Sarebbe dovuto uscire molto prima, nei cinema, PHONE BOOTH, ma l’esplosione del caso dei due cecchini di Washington ha costretto tutti a rimandare in nome del buon gusto. La realtà ha anticipato la fiction, insomma. Ma il film di Joel Schumacher è molto altro. E’ un'opera sperimentale, scritta dal regista di tanti B-movies Larry Cohen (horror e azione i suoi territori prediletti) e prodotta tra gli altri da quel David Zucker che molti ricordano ancor oggi al fianco del fratello Jerry e di Jim Abrahams nei vari aerei più pazzi e pallottole spuntate...Leggi tutto. Girare un film quasi per intero all'interno di una cabina telefonica è una bella sfida: ci vogliono un protagonista straordinario (visto che è in scena dall'inizio alla fine) e un regista in grado di mantenere costantemente alta la tensione. L'irlandese Colin Farrell fortunatamente è un attore coi fiocchi e nella parte ci si ritrova alla perfezione: suda, soffre, si infuria, grida, sempre con la cornetta in mano e senza mai perdere credibilità. Kiefer Sutherland, la “voce” del maniaco, sa incuriosire al punto giusto (un po' meno Massimo Rossi, il nostro doppiatore) e Forest Whitaker completa bene il cast. Joel Schumacher, regista che alterna preoccupanti alti e bassi, se la cava con grande mestiere e i film in definitiva funziona. Dura appena un'ora e venti (ma d'altronde sarebbe stato controproducente insistere) e il coinvolgimento è assicurato,. Non è poco. Probabilmente si esagera con brutti split screen (doppi, tripli, montati in ogni modo), l'incipit è un po' tirato per le lunghe, ma quando l'azione incalza lo si è già dimenticato. Finale intelligente. Robusto film di genere, che non lascia niente ma sa appassionare. Marcel M.J. Davinotti jr. Chiudi
Molto convincente (anche se un tantino sopra le righe la parte della confessione in "cabina telefonica") la recitazione del talento scozzese Colin Farrell. Ottimo il ritmo imposto alla vicenda dal regista: anche perché per 3/4 del film la location è una cabina telefonica situata al centro di Manhattan. Ma nonostante tutto la storia si segue tutta d'un fiato, grazie anche al buon apporto dato dal grande Forest Whitaker nei panni del capitano.
Analogie, au contraire, con Un giorno di ordinaria follia, probabile modello di riferimento.
Insiema al sottovalutato Tigerland , è la dimostrazione del discreto talento del regista Joel Schumacher che con le giuste sceneggiature e magari rinunciando ai grossi budget (come nei due suoi Batman) riesce a confezionare film piuttosto pregevoli. Intepretato da un bravo Colin Farrell (peraltro sempre in scena) In linea con l'assassino è girato con ottimo ritmo, senza accusare cali di tensione, ma in un crescendo emotivo che porta ad un bel finale. Convincente.
Accantonate le ridondanti spettacolarità dei suoi “Batman”, Schumacher ripiega sulla semplicità aderendo ad uno dei principi cardine del teatro classico, ovvero l’unità di luogo, tempo e azione. Tutto questo – insieme alla frenetica e apparentemente ordinaria ambientazione newyorkese - giova senz’altro all’economia della vicenda, che guadagna molto in termini di ritmo e tensione. Bravo Farrell, nuovo e versatile talento che, anche per ragioni di trama, è chiamato a reggere il film tutto sulle sue spalle.
Questo film rappresenta tutto ciò che un b-movie dovrebbe essere: una sola, geniale idea di base, un bravo protagonista, elementi surreali/inverosimili che tendono a stupire lo spettatore, scenografie ridotte in nome dell'unione di utile e dilettevole. Questi elementi vengono uniti ad una vena sperimentale che tende a trovare nuove soluzioni, anche nella ricerca della suspance, come il picture in picture. Esperimento in gran parte riuscito.
Ottima prova di Colin Farrell che si ritrova in scena per tutti gli ottantuno minuti della pellicola. Schumacher offre un buon thriller ambientato per quasi la sua totalità all'interno di una cabina telefonica e riesce nella difficile impresa di tener sempre alta la tensione nello spettatore. Come si suol dire: "poca spesa e molta resa".
Un protagonista azzeccato e ben interpretato (agente pubblicitario, capace, fighetto e stronzetto) e un serial killer che fa la fortuna delle compagnie telefoniche, sono le armi vincenti di questa pellicola, che basa tutto sul rapporto vittima-psicopatico. Bello come il poveretto venga costretto a fare ammenda davanti a tutti, moglie compresa. I dialoghi sono ben costruiti (e meno male, visto che sono la linfa del film) e una durata limitata fa sì che il tutto non scada. Avrei preferito una voce più telefonica del pazzo, ma pazienza. Buon finale, che conclude degnamente una pellicola riuscita.
