Se il primo TOOLBOX MURDERS era un thriller poliziesco divenuto famoso più che atro per l'efferatezza che contraddistingueva la prima mezz'ora (il killer in passamontagna uccideva barbaramente usando trapani, martelli, sparachiodi eccetera), il remake di Tobe Hooper è invece un a horror in piena regola; molto più cupo, claustrofobico, terrificante del modello originale. Il teatro degli omicidi è sempre lo stesso, un'enorme unità condominiale i cui inquilini vengono presi di mira dal pazzo in passamontagna che...Leggi tutto usa creativamente la sua cassetta degli attrezzi. Ma se una volta gli omicidi sanguinari avevano una loro ben precisa centralità, qui sembrano quasi messi in scena come un dovuto omaggio: meno preparati, persino meno splatter (nonostante una buona dose di sadica ferocia), si consumano in fretta e sono anche in numero minore. Qui conta molto di più l'atmosfera in cui è immerso il film, resa affascinante da una fotografia dalla splendida dominante verdastra. La protagonista Angela Bettis diventa colei attorno alla quale gira l'intera storia, che trova il suo perfetto climax hopperiano nell'ultima mezz'ora, un autentico delirio malato che riporta finalmente il regista ai fasti di NON APRITE QUELLA PORTA, tra fosche scenografie di morte e tortuosi meandri bui nascosti tra i muri condominiali. Contrariamente al modello cui s'ispira, insomma, la seconda parte è decisamente più importante e meglio realizzata dello prima. Si respira un po' di Polanski, un po' di Argento, ma la mano di Hooper à evidentissima.
Inizio soft e all'improvviso Bum! Martellata sulla porta. L’assassino poi aggiusta la mira… Si tratta di un condominio particolare, con inquilini mooolto “particolari”. Buoni attori e un passabile doppiaggio per un horror violento, piuttosto splatter, con qualche rallentamento, una trama un po’ esile, ma una certa classe nella realizzazione. Da segnalare: il trapano, la sega circolare, i simpatici forbicioni. Lo si segue con un certo interesse e, alla fine, tutto sommato non si rimane delusi.
Cattivello l'Hooper che sigla una delle ultime sue decenti regie, erronemente (a causa del titolo) sospettata di essere una sorta di remake del (in Italia noto) Squartatore di Los Angeles. La Casa dei Massacri è un titolo che mette in evidenza la faciloneria delle italiche distribuzioni (che - come noto - sulla ridenominazione della forzata serie punta sempre sulla Casa 8, ovvero "casotto"): ma dai contenuti decisamente forti e dalla buona regia (cosa rara, purtroppo) di uno dei padri fondatori della new horror. Attrezzato...
Della serie: il grande Tobe è vivo e vegeto e lotta insieme a noi! Grande ritorno di Hooper ai fasti di un tempo: ambientazione originale, tensione alle stelle, echi dei passati capolavori del regista, un bau-bau che non cade nel dimenticatoio... Insomma un signor horror come oggi se ne vedono pochi, magari da gustarsi nella versione originale (ma che sta succedendo ai doppiatori italiani?)
Dopo diverse prove di basso livello, Hooper torna a livelli accettabili. La storia ricorda ovviamente Lo squartatore di Los Angeles. Il problema della pellicola è la sceneggiatura abbastanza piatta e risaputa e che ad un certo punto diventa farraginosa e gira a vuoto senza arrivare ad un vero scioglimento finale chiarificatore. Peccato perché lo splatter non manca e il film ha una vena di "cattiveria" poco usuale per i "rassicuranti" film contemporanei.
Sarò fuori dal coro ma io di questa pellicola non salvo niente. La storia è delirante in senso fanciullesco, spruzzata qua e là di cervella, trapani e cassette degli attrezzi; i personaggi, su tutti il vecchio, in preda a demenza (nel suo caso senile, negli altri pura e semplice) e i dialoghi abominevoli. Anche la fotografia non mi è piaciuta: d'accordo lo scuro, ma qui ci sforziamo gli occhi, quasi; da non deprecare gli fx che non sono niente di che ma nemmeno inguardabili. Il finale è l'ennesimo tassello della prevedibilità e scontatezza.
