(BABY VINTAGE COLLECTION) Abel Ferrara è regista che ben conosce il suo mestiere e possiede uno stile personale spesso basato sulla crudezza insistita di alcune scene. THE BAD LIUTENANT non è un'eccezione e Ferrara finisce per sprecare un'ottima idea e un attore, Harvey Keitel, già dimostratosi eccellente interprete. La totale amoralità e l'assoluto disprezzo delle leggi del protagonista risultano esagerate e poco credibili. Se si volevano condannare alcuni atteggiamenti scorretti da parte di poliziotti poco seri (e certamente ne esistono) era poi probabilmente preferibile evitare la frammentarietà eccessiva del racconto, indeciso fino all'ultimo sull'episodio...Leggi tutto da privilegiare (la dipendenza dalle droghe? la finale di baseball? I creditori da pagare?) e non puntare tutto sulle sulle improvvisazioni di Keitel e sui suoi continui sbalzi d'umore. Il finale finirà per essere allo stesso tempo prevedibile e incredibile, lasciando l'amaro in bocca a chi aveva ipotizzato che il "cattivo tenente" possedesse un po' di cervello. Si celebra l'istrionismo di Keitel dalla prima all'ultima sequenza, si presenta addirittura una scena gratuita con un suo nudo integrale, ma BAD LIEUTENANT è un film di cui restano nella memoria solo qualche guizzo divertente e alcune risposte imprevedibili.
Il protagonista dal carattere bastardo si avvia verso l'auto-distruzione muovendosi tra le indagini di uno stupro ad una suora, le sua dipendenza dalla droga e pesanti scommesse da pagare. Tipico noir-poliziesco metropolitano con l'obiettivo di shoccare lo spettatore. Purtroppo non ci riesce come dovrebbe o potrebbe (lo stesso protagonista risulta poco credibile) e per tutto il film i ritmi si rivelano esageratamente lenti; non c'è una colonna sonora che accompagni le scene e anzi prevalgono lunghi e soporiferi momenti di silenzio.
MEMORABILE: Il nostro cattivo tenente, in chiesa durante una crisi depressiva, vede Gesù Cristo immobile che lo osserva.
Un film insolitamente cupo e disturbante che affronta temi come la droga, il gioco d'azzardo, la religione e il perdono con una forza notevole. A tratti decisamente sopra le righe e abbastanza compiaciuto, riesce comunque ad essere molto convincente. Straordinaria l'interpretazione di Keitel (anch'essa molto sopra le righe) che non esita a mostrarsi nudo integralmente in un'allucinata sequenza. Davvero niente male.
Un tenente della polizia, anzichè occuparsi di arrestare i criminali, impegna il suo tempo tra puntate sportive azzardate, droga (venduta e consumata), alcool e perversioni sessuali. Irrompe poi un terribile caso di violenza sessuale ai danni di una suora, con tanto di taglia sui malfattori, che diverrà vitale per il poliziotto allo sbando. Film che ben rappresenta il decadimento fisico, psicologico e morale di un individuo, con scene davvero estreme e un Keitel eccezionale.
Film cupo e disperato che ci fa sprofondare, insieme all'ottimo Keitel, in un universo di depravazione, corruzione e mancanza di principi. In questo fango di immoralità il tenente protagonista trova una missione, uno scopo che riesce a riabilitarlo almeno con se stesso. Film struggente con una potenza visiva notevole.
Tenente di polizia corrotto e degradato si mette alla ricerca del colpevole di uno stupro ai danni di una suora. Uno dei film migliori di Abel Ferrara che dipinge un ambiente ed un personaggio di estrema sgradevolezza ma dai connotati iper-realistici. Il film che viaggi nel territorio limite tra sacro e profano è segnato dalla grande interpretazione di Harvey Keitel alle prese con uno dei ruoli più difficili della propria carriera.
Pellicola disperata e marcissima. Un eccezionale Keitel ci prende per mano e ci porta a scoprire una realtà allucinante, becera, orrenda, vomitevole. Ferrara scaglia allegramente più di un calcio in bocca e ritrae un uomo totalmente perso e senza speranza, talmente estremo e folle che si è in bilico tra la pietà e il più sincero disprezzo. Non è un film per tutti, ma per gli stomaci forti vale la pena fare un giro in questo circo di disgustosi bassifondi umani. Nerissimo e volutamente sopra le righe.
