Ferrara diventa qui regista di un film nel film mettendo in scena un lavoro, rimasto incompiuto, di Pasolini. Operazione decisamente rischiosa e sdrucciolevole. Ed è proprio su questo terreno scivoloso che atterrano miseramente Ferrara, Scamarcio, Betti e Davoli. Perché a parte questo intento non saprei trovare altro senso: se voleva essere un omaggio al Poeta, il film è troppo asettico e privo di pathos. E' svilente anche per durata, doppiaggi e dialoghi ("How are you, Pierut?", imbarazzante). Salvo la scelta di Dafoe nelle vesti di Pasolini.
Una grande occasione mancata per un film praticamente inutile, che non aggiunge nulla alla vita di Pasolini. Tra immagini visionarie, ricostruzioni prive di verità, l'omicidio e abbondanti scene di sesso si giunge all'agognata fine con un senso di totale smarrimento per la carente visione. Bravo Dafoe, benché il doppiaggio di Gifuni lo penalizzi. Gli altri interpreti appaiono per lo più in camei; la più convincente sembra la Asti, in parte la De Medeiros. Deludente.
Vacua ed estetizzante strombazzata di Ferrara, che viene a girare ad Ostiense una storia che lui evidentemente immagina ambientata negli anni '70 di Brooklyn. Arreda "Al Biondo tevere" come nel '75 (e poi rimette tutto a posto), con spesa degna di maggior sostanza da mettere in scena.
Anche le scelte più interessanti sulla carta (mettere il vero Ninetto accanto a un attore che lo impersona, esibire una piatta ricostruzione omosessuale dell'omicidio) falliscono miseramente all'attuazione. Si appaga solo (e con una certa vergogna) la nostra morbosità necrofila, grazie al volto di Defoe.
MEMORABILE: Il sottile senso di terrore che Pasolini sembra incutere ai parenti (madre e cugini) che abitano con lui, centro delle loro vite.
Quando non si ha niente da dire, di solito, è meglio restare in silenzio. Non deve averlo capito Ferrara, che gira questo film sull'ultimo giorno di vita di Pasolini senza raccontare nulla. Scene (poche) di intimità familiare si mischiano senza soluzione di continuità a interviste e immagini di come sarebbero dovuti essere filmati Petrolio e Porno-Teo-Kolossal, in un pesante groviglio di scene sfilacciate e sconnesse fra loro. A tutto ciò aggiungiamo un Dafoe assolutamente non in parte, doppiato malissimo da Gifuni. Da evitare assolutamente.
MEMORABILE: Lo strazio della madre Susanna (ben interpretata da Adriana Asti) alla notizia della morte del figlio.
Ferrara dice di voler svelare la verità sul delitto Pasolini. Il film parte con alcune scene della terribile ultima opera dello scrittore; poi si prosegue nella vacuità assoluta, senza una direzione precisa, senza spessore ma anzi, cercando apposta i lati torbidi di Pier Paolo Pasolini. Un'opera deludente, che non lascerà quasi traccia di sé. Viene da capire cos'abbia capito o recepito Ferrara del regista friulano: a giudicare da quest'opera sembrerebbe poco o nulla. In una piccola parte (ancora da capire) si vede Davoli.
MEMORABILE: L'arrivo a casa Pasolini di Laura Betti (interpretata in modo assai macchiettistico e assai fuori parte da Maria de Medeiros).
Omaggio a Pasolini attraverso la rievocazione, quasi filologica, del suo ultimo giorno di vita. Ferrara descrive la molteplicità del poeta, qui descritto in affetti, pulsioni, pensieri e visioni, con sprazzi (inadeguati) del film mai girato Porno-Teo-Kolossal e del romanzo mai finito Petrolio. E proprio il recupero pasoliniano del non-finito dà senso a un film che non osa (o non sa) calarsi in profondità, tratteggiato per appunti, per presentarsi come magma naif ma sincero. Con un Dafoe mimetico (ma pessimamente doppiato) e uno Scamarcio (Ninetto) fuori luogo.
Un consiglio. Anzi tre. Ascoltate l'ultima intervista di Pasolini, e meditate. Leggete Porno Teo Kolossal, e immaginate. Guardate il film di Giordana, e capirete. Ferrara, incapace di tradurre l'estraneità del suo sguardo in onestà d'intenti, s'inerpica nella forma con esiti di una bruttezza sconcertante; fa di un uomo la somma delle sue azioni - si veda l'interpretazione di Dafoe, solo prossemica e fisiognomica. Emerge il ritratto avvilente di un apocalittico integrato, la cui vacuità è pretestuosamente affidata all'ermeneutica a posteriori - casomai qualcuno sentisse l'urgenza di soddisfarla.
Lo so, ha scatenato le ire di molti. Posso capire che spesso sembri velleitario. Visto doppiato acquista uno spessore maggiore e, secondo me, è un omaggio sincero e spetto puntuale verso PPP. Non trovo esecrabile la messa in scena né di Petrolio (anzi...) né di Porno-Teo-Kolossal perché forse è lì a dimostrare ciò che Ferrara ha preso dal maestro. Defoe eccezionale, Davoli commovente, pessimo Scamarcio e poco riuscita la Betti della Medeiros. Ma il film segue la sua corrente e ciò mi piace. Onesto, imperfetto, appassionato.