MEMORABILE: Il pappone definisce le sue puttane: "Il sindacato del tanga". Il capitano: "Ma come? Quello della cabina ha sparato e poi si è fermato a telefonare?"
Ottima prova registica: è una grande sfida ambientare buona parte del film in una cabina telefonica, un po' come fece Lumet in una stanza 45 anni prima. In ogni caso i film di questo tipo riescono solo se sorretti da grossi meccanismi di convincimento e coinvolgimento e qui Schumacher ce la mette tutta, perché la storia sostanzialmente breve viene digerita tutta in un colpo. Merito di un grande attore che in una situazione del tutto improbabile riesce a rendersi credibile e dei ritmi sempre arzilli che alimentano la suspance.
Finalmente lo Schumacher regista riesce a dirigere discretamente un film. Concentrare quasi tutta la trama su di un "ostaggio" recluso in una cabina telefonica non era impresa facile, ma la suspense che è riuscito a creare il regista e l'eccellente prova dell'irlandese Colin Farrel sono risultati estremamente funzionali al risultato. L'angosciato e terrorizzato protagonista riesce a reggere, senza stancare lo spettatore, la perenne inquadratura a cui è assoggettato e il cecchino con il suo umorismo sadico non è da meno. Coinvolgimento in crescendo.
Joel Schumacher è un tipo imprevedibile, dato che alterna boiate pazzesche a film interessanti. In questo bel thrillerino - di encomiabile stringatezza narrativa - dimostra una notevole abilità, riuscendo a reggere quasi tutta la durata del film su un'unica situazione: il protagonista chiuso dentro una cabina telefonica, bersaglio di un cecchino invisibile dotato di un perverso senso dell'umorismo. L'ottima prova di Farrell - raramente così convincente - assicura un buon grado di coinvolgimento emotivo. Non un capolavoro, ma molto piacevole.
Scommessa ardita ma riuscita quella di Schumacher che qui firma la sua migliore regia: girare un film quasi in un unico ambiente che è tra i più piccoli della storia del cinema e cioè una cabina telefonica. Il ritmo è buono e la tensione si mantiene alta e costante per tutta la sua, per fortuna breve, durata (altrimenti il gioco avrebbe mostrato la corda e si sarebbe andati incontro ad inutili lungaggini e diversivi) fino ad arrivare ad un finale abbastanza riuscito e beffardo.
Schumacher, senza esagerare, realizza un discreto film. Farrell, sulle cui spalle poggia il 90% della pellicola, si dimostra all'altezza del compito. Però le altre parti del film non sono prive di difetti, a partire da un Sutherland/Sniper/moralista poco coinvolgente (anche per colpa della voce), fino a certi momenti che non rendono giustizia alla sceneggiatura. Buona la metafora del rapporto fra cinema e pubblicità, anche se nonostante la tensione è chiaro che Schumacher non è esattamente Hitchcock.
Adrenalinico e claustrofobico, il film si distingue per l'originalità e vede un Farrell adeguato e convincente. Una tensione palpabile che porta ad un'analisi psicologica del protagonista messo sorprendentemente alla berlina. Tuttavia nella narrazione potrebbe sorgere un lieve senso di ripetitività.
Ma che film magnifico! Nonostante il protagonista, il sempre ottimo Colin Farrell, passi tutto il tempo solo in una cabina telefonica, non ci si annoia e anzi ci si angoscia a dovere. Nel vederlo ci si ritrova davanti a un senso di impotenza frustrante ed è impossibile non immedesimarsi nel malcapitato di turno. Schumacher filma un piccolo capolavoro.
Buon thriller di Schumacher che riesce a coinvolgere lo spettatore con una storia asciutta, tesa e che non fa notare troppo alcuni scivoloni nell'inverosimile. L'idea di partenza è semplice ma abbastanza originale e il regista sceglie, per fortuna, di non allungare inutilmente il brodo e di tenersi sotto l'ora e mezza. Ma il vero punto di forza del film è l'ottima interpretazione di Farrell, decisamente uno dei migliori attori della sua generazione, che risulta credibile e regge tutto il film sulle sue irlandesi spalle.
Joel Schumacher dirige un buon thriller girato interamente all'interno di un'angusta cabina telefonica riuscendo a mantenere sempre vivi il ritmo e la tensione. Un plauso all'ottimo Colin Farrell a cui va quasi tutto il merito e anche al bravo capitano Forest Whitaker. L'unico limite è forse la troppa volgarità.
MEMORABILE: L'imprevedibile colpo di scena finale.