Toolbox Murders è un horror che non aggiunge nulla di nuovo all'horror moderno e che, anzi, ne toglie qualcosa. Tobe Hooper, noto per aver diretto Non Aprite Quella Porta, dirige un film poco efficace, noioso per i 2/3 e con un finale che lascia a bocca asciutta. L'assassino uccide ogni volta in modo diverso: seghe circolari, trapani, martelli, forbici, lacci (anche se le scene splatter sono poche). La Casa 8 (altro titolo apocrifo appioppato dagli italiani) non aggiunge niente di nuovo alla filmografia di Hooper anche se...
Più che accettabile ritorno di Hooper, che dopo una moltitudine di titoli mediocri riesce quasi a far centro con questo remake del noto thriller anni '70. Vengono mantenuti il killer mascherato che usa gli attrezzi per uccidere e il grande condominio come ambientazione, mentre il resto della storia è stato completamente rimaneggiato, spostando il tutto su lidi più propriamente horror. Non mancano alcune scene splatter e l'atmosfera è buona; ma il cast non è il massimo (peggiorato dal doppiaggio in Italia) e la sceneggiatura è lacunosa. **1/2
Un film che alterna qualche buona cosa ad altre molto meno riuscite. La mano di Hooper è molto più felice rispetto ai suoi ultimi deludenti standard, ma parlare di una rinascita del regista sarebbe eccessivo. Diciamo che è un prodotto decente d'intrattenimento, che non annoia piazza qualche scena efficace. Il problema è che dopo due giorni ci si dimentica di averlo visto.
Appena apparsi i titoli di coda viene da domandarsi: "Perchè?". Di horror moderni e validi ce ne sono davvero ben pochi e questo di Hooper è davvero ridicolo: lento, banale e con una risma di attori di serie C, il film cerca di farsi strada tra i soliti stereotipi del genere horror del nuovo millennio (una coppia giovane, persone inquietanti e con atteggiamenti sospetti, solite leggende ecc ecc) fallendo miserabilmente. Per non parlare degli ultimi 25 minuti finali.. ridicoli!
E dopo diversi passi falsi Tobe Hooper torna a fare centro. La pellicola parte subito in quarta con l'uccisione di Sheri Moon Zombie presa a martellate e prosegue con tutta una serie di altre uccisioni piuttosto violente e ben realizzate. Azzeccata la location del decadente palazzo teatro dei numerosi delitti, buona la prova degli attori (in particolare si segnala Angela Bettis nel ruolo della ragazza intenta a scoprire l'identità dell'assassino).
Una delle migliori opere dell'Hooper moderno, un remake di un film deboluccio, qui rafforzato dalle buone interpretazioni della Bettis e del resto del cast. La regia di Tobe è precisa, gli effettacci sanguinolenti al punto giusto e, miracolo, la storia funziona discretamente, a parte un paio di cali verso la fine dove si scende nella discreta banalità slasher. Anche il finale lascia un po' perplessi, ma sostanzialmente non inficia la validità di un horror moderno fatto come si deve. Non ci vuole poi tanto, no?
Pseudo remake di un gioiellino del genere slasher datato '77; una ragazza, trasferitasi assieme al marito in un condominio nei sobborghi di Los Angeles, comincia ad indagare su una serie di brutali omicidi e sparizioni; si troverà a tu per tu con una mostruosa creatura, celata da tempo immemore nei più cupi meandri del palazzo. Ottimo horror questo Toolbox Murders, da un Hooper cattivo come non lo si vedeva dal lontano 1974. Ambientazione molto polanskiana (il misterioso condominio, le pratiche sovrannaturali), stile caro agli horror di un tempo. Non male.
MEMORABILE: L'incipit, in cui la splendida Sheri Moon Zombie (moglie del mitico Rob) viene massacrata a colpi di martello.
Tra gli sceneggiatori di questo ritorno di Tobe Hooper c'è Adam Gierasch, forse questo spiega le dozzine di scene inutili e i dialoghi decisamente risibili. L'atmosfera sospesa di questo edificio sembra un impasto di goffe suggestioni lynchiane e polanskiane. La vicenda ricalca ovviemente quella de Lo squartatore di Los Angeles, di cui è il remake. L'amore per il genere che il regista possiede non si nega di certo e gli effetti speciali fanno il loro lavoro (diverse scene sono piuttosto cruente). Tolto questo però resta ben poco.