Opera difficile quella di un film sul più grande, ultimo poeta italiano del '900, ne effigia non solo la personalità ma anche la biografia, la produzione artistica, il pensiero. Il lavoro di Ferrara è un tentativo, riuscito, di proporre un'idea, un'interpretazione attorno a un personaggio dalla intensità a volte anche eccessiva. Il risultato è se non altro lontano da logiche "televisive" o scandalistiche o pruriginose. Indiscutibilmente bravo Willem Dafoe.
Biopic vuoto e squallido, con una desolante atmosfera da film italiano contemporaneo alla quale concorrono una serie di volti che si sarebbe preferito non rivedere (mancava solo la Rohrwacher). Si arriva agli strascicatissimi 80 minuti infilando Porno Teo Kolossal e Petrolio in versione cortometraggio kitsch, ma a ben vedere pure il trash scarseggia (forse tranne quando - per citare Grignani - la notte se ne va in giro come se fosse un vampiro) mentre a colpire è solo una tragica incapacità di scavare o di approfondire. Trascurabile.
Nelle intenzioni un plateale omaggio, in pratica uno sputacchio di film in cui, a parte la scena dell'uccisione di Pier Paolo Pasolini (realizzata in cronistoria dell'evento) si salva ben poco: un doppiaggio carente (improponibile la voce associata a Laura Betti) e una sceneggiatura agli sgoccioli (l'ultimo giorno nella vita di Pasolini appartiene solo alla sua memoria) tradotti in immagini partoriscono un film che non appaga, che non rivela, che non interessa. Tarato geneticamente e privo di spessore.
La brevissima durata (non arriva agli 80 escudendo i titoli di coda) dovrebbe già far capire che c'è pochissimo da dire su una delle figure più controverse e interessanti del secolo scorso. Un'operazione inutile e senz'anima (non parlo da fan, considerando che il Pasolini regista lo tollero pochissimo) che non intriga e che non fa rivivere la complessità del personaggio. In negativo: il terrificante doppiaggio di Gifuni e Pasolini che gira in macchina alla ricerca della preda per dar sfogo allla propria sessualità. Uno dei biografici più insulsi mai concepiti. Ferrara conferma la propria discesa nella mediocrità.
A prescindere dalla conoscenza del personaggio Pasolini, si rimane perplessi davanti all’operazione di Abel Ferrara in quanto si fatica a comprenderne l’utilità. Una ricostruzione dell’ultimo giorno della vita dell’artista inframmezzata da immagini che sono una libera interpretazione della sua ultima opera, non aggiunge nulla alla figura del personaggio né fornisce contributi di altro genere. L’aderenza di Dafoe al personaggio sembra buona ma per il resto il film è davvero povero e per fortuna di breve durata.
Ferrara omaggia il grande poeta italiano con un film appassionato e devastante; diversamente dal cinema-verità di Giordana, "Pasolini" non vuole cercare la verità di quella tragica notte ma solo far capire quanto il mondo ha avuto la disgrazia di perdere. E lo fa in maniera estremamente onesta e sincera, mettendo da parte la figura dell'intellettuale su cui già si sono versati fiumi di inchiostro, mostrando prima di tutto il Pasolini-uomo, con la sua quotidianità, le paure e le insicurezze. Abel ha "sentito" Pier Paolo meglio di molti altri.
Grande e sincero omaggio al Maestro Pier Paolo Pasolini. Abel Ferrara ricostruisce con fedeltà e maestria l'ultimo giorno del poeta soffermandosi molto su "Petrolio" e su "Porno-Teo-Kolossal", dando anche uno sguardo alla situazione sociale/politica dell'epoca. L'apice del film è l'intervista con Furio Colombo (interpretato da in bravo Siciliano). Monumentale Willem Dafoe, doppiato da Gifuni; grandissimo Ninetto Davoli, fuori parte Scamarcio. Buona la regia, azzeccate le musiche. Ottimo.
MEMORABILE: L'interpretazione di Dafoe; L'intervista con Furio Colombo; L'Alfa Giulia GT 2000.
Ma che roba è? Un film brevissimo in cui un Willem Dafoe mimetico e doppiato malissimo da Gifuni si muove e fa cose mentre si susseguono in parallelo vicende oscene e inspiegate... Sogni? Presagi? Boh, chi lo sa, intanto cogliamo qualche aspetto quotidiano del nostro, intellettuale scomodo ma figlio di mamma servito e riverito anche dalla cugina, mentre una Laura Betti parodiata passa in visita a lasciare regali. L'uccisione è secondo gli atti di autopsia della parte civile; Davoli- Eduardo e Scamarcio-Davoli: ma che, davero?
MEMORABILE: Le scene finali con in sottofondo una celebre aria della Callas, sia mai che scordiamo che si parlò di una storia tra i due.
