma Heistagram. Lo scarrellamento narrativo scivola meccanicistico sul derma senza che questo registri mai brividi o scottature e non si comprende il pro di una valenza intrattenitiva stabilmente inchiodata sullo zero. A Ross andrebbe notificato che talvolta la troppa perfezione è l'errore peggiore.
Elsolina: È la storia di Filumena Marturano che, grazie a Eduardo De Filippo, è entrata attraverso il teatro nella cultura e nella vita di ogni partenopeo. A Vittorio De Sica il gran merito di aver trasformato una grande opera da palcoscenico in un capolavoro cinematografico grazie all'interpretazione di un grandioso e bellissimo Mastroianni, al fianco della giovane Loren. Un connubio perfetto per presentare allo spettatore una storia che non stanca mai, alla base della quale sono percepibili le capacità del maestro Eduardo. Capolavoro del cinema italiano.
MEMORABILE: "Sto piangendo Don Mí e comm' è bell' chiagner!"
Ira72: “La bonne”: il trionfo della mediocrità (marito indaffaratissimo nella carriera e dunque assente, moglie assai piacente rinchiusa con la suocera... che dir suocera è un eufemismo, “serva” quantomai pruriginosa che, tra un servizio e l’altro, si apparta in casa con qualche giovane libidinoso). Eppure. Trattasi, comunque, di un film curato in cui le protagoniste meteore ammiccano morbide alle telecamere con grande nonchalance. Non male il finale.
Myvincent: La vita della Santa patrona d’ Italia, nata a Siena e morta a 33 anni, viene qui raccontata in maniera fin troppo didascalica e scolastica. Caterina, si sa, fu al centro delle lotte politiche fratricide europee così drammaticamente sanguinarie durante il XIV secolo. Manca, però, quel giusto pathos descrittivo e così il personaggio si trasforma in una sagoma rigida priva di fascino ultraterreno. Il finale tronco, per di più, lascia interdetti.
Schramm: L'ascesa criminale si presta a ogni spettacolarizzabile retorica narrativa, ma non è in sé ontologicamente eroica epica o fumettistica. Vive di atti brutali, sentimenti miseri, milieu meschini, personaggi beige. Diametralmente opposto a un cinema che l'ha fin troppo tarantineggiata e raffinata, Sentsov la sottrae (pianosequenziale incipit vertiginoso a parte) a ogni adulazione estetica andandoci giù brusco e inclemente, tagliando grezzo anche davanti a romantiche tentazioni espiative in zona Ferrara, ma al contempo camminando circospetto sulle uova, portando a quota zero il pathos.
MEMORABILE: Chiodo; Esazione con bebè; Sul sedile di dietro.
Redeyes: Piacevole. Statham, che vira verso Willis (vuoi per il caratteraccio, vuoi per l'aspetto) sorregge col redivivo mocciosetto Phillippe e l'impostato Snipes una pellicola dalla sceneggiatura non poi così tremenda. Buono l'uso della macchina da presa, che poco si perde in autocompiacimenti e mostra con sapienza. Il finale ha un suo perché.
Motorship: Mi aspettavo di peggio, anche perché il primo quarto d'ora quasi mi aveva spinto ad andarmene dalla sala; invece devo dire che poi il film si riprende divenendo guardabile, anche se nient'affatto esaltante. Certo ci sono alcune situazioni davvero imbarazzanti, molte delle quali assai volgari, ma qua e là qualche battuta va a segno, anche se sono poche. Sceneggiatura scarsa, così come la regia di Ruffini. Nel cast sicuramente spicca Frank Matano (molto spassoso), senza infamia e senza lode Ruffini e Pisani, male Scilla.
Coyote: Apparentemente politically uncorrect, ma in realtà piuttosto furbino, diverte dall'inizio alla fine. È vero che alcuni personaggi sono eccessivi perfino in questo contesto demenziale (vedi l'arzilla vicina), ma la maggior parte sono riuscitissimi, soprattutto il cinico investigatore Matt Dillon. Lo passano in televisione praticamente ogni sei mesi, ed è sempre divertente guardarne un quarto d'ora o anche di più. Leggero leggero, ma a volte fa bene.
Undying: Gabriele Lavia è stato un attore memorabile per il cinema italiano, ma come regista è rimasto intrappolato in vicende (morbose) coniugali (la Guerritore è la sua reale compagna nella vita) di sapore amaro e spesso tragico. Poco convincenti per la monotematica di base (Sensi viene girato l'anno dopo) esplicitata da dialoghi pecorecci e poco curati. Solita vicenda, insomma, di corna e controcorna, mal recitata e con un'attrice poco sensuale. Interessante (di unico) gli intermezzi animati, opera del disegnatore Gibba (Il Nano e la Strega).
Piero68: Ultimo disastroso lavoro cinematografico di quello che una volta fu un vero regista. La colpa è però solo da distribuire non solo al regista ma lungo tutta la catena, a cominciare dal soggetto e passando per la sceneggiatura. Personaggi troppo spenti e plot-hole a go-go le caratteristiche di questo thriller che troppo presto svela tutte le sue carte. Judd femme fatale e ragazza inquieta è un po' dura da digerire e Jackson tende troppo a gigioneggiare, levando punti al suo personaggio. Dozzinale con scelte incomprensibili. Garcia solo prova a metterci una pezza.