Hooper ci riprova. Dopo averci regalato una pietra miliare della storia del cinema horror nel 74 con Non aprite quella porta, ecco che utilizza nuovamente uno psicopatico killer mascherato che commette atroci delitti. Stavolta però la storia si tinge di giallo. Tutto ambientato all'interno di un condominio, veniamo a conoscenza di svariati personaggi. Tutti potrebbero essere l'assassino! Ma chi? Come sempre gli omicidi sono ricchi di fantasia e splatter, però il film non convince e non coinvolge del tutto. Forse a causa del piatto doppiaggio.
MEMORABILE: La ragazza appesa alla parete con lo sparachiodi
Uno strano albergo disegnato da un eclettico architetto, una serie di sanguinosi delitti commessi con vari strumenti di lavoro e un mostro che sembra imparentato con il fantasma dell'Opera. Il film non è male ed è realizzato con padronanza di mezzi, ma lascia lo spettatore per qualche motivo insoddisfatto, forse per il soggetto non proprio originalissimo. Dategli comunque un'occhiata.
Soddisfacente colpo di coda di Hooper, aiutato dalla scelta di prelevare, dal sopravvalutato originale, solamente il titolo e gli attrezzi da carpentiere. L’atmosfera stagnante e diabolica opprime e impolvera e, nonostante passaggi fin troppo lenti, la scelta di lasciare parte della materia avvolta nelle nebbie senza l’ormeggio di meticolose spiegazioni regala alla pellicola quel quid in più. Attori mediocri (escludendo la Bettis) e doppiaggio italiano ai limiti dell'amatoriale; comunque va promosso.
Horror meno che mediocre firmato Hooper, che si avvale di una trama piuttosto interessante che, però, viene sviluppata in maniera improponibile rasentando atmosfere da horror per bambini. L'unico merito del regista sta nell'aver creato un clima piuttosto morboso e claustrofobico all'interno del palazzo, complici inquadrature molto adeguate. Anche gli effetti splatter non sono nulla di eccezionale.
È il miglior Hooper degli ultimi anni quello che realizza un piccolo gioiello dalla trama nient’affatto scontata e banale. Non annoia praticamente mai, le riprese sono curate e la tensione sale inarrestabile e lenta fino a deflagrare nell’ultima mezz’ora. È una spietata allegoria che fa il verso al vorace sistema hollywoodiano capace di risucchiare nell’oblio tanti aspiranti artisti con estremo cinismo. Non esiste un finale esplicativo, ma non se ne sente il bisogno perché Hooper punta altrove.
Hooper torna a livelli discreti con questo horror che parte lento, quasi come un giallo, per poi esplodere letteralmente nel finale, zeppo di omicidi feroci e splatter. Il film si segue perché girato bene e dalla trama intrigante, sebbene alcune cose alla fine risultino poco chiare o mal spiegate. Un po' troppo televisiva la fotografia (così come il doppiaggio italiano), ma nel complesso si tratta di un'opera buona, che piacerà ai fan del genere.
Più che Lo squartatore di Los Angeles sembra un mix fra L'inquilino del terzo piano, 13° piano: fermata per l'inferno e Quella villa accanto al cimitero. Hooper prova a dare alla storia un'impronta da mystery paranoide, ma fotografia, musiche e (ahimè) regia appaiono impersonali: la tranche centrale ne esce noiosa e canonica. Molto meglio l'impennata da slasher viscerale del terzo atto, in cui gore e atmosfere laide rimandano all'Hooper di un tempo. Il plot non è sempre chiaro e certi dubbi rimangono, ma ci si diverte. Cast ricco di volti noti.
MEMORABILE: L'omicidio con martello della Zombie; I denti nel muro; Il volto dell'assassino; I cadaveri nella camera degli orrori; La testa segata à la Intruder.
La solita zuppa. La coppia giovane, il condominio misterioso, vari caratteri "sospettabili", la scoperta dell'arcano, la soluzione non-soluzione. Ci son persino i poliziotti increduli e il vecchietto che dopo sessant'anni vuota il sacco... Qualche omicidio cruento (già stravisto, però) e un pizzico di generico esoterismo non sollevano di un millimetro la storiella. Va da sé che il momento clou colga lo spettatore già scarico da tanta mediocrità.