Harvey Keitel e Abel Ferrara si prendono per mano e scandagliano l'anima nera di un tenente di polizia newyorkese dedito a droghe e scommesse clandestine. Film disturbante e spiazzante dove un grande attore si lascia andare a nudi frontali, sproloqui, masturbazioni, varie depravazioni, senza limiti e senza nessun freno che il regista si vede bene dal non dargli. Abbastanza esile il resto dell'operazione in cui il Tenente (nessuno viene chiamato per nome) si avvia verso l'autodistruzione inevitabile. L'apparizione di Gesù è forse un po' troppo enfatica.
Un poliziotto porco, drogato, giocatore d'azzardo; la finale del campionato di baseball; una suora stuprata in chiesa, che perdona i suoi aguzzini. Quella del cattivo tenente è un'inesorabile discesa agli inferi che culmina nella visione di Cristo a cui indirizza una disperata preghiera ululando di dolore, prima che il miracolo e il martirio concludano questo blasfemo vangelo metropolitano. Un film duro e tagliente che crea un imprevedibile e impressionante corto circuito tra salvezza e perdizione dove non si immaginerebbe. Potentissimo Keitel.
Il cattivo tenente è il "disgustoso" Harvey Keitel, irritante e spesso "penoso", su cui ruota la storia, davvero poco credibile ma che ha un fascino notevole. Tra droga perversioni, figure familiari e lavoro (?) il protagonista cerca l'autodistruzione. In pratica l'antitesi del tenente Colombo, a parte il look...
MEMORABILE: Il nudo integrale del poco fascinoso Keitel.
Harvey Keitel è un Gesù Cristo tornato in una terra livida e disperata, un messia fiaccato nel corpo e nello spirito, inghiottito dall'inferno della metropoli. Il cattivo tenente ringhia, si dispera, deraglia ma non perde di vista la sua missione: farsi carico del male del mondo, sacrificarsi per la redenzione dell'umanità. Il cinema di Abel Ferrara è un lungo tunnel buio e sporco, attraversarlo è un calvario che non può che terminare con la crocifissione.
Struggente e forte opera di Abel Ferrara, che rischia di esser peggio di un pugno in faccia. La vita è cruda e lo è ancora di più quando si gioca con il fuoco. Film sfacciato e sadico fatto di perversioni e profanazioni che sanno di maestria. Forse è il miglior film di Keitel che impersonifica un angelo scacciato dal paradiso in pieno tormento con sè stesso. Bella la musica e il finale.
MEMORABILE: L'urlo trattenuto e straziante che il tenente opera in chiesa.
Un film bello ed estremo, come lo è tantissimo Abel Ferrara. Parabola sulla violenza e sulla follia, sull'incapacità di sopravvivere nella vita e di amarla nello stesso tempo. Nelle scene, Harvey Keitel ha una presenza possente ed energica; soltanto lui poteva interpretare un ruolo simile, così tanto impegnativo ed "apocalittico".
Un poliziotto è alla ricerca di due stupratori. Le sue giornate passano fra droga, scommesse di partite di baseball ed infine ad interessarsi del caso. Dire che Keitel è ottimo nel ruolo è poco. Scene che danno (e daranno) fastidio ce ne sono, eccome. Abel Ferrara si è dimostrato regista di spessore. Indimenticabile il monologo di Keitel in chiesa.
La propensione di Ferrara ad addentrarsi nella putredine metropolitana si tramuta in un radicalismo visivo blasfemo e sgradevole – turpiloquio, vizi, cocaina, crack, depravazioni, una suora stuprata – che baluginii mistici indirizzano infine verso la cognizione cattolica della colpa e del perdono con susseguente martirio espiatorio. Di arroventata eleganza la fotografia di Ken Kelsch; di impeto animalesco l’immedesimazione di Harvey Keitel.
Discesa volontaria all’inferno di un tenente di polizia corrotto. I temi fondamentali del male, della colpa e dell’espiazione sono quelli tipici di Ferrara. Lo stile è rigoroso e nonostante la storia non trascende ed eccede mai. Ottima e coraggiosa l’interpretazione di Keitel, che incarna alla perfezione un personaggio scomodo e privo di possibilità di redenzione.
Questo "Bad lieutenant" interpretato da Harvey Keitel è così amorale e cinico che il film merita di esser visto. L'attore regala infatti una grande prestazione e si conferma uno dei caratteri più interessanti in circolazione. Il racconto presenta delle lungaggini ma la conduzione di Ferrara non è mai banale e riesce a farle ben digerire. Tre pallini.
