Matalo! • 27/01/15 13:11
Call center Davinotti - 613 interventiCiao a tutti, ecco la mia impressione a caldo sul film quando lo vidi al cinema. L'opinione di uno spettatore qualunque. Per me il film non é affatto una cronaca distaccata, in questo io sono diametralmente opposto a Rebis...altrimenti perché le scene da Petrolio e Porno-Teo?
Lo rivedrò, dopo aver letto le vostre opinioni, magari cambio idea. O no. mSo che doppiato ci guadagna.
Molto pericolosa questa scelta: di Pasolini spesso si sceglie di dire nella maniera sbagliata, diametralmente opposta all'essenza dell'autore. Chi lo assume a vessillo della verità (assurdo per un cercatore di realtà e verità, che ha interrotto la sua vita ancora nel fiore della ricerca e della vigoria fisica) cristallizzandolo in una forma santificata e indiscutibile. Deplorevole altrettanto la critica di chi lo ritiene un totale dilettante che, in fondo, non ha fatto altro che parlare e scrivere di cazzo. Non che Pasolini non fosse anche questo; anzi, era sicuramente queste cose e tante, tante altre. Fatto sta che, non senza timore, ho deciso di vedere questo ultimo lavoro di un regista che mi convince abbastanza di rado. Un biopic, genere che solitamente evito come la peste; scelta espressiva o beatificante o appiattente. Per ricavarne una grande sorpresa.
"Pasolini" è un film che mi ha turbato sin nel profondo, in maniera tale che ancora oggi sto a pensarci, a leggere i commenti, le recensioni, a schierarmi, forse con dabbenaggine, dalla parte di chi ha speso parole d'elogio. Non ho praticamente fatto nessuno sforzo per diventarne complice sin dalle prime immagini. "Pasolini" è finalmente un film scritto e diretto da qualcuno che ha esercitato un notevole, amorevole lavoro interiore per capire l'artista sin nel profondo e al contempo un lavoro "esteriore" per una messinscena curatissima e puntuale; la precisione della descrizione dell'ultima giornata di vita del poeta viaggia su tre binari che felicemente e fortunatamente si sposano: la cura della descrizione dell'evento, l'aura di innamoramento nei confronti del personaggio, il confronto/dialogo tra due artisti. Non troviamo quindi l'aut aut o della rappresentazione documentaria o il volo agiografico reticente. Abbiamo sia la cronaca che la poesia. La cronaca si trova nell'insieme dei gesti quotidiani del poeta, dei familiari, degli amici. Pasolini che abbraccia la madre (e in un attimo abbiamo la fulminante descrizione del rapporto, così profondo, tra i due) è un eccellente esempio, se mai vedrete questo film, di ciò che malamente cerco di dire. Cronaca è il long playing di musica ungherese che Laura Betti (M.De Medeiros) regala a Pasolini, il quale lo mette sul piatto e sorride, accennando a qualche ancheggiamento di danza. Realismo è l'amore che prova per Laura Betti in quell'istante, per la sua vitalità e istrionismo positivo (anche se la Medeiros, pur volonterosa, riproduce non perfettamente lo spirito dell'attrice. C'è un po' di manierismo). Puntali e precise le dichiarazioni di Pasolini riportate sullo schermo con una messinscena che potrebbe sembrare piatta e banale se non fosse irrorata da un'autentica passione e amore per il personaggio trattato. Come nel momento dell'intervista a Furio Colombo. Mi lascia sbalordito il fatto che un americano abbia saputo rendere la potenza del pensiero pasoliniano nei confronti della società italiana del suo tempo in una maniera così semplice, assoluta e tremenda (perchè tremendo è il suo pensiero, pervaso dallo spirito reperibile in "Salò" di cupio dissolvi, irrimediabilità) riducendo al minimo necessario l'azione, senza incorrere nella trappola dell'understatement retorico, della spoliazione arida. Davvero stupefacente la capacità di mantenere i due piani, rigore e passione, e produrre una risultante così felice.