In uno storico palazzo in via di ristrutturazione permangono misteri insoluti e non pochi condomini svaniscono nel nulla; la curiosità e i dubbi di una nuova arrivata cercheranno di far luce su fatti inspiegabili di natura esoterica. Hooper, recuperando un mestiere indubbio, mette insieme un horror tinto di giallo in cui nella prima parte semina indizi più o meno sanguinolenti per poi addentrarsi nel cuore di uno spazio inaccessibile nel quale si rivelano gli arcani più trucidi e disgustosi. Peccato per la regia "televisiva" e per un cast mediocre.
Coppietta si trasferisce in un condominio fatiscente che, oltre ad essere amministrato in modo truffaldino ed abitato da gente strana, ha pure lo svantaggio di essere infestato da un tizio mascherato, appassionato di bricolage creativo... Horror dei primi anni 2000 che pare girato trentanni prima ed è proprio questo aspetto vintage, sporco e cattivo, che lo salva, considerata la sceneggiatura sciatta, la ripetitiva delle situazioni, la mediocrità di personaggi ed attori (a parte l'espressiva Bettis). Buona anche l'idea del palazzo "segreto" nascosto dentro l'altro. Film brutto ma godibile.
MEMORABILE: L'amministratore condominiale racconta-balle; L'aspetto da bobtail dell'inserviente; La distrazione dei poliziotti
Slasher con retroscena esoterico e suggestioni da Hollywood babilonia, fatica a trovare una quadra e il finale annega in una pletora di dubbi senza risposta. Ma il film è adescante e l'atmosfera lurida del condominio ti si appiccica addosso. Hooper, come un segugio, sta alle calcagna di Angela Bettis - sempre bravissima - mentre si smarrisce in un dedalo di cunicoli e intercapedini che ricorda Inferno più che Polanski. Le scene di morte sono brutali, ma telefonate e lo splatter è al di sotto delle aspettative. Pazienza. Rimane un titolo degno del suo autore.
Da un film del genere, con un Hooper ormai che purtroppo arrancava da anni, non ci si aspettava nulla... Invece è un buonissimo diesel che, carburando con il tempo, va a crescere. Lo splatter non viene assolutamente lesinato, nella seconda parte. L'azione non manca, gli inquilini sono tutti abbastanza strampalati da farsi ricordare e la Bettis è un'ottima final girl. Vogliamo poi parlare di quanto sia accattivante l'attitudine e il mero aspetto visivo del villain!? Il finale poi: classico, non stona assolutamente. In definitiva una pellicola che merita assolutamente la visione.
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DiscussioneZender • 12/06/08 19:53 Capo scrivano - 48841 interventi
AH AH HA! Grande Redeyes, mi vien già voglia di rivedere il film! Peraltro mi spiacerebbe un po' rivederlo sapendo di 'sti "errori" perché a me il film è piaciuto parecchio... Ottimo lavoro però!
Semplici constatazioni:
Jace Anderson & Adam Gierasch sono il duo di scrittori ai quali Hooper affiderà la sceneggiatura del (ben più) pessimo Il Custode (2005).
Sempre questo duetto è responsabile dello script finale de La Terza Madre (2007)...
Altra cosa che ho letto in giro e che vedo (la R a fianco del titolo) pure sul nostro database:
La Casa dei Massacri non c'entra nulla con Toolbox Murders (quello diretto nel 1977 da Dennis Donnelly e da noi uscito come Lo Squartatore di Los Angeles).
Non si tratta affatto di remake, ma di similitudine di titolo, i due film sono completamente diversi: in comune hanno solo il condominio, ma dove uno è un giallo (l'originale del 1977) l'altro è horror...
DiscussioneZender • 12/06/08 21:21 Capo scrivano - 48841 interventi
Undying ebbe a dire: La Casa dei Massacri non c'entra nulla con Toolbox Murders (quello diretto nel 1977 da Dennis Donnelly e da noi uscito come Lo Squartatore di Los Angeles).