Formidabile thriller "aristotelico" con le tre classiche "unità" (luogo, tempo, azione) perfettamente rispettate. Ed esaltate da un'iniezione adrenalinica di tensione, che ci tiene inchiodati insieme al protagonista (un intenso Farrell), incollato alla cabina telefonica sotto il tiro di un giustiziere psicopatico. Il senso di pericolo "casuale" nascosto nelle nostre città fa balenare (involontariamente?) retrosignificati più metafisici, mentre stucchevole è la morale sull'ipocrisia e troppo banale il finale. Ma il film è davvero meritevole.
Ho l'impressione che se l'avesse firmato Paul Schrader (Hardcore, Il bacio della pantera...), si sarebbe disquisito sull'etica calvinista, sul peccato in pensieri-parole-opere-omissioni, sulla (possibile?) redenzione, sul Dio onnipotente, sull'interpretazione della figura del Giustiziere. Essendo invece di Schumacher, si pensa più all'azione (è un film ossimorico, con staticità ultradinamica) e si trascura, invece, la buona fusione delle due tematiche. Ritmo e non eccessiva durata fanno perdonare qualche illogicità. Un buon film: ***
Un film che potrebbe essere seguito anche in strereofonia, ma alla radio! Il lavoro del comparto tecnico e attoriale riesce a salvarlo da una sceneggiatura ridicola, inverosimile e improponibile, ma è soprattutto lui, Colin Farrell, a fare la parte del leone, ingabbiato in uno zoo di matti. Girato in appena dodici giorni con una Los Angeles spacciata per New York. Se lo vedi sopravvivi, se riattacchi sei morto.
Non credo che esista un titolo più azzeccato per questo film. L'ambientazione è unica e si gioca tutto sul fatto che il protagonista sta dentro a una cabina telefonica. Farrell riesce a mantenere e a dare al film un buon ritmo: era difficile interpretare un film che sembra quasi un monologo e forse un altro attore non sarebbe riuscito a recitare altrettanto bene. Il soggetto è molto buono e anche la sceneggiatura è interessante, per quanto semplice. Schumacher, pur con pochi mezzi, riesce a firmare un film gradevole.
Schumacher conclude la sua trilogia sulla metropoli nella maniera più originale possibile, ma anche noiosa e ripetitiva. Farrell si carica tutto il film sulle spalle, con sprazzi di varia umanità (il pappone incazzoso, le prostitute, la folla di curiosi), ma il film (agevolato anche dalla breve durata), diventa monotono e piuttosto statico, non convincendo del tutto, nemmeno nel colpo di scena finale. Per certi versi ricorda Quel pomeriggio di un giorno da cani e si assapora un vago sentore di cinema anni 70, ma resta un film riuscito a metà.
MEMORABILE: L'inizio, un viaggio tra cavi e linee telefoniche; La rivelazione finale del cecchino; Il pappone imbestialito.
La vetusta, residuale e pubblicissima cabina telefonica come ultimo avamposto metaforico in cui arroccarsi per resistere agli attacchi massivi, concentrici e pluridirezionali di un cecchinaggio tecnologico sempre più infiltrante, malato, attilesco ed incorporeo. Similmente all'omonimo ex-ferrarista, Schumacher è sempre quella scheggia impazzita e imbattibile quando pone la sua animata regia alla guida di un abitacolo umano nel circuito ipocondriaco delle psicosi metropolitane. La sua sfida tecnicistica all'unità di tempo, luogo e azione si dinamizza in split-screen ipertensivi su di un ritmo tachipnoico trionfante.
MEMORABILE: L'ottima resa attoriale di Colin Farrell; Il fugace miraggio "sutherlandiano"...
Missione compiuta, perché confezionare un bel film adrenalinico utilizzando solo un fazzoletto di spazio in mezzo alla strada dev'esser complicato. Schumacher imprime un dinamismo esaltante - considerata la fissità della situazione - grazie a dialoghi ficcanti e accelerati, oltre a trovate ben assestate ed energiche dosate cammin facendo. Funzionale l'uso dello split screen nel rendere incalzante la vicenda. Bene Farrell, sotto pressione dal primo all'ultimo minuto; Kiefer, moralizzatore con fucile di precisione al seguito, fa capolino solo alla fine.
MEMORABILE: L'apparizione finale, quasi paradisiaca, di Kiefer Sutherland.
Thriller originale che per l’ambientazione (si svolge tutto dentro e nei pressi di una cabina telefonica) sembra l’atto di un’opera teatrale. Il ritmo è a manetta sin dall’inizio, tutto giocato su dialoghi serrati. Il finale, che dovrebbe costituire un colpo di scena, è in realtà - è il caso di dirlo - piuttosto telefonato. Si poteva far meglio. Farrell molto bravo.