Terribile affresco di un poliziotto divorato dalle droghe e dal malcostume. Personalmente non gradisco Ferrara. Trovo che i suoi lavori (o almeno quelli che ho visto) scavino sempre in un marcio fine a sé stesso. Senza quasi mai offrire uno spunto di riflessione o un momento costruttivo. Il cattivo tenente non si sottrae a questa logica. Inoltre l'anima nera del personaggio si scontra con una scenografia troppo linda e pinta per un film che narra di sporcizia seppur "interiore". Trovo inoltre assolutamente inutile l'abuso del turpiloquio.
Il mio film preferito di Abel Ferrara. La performance di Harvey Keitel è assolutamente mostruosa (nel senso positivo del termine) e alcune scene entrano di diritto nella hall of fame della storia del cinema (su tutte lo stupro in chiesa). Una totale discesa agli inferi dove la fanno da padrone il gioco, la droga e la perversione. Da un film del genere non se ne può uscire indenni.
MEMORABILE: Lo stupro della suora in chiesa. Keitel che si masturba minacciando di arrestare due ragazze.
Sconcertante: Ferrara riesce a far recitare da cane perfino un mostro sacro come Keitel, mai visto così enfatico ed artefatto. Possiamo capirlo, Harvey: lui è il cinico e corrotto tenente del titolo, ma il copione prevede per lui una improbabile parabola di redenzione, per cui sarà costretto ad avere visioni mistiche e apparizioni cristiche fra il patetico e il ridicolo. Fasullo nell'assunto, inconcludente nello sviluppo, fastidioso nell'ostentata amoralità seguita dai più gratuiti pentimenti. Lo so, si è capito che non sono un fan di Ferrara.
Da godere frame by frame perché mai Ferrara ha potuto essere così libero da condizionamenti commerciali. Capolavoro nero come la pece e dall'insistito odore d'incenso e alcool, più unico che raro nel suo farci "sentire" l'overdose di libertà artistica, qualsiasi giudizio di valore se ne dia. Abel e Keitel (ma anche la sceneggiatrice Zoe Lund, la Thana di L'angelo della vendetta) sfidano il senso del ridicolo, arrivando a toccare il "mistero" del sacro. Visionaria, disperata, eppure lucida testimonianza di fede (anche cinematografica). Fratello di Mean streets e Taxi Driver.
MEMORABILE: La scena della masturbazione; La suora (sempre Zoe Lund): I vampiri sono fortunati. Si nutrono degli esseri che trovano. Invece noi divoriamo noi stessi.
Una discesa negli inferi della perversione più cupa per un poliziotto americano e la sua tardiva ma decorosa riabilitazione. Ferrara realizza una pellicola inquieta ricca di misticismo religioso, soprattutto nella sofferta seconda parte. Keitel è il padrone assoluto della narrazione. Forse visto con gli occhi di oggi appare lievemente datato, ma pur sempre pregno di significati.
Meno compatto e stilisticamente compiuto di Fratelli, il film più riuscito di Abel Ferrara, questo "Cattivo tenente" impressiona per la carica di disperazione esistenziale del protagonista Harvey Keitel, angelo irrimediabilmente caduto ma desideroso di una impossibile redenzione, che percorre incessantemente le strade di un inferno urbano, labirinto senza uscita che non sia l'autodistruzione. Compare in un breve cameo l'autrice del soggetto, Zoe Lundt, in seguito vittima della tossicodipendenza. Doloroso, forse sincero.
Ferrara è questo, prendere o lasciare. In questo caso (e in pochi altri) io prendo. Estremo, vizioso, sporco, sudato, marcio, tutto metropolitano, teologico con il cuore più che con la mente: la strada per l'eventuale redenzione è lastricata da droga, allagata da wodka liscia e resa ancora più perigliosa dai risultati inaspettati di una serie di baseball. Compendio di ciò la figura di Keitel (monumentale, finché comincia a piangere), che si barcamena tra i suoi vizi fino a intravvedere uno piccolo spiraglio di luce, che rapidamente si chiude. Notevole.