Non si tratta affatto di remake, ma di similitudine di titolo, i due film sono completamente diversi: in comune hanno solo il condominio, ma dove uno è un giallo (l'originale del 1977) l'altro è horror... Ehm, non vorrei dire Undying, ma non è solo similitudine. Forse tutto sta a intendersi sul significato di remake, ma il titolo identico non è un caso: si parla sempre di un assassinio che uccide con gli attrezzi da lavoro in un condominio. E' sicuramente vero che Hooper (per fortuna) l'ha buttata più sull'horror ed è uscito allegramente dal solco tracciato da Donnelly anni prima, ma è pur sempre un remake (come anche segna Imdb tra le keywords). Si sa che a volte certi remake poco hanno a che spartire con l'originale, ma direi che non possa essere una coincidenza che l'assassino uccida sanguinosamente con gli attrezzi da lavoro in un condominio: sono entrambe caratteristiche molto forti dell'originale. Se ci si aggiunge che il titolo è identico...
E' vero, c'è anche "la cassetta degli attrezzi", quella che da origine allo stesso titolo...
Però a mio avviso di remake non si tratta.
Troppe le differenze tra i due film.
Sul significato di remake bisognerà tornare comunque: ad esempio in questa ottica La Casa 2 è un remake de La Casa....
DiscussioneZender • 13/06/08 10:53 Capo scrivano - 48841 interventi
Sì, è difficile stabilire quando si possa propriamente parlare di remake. Ad esempio: se la fonte letteraria è autonoma dal film sarebbe scorretto parlare, per quanto in certi casi molti (compreso me) tali li definiscano comunque, di remake. Poi c'è l'aderenza alla matrice originale: fino a che punto bisogna assomigliare all'originale per esser definiti remake? Difficile stabilirlo, difficilissimo...
Zender ebbe a dire: Sì, è difficile stabilire quando si possa propriamente parlare di remake. Ad esempio: se la fonte letteraria è autonoma dal film sarebbe scorretto parlare, per quanto in certi casi molti (compreso me) tali li definiscano comunque, di remake. Poi c'è l'aderenza alla matrice originale: fino a che punto bisogna assomigliare all'originale per esser definiti remake? Difficile stabilirlo, difficilissimo...
In effetti la questione è molto spinosa. Talora si parla di remake solo perchè il nuovo film si approprio del titolo e di spunti dell'originale, talaltra non se ne parla (perchè il titolo non ha nessuna aderenza) ma le similitudini magari sono fortissime.
Ad esempio a me "Nido di vespe" pare un quasi remake (forse più dell'ufficiale) di "Distretto 13". "
DiscussioneZender • 13/06/08 14:25 Capo scrivano - 48841 interventi
Caesars ebbe a dire: Ad esempio a me "Nido di vespe" pare un quasi remake (forse più dell'ufficiale) di "Distretto 13". " Hai ragione, Caesars. Però in questi casi fa spesso fede il titolo: se lo chiamo allo stesso modo dell'originale vuol dire che intendo fare un remake o perlomeno intendo attirare le stesse persone che videro il primo.
Zender ebbe a dire: Caesars ebbe a dire: Ad esempio a me "Nido di vespe" pare un quasi remake (forse più dell'ufficiale) di "Distretto 13". " Hai ragione, Caesars. Però in questi casi fa spesso fede il titolo: se lo chiamo allo stesso modo dell'originale vuol dire che intendo fare un remake o perlomeno intendo attirare le stesse persone che videro il primo.
Concordo con Zender. Tecnicamente, a mio giudizio, sta al regista dichiarare se intende o meno fare un Remake, nel caso di forte somiglianza, si potrebbe parlare di "spunto" o copiatura?
Il remake lo vedo come una cover, ovviamente con il dovuto diverso approccio!
Ale56 ebbe a COMMENTARE: (...) La Casa 8 (altro titolo apocrifo appioppato dagli italiani) non aggiunge niente di nuovo alla filmografia di Hooper (...)
?????
Sei sicuro?
Il titolo La casa 8 non dovrebbe, nè potrebbe, esistere essendo stato opzionato a suo tempo per un ipotetico lavoro che avrebbe dovuto dirigere, nei primi anni '90, Edoardo Margheriti, figlio del celebre regista Antonio e del quale non se ne fece nulla...
DiscussioneZender • 5/05/09 09:54 Capo scrivano - 48841 interventi
Infatti anche a me la cosa sembra parecchio strana. Iol l'ho lasciato perché non ne avevo certezza, ma... Dove hai letto della cosa Ale56?