Un piccolo gioiello di tensione con l'esperta regia di Schumacher che, lontano dai grossi budget del passato, riesce a creare una storia dinamica avvalendosi di split screen e montaggio serrato (un po' come in 24). Farrell è credibile e bravo, ma hanno più spessore il poliziotto Whitaker e l'ottimo Shuterland, killer moraleggiante che lo costringe al telefono. Ad aiutare molto c'è anche la breve durata, che non lascia spazio a tempi morti. Notevole.
Thriller al cardiopalma con Colin Farrell in una delle migliori interpretazioni della sua carriera. Entra in una cabina telefonica e viene ricattato da un assassino misterioso, il tutto in una Manhattan fascinosa e piena di gente. Non è lunghissimo, ma si gusta dal primo all'ultimo minuto. Notevole e promosso a pieno merito.
Colin Farrell protagonista assoluto di questo ottimo thriller che dopo una breve introduzione comincia a costruire una tensione inesorabile. Schumacher dirige in modo impeccabile, mai un calo di ritmo. Le continue richieste del "cattivo" tengono alta l'attenzione mentre Forest Whitaker funge da arbitro sapiente del pericoloso gioco in atto. L'unica location, l'ultima cabina telefonica d'una strada di Manhattan, è icona d'un mondo ormai perduto nonché dell'indifferenza, i temi principali del film. Apprezzabile l'uso dello split screen.
Thriller quasi monolocation la cui componente morale fornirà le basi per i futuri Saw e derivati. Il ritmo vorticoso riesce a celare i difetti di una sceneggiatura che, in seguito ai primi intriganti sviluppi, tende un po' a vivere di rendita, mentre a recuperare qualche punto ci pensano un credibile Farrell e una regia di indubbia abilità (gli split screen si perdonano). Il senso di catarsi scaturito dall'abbattimento del pappone ci ricorda che abbiamo al timone il regista di Un giorno di ordinaria follia. Durata per una volta funzionale.
Un uomo ossessionato dalla propria immagine e dalla sete di successo viene coinvolto in un gioco al massacro che lo vede protagonista. Girare un film all'interno di una cabina telefonica e con pochissimi altri elementi non era assolutamente facile, visto che l'obiettivo era quello di tenere incollato allo schermo lo spettatore. Schumacher ci riesce sviluppando il lato umano del personaggio principale e piazzando un paio di colpi di scena niente male. Un signor thriller.
Serrato, minimalista, claustrofobico thriller ad alta tensione con uno psicopatico moralista che si diverte a tormentare persone poco sincere e oneste. Le regole del gioco sono semplici: l'intero film è un lungo dialogo tra la voce senza volto del killer e un convincente Colin Farrell. Ottima scrittura da parte di Larry Cohen, diverse le sequenze d'impatto che colpiscono nel segno. Scorrevole nonostante il soggetto non consenta scene molto movimentate. Uno di quei film che ti fanno domandare più volte: "Io al suo posto che farei?". Consigliato.
MEMORABILE: L'omicidio in strada; Farrell costretto a insultare il mediatore della polizia dal cecchino omicida; Il finale.
Delizioso thriller psicologico, costruito tutto sul perverso e invisibile antagonista, il quale si assume il compito di redimere telefonicamente uno dei milioni di arrivisti cinici che le metropoli sfornano a getto continuo (Colin Farrell azzeccatissimo per la parte). Il budget è all'osso, ma l'idea di base non poteva essere sfruttata meglio, anche (e soprattutto) grazie alla breve durata. Prudente la scelta di usare una voce senza filtro telefonico per far parlare il personaggio dello psicopatico (ciò va a scapito del realismo, ma evita di essere stancante per lo spettatore).
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HomevideoGestarsh99 • 14/08/11 14:50 Vice capo scrivano - 21548 interventi
Disponibile in edizione Blu-Ray Disc per 20th Century Fox:
DATI TECNICI
* Formato video 2,35:1 Anamorfico 1080p
* Formato audio 5.1 DTS: Italiano Spagnolo
5.1 DTS HD: Inglese
* Sottotitoli Italiano Inglese Spagnolo
* Extra Commento audio del regista Joel Schumacher
Trailer: In linea con l’assassino
Trailer: La leggenda degli uomini straordinari
Trailer: Kiss of the Dragon
Attaccati alla cabina telefonica si possono notare alcuni adesivi raffiguranti Andrè the Giant, lottatore professionista apparso anche nel film Conan il distruttore, non accreditato nei titoli di coda, perchè vi appare mascherato.
Fonte:dalla sua biografia.
Clamorosa la somiglianza tra questo film e Liberty Stands Still, sono praticamente l'uno la fotocopia dell'altro per quanto riguarda la trama, anche se, viste le date di uscita (entrambi 2002), credo che nessuno abbia copiato nessuno.
Qui si sente il peso specifico di Schumacher, diciamo di livello superiore, capace di incollare alla poltrona. Nell'altro, che comunque non è male da che ricordi, qualche sbadiglio invece ci scappa.