E se cerchiamo momenti "eccessivi" non si potrà non essere soddisfatti dalle amorevoli, "oltraggiose" messe in scena di opere "interrotte" di Pasolini Con quale ardimento Ferrara gira il film non girato dell'artista, il "Porno-Teo-Kolossal"? "Come si permette di mettere in scena una riduzione di alcune tra le pagine più fulminanti di "Petrolio"? Con quale ardimento? Io direi piuttosto con quanto ardore. Ferrara cerca se stesso in Pasolini, che appare ormai chiaramente come uno dei suoi mentori artistici. Filmando le pagine del romanzo incompiuto o del film solo "disegnato" Ferrara dà fiato a ciò che a Pasolini non fu possibile terminare? Oppure gira i "suoi" Petrolio e Porno Teo Kolossal? Io credo siano entrambe le cose. O meglio, visto anche lo stile della messinscena, che oggi possiamo comprendere meglio il cinema di Ferrara grazie a queste infedeltà d'autore, a qualche attualizzazione (per taluni critici improvvida). "Quei cazzo, cazzo-figa figa" urlati dagli astanti durante la festa del concepimento nel paese di Sodoma, apparsi a molti anacronistici, e invece così tremendamente attualizzanti. E poco importa che Epifanio sia impersonato da Ninetto Davoli (importa invece che a fare Nunzio/Ninetto ci sia un davvero debole Scamarcio); anzi,trovo che, pur non avendo alcunchè nè di Totò nè di Eduardo, Davoli avesse pieno diritto, in quanto rappresentante simbolico, paradigmatico e, per età, maturo, del "Dante" della sceneggiatura ultima di Pasolini; un diritto che gli spetta, per censo e per borgata. E bene fa Ferrara ad attualizzare la scena prescelta dalla sceneggiatura desunta; come a dire che oggi più che mai quelle immagini, quegli storyboards si son davvero compiuti. Per non dire della scorribanda attraverso "Petrolio", dove ancor più chiaramente si nota l'interscambio amoroso tra i due registi. Pasolini è presente al 100% (i volti e le voci e i corpi dei borgatari sono precisi al millimetro a quelli visti in "Accattone" o "Mamma Roma") ma il pericolo di calligrafismo è competamente evitato dalla forma Ferrariana della messinscena. O del giro tra la festa dei potentati, che in pochi minuti soppianta un qualsivoglia Sorrentino, o il difficilmente rappresentabile momento nel salotto col romanziere. Ma è sulla figura del Pasolini interpretato da Defoe che vale la pena soffermarsi: davvero. Di tutte le difficoltà di scrittura di un film del genere la più pericolosa era appunto quella della rappresentazione di Pasolini; per i motivi elencati al principio di questo post. Assai deplorevole il non aver premiato un'interpretazione di tale livello alla recente mostra del cinema. Il Pasolini di Defoe contiene tutti i Pasolini possibili; il Pasolini invasato da un demone terribile, il Pasolini delicato e amorevole (straordinario nel momento in cui prende in braccio il figlio di Ninetto), il Pasolini nel mondo dei borgatari senza per questo cancellare la sua differenza; il Pasolini amante del lusso e dei bei vestiti alla moda e incurante dell'immagine dell'intellettuale mesto e fanèe; il Pasolini affamato di corpi giovani e maschi, tra l'amorevole e il subdolo nel rimorchio di Pelosi. Il prefinale del film, la sequenza dell'omicidio, pur spiccando per puntualità e realismo, vive irrimediabilmente della stessa aura di cui è pervaso il film e ne dà un senso altamente profondo, al di là di tutte le mille congetture a posteriori. Forse Ferrara crede che per il poeta fosse giunta l'ora di morire e di morte violenta; per mille e più motivi, non escluso un senso di colpa per la sua omosessualità o/e per compiere, quasi cristologicamente, una vita "esemplare" che non poteva non terminare nel sacrificio. Il peso di un futuro prossimo che nulla concederebbe ai poeti, agli umanisti e che non si riusciva più ad assumere? L'amore per il sadismo e la violenza? Fatto sta che di tutte le congetture possibili l'unica teoria valida sui fatti dell'Idroscalo è racchiusa in quella morte, in quel corpo ardente di vita e di morte, schiacciato dalle ruote dell'Alfa Romeo.
I corpi, il potere, l'omosessualità, l'omofobia. Il latente come determinante e l'evidente come maschera non rappresentante alcunchè se non il falso. Da qui la scelta di aprire e chiudere il film con il palazzo dell'EUR di Piacentini. "Pasolini" è un film che tiene profondamente conto (e come era possibile altrimenti?) della profondità della comprensione del fenomeno fascista da parte di Pasolini, che mai si ridusse a retorica o a latenza sul discorso corpo-sesso. Uno scorcio di palazzo, così equilibrato e razionale e alla maschia viriltà corporea della statua del guerriero. La cui evidenza sono sufficienti esplicazioni del senso diametralmente opposto che il significante tenta di celare.
Certo c'è una grave mancanza (in lingua originale): la voce di Pasolini. Ma è il caso di farsene una ragione. Quella voce, così determinante per la persona, ce l'aveva solo lui. Reperire un imitatore sarebbe stato un atto deplorevole, caricaturale. La voce di Pasolini c'è nel film ed è nella restituzione della personalità del poeta.
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