Daniela: Per raccontare gli orrori perpetrati in Sudafrica negli anni dell'apartheid, la regista adotta il punto di vista di un bianco: il professore che vuol conoscere la verità sulla morte del suo giardiniere acquisisce la consapevolezza dell'ingiustizia in modo graduale, quasi suo malgrado, costretto a farlo dal fatto di essere un uomo capace di compassione. Il film è certo didascalico, ma è tale la forza dei fatti raccontati, ispirati a eventi realmente accaduti, da travalicarne gli eventuali difetti. Coinvolgente, ben interpretato, da riscoprire.
Rickblaine: Tre uomini più l'ideatore tentano e riescono a rapinare una gioielleria. Il problema sorge nel momento in cui i gioielli devono essere piazzati. L'inizio è un po' lento, il prosieguo è molto meglio, nonostante la presenza di un freddo Delon. Introspettivo e polemico contro le autorità che drammatizzano i reati colpevolizzando tutti. Bravi Volontè e Montand.
Pessoa: Commedia in costume che fa il verso ai peplum allora in voga. La storia è piuttosto esile e si regge essenzialmente sul nutrito cast formato da grandi attori del nostro cinema brillante, capaci di strappare un sorriso anche con le battute nella maggior parte dei casi decisamente insulse. Decorativa, sebbene di forte impatto visivo, la presenza della Lane ma in generale l'occhio dei maschietti non resta deluso dal formidabile gineceo di contorno. Un ritmo elevato depone a favore della pellicola che nonostante i limiti fisiologici si fa guardare con piacere, se vi piace il genere.
Luluke: Di Grosbard, parafrasando il titolo di un suo film, non si dovrebbe parlar male: il fatto è però che la sua regia senza fronzoli non sempre risulta convincente. Qui, a esempio, si impegna nel tenere a bada qualsiasi istrionismo dello scatenato De Niro e di un Duvall reduce dai bombardamenti in elicottero sul Vietnam, per convertirli a una storia più polar che noir. Introspettiva e quasi del tutto priva di azione. Immiserendone perciò in parte le potenzialità. Anche se poi sono proprio loro a mantenere a galla un prodotto che altrimenti non avrebbe lasciato particolari tracce di sé.
Siska80: Due ambiziosi fratelli cercano di salvare la loro società un mese prima dell'attentato alle Twin Towers. Se si entra nell'ottica dei protagonisti (interpretati dalla valida coppia Hartnett/Scott, che da sola vale la visione) si tratta di un film niente male incentrato sulla brama di potere e la capacità di sapersi reinventare: la fotografia, a dire il vero, è buia e dai colori fittizi, ma l'atmosfera è tesa, il ritmo regolare, il cast di contorno buono, sebbene probabilmente la trovata migliore risieda nel periodo in cui è ambientata, quando ogni cosa stava per essere (s)travolta.
Fabbiu: Premessa: non ho mai visto delle "belle" commedie sexy all'italiana, ma devo dire che nel filone in questione questo film si piazza sopra a molte soldatesse, insegnanti, liceali e via dicendo... anche solo (unico motivo, a dire il vero) per un Banfi che ha presenza fissa (e non come in molti altri prodotti analoghi), strepitoso, dall'improvvisazione ed espressività unicche, in grado di far ridere sempre nonostante il suo personaggio sia visto e stravisto. Ma il film funziona solo per i primi 45 minuti, dopodichè avanza faticosamente verso un finale quasi inesistente.
MEMORABILE: Banfi che scivola dal letto mentre cerca di spiegare alla moglie la questione del figlio omosessuale.
Rebis: Irrinunciabile commedia degli equivoci – uno dei vertici nella produzione del regista – costruita su una sceneggiatura smagliante e macchinosa (I.A.L. Diamond docet) perfettamente funzionale nello scandagliare e smascherare i pruriti inconfessabili sepolti negli anfratti segreti della coppia. Dirompente - per quanto non esilarante - caustica, avanti anni luce, senza tema di bigotti e bacchettoni, è una rigenerante boccata d'ossigeno contro l'asfittica morale in auge: chi gode ci guadagna e vive meglio. Al botteghino fu un vero fallimento. Eloquente e liberal.
MEMORABILE: Gli enormi cactus "fallici" davanti alla villa. "Se hai tutto ciò che serve, prima o poi verrà qualcuno a chiederti ciò che hai". L'ombelico.
Ultimo: Davvero poca cosa questo thriller di Bava, imparagonabile ai suoi primi lavori. Certo la vicenda c'è, ma la colpa dell'insuccesso è dovuta alla presenza di dialoghi aberranti (specie della Grandi, bella, formosa, ma veramente poco credibile...) mista a momenti di pseudo tensione che non destano poi così paura. L'urlo isterico della Nicolodi ricorda un momento di Tenebre, ma lì eravamo al cospetto di un capolavoro.