I contenuti sono forti, di quelli che non si dimenticano facilmente, ma non è una novità per Ferrara che qui calca per bene la mano spingendosi fin dove altri non oserebbero nemmeno pensare di addentrarsi: droghe, gioco d’azzardo, religione dissacrata e violenza in genere ci vengono spiattellati in faccia senza un minimo di controllo e senza neanche una morale salvifica. Keitel compie un ottimo lavoro in un ruolo sicuramente non facile da interpretare. Da vedere con le dovute precauzioni.
MEMORABILE: Lo stupro della suora; La masturbazione di fronte alle due ragazze; L’iniezione di eroina; L’incontro con Gesù.
Corruzione e vizio connotano ancora una volta l'immagine di un tenente di polizia americano che sembra solo interessato a giocare d'azzardo, a perdere, a rilanciare e a ficcarsi immancabilmente nei guai. Lo spazio di tempo della storia è breve e è occupato quasi completamente da un Harvey Keitel in gran forma e che regala un'ottima e realistica prestazione attoriale. Tutto il resto francamente appare troppo esasperato, ma va bene così.
Il capolavoro di Ferrara che estremizza la figura del poliziotto cattivo per mettere in scena una delle più intense storie di redenzione mai raccontate, ambientata in una New York sporca e cattiva che funge da perfetto scenario per la via crucis dell’infame protagonista interpretato da un Keitel da Oscar. Scandita dalle cronache delle finali di football, è un’opera lasciva ma anche profondamente spirituale che nell'accezione laica della religione e nella cruda esibizione della vita metropolitana ricorda lo Scorsese di Mean streets e Taxi driver.
MEMORABILE: Il nudo integrale di Keitel sulle note di "Pledging My Love" di Johnny Ace; La masturbazione di fronte alle due ragazze; La visione di Cristo.
Il poliziotto è marcissimo in questo violento affresco di una società senza più regole dove, come nel peggiore degli incubi, dobbiamo aver paura di chi ci dovrebbe proteggere. Il discorso narrativo è tanto lucido quanto disperato. La discesa nel Maelström è un'ineluttabile nemesi che si guarda a tratti con disgusto. Fondamentale la grande prova di Keitel, che aveva trovato già un'ottima intesa con Ferrara in Occhi di serpente. Il resto del cast si nota meno. Un film non facilissimo da vedere, per serate in cui si ha voglia di cinema.
MEMORABILE: Keytel che obbliga la ragazza in macchina a simulare un rapporto orale: una scena che riesce a essere più violenta di uno stupro.
Un lercio ante-litteram si barcamena fra alcool, droga e scommesse e fra una e l'altra lavoricchia come poliziotto con gli immaginabili risultati. Keitel, al solito eccellente, preme troppo sull'acceleratore nella sua caratterizzazione del personaggio finendo per uscirne come una macchietta e poco più e, soprattutto, demolendone il pathos. Ferrara non convince, fra una sceneggiatura poco brillante, elucubrazioni inutilmente blasfeme e una fotografia piatta. Si finisce per annoiare e farci percepire il marciume come fine a se stesso.
Punto più alto del cinema ferrariano, in cui i temi prediletti del peccato, della colpa, della perdizione e dell'impossibile riscatto sono portati allo zenit. Nel rappresentare la discesa agli inferi del cattivo tenente Ferrara raggiunge limiti insostenibili che solo Solondz oserà varcare (la masturbazione di fronte alle ragazzine in macchina). Mai come in questo caso il film si identifica col suo protagonista: un Harvey Keitel assoluto che fagocita il film, con un'interpretazione incredibile. Cameo della compianta Zoe Lund/Tania.
MEMORABILE: Il dialogo iniziale coi figli in macchina; Le scommesse: "Strawberry lo farà a pezzi..."; La scena in discoteca.
Un'opera interessante e che poggia quasi esclusivamente tutto il proprio peso sulle spalle di un monumentale Harvey Keitel, capace di mettere letteralmente anima e corpo in un personaggio laido e senza morale. Non si toccano le vette di King of New York, ma Ferrara filma almeno un paio di sequenze memorabili. Sceneggiatura basilare con pochi dialoghi di densa pregnanza filmica, mentre l'inesorabile caduta negli inferi della droga e della perversione sono raccontate con uno stile secco e adatto. Finale che si pone nella medietà: non esalta e non delude.
MEMORABILE: Lo stupro: Gesu Cristo; Keitel che ferma due minorenni sull'auto; La battaglia epica (ma finta) fra Dodgers e Mets.