La bella idea di omaggiare il celebre scrittore, poeta e regista italiano che tante premesse aveva alimentato, si è poi ridotta a una pellicola asettica e superficiale, che spia invece di guardare e che appena sfiora una personalitá complessa e poliedrica come quella di Pasolini. Nonostante la fantastica idea di utilizzare un perfetto Dafoe l'esperimento è fallito, il film è senza profondità e non omaggia. Quasi pura cronaca, senza domande... tantomeno risposte.
Lo dico da profano, ma mi è sembrato terribile. E la cosa spiace perché il personaggio avrebbe meritato ben altro trattamento: qui invece ne viene fuori un ritratto sbiadito che dipinge il Pasolini intellettuale
quasi come un alieno disancorato dalla realtà (si veda l'intervista) e sul piano privato come un allupato continuamente in cerca di ragazzetti. Insomma tante banalità e nessuna novità che possa contribuire in modo
interessante allo "studio" della figura pasoliniana. Di sicuro risultano imbarazzanti il doppiaggio di Gifuni e la prova di Scamarcio assolutamente fuori ruolo.
Il racconto dell'ultimo giorno di vita inframezzato con spezzoni basati soprattutto su Petrolio, il romanzo rimasto incompiuto: fra i vari film girati sulla figura di Pasolini, questo suscita la maggiore perplessità, a partire dallo "scollamento" fra il volto del pur bravo Dafoe e la voce doppiante di Gifuni fino all'ipotesi dell'assassinio come casuale conseguenza di un tentativo di rapina finito male. Abel Ferrara non è un regista banale e palesemente non ha voluto limitarsi ad un convenzionale biopic, ma il risultato è discutibile quanto modesto.
Ferrara prova a mettere in scena l'ultimo giorno di vita di Pasolini dando la parte al fidato Dafoe, il quale ci mette tutto se stesso ma sembra che qualcosa manchi (sarà forse per la versione doppiata che spezza il suono realistico delle scene). La regia è come al solito buona, la fotografia notturna è coinvolgente e abbastanza cupa; anche le musiche sono ben inserite. La sceneggiatura è un po' incompleta e troppo poco spazio viene dedicato a Ninetto Davoli e al film che vorrebbe realizzare il regista romano subito dopo Salò, considerando che quelle scene sono le migliori.
Osserva l'ultimo montaggio di Salò, chiede a Moravia un parere su Petrolio, riproduce un vinile di musica popolare croata durante un pranzo di famiglia, prepara il discorso per il congresso dei Radicali, descrive la struttura di Porno-Teo-Kolossal a Ninetto e offre l'ultima cena a un ragazzo di vita. Per la sua ricostruzione su più piani dell'ultimo giorno di vita di Pasolini, Ferrara si affida allo straordinario mimetismo fisiognomico di Dafoe (doppiato debolmente da Gifuni); ma il cast di contorno è smunto, lo script più stanco che onirico, il finale inquinato dal didascalismo.
Pellicola biografica di uno dei registi più controversi e visionari d'Italia. Tutto incentrato sugli ultimi giorni di vita del regista, il film è ben scritto, frapponendo in certi frangenti la realtà dalla fantasia. Crudo e cattivo nel finale, "Pasolini" è un onesto omaggio, grazie anche alla ottima interpretazione di Willem Dafoe che in certi ruoli estremi sembra trovarsi sempre a proprio agio. Apprezzabile la fotografia.
Di rara bruttezza e mancanza di senso. Ferrara mischia la realtà quotidiana del regista con ricostruzioni del suo romanzo incompiuto e del film che avrebbe voluto realizzare. Ne esce fuori un pastrocchio che ci dice più cose su Ferrara che su Pasolini. Dafoe non entusiasma e il suo doppiaggio è terribile, Mastandrea è Mastandrea, sempre identico a se stesso, meglio sorvolare su Scamarcio-Davoli. Fotografia discreta, forse maggior pregio del film; ah no, quello è che dura appena 80' di cui almeno 5 di titoli di coda. Meglio rivedersi Giordana.
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DiscussioneMatalo! • 29/01/15 12:49 Call center Davinotti - 613 interventi
Rebis ebbe a dire: Ciao Matalo! Complimenti per l'analisi fluviale! Purtroppo del film conservo ancora un ricordo respingente, ma le tue parole mi hanno incoraggiato a rivederlo, cosa che prima o poi farò... chissà che non riveda anche la mia posizione :) Vale anche per me: i commenti di questa discussione possono aiutarmi
Ferrara omaggia il grande poeta italiano con un film appassionato e devastante; diversamente dal cinema-verità di Giordana, Pasolini non vuole cercare la verità di quella tragica notte ma solo far capire quanto il mondo ha avuto la disgrazia di perdere. E lo fa in maniera estremamente onesta e sincera, mettendo da parte la figura dell'intellettuale su cui già si sono versati fiumi di inchiostro, mostrando prima di tutto il Pasolini-uomo, con la sua quotidianità, le paure e le insicurezze. Abel ha "sentito" Pier Paolo meglio di molti altri.
Quel Pasolini andrebbe sostituito con Ferrara, o in alternativa andrebbe omesso.