Il "tenente" è un cattivo poliziotto senza nome (come il "dottore" di Indagine, ma la somiglianza finisce qui) che si barcamena maldestramente tra una routine familiare (appena intravista) e un distintivo che gli è utile solo per alimentare i suoi mille vizi: tutto, dalla tossicodipendenza alla sessualità, denuncia il desiderio di oblio del personaggio, il cui precario equilibrio si romperà proprio appena cercherà un sussulto di riscatto. La parte visionaria (con il suo armamentario cattolico) è rischiosa, ma resta un gran film.
MEMORABILE: La masturbazione davanti alle due ragazze senza patente; Il monologo in chiesa.
Li ha tutti i vizi del mondo questo Tenente: è un tossico da eroina, un fumatore di crack, un cocainomane fradicio, un alcolizzato cronico, un bestemmiatore incallito, un fornicatore promiscuo, un ludopatico all'ultimo stadio (di baseball). Eppure... eppure non è Satana in terra: Cattivo lo è solo con se stesso. Keitel non si cala semplicemente nel personaggio, ci sprofonda dentro gravitazionalmente quasi fosse un inghiottitoio quantico del peccato originale umano. Cattolica sino al midollo più osceno della blasfemìa, un'irripetibile iperbole ferrariana di autoimmolante salvazione spirituale.
MEMORABILE: Keitel prostrato dall'alcool e dal senso d'impotenza che inveisce contro un Cristo visionariamente materializzatosi alle sue spalle dentro la chiesa.
Grandissimo film di Abel Ferrara e sontuosa interpretazione di Keitel, quest'opera si pone come una delle più importanti nel genere poliziesco degli anni '90, presentando un punto di vista classico (quello del tenente un po' sopra le righe) e sviluppandolo in maniera coerente e ben scritta. La regia e la fotografia sono ottime, l'America è ben mostrata nei suoi luoghi più oscuri e nei dettagli delle abitazioni. Alcune scene sono davvero toccanti e pongono una serie di quesiti sulla vita, sulla verità e sulla giustizia che colpiscono la mente.
Il dolore dei reietti, di chi galleggia tra le increspature delle onde dell'esistenza e cerca di non essere trascinato sul fondo. Keitel dona fisionomia e disperazione a un tenente borderline (tossicomane, ludopata, alcolista, sessuomane) la cui abietta morale, a differenza del nichilismo senza via d'uscita del poliziotto di Kitano, è il risultato di un meccanismo estremo di autodifesa. Non lascia indifferenti, non fosse altro per l'intensità della scena cardine che prepara e giustifica la risoluzione narrativa del finale.
MEMORABILE: Il tenente a colloquio con un Cristo mutacico.
Brutto, inutile e sconclusionato. Se l'intento di Ferrara era la denuncia a certi elementi delle forze dell'ordine, l'operazione è fallita, perché il film cade invece nel ridicolo: la suora seviziata è una stangona col corpo da modella e la faccia da pornostar; il protagonista prima si diverte a bucarsi, a scommettere, a fare lo sporcaccione con le minorenni e poi si mette a piangere come un cavallo al macello; gli ultimi quindici minuti sono da delirio... Keytel è l'unico a salvarsi in un cast mediocre (ma vince facile, ha davvero la faccia del tipo poco raccomandabile) .
MEMORABILE: Il Cristo urlante durante lo stupro (scena disturbante e fuori luogo).
Tenente depravato si imbatte nello stupro di una suora. Ferrara sfrutta poco l'ambientazione di New York (locali e la stessa polizia) e concentra ogni nefandezza nel personaggio di Keitel. Scommesse, droghe pesanti e prostitute per un quadro che non risulta provocatorio e va oltre quanto già proposto da Scorsese. Da un personaggio del genere non ci si aspetta però la crisi finale, nella quale si poteva dare l'ultimo tocco di drammaturgìa (inoltre le visioni del Cristo risultano poco efficaci). Chiusura poco inaspettata ma girata bene.
MEMORABILE: Lo sparo alla radio; Gli effetti del buco; La masturbazione di fronte alle ragazze; La suora sul lettino d'ospedale.
Ferrara s'inabissa oltre i più dolorosamente insopportabili meandri del feroce sottosuolo newyorchese, ove peccato e redenzione appaiono singhiozzare in un maestoso canto del cigno intonato da un Keitel imbibito nella sua più immorale, sudicia e carnalmente metafisica interpretazione. L'accento registico non viene posto con insistenza sulle metastasi morali dell'ambiente circostante, quanto sulla bulimia verso queste ultime da parte di un individuo già eticamente deflagrato. Partenza in sordina, mezzo del cammino asfissiante, conclusione santificata. Peccaminoso ma benedetto.
MEMORABILE: La mastodontica interpretazione di Keitel; La viziosa climax del tenente; Lo stupro; Sequenza della masturbazione; Sconfitta dei Dodgers; Pentimento.
Anno di grazia il 1992 per Keitel, che, dopo Le iene, infila un'altra prestazione da fuoriclasse, questa volta da assoluto protagonista. Il film di Ferrara è crudo come pochi, un pugno nello stomaco che non arriva ai livelli di Scorsese ma resta comunque impresso nella memoria, grazie a un paio di scene memorabili e all'intensità della prova di Keitel. Perdizione e redenzione, alcool e scommesse da gioco, sesso sfrenato e droga, un viaggio allucinante condito da una colonna sonora adeguata e da un finale per niente consolatorio.
MEMORABILE: Lo stupro; La scena con le due ragazze in macchina.
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Tre pezzi della variegatissima soundtrack originale
- la ballata blues che accompagna un Harvey Keitel totalmente perso nei fumi di alcool e droga nel suo grottesco e caracollante balletto adamitico assieme alle sue due amanti occasionali:
Pledging my love (1954), scritta da Ferdinand Washington e Don Robey e cantata da Johnny Ace (tra l'altro morto nello stesso anno a causa di una roulette russa andata male...)
- il pezzo hip-hop riproposto diverse volte nel corso della pellicola (ad esempio durante il selvaggio stupro ai danni della suora):
Signifying rapper, del rapper americano Schooly D (tratto dal suo terzo album Smoke some kill, del 1988)
- l'ossessivo brano techno-rave/industrial che passa nell'oscura e caotica discoteca in cui Keitel si immerge, in cerca di una sniffata e dell'ennesima opportunità di scommessa clandestina:
Let's get high, della band belga Lords of Acid (tratto dal loro album d'esordio Lust, del 1991)
HomevideoColumbo • 22/12/10 10:23 Pulizia ai piani - 1097 interventi
Edizione integrale rimasterizzata disponibile anche sul sito www.emik.it
DATI TECNICI
Formato video
16/9 1.85:1
Lingue / Formato audio
Italiano / Dolby Digital 2.0 Stereo
Inglese con sottotitoli in Italiano / Dolby Digital 2.0 Stereo
Sottotitoli
Sottotitoli in Italiano per non udenti
Non parlarmi di The Addiction..Una delusione immensa. Che rottura di zebedei.
HomevideoRocchiola • 12/01/17 10:16 Call center Davinotti - 1312 interventi
L'edizione DVD della Rarovideo è veramente ottima anche migliore rispetto alla precedente pubblicazione della Dolmen. Lo trovata meno scura, più nitida e bilanciata nei colori.
In più c'è allegato un bel libretto.
Anche per questo titolo all'estero esiste un po' dappertutto la versione in Bluray, che però non pare superiore al DVD.
HomevideoRocchiola • 9/05/19 11:25 Call center Davinotti - 1312 interventi
Il 3 maggio 2019 è uscito il bluray della Rarovideo. Rispetto all'edizione della medesima casa editrice, l'immagine è più chiara e maggiormente viva nei colori che appaiono ben bilanciati. Anche a livello di definizione appare un pochino più dettagliata. L'audio dolby digital 2.0 è discretamente potente e chiaro. C'è anche un libretto con qualche pagina in più rispetto alla precedente edizione in DVD. L'unica pecca il prezzo di circa 20 €, non pochissimo considerato che costano meno le novità pubblicate dalla major. E poi rimane un dubbio la versione in DVD inserita nel lettore segna una durata di 1 ora 36 minuti e 22 secondi, mentre il bluray riporta 1 ora 36 minuti e 03 secondi. Non mi pare ci siano dei tagli nel bluray che riporta la versione integrale del film, per cui non mi spiego questa durata che di solito su un prodotto HD è lievemente superiore al DVD !!!
La scena delle sevizie ai danni della suora è stata ispirata da un vero stupro di due suore in un convento di New York City. Proprio come nel film, circolarono voci di una ricompensa in contanti per la cattura dei colpevoli. Il detective che ha catturato questi ultimi, Bo Dietl, ha interpretato un investigatore nella pellicola. Adesso è un famoso autore